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Autore: AlexEinfall    13/09/2014    3 recensioni
Quando un eroe diviene il peggior nemico dell'umanità, quando ogni indizio conduce allo smantellamento di una maschera di bontà, quando è il cacciatore a divenire preda, chi potrà essere ancora dalla sua parte? Se Spencer Reid, un giorno qualunque, si risvegliasse con le mani sporche di sangue, chi potrebbe salvarlo dall'oblio? Tra lo spettro della dipendenza e qualcosa di molto diverso e più oscuro, la strada per la soluzione dell'enigma non potrà essere percorsa in solitudine.
Dal testo
Sangue. Nella nebbia della droga si era chiesto, tre o forse quattro anni prima, che odore potesse avere il sangue di un'altra persona sulla sua pelle. Possibile, si era chiesto, che le molecole odorose di qualcun altro, mischiate alle mie, possano dare come risultato un buon aroma? Soprattutto lo incuriosiva il pensiero che la morte, a contatto con la sua pelle, forse avrebbe avuto l'odore della vita.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Morgan, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertenze:  La droga fa male, molto male.
Sempre un grazie sentito a coloro che seguono la storia e mi lasciano commenti lusinghieri e graditi (:
Ax.


5

Angelo


Preserva la purezza dell'anima tua.
Colui che racchiude in sé il talento
deve essere tra tutti il più puro d'anima.
Ad altri vien molto perdonato,
ma a lui non è dato perdono.
Nikolaj Gogol


    
  Spencer fissa il suo caffé fumare nell'aria del piccolo bar dell'ospedale. Dal suo ultimo risveglio, sconvolto dal terrore, non ha più chiuso occhio. Ormai versa in uno stato di anedonia totale. Non riesce a formulare un solo pensiero logico, almeno non come prima. Vorrebbe trovare parole convenzionali, un tono di voce neutro e un atteggiamento cordialmente distaccato; vuole, in definitiva, sembrare innocente. Sotto gli occhi grigi del neurochirurgo, si sente come sotto interrogatorio. La verità è che il dottor Lidford gli ricorda tremendamente Hotch, e ha in sé anche una nota di melanconia, perché rappresenta il ricordo di una Diana Reid attiva, acculturata, speranzosa nel figlio. Un vecchio amico di sua madre potrebbe ora firmare la sua condanna.
  «Diana come sta?» gli chiede dopo una lunga pausa Lidford, con il pragmatismo tipico degli uomini di scienza.
  Spencer è costretto a tornare alla realtà. «Dopo dieci anni, un ulteriore miglioramento nella sintomatologia psicotica è altamente improbabile, considerando poi che circa il trenta percento ha remissione parziale o totale...» si interrompe, rendendosi conto di star divagando e di apparire troppo freddo. Accenna un sorriso. «Se la cava bene. Ci scriviamo spesso.»
   Il dottore annuisce e stringe intorno alla tazza le lunghe dita, che malgrado l'età appaiono solo lievemente increspate e nodose. «E tu, Spencer?»
  Il ragazzo resta un attimo interdetto e, non riuscendo a sostenere quegli occhi pungenti che sembrano inghiottirlo, rivolge lo sguardo al suo caffé. «Quantificare mi è impossibile.»
 «Capisco. Diana mi parlava spesso di te, sai? Era brillante, appassionata, intelligente. E me ne accorsi soprattutto dal modo in cui parlava di suo figlio.»
  Spencer non può far a meno di sorridere imbarazzato, ma poi quel caldo tepore si dissolve davanti al ricordo di quella mattina: il sangue, la confusione.
  Cosa direbbe ora di me?
  Qualcosa in quell'uomo, in quella situazione e nella sua stanchezza lo spinge a parlare con voce incrinata. «Io ricordo ogni libro che mi ha letto, parola per parola. A mia madre dissero che è un'abilità rara e incredibile, che mi avrebbe dato un vantaggio nella vita.» Si schiarisce la voce, riuscendo finalmente a guardarlo negli occhi. «Sa cosa non le dissero? Che se un giorno avessi dimenticato qualcosa, per me sarebbe stato come perdere un arto.»
  Il dottor Lidford rimane in silenzio, poi mostra un sorriso caldo, come Spencer non credeva fosse capace. «Ragazzo mio» dice con un misto di affetto e diligenza. «Il problema dei geni è che dimenticano una cosa fondamentale: la mente non funziona senza l'emozione. La tua fortuna è di avere una memoria incredibile. Se cerchi un'emozione, è dove hai perso memoria che devi cercarla.»
  Reid sente un fuoco feroce montargli dentro. Da un lato vorrebbe quasi abbracciare un uomo che è riuscito a toccarlo tanto; dall'altro vorrebbe solo urlare che, sì, potrebbe aver commesso un crimine tremendo e che sapere di averlo rimosso per la sua portata emotiva non lo aiuta.
  Mentre è combattuto da questi pensieri, il cercapersone del dottore trilla.
  «Bene» annuncia alzandosi e sistemandosi la camicia. «Arnold è rientrato in laboratorio: il profilo del DNA è pronto.»
  Spencer sente il nodo al collo stringersi pericolosamente.    


