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Autore: zinzuleddha    13/09/2014    4 recensioni
"Perché è vero: soffriamo più nella fantasia che nella realtà, e il confine che segna entrambe le cose è appunto la magia della vita. Sopravvivete, come io ho fatto"
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo perdono per gli eventuali errori, non ho avuto il tempo di ricontrollare il capitolo


"Salve. Entra, ragazzo" disse lentamente; la sua voce mi fece accapponare la pelle e, mi si accapponò ancora di più alla vista dell'interno della fatiscente casa.
I mobili in parte distrutti, tutti rigorosamente ricoperti da uno spesso strato di polvere; innumerevoli ragnatele scendevano dal tetto e un fastidioso odore di fumo mi stava letteralmente uccidendo le narici mentre, esitante, seguivo l'uomo dal viso sfigurato verso la cucina, il quale disordine non poté non saltarmi all'occhio; c'erano piatti sporchi ovunque, persino sul divano, sul quale, disgustato, mi dovetti sedere.
"Bene. Sei qui per il lavoro?" continuò tirando una sedia dal tavolo, sulla quale si sedette poggiando il petto contro la spalliera, prima di accendersi una sigaretta.
Annuii, tossendo mentre una nuvola di fumo vagava sui nostri volti.
"Bene. Quanti anni hai?"
"17" sussurrai intimidito, mentre un enorme ghigno si faceva spazio sul suo volto.
Annuì prima di aprire bocca nuovamente, ridendo avidamente, "E.. c'è l'hai la ragazza?"
Si piegò letteralmente in due dalle risate non appena scossi la testa.
"Oohh, abbiamo un verginello qui, allora" continuo ghignando, mordicchiandosi un unghia.
"No" sputai terribilmente in imbarazzo, mentre un insostenibile sensazione di nausea mi assaliva lo stomaco.
"Vai a scuola?" chiese dopo aver sputato i pezzi di unghia precedentemente strappati coi denti.
Annuii, alzando un sopracciglio. Che gli importava della mia vita privata?
"Hai tanti amici?" disse poi alzandosi dalla sedia, afferrando una bottiglia di quella che sembrava fosse Vodka dal tavolo.
Alzai le spalle, mentre una strana sensazione mi assaliva nuovamente.
"Okay" disse infine, prendendo un lungo sorso della bottiglia che dopo mi porse, offrendomi da bere.
Ovviamente rifiutai l'offerta, disgustato dal solo pensiero di poggiare le labbra sulla stessa superfice sul quale precedentemente le aveva poggiate quell'essere.
"Bene, ti aspetto il nove, ovvero, fra quattro giorni. I miei amici son fuori e, abbiamo bisogno del loro aiuto. Dovrai aiutarmi a verniciare un'auto. Una grande auto. Tutto qua" concluse infine, dirigendosi verso la porta.
"Ci vediamo allora" sputò al mio orecchio, sobbalzai non appena, prima di chiudermi la porta alle spalle, mi lanciò una pacca sul sedere.
Così, mentre quella strana sensazione si accentuava notevolmente, facendomi sentire terribilmente a disagio, mi diressi verso casa, dalla quale non uscii per i successivi due giorni. Due giorni in cui, troppo straziato da quella sensazione, non riuscii ne a mangiare, ne ad alzarmi sul letto quando, quella mattina, in preda alla malinconia, tornai in quel vicolo, nella speranza di poter rivedere almeno una volta il viso di quell'uomo, dal momento in cui, non capivo il perché, non ero sicuro se l'avrei rivisto una seconda.
E quei milioni di dubbi e domande furono spazzati all'istante da una sensazione di terribile rimorso non appena, poggiato a quel cassonetto dell'immondizia a suonare non c'era nessuno; non appena alcuna melodia arrivò al mio orecchio.
Così, in preda allo sconforto e continuamente afflitto da inspiegabili emozioni, quella mattina, ad accasciarsi con la schiena contro quel bidone fui io, ma senza alcuno strumento da suonare, ne quell'aria positiva che, ogni volta che mi trovavo in quel posto, puntualmente mi assaliva.
Mi si contorsero le budella mentre, accarezzando il terreno, percepii una presenza alle mie spalle.
