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Autore: Lo Magno Scrittore    13/09/2014    0 recensioni
Dopo quasi sei anni dai tragici eventi di Godric's Hollow, Severus Piton entra in un vortice che lo porterà a frequentare locali babbani. La noia invade quei momenti finché una misteriosa donna appare all'improvviso: quali segreti nascondono i suoi occhi?
La storia partecipa al contest "Per favore, qualcuno salvi Petunia Evans!" di Liberty_Fede, enjoy!
Genere: Comico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans, Petunia Dursley, Severus Piton, Vernon Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Severus entrò nel piccolo pub di periferia. Era una calda estate e nonostante indossasse una leggera camicia babbana, il suo corpo grassoccio sudava copiosamente. Era schifato dalle gore che si erano create sotto le ascelle, se avesse saputo a chi fossero appartenuti i capelli usati per la pozione Polisucco, probabilmente avrebbe mandato all’aria quel mese di attesa e ne avrebbe aspettato un altro. Il pub era oscuro, le lampade ricoperte da vetro verde conferivano un’aria tetra a tutto il posto. Forse Severus lo amava per questo: era simile ai sotterranei di Hogwarts, il che lo faceva sentire a casa, ma al contempo era un posto totalmente diverso. Si era stancato di passare i suoi pomeriggi estivi al Paiolo Magico, tra maghi che, nonostante fossero passati cinque anni dal suo ultimo processo, ancora lo guardavano con sguardo torvo. Ogni luogo magico gli era precluso, ma non esplicitamente. La pressione psicologica che tutti facevano con i propri sguardi lo infastidiva, costringendolo per gran parte del suo tempo ad Hogwarts, nella quale tentava di distrarsi come meglio poteva. Quasi sei anni erano passati da quella tragica notte, sei anni in cui non c’era stato sonno nel quale non rivivesse ogni singolo dettaglio. Aggirarsi tra i sudici babbani era quasi una piacevole sensazione, in qualche meandro recondito della sua coscienza sentiva il piacere di essere vicino ai giorni che trascorreva insieme a lei, da ragazzo. Un’ora era sufficiente: si materializzava in un vicolo vicino al pub, si incamminava, beveva qualcosa sperando di esorcizzare il pensiero degli ultimi anni, poi se ne tornava nei sotterranei.
Il corpo nel quale si era trasformato era un impiccio insopportabile, gli veniva il fiatone e il sudore cominciava a colare copiosamente da ogni poro. Si sedette sperando non gli prendesse un infarto e riprese fiato, inalando la fresca aria del pub. Un cameriere si avvicinò e prese la sua ordinazione, una birra presa a caso tra quelle elencate nella carta. Le bibite dei babbani erano insipide, Severus non amava affatto scolarsele, ma se voleva stare in quel luogo qualcosa doveva ordinare. Si guardò intorno: le panche di legno che accerchiavano i tavoli, sparsi per il locale, erano quasi tutte vuote. C’era un gruppo di ragazze sulla quindicina due tavoli di fronte a lui, una coppia che parlava in maniera affiatata alla sua destra e il solito gruppo di uomini d’affari. Ogni volta che Severus entrava nel locale, alle sei del pomeriggio, trovava un grassoccio uomo inglese, con capelli brizzolati e folti baffi sopra la sua carnosa bocca. L’uomo gli era familiare ma non riusciva a ricordare dove lo avesse visto. Era sempre vestito di tutto punto per gli standard babbani: completo grigio, cravatta gialla e capelli trattati con non sapeva quale sostanza appiccicosa che gli uomini babbani di affari trovavano necessaria. L’uomo era sempre accerchiato da quattro altri business-man, sempre diversi. Severus distolse l’attenzione da quel gruppo e si mise ad osservare la scatola che i babbani chiamavano televisione, posta su una colonna a qualche tavolo di distanza da lui. Stavano trasmettendo in quel momento un noioso sport nel quale i babbani si davano tanto da fare per correre con in mano una palla. C’era qualcosa di simile al Quidditch, solo che Severus non capiva come facessero a divertirsi affaticandosi così tanto nella corsa.