  «Il nostro SI è un uomo di un'età compresa tra i venticinque e i trent'anni, ma è cauto e intelligente» comincia Hotch, guardando a turno i sergenti che guizzano gli occhi tra lui e i loro taquini. «Ha conoscenze sufficienti nel campo delle indagini.»
  «Quindi è già stato arrestato?» chiede un giovane agente, sollevando la penna.
  «Non necessariamente» interviene JJ. «Potrebbe aver frequentato l'ambiente giudiziario o semplicemente essere di cultura superiore. Maneggia molto bene il bisturi e ha conoscenze mediche sufficienti a non farlo esitare nel colpire un cuore umano.»
  Prentiss fa un passo avanti e si punta due dita al petto. «Sfondare la gabbia toracica richiede molta forza, ma nei due omicidi il coltello è stato infilato di traverso tra due costole. Ciò indica una certa esperienza e bravura, nonché sicuramente un modo per oltrepassare un deficit fisico.»
  «È un uomo poco atletico e di non notevole forza» continua Morgan. «Ciononostante, la rabbia gli rende più facile affondare la lama in profondità. A giudicare dalle tracce lasciate sulla seconda vittima, l'altezza è stimata attorno al metro e ottantacinque. Non è muscoloso o molto pesante, difatti Jordan Norris è riuscita a farlo cadere.»
  Prentiss si massaggia le mani. «Stiamo parlando di un sociopatico, ma la componente sessuale non è centrale nei suoi omicidi. Crede di avere una missione: punire le false vittime. Jordan Norris e Madison Lorenz sono sfuggite a due morti tragiche, ma il nostro SI si identifica con i sociopatici implicati nei due casi, Nathan Harris e Owen Savage. Crede che loro abbiano subito un'ingiusta punizione.»
  «Per questo potrebbe incolpare le istituzioni di non aver dato loro il giusto supporto» interviene Rossi. «Lo stesso che è mancato anche a lui. Gli omicidi potrebbero essere stati scatenati dall'articolo pubblicato sulla prima vittima, in concomitanza con un evento stressante subito dal SI.»
  «Per la sua incapacità di socializzare, potrebbe occupare una posizione non di rilievo nel suo lavoro, ma sicuramente si sarà distinto per intelligenza e diligenza. Queste caratteristiche, però, potrebbero averlo messo in cattiva luce più del normale. Potrebbe avere una vita sociale ristretta, perché certamente i suoi disturbi non passano inosservati» puntualizza Hotch. «Dovete cercare tra coloro che hanno una buona formazione culturale, ma svolgono lavori al di sotto delle loro capacità. Persone che hanno mostrato turbe del carattere e con una ristretta rete sociale.»
  «Vogliamo sottolineare» interviene JJ. «Che trovare questa persona non sarà semplice. È paranoico e agisce di conseguenza, in più ha intelligenza e cultura per attuare i suoi piani. È affabile quando ha bisogno di esserlo, ma non sente alcun bisogno di relazionarsi agli altri. Potrebbe anche essere una persona apparentemente normale, che sa come apparirlo.»
  «Potrebbe essere chiunque» commenta l'agente Edwards.
  «Purtroppo sì» risponde Hotch. «Ma sta già commettendo degli errori, sta scoprendo che uccidere gli piace.»
  «Quindi possiamo solo aspettare che commetta un errore grave?»
  Gli agenti della squadra rivolgono un sguardo preoccupato ad Hotch. «è possibile. Ma faremo di tutto per evitare altre vittime, è la priorità. Concluso il numero di vittime prestabilite, forse in base ad un delirio, potrebbe scomparire o migrare altrove. Dobbiamo impedirlo.»
 