Sobbalzai non appena quel qualcuno avanzò verso me, voltandomi di scatto e, sobbalzai ulteriormente non appena mi trovai nuovamente faccia a faccia con Gerard.
Tirai un lungo sospiro di sollievo.
"Mi hai fatto spaventare" sussurrai, per un attimo credetti non mi avesse nemmeno sentito ma, mi ricredetti non appena un enorme sorriso si fece largo sul suo volto.
"Sono felice di rivederti" affermò, alzando lo sguardo.
Annuii, sforzando un sorriso, "Mi dispiace.." continuai.
Alzò le spalle, sospirando.
"Non devi. Sono stato io ad aver esagerato, non avrei dovuto reagire in quel modo e.. non era mia intenzione infliggerti alcun male. Mi sento in colpa" ammise.
Restai stupido dalla sua sincerità nell'esprimersi.
Alzai le spalle a mia volta, "Non mi hai fatto niente" dissi sorridendo, "sono felice che il nostro rapporto non sia andato in fumo. Ho agito da idiota e, me ne son pentito e, ammiro la tua comprensione" ammisi sincero a mia volta.
Solitamente, quelle poche volte in cui aprivo bocca per parlare, mentivo sempre, dal momento in cui non volevo dimostrarmi debole, o come mi chiamavano i miei amici, 'una checca', ma questa volta non ne sentivo il bisogno. Sapevo Gerard non mi avrebbe giudicato per la mia debolezza, dal momento in cui lui lo era tanto quanto me.
Restai stupito non appena avanzò ulteriormente verso me, questa volta a braccia aperte, stringendomi poi in un abbraccio, mentre delicatamente, come se potessi finire in pezzi da un momento all'altro, mi accarezzava la nuca e.. forse era così, dal momento in cui quella sensazione continuava a distruggermi interiormente.
"Ho una brutta sensazione" confessò l'uomo, facendomi raggelare gli occhi.
Spalancai gli occhi tanto che, per un attimo, credetti potessero balzarmi dalle orbite.
"Un brutto presentimento" continuò, alzando gli occhi al cielo mentre tirava un lungo respiro.
"Anch'io. Mi si sta contorcendo lo stomaco. E' da un paio di giorni che, come un peso sul cuore, me lo porto dietro" ammisi sottovoce, scorgendo un espressione sorpresa sul volto dell'uomo.
"Sarà solo una stupida sensazione legata a ciò che è successo alle spalle ma, il passato è passato. Lasciati tutto alle spalle e vedrai che starai meglio. Mi sa toccherà farlo anche a me" continuò poi sorridendo, prima di poggiarmi un braccio sulle spalle, stringendomi nuovamente a se.
"Adesso devo andare" sussurrai, prima di sforzare un sorriso e, a testa bassa, dirigermi verso casa dove, confuso, mi accasciai nuovamente sul letto.
Ore e ore trascorsero d'allora quando, qualcuno busso alla porta, distogliendomi dai miei indecifrabili pensieri.
Fece capolino dalla porta mia padre, sedendosi poi al mio fianco.
"Com'è andata la giornata scolastica?"
Restai ulteriormente stupefatto a quella domanda, dal momento in cui di come trascorrevo le mie giornate non gli era mai importato.
"Bene" mentii, sapevo che se avrebbe scoperto che avevo nuovamente saltato la scuola mi avrebbe ucciso e, così fu non appena cominciò ad urlarmi contro che ero un bugiardo.
"Ha chiamato il tuo insegnante di italiano, mi ha detto che ti sei assentato da scuola per un'intera settimana, saltando due importantissimi compiti in classe!" mi urlò contro, lanciandomi un ceffone.
"Ti sei forse bevuto il cervello?! Ti rendi conto che continuando di questo passo perderai un altro anni?! E poi pretendi anche di prendere lezioni di musica. Pretendi, pretendi, ma non fai mai qualcosa. Sarai un fallito nella vita, mi fai pena" continuò, trascinandomi dai capelli fuori dal letto, continuando a sbraitare.