Il corpo del babbano nel quale era trasformato cominciava a riprendersi, nonostante il lago che aveva formato il sudore sotto le ascelle avrebbe impiegato ore ad asciugarsi. Lo odiava, era tentato di tornarsene immediatamente ad Hogwarts e aspettare nella sua stanza che quel ciccione scomparisse, ma ormai si trovava lì e il tempo doveva lasciarlo comunque trascorrere. Pensandoci non era solo il corpo di quel grasso babbano a infastidirlo, era il tutto. Quei noiosi babbani che si ritrovavano per parlare di affari ridicoli, le loro sciatte abitudini, il loro piatto mondo. Era una sporca scappatoia quella che aveva intrapreso, una scappatoia che non lo avrebbe portato da nessuna parte. Per un attimo ebbe un flash di quella notte. Lily lo avrebbe odiato se lo avesse visto in quelle condizioni. Avrebbe avuto ragione, non poteva continuare a deluderla, non ancora. Appoggiò le mani sul tavolo nel tentativo di aiutarsi a mettersi in piedi e in pochi attimi si incamminò verso l’uscita. Si sentiva sporco, e la colpa non era della camicia appiccicata ai suoi lardelli soffocanti.
Qualcuno aprì la porta del locale poco prima che lui alzasse il braccio per andare incontro alla maniglia. Una strana donna, misteriosamente avvolta in vestiti che sembravano essere di velluto, occupò la soglia del locale. Era magra, con un grande cappello arancione e una sciarpa turchese a coprire tutto il volto. Tutto, tranne gli occhi. Severus rimase fermo a guardarla, aspettando che passasse oltre la soglia. La donna lo guardò con sguardo acido, interrogativo. Muovendosi velocemente lo scartò e si avviò verso il centro del pub. Severus uscì dal locale.
Gli occhi di quella donna lo avevano straniato. C’era qualcosa di familiare, qualcosa che lo lasciava sconvolto. Cominciò a camminare, ansimando per il caldo, tentando di ricordare dove li avesse già visti. Il turbamento crebbe sempre di più, finché Severus realizzò cosa avesse trovato di sconvolgente negli occhi di quella donna: avevano qualcosa di lei, qualcosa di Lily. Doveva confermare quel dubbio, ma non certo in quelle condizioni. Se si fosse sbrigato sarebbe riuscito a tornare ad Hogwarts, bere nuovamente la pozione e trovarla ancora lì. Si guardò intorno alla ricerca di un possibile candidato nel quale trasformarsi. Nessuno che sembrasse interessante. Camminò per tutta la strada che stava percorrendo e svoltò l’angolo, ritrovandosi in una più trafficata via. Lì squadrò molti volti e, finalmente, vide un uomo che poteva andare bene. Alto, moro, dagli occhi azzurri e allungati: una rarità quel colore di capelli in Inghilterra. Sì, lui sarebbe andato bene. Facendo finta di sbattergli contro riuscì a prelevare qualche capello, poi si nascose nel primo vicolo isolato che trovò e si materializzò ai confini di Hogwarts.
Mezz’ora dopo era di nuovo di fronte al pub.
Entrò guardandosi attorno, cercando il grande cappello che aveva visto solo pochi minuti prima. Non fu difficile, la clientela del locale non era cambiata di molto e la donna stava seduta da sola su un tavolo buio, nell’angolo più nascosto del pub. Guardava con circospezione gli altri tavoli, in particolare quello in cui erano seduti gli uomini d’affari. Severus si avvicinò con cautela e sedendosi di fronte a lei chiese: «Sta aspettando qualcuno?». Vide gli occhi di lei assumere un’aria sorpresa e interrogativa. Severus riuscì a leggere diffidenza, ma ancora più profondamente leggeva interesse.
Quegli occhi, così familiari.
C’era un qualcosa che gli ricordava fortemente Lily, ma c’era anche qualcosa di diverso, qualcosa di familiare ma allo stesso tempo indefinito. Era intrigato, la sola presenza di quella donna riusciva a distoglierlo da tutti gli altri pensieri. I veli che le coprivano la bocca si mossero: «Effettivamente no».