   Nella tracolla la prova schiacciante del suo crimine. Nella mano un bicchiere di bourbon. Nella mente l'oblio.
   A Spencer è bastato un solo sguardo al profilo del DNA per memorizzare ogni singola informazione, eppure, incredulo, ha dovuto rileggerlo varie volte. Nella mente quell'immagine si è sovrapposta in modo quasi perfetto al referto autoptico su Madison Lorenz.
  Riscontro positivo. Stesso sangue. Stessa persona.
  Nel ritorno a casa, avvolto dalla foschia dello shock, qualcosa si è rotto nella mente del dottore. Ad un certo punto, non sa dire quando, semplicemente si è arreso. Come un attimo prima di morire, nella capanna al cimitero Marshall, prima che Tobias gli ridesse il dono della vita. Un attimo prima di esalare quell'ultimo bruciante respiro, Spencer Reid si arrese. Non lo ha mai detto a nessuno, neanche a Morgan.
  Oh, Derek. Se solo potessi salvarmi.
  Ma Derek non può, nessuno può, e Spencer lo sa.
  Beve il bourbon a piccole gocce, lasciando che la vita nel piccolo locale scorri senza toccarlo. Ora ha solo un desiderio bruciante, vuole solo un'unica cosa: scomparire. E lui conosce un solo modo per uccidere virtualmente i suoi neuroni, per frenarne il moto folle, per spegnere la luce della coscienza.
  Dilaudid.
  Prima di rendersene conto, il bicchiere stretto nel palmo comincia a tremare.
  «Forse la terra è l'inferno di un altro pianeta
  «Aldous Huxley» mormora Spencer, riuscendo a storcere le labbra in un sorriso. Si volta verso l'interlocutore e qualcosa si smuove alla bocca dello stomaco: il ragazzo è seduto al bar, il gomito che quasi sfiora il suo, gli occhi di ghiaccio circondati da lunghe ciglia nere.
  Si scosta un ciuffo corvino dalla fronte. «Posso provare simpatia per i dolori delle persone, ma non per i loro piaceri: c'è qualcosa di curiosamente noioso nella felicità di qualcun altro. »
  Spencer inarca un sopracciglio. Meno che mai desidera la compagnia di qualcuno, ma quel viso ha qualcosa di profondamente simbolico. «Ci conosciamo?»
 «Dirti il mio nome non basterebbe a conoscermi» rimbecca il ragazzo, sorridendo sardonico. «Eppure sono stato ingiusto: io ti ho già visto e conosciuto, ma tu non sai chi io sia.»
  Spencer comincia a sudare freddo: un agente in borghese?
  «Non sono qui per arrestarti o fermarti» chiarisce il ragazzo. «Non faccio parte del vostro club.»
  Qualcuno sa ciò che ha fatto?
  Il ragazzo si volta e lo fissa con un'invadenza che non ha nulla di spiacevole. «Considerami un angelo, della mente» dice, catturando la sua attenzione. Mette una mano nella tasca del cappotto e sembra stringere qualcosa. Si avverte il suono di monetine che tintinnano contro boccette di vetro busto. «E ho la manna dal cielo.»
  Spencer lo segue fuori dal locale, con le pupille dilatate e le gambe pesanti come piombo. Nella mente la leggerezza e le punture continue dell'emicranea che sembrano non tangerlo più.
  Perché, ormai, il dottore si è arreso. Totalmente.


  Dall'ago zampillano poche gocce. Daniel sa quello che fa, eppure non ha nulla del degrado impresso nei volti della disperazione. Steso sul letto, Spencer ha un'esitazione, una debole protesta della parte di mente ancora lucida, subito soppressa dalla voce del bisogno. «Questo mi renderà innocuo» riflette ad alta voce.
  Daniel si volta e gli sorride e lui sa, in un attimo, che tutto andrà bene. Non ha freddo, quasi nudo sotto le coperte. L'altro non prova vergogna, esponendo il suo corpo alla luce del pomeriggio, che pigra occhieggia attraverso le persiane, evidenziando le sporgenze del volto di entrambi.
  Il laccio è ben stretto intorno al braccio.
  La penetrazione.
  Il rash, potente, che invade tutto il corpo.
  La testa che mollemente si abbandona al cuscino.
  Le braccia di Daniel. Poi solo la felicità.

  Le braccia di Daniel diventano scure, più possenti, ti stringono con forza e gentilezza. Alzi lo sguardo e incontri occhi scuri, sopracciglia decise, un sorriso bianco incandescente. Hai un brivido e riesci solo a sussurrare il suo nome.
  Derek.
   Forse lo urli, forse lo stai solo pensando.
  Derek è un ricordo. Ma qui, in questo spazio di antimateria, anche lui c'è. Sempre.
   
  «Derek...»
  
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