"Sei la vergogna della famiglia. Mi sembri un frocetto, guarda come ti vesti! Prendi esempio dai tuoi cugini per una buona volta, guardali come sono svegli, tu sei un fottuto coglione, un parassita. Mi vergogno di ammettere che tu sia mio figlio!"
A quell'affermazione mi crollo letteralmente il mondo addosso, ma realizzai solo dopo che, a finirmi addosso fu il pagliaccetto regalatomi da Gerard che, nel giro di un secondo, finì in pezzi contro la mia faccia mentre, nuovamente devastato, prima che l'apatia prendesse nuovamente il sopravvento, mi misi in piedi quando, prima di scappare via da quel casino che si stava venendo a creare e, prima che si precipitasse nuovamente addosso per darmi il tanto atteso da mia madre, adesso sulla porta, colpo finale, finì per conficcarmi nel piede un'enorme scheggia di terra cotta; ma il dolore che provai in quell'istante non fu minimamente paragonabile al dolore che provare interiormente, il quale sperai potesse scivolar via insieme alla pioggia che, in quel momento, in mezzo alla strada, mi inzuppava i vestiti.
Realizzai solo allora si stesse avvicinando una tempesta e, che tutto avrei fatto tranne che dormire al parco, così presi al volo una decisione, dirigendomi di corsa verso la casa dell'unico essere umano disposto a sopportarmi tra i piedi: casa di Gerard.
Arrivai dopo dieci minuti di corsa, nella quale mi squarciai letteralmente il piede, difronte casa sua, alla quale bussai disperatamente.
Dieci minuti trascorsero dall'ultima volta in cui bussai e, senza speranza che venisse ad aprirmi, mi rimisi in piedi, quando udii una voce alle mie spalle.
Era in mutande, sulla porta, mentre si stropicciava gli occhi. Giudicai stesse dormendo e, mi sentii terribilmente in colpa quando credetti di averlo svegliato ma, quel senso di colpa si trasformò in fastidio non appena, dopo aver aperto la porta e avermi invitato ad entrare, stringendomi poi tra le braccia non appena realizzò stessi ininterrottamente singhiozzando, vidi una donna fare capolino dalla cucina.
Aveva i capelli corti e rossi fluorescenti, notai, non appena, dall'aria palesemente infastidita dalla mia presenza si fece avanti lanciando un occhiataccia a Gerard, indossasse un corpino nero, sopra una minigonna scozzese e dei reggicalze.
"I soldi sono sul tavolo" sputò Gerard infastidito, lanciandogli una volta un'occhiataccia e lasciandomi letteralmente confuso, prima di posare nuovamente la sua attenzione sul mio.
"Cristo, Frank, che ti è successo? Hai il volto ricoperto di sangue" sussurrò osservandomi, mentre un espressione che andava dal disgusto allo stupore si faceva largo sul volto.
"Oh cazzo" esclamò poi alla vista dell'enorme pozza di sangue che si faceva largo intorno al mio piede, mentre la donna, senza salutare, lasciava la casa.
C'era qualcosa che non andava nella sua voce e, i miei dubbi ricevettero un istantanea risposta non appena il suo odore inondò le mie narici, facendomi ulteriormente rivoltare lo stomaco.
Era ubriaco. Faticava persino a reggersi in piedi tanto che dovette appoggiarsi con le spalle al muro.
"Chi era quella donna?" chiesi freddo, riprendendo il fiato che mi era stato precedentemente tolto dai singhiozzi.
"Nessuno" sospirò, prima di avanzare nuovamente, cingendomi i fianchi.
"Che fai?" sussurrai confuso.
"Ti porto su" continuò con un filo di voce, mentre di peso mi prendeva in braccio.
Mi aggrappai saldamente al suo collo mentre, barcollando, saliva le scale, finendo però per inciampare. Mi ritrovai allora stesso sulle scale, il suo volte nell'incavo del mio collo mentre il suo respiro pensante risuonava nell'aria, prima di rimettersi in piedi, prendendomi nuovamente in braccio.
"C'è la faccio da solo" obbiettai, ma scosse la testa, continuando a salire, prima di andare a sbattere con la schiena contro al muro, in procinto di cadere nuovamente.
"Okay, non c'è la faccio" sussurrò nuovamente sul mio collo, ghignando.