Severus cominciò a fargli delle domande, doveva scoprire chi lei fosse. Nonostante lei rispondesse con coinvolgimento, la vedeva ancora sfuggente, con lo sguardo che si muoveva troppo spesso verso gli altri tavoli. Dovette dunque chiedere: «Perdoni la mia sfacciataggine, perché osserva con tanta apprensione gli altri tavoli?»
Gli occhi della donna parvero sorpresi, in parte colpevoli. In maniera insicura sentì la voce raggiungerlo attraverso i veli che le coprivano il volto: «No, sa… È mio marito. In questo momento è seduto al tavolo dall’altra parte del locale».
Marito, la donna era sposata. Non aveva avuto nessuna intenzione nei suoi confronti, ma si sentiva deluso ugualmente. La preoccupazione, che ora la donna non si curava più di nascondere, era evidente nei suoi occhi, il che lo incoraggiò a continuare la conversazione.
«E lei lo sta... spiando?»
«Spiando? Come si permette?» La sua voce acida lo stava pungendo con violenza.
Aveva già sentito quella voce gridargli contro, ma non riusciva a ricordare quando: raramente aveva avuto contatti diretti con i babbani. Il suo tempo stava scadendo, tra poco se ne sarebbe dovuto andare, non voleva rimanere con il dubbio. Decise di sfoderare la più efficace delle galanterie, consapevole che l’aspetto scelto per trasformarsi era dalla sua parte. «Mi dispiace, non era mia intenzione ferirla. Mi crucciava vederla turbata ed ero solamente interessato al motivo. Se le arreco disturbo non esiterò ad andarmene». Severus fece per alzarsi ma lo sguardo di lei, già ammorbidito a metà discorso, si fece ora urgente: «Ma che sciocchezze va dicendo, si sieda, non mi arreca nessun disturbo. È solo che… è una situazione difficile. Oh, Lord, cosa penseranno di lui i vicini, lo vedono uscire tutte le sere imbellettato. Non sapevo cosa rispondere a Margaret, ieri mi ha chiesto per la seconda volta dove se ne andasse il mio Vern…»
«NO! Ehm…» fece un leggero colpo di tosse «Mi scusi, non volevo interromperla. Lei ha un’aria così misteriosa. Vorrei sapere tutto su di lei, ma al contempo è il suo mistero ad avermi colpito. Non mi riveli il nome di suo marito, non mi riveli il suo».
Non sapeva esattamente perché avesse detto quelle parole, poteva però vedere lo sguardo della donna che da spaventato si trasformava in vivamente interessato. Ora, senza sapere esattamente come, aveva la sua più completa attenzione. Doveva sfruttarla: «Devo andare, ma vorrei rivederla. Incontriamoci domani, nel parco a due isolati da qui».
«Io… non so». Aveva le pupille dilatate in uno sguardo misto tra paura e desiderio. Severus prese la parola con tono sicuro: «Si prenda la serata per decidere, domani sarò lì ad aspettarla in ogni caso». Detto questo si incamminò verso l’uscita. Non sapeva da dove venisse tutta quell’audacia, forse in parte dall’aspetto che aveva ottenuto con la pozione Polisucco. Fu grato di aver preso più di un capello dall’uomo con il quale si era scontrato. Pensò tutta la notte a cosa avrebbe detto il giorno seguente alla donna, non ci sarebbero state altre occasioni. Era stato uno stolto a interromperla mentre gli stava fornendo informazioni, non poteva comportarsi come se eventuali incontri futuri potessero durare per sempre.


Il giorno dopo arrivò velocemente.
La guardò arrivare, avvolta come il giorno prima in un leggero vestito di seta e una sciarpa a coprirle il viso. «Perché viaggia con il volto coperto?»
«Io... ecco, io non dovrei essere qui. Mio marito, cosa penseranno i vicini?»
«Come?»
La donna si sedette, sostenendo con una mano la sciarpa che le copriva il volto.
«Ci ho pensato tutta la notte, forse non sarei dovuta venire. Ho la mia vita, i miei doveri. Ho lasciato per due giorni a fila mio figlio e mio nipote a casa della vicina, inventandomi una scusa. Cosa penserà di me, chissà quali scandali immagina. E ha ragione. Io, che fuggo per vedermi di nascosto con un uomo su un parco, povera me».