Annuii, spingendolo leggermente, prima che mi aiutasse a camminare fino al bagno, dove mi sedetti sopra una cesta.
"Okay.. dov'erano.." disse tra se e se, frugando nel cassetto di un mobiletto.
"Eccoli" affermò fieramente, tirando fuori dei disinfettanti e una pizzetta.
"Farà male" disse, prima di chinarsi ed estrarre con la pinzetta l'enorme scheggia precedentemente conficcata nel mio piede, prima di soffermarsi a osservarla mentre il mio lamento risuonava nell'aria.
"Mi ha lanciato contro il pagliaccetto che mi avevi regalato" sussurrai abbassando lo sguardo.
Annuii, scagliando la scheggia contro il muro, facendola finire in ulteriori pezzi, prima di disinfettare la ferita e lavare via il sangue. Tirò poi una garza che andò a fasciare intorno al mio piede, raccomandandomi di non fare movimenti bruschi, prima di aiutarmi a lavare la faccia, sulle quali ferite mi mise della pomata.
Fece poi capolino dalla porta con un enorme maglietta in mano.
"Non ho altro da darti, mi dispiace. Credo che questa sia abbastanza per coprirti" disse prima di lasciare nuovamente la stanza, invitandomi a cambiarmi.
Così, terribilmente imbarazzato all'idea di dover dormire con solo una maglietta addosso, cominciai a cambiarmi, facendo fatica a togliermi i pantaloni.
"Gerard, ho fatto" richiamai la sua attenzione, per poi notare che era dietro la porta.
Entrò nuovamente nella stanza, annuendo, prima di tirar fuori da un altra cesta un phon con il quale cominciò ad asciugarmi i capelli, ridacchiando alle mie espressioni da imbecille quando, puntualmente, mi soffiava l'aria bollente in faccia, scompigliandomi i capelli con le mani per assicurarsi fossero ben asciutti.
"Okay" sussurrò, passandosi una mano tra i capelli, prima di aiutarmi a mettermi in piedi.
Ci dirigemmo verso la stanza da letto, il corridoio puntualmente illuminato dalle saette che puntualmente mi facevano sobbalzare mentre, lentamente, con la schiena a pezzi, mi sdraiavo nel letto, del quale aveva appena cambiato le coperte.
Sospirai mentre continui flashback di ciò che era avvenuto si facevano largo tra le confusionarie sensazioni, trattenendo le lacrime per miracolo.
Notai stesse prendendo posto al mio fianco e fu allora che, istantaneamente, posai lo sguardo sulla maglietta che stavo indossando, assicurandomi coprisse le mie parti più vergognose; fui molto sollevato nel vedere mi arrivasse fin sopra le ginocchia, sistemandomi sul cuscino, per poi affondarci il viso sopra, nella speranza che ciò mi avrebbe aiutato a non udire ulteriormente i continui tuoni che puntualmente mi facevano perdere un battito, ma non riuscii a trattenermi non appena cadde una saetta, finendo per sobbalzare nel letto spaventando Gerard.
Ebbene, i temporali erano una delle mie più grandi paure dal momento in cui avevo perso uno zio, finito morto dopo esser stato fulminato da una saetta.
"Frank.." sussurrò, la stanchezza trapelava dalla sua voce mentre, pigramente, mi tirava a se, stringendomi al suo petto nudo.
"E' tutto apposto, sei al sicuro qui" continuò lasciandomi un bacio sulla nuca mentre, soffocato dal suo terrificante alito di alcool, annuivo, finendo per sobbalzare nuovamente non appena l'ennesima saetta risuonò nell'aria.
E nonostante sapevo che Gerard compativa le mie debolezze, in quel momento le parole di mio padre risuonavano nella mia mente, esattamente come le saette nell'aria.
Mi sentivo un perfetto idiota e, in quel preciso istante, cominciai nuovamente a piangere, desiderando come mai prima d'allora di scomparire.
"Ci sono io qui con te, sei al sicuro. E' tutto finito" sospirò, adagiandomi nuovamente sul cuscino prima di farsi spazio nell'incavo del mio collo.
"Hai paura dei temporali?"
Scossi la testa, mentendo. Rise alla mia reazione.
"Puoi dirlo, Frank. Tutti abbiamo le nostre stupide paure.. tipo io. Io ho paura degli aghi. E' totalmente normale, ma dobbiamo sconfiggerle. Qui sei al sicuro e, ricorda che, dopo la tempesta c'è sempre il sole" continuò ghignando, abbracciandomi nuovamente.
Semplicemente annuii dal momento in cui, a causa del suo peso sul petto respirare mi risultava estremamente difficile e, con esso, persino parlare.
Credo se ne rese conto nel momento in cui fece per alzarsi, quando ebbe un conato di vomito e finì per precipitarmi nuovamente addosso.
Sussultai non appena percepii la mia delicata pelle nuda in contatto con la sua coscia, mentre, ridendo per la mia reazione, mi aggiustava la maglietta. Giurai stessi arrossendo.
Fu allora che i nostri sguardi si incatenarono esattamente come accadde il primo giorno in cui ci incontrammo, ma quella volta era diverso, c'era qualcosa in più in quello sguardo mentre, lentamente, saliva al mio orecchio.
"E' tutto così sbagliato, Frank" sussurrò, prima di poggiare la sua fronte sulla mia, i nostri petti incollati come fossero due pezzi di ghiaccio mezzi sciolti.
"Non dovresti essere qui, non dovremmo essere in questa situazione, sai?" soffiò sulle mie labbra.
Voltai allora la testa di lato, stringendo gli occhi incapace di sostenere ulteriormente il suo peso.
"Non dovremmo provare tale sentimento. E' sbagliato" continuò, facendo per reggersi nuovamente sulle braccia, strisciando e finendo per alzare nuovamente la mia maglietta.
Il suo respiro pesante risuonava nell'aria mentre, ad occhi chiusi, si ripoggiava sul mio corpo, strusciandosi ripetutamente contro il mio bacino, adesso scoperto.
"Smettila, Gerard" sussurrai con la voce spezzata dalla vergogna, nel momento in cui mi accorsi di essere mezzo nudo.
"Mi piace far cose sbagliate" continuò scuotendo la testa.
"Io sono sbagliato" sussurrai. Rise alla mia risposta, poggiando nuovamente la sua fronte sulla mia, sfiorando le mie labbra.
"Mi stai forse chiedendo di scopare, Frank?" trasalii a quella domanda.
Scossi la testa, terribilmente intimorito.
"Mentire non porta a nulla" continuò, prima di poggiare definitivamente le labbra sulle mie, mentre il panico veniva compensato dalla lussuria e cominciavo a stare a gioco.
Le cose si capovolsero e, inebriato dall'odore dell'alcool, mi ritrovai a fare movimenti sconnessi sul suo corpo, mentre i nostri gemiti si alternavano ai tuoni risuonanti all'esterno, mentre acquistavo, man mano, sicurezza con me stesso.
E mi sentii al sicuro non appena le cose si capovolsero, abbandonandomi così alla sua esperienza.
"Non hai la minima idea di quanto tutto questo sia sbagliato, Frank" bisbigliò mentre affondavo la testa nel cuscino.
"Non puoi minimamente immaginarlo e ciò mi devasta" continuò tra un gemito e l'altro, mentre i suoi movimenti diventavano sempre più scoordinati, provocandomi ulteriore dolore.
Finii per piangere nuovamente quella notte mentre l'uomo, in preda al piacere, si lasciava andare dentro me, adesso distrutto sia fisicamente che emotivamente mentre, infastidito, prendeva nuovamente posto al mio fianco.
Ci vollero parecchi minuti purché mi si schiarisse la vista dalle lacrime e, ciò che vidi mi fece accapponare la pelle.
Le coperte erano in parte inzuppate di sangue e, l'espressione che adesso si era fatta spazio sul viso dell'uomo non era affatto rassicurante.
"Se continua così ti porto all'ospedale" sputò acidamente, mentre con una coperta, dopo avermi aiutato a mettermi di fianco, mi stringeva il sedere, cercando di bloccare il flusso del sangue.
Una bestemmia risuonò nella stanza mentre si sistemava nuovamente sul cuscino, questa volta voltandomi le spalle, prima di chiudere definitivamente gli occhi e dormire.