Severus la guardava perplesso. Durante la notte si era dipinto un’immagine idilliaca di quella donna, una donna che sembrava misteriosa e determinata. Ora non stava facendo altro che piagnucolare sciocchezze insensate. Una lieve delusione si stava facendo largo nella sua mente: quella donna era pur sempre una babbana. Sciocco, cosa pensava di trovare, una brutta copia di Lily? La donna stava continuando: «Solo ieri stavo seguendo mio marito perché pensavo uscisse di nascosto con una donna, buon Dio. Si immagini che sconvolgimento, per farmi agire di modo da seguirlo. E ora eccomi qui, a fare la cosa che tanto temevo lui facesse. Le confesso, però, che in un certo senso è elettrizzante, stare qui, seduta in un parco con un uomo di cui non so neanche il nome».
«Miles, il mio nome è Miles» tagliò secco Severus. Perché le avesse dato quel nome non lo sapeva neanche lui. Era tentato di andarsene, ma voleva ancora scoprire il segreto dei suoi occhi. Voleva capire perché fossero così tanto familiari. Un’intera notte non era bastata per scoprirlo, doveva riuscirci ora: «Mia cara, si tranquillizzi, stiamo solamente parlando. Mi dica, da dove viene?».
La donna ricominciò a parlare senza interruzione, perdendosi in un monologo infinito. Severus non stava ascoltando, gli era bastato il nome del posto da cui proveniva ad interrompere il suo contatto con la realtà e farlo rifugiare nei suoi ricordi. Quella donna aveva probabilmente abitato a pochi metri da Lily, probabilmente si erano incontrati da giovani. I suoi occhi però… come giustificare la somiglianza? La donna aveva cominciato a esaltarsi pur mantenendo una finta compostezza di rito, probabilmente dovuta ad anni e anni di lavaggio del cervello. Era evidente che non avesse avuto esperienze vitali da anni, la sua reazione esagerata lo stava infastidendo. Povera donna, una vita passata probabilmente a pulire casa e badare ai figli, aspettando il ritorno del marito per proporgli viscide cene babbane. In ogni caso, se l’aveva incontrata da ragazzo gli bastava soltanto un’altra informazione per chiarire il suo dubbio. Interruppe bruscamente il monologo entusiasta della donna: «Mi dica, qual è il suo nome invece?».
La donna lo guardò leggermente sorpresa per l’interruzione, poi rispose con la stessa carica dalla quale era stata interrotta: «Petunia, Petunia Evans».
Severus restò di ghiaccio. Un brivido si diffuse dalla punta delle mani al resto del corpo, lasciandolo muto.
«Si sente bene? »
No, no che non si sentiva bene. In tutte le sporche babbane nelle quali poteva incappare proprio lei doveva essere lì, ora. La donna lasciò la sciarpa che stava sostenendo con la mano e si avvicinò a lui, tentando di accarezzargli il viso. Severus vide il volto liberarsi dal panno che lo copriva e rimase ancora più sconvolto: il nome non era bastato a fargli credere di avere proprio lei davanti. Sentì il tocco freddo della sua mano sulla guancia, cosa che lo risvegliò di colpo. Face uno scatto e si ritrovò in piedi di fronte alla donna: «Devo andare». Senza aspettare una reazione si girò e si incamminò verso l’uscita del parco. Dietro di lui la voce vaneggiava con tono sconvolto: «Dove sta andando? Torni qui! Cosa fa… non mi abbandoni!».
Sperava non l’avrebbe seguito, cosa che probabilmente aveva fatto inizialmente visto il non allontanarsi della sua voce. Severus aveva però accelerato e si era andato a nascondere nel primo vicolo disponibile. La donna avrebbe probabilmente pensato a lui nei prossimi giorni, avrebbe riflettuto sulla sua misera e noiosa vita, poi, da essere mostruoso qual era, lo avrebbe bollato come un rude incivile e sarebbe tornata alla sua vita di sempre. Che andasse al diavolo, non voleva avvicinarsi né a lei né al marmocchio che teneva in casa.
Prima che qualcuno entrasse nel vicolo, si smaterializzò verso Hogwarts. Non sarebbe tornato mai più né in quello né in nessun altro pub, covi di sudici babbani.
   
 
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