. . .
Venni svegliato da un raggio di sole che, dalla finestra, mi colpiva dritto in faccia. Notai solo allora Gerard non fosse al mio fianco e, soprattutto, che ero vestito e che le lenzuola sporche di sangue fossero state cambiate.
Mi misi in piedi, confuso chiamai il suo nome, ma non ricevetti alcuna risposta. Notai solo allora un biglietto sul comodino al mio fianco, 'Sono uscito' diceva.
Sospirai, mentre i ricordi della notte passata continuavano a farsi strada nella mia mente quando, improvvisamente, vennero spazzati via da un'idea balorda, ovvero, quella di frugare, per pura curiosità, tra le cose di Gerard. C'era un qualcosa in quell'uomo che non mi convinceva. Decisi all'istante di dare un occhiata nell'armadio.
Tutto ciò che c'era erano parecchie camicie, la quale maggioranza a righe, e pantaloni principalmente neri quando, la mia attenzione venne richiamata da un cassettone infondo all'armadio, dal quale si intravedeva un foglio di giornale.
Aprii allora in cassetto, restando letteralmente sbalordito da ciò che conteneva.
C'erano delle droghe e innumerevoli giornali. Afferrai allora un ritaglio, il grande titolo, adesso sbiadito, era in francese; "Qui est le tueur?"
Spolverai allora quel poco di francese che, alle scuole medie, ero riuscito ad apprendere.
"Chi è il killer?" esclamai tra me e me, prima di soffermarmi sulla grande fotografia sotto il titolo.
Un uomo, incappucciato. Mi si raggelò il sangue non appena riconobbi quello sguardo e, mi si raggelò ancora di più non appena il mio nome risuonò alle mie spalle.
Mi voltai; Gerard, era rientrato e non l'avevo nemmeno sentito.
"Sapevo l'avresti fatto. Sei così prevedibile, Frank" scosse la testa, sospirando.
"St-Stai bene?" sussurrai mettendomi in piedi, indicandogli la droga.
"Staro bene, Frank" rispose sforzando un sorriso prima di strapparmi il foglio dalle mani, accartocciandolo e lanciandolo in una zona remota della stanza.
"T-tu-" cercai di continuare, finendo per essere, come sempre, interrotto.
"Si, Frank. Sono un assassino"
A quell'affermazione mi cedettero definitivamente le gambe.
"Ma ho i miei motivi, Frank; non sono un folle e, sai meglio di me che non ti farei mai del male" continuò, sedendosi ai piedi del letto.
Avanzai esitante verso di lui, sedendomi ad una distanza di sicurezza. Una risata nervoso risuonò nella mia stanza alla mia azione.
"Sai, Frank, nel lontano 1992 avevo un fratellino, Mikey.." cominciò, sorridendo al ricordo del fratello.
"Era un ragazzo d'oro, non dava fastidio a nessuno e, per questo non era molto accettato nella malsana società di quei tempi. A quell'epoca io avevo ventiquattr'anni, lui quattordici. Era la persona a cui più tenevo al mondo ma, un giorno, mi fu strappato via dalle braccia" sospirò, mentre i suoi occhi divenivano lucidi e, questa volta non a causa dell'alcool.
"Era anche un ragazzo molto ingenuo e, nel momento in cui la comitiva di ragazzi considerati fighi del quinto superiore gli si avvicinò accogliendolo calorosamente nella 'famiglia', non ebbe alcun sospetto di ciò che stavano tramando alle sue spalle quando, un giorno gli proposero di partecipare ad un party e, nella sua ingenuità, accetto orgogliosamente, ignaro di ciò a cui stava andando in contro" continuò tirando su con il naso.
"Quella sera, insieme alla sua verginità, gli strapparono via la sua voglia di vivere. Quella sera venne violentato, venne stuprato e, in preda alla vergogna, non mi disse niente, isolandosi dal mondo quando, un giorno, preoccupato dal fatto che avesse smesso di mangiare e di andare a scuola, feci irruzione nella sua stanza per chiedere spiegazioni quando, tutto ciò che trovai fu una lettera ai suoi piedi, penzolanti dal tetto. Incapace di sostenere quell'enorme peso sulle spalle, prese una delle decisioni più drastiche e sbagliate che si possano prendere, impiccandosi. Morì per asfissia, incosciente del fatto che il suicidio non avrebbe portato a nulla, ma che gli avrebbe solo portato via l'opportunità di rendere le cose migliori. E conoscevo bene mio fratello, sapevo che c'era qualcosa che non andava, me lo sentivo nell'anima, ma non ho fatto nulla e, mi maledico ogni giorno per questo"
Tutto ciò che fui in grado di dire fu un "oh", sopraffatto dai singhiozzi dell'uomo.
"Gli portai vendetta, ma ancora oggi, uno di quei fottuti bastardi è a piede libero e so che si trova qui, Frank" continuò mettendosi in piedi, stringendo poi i pugni.
"Ma poi sei arrivato tu e hai mandato tutto a puttane, esattamente come quella personalità che, per anni, ero riuscito a tenere vivo. Mi hai fatto provare nuovamente qualcosa e, quel qualcosa era un qualcosa di estremamente sbagliato dal momento in cui io ho trent'anni più di te e, se la gente venisse a sapere che tra di noi c'è un qualcosa potrebbero denunciarmi.. per stuprò" continuò a denti stretti, prendendo un lungo respiro.
"E io, Frank, non credevo potesse esistere gente spregevole tanto quanto quei tizi fin quando, ieri sera, in preda all'alcool mi son ritrovato a .. SCOPARE CON UN FOTTUTO RAGAZZINO, ESATTAMENTE COME QUEI CANI" mi urlò contro.
"E mi son calato ai livelli di codesta gente per renderti felice e tu che fai? piangi, mortificandomi. E se prima a farmi schifo ero io, adesso, nel trovarti a frugare tra le mie cose a farmi schifo sei tu.
TI HO DATO TUTTO CIO' CHE VOLEVI, FRANK. CHE ALTRO VUOI DA ME?" continuò in lacrime, gesticolandomi contro.
"Sei solo un fottuto ragazzino, ipocrita come tutti gli altri e, io ci son cascato.
Adesso, Frank, ESCI DA CASA MIA" continuò a denti stretti.
"ESCI DALLA MIA VITA"
A quelle parole, il mondo mi crollò addosso.
Scossi la testa, adesso anch'io in lacrime, incapace di metter su una frase di senso compiuto; incapace di sostenere quelle parole, pesanti tanto quanto il suo respiro.
Annuii, "Ho bisogno dei miei vestiti" sussurrai, la voce spezzata dalle lacrime mentre distrutto mi asciugavo il viso.
Mi lanciò allora i miei vestiti che, precedentemente erano su una sedia.
Dal momento in cui la vergogna non avrebbe minimamente infierito sul mio stato d'animo, ignorai la sua presenza, cominciando a svestirmi, sostenendo il suo sguardo fisso sul mio corpo adesso nudo.
"Senti la vergona" più che una domanda risultò come un affermazione, ma ciò non mi impedii di annuire, prima di voltargli definitivamente le spalle, avanzando verso la porta.
"Frank" richiamò un ultima volta la mia attenzione, "Qualsiasi cosa accada, non lasciare mai che prendano la tua innocenza infantile." affermò nuovamente in lacrime.
"Non fare il mio stesso errore Frank" continuò, la sua voce spezzata dai singhiozzi, esattamene come il mio cuore spezzato dalle sue parole.
"Combatti il nemico dimostrandogli affetto"




- Salve a tutti, ed ecco il quarto capitolo, del quale scrivere la scena *hot* mi è risultato estremamente difficile.
Come ho detto all'inizio del capitolo, chiedo perdono per gli eventuali errori, dal momento in cui non ho avuto tempo di ricontrollarlo.
Ci tenevo a mettere in chiaro che, in questo capitolo sono presenti molte frasi o parole scritte in grassetto, le quali saranno molto significative nei successivi capitoli, nei quali la vita di Frank cambierà radicalmente, perciò, spero abbiate letto attentamente.. ;)
Vi invito, come sempre, a lasciare una recensione e farmi sapere che ve ne pare. Ci tengo molto. -

A presto,
Danny x


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