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Autore: SonLinaChan    30/09/2008    4 recensioni
Alla morte del sovrano di Elmekia, i due eredi al trono ingaggiano una lotta per la conquista del potere. Lina e Gourry si trovano loro malgrado sul terreno di battaglia, in missione per conto della città di Sailarg, ma decisi a rifuggire ogni coinvolgimento nella guerra. Ma basta poco perché una battaglia estranea si trasformi in una questione molto personale...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Continuiamo con il trend degli aggiornamenti veloci… anche se stavolta con un capitolo breve

Continuiamo con il trend degli aggiornamenti veloci… anche se stavolta con un capitolo breve. ; P Grazie come sempre delle letture e delle recensioni! E, Dragonslave, grazie anche per il commento al manifesto L/G! ^^ (tra parentesi, se conosci lo Slayers Again Site, perché non ti iscrivi anche al forum? Ci circolano molte persone che scrivono anche qui, ed è bello attivo, soprattutto da quando è uscita la nuova serie…^^)

Buona lettura e (si spera) a presto!

 

 

Sono una persona facile all’ira. Datemi retta, lo sono. Ma non avevo mai avuto idea che i miei pensieri potessero diventare tanto velenosi anche nei confronti di me stessa. Ero un’idiota. Avevo abbandonato il diario come una povera stupida, dando per scontato che nessuno dei miei compagni avrebbe cercato di portarlo via. Ma che assicurazioni avevo davvero su Bastian? Che assicurazioni, a parte la mia stupida fiducia?

Eppure, nonostante mi rendessi conto della mia stupidità… riuscivo ancora a essere incredula.

Ostentai calma. Nell’attimo di confusione e panico che seguì la nostra scoperta, mi imposi immediatamente di assumere il controllo della situazione, come ero tanto abituata a fare. Ma mi sembrava che le viscere avessero preso ad ardermi nello stomaco.

“Gourry, Amelia.” Intimai, ai miei due compagni ancora confusi da quel rivolgimento inaspettato. “Dividiamoci. Uno di noi cercherà se si è rintanato da qualche parte in casa, due vedranno se c’è qualche impronta fresca nella neve all’esterno.”

“Lina… pensi che sia scappato col libro?” Il tono di Gourry era così incerto e incredulo che mi trovai a chiedermi quanto di ciò che provavo trapelasse realmente dal mio viso.

“Qualcuno può averlo aggredito e avergli portato via il diario con la forza. Ma che sia fuggito di propria volontà o che sia sulle tracce di qualcuno, ciò che noi dobbiamo fare è raggiungerlo.” C’erano alternative, giusto? Non dovevo subito saltare alla conclusione peggiore.

“Verrò io fuori con te, Lina-san!” Si fece avanti Amelia. “Se troviamo una traccia e usiamo il Ray Wing…”

“No.” La voce di mio marito era perentoria. “Nessuno di noi andrà più solo da nessuna parte, stanotte.”

Mi volsi, piccata. “Gourry…”

“No, Lina. Ti starò appiccicato come un francobollo, a costo di dovermi imporre. Ci siamo separati una volta, e guarda cos’è successo.”

“Fai come ti pare.” Sibilai, in modo molto poco garbato, precedendolo all’esterno. La realtà era che non volevo stare con Gourry, in quel momento. Non volevo che mi vedesse in volto, ora che riuscivo a malapena a controllarmi.

All’esterno, la neve aveva preso a cadere con maggiore intensità, in grossi fiocchi, che rilucevano bluastri, alla luce della luna. Qualunque impronta sarebbe stata cancellata in fretta.

“Lina –san…” Intervenne Amelia, studiando la mia espressione con una strana cautela. “Ma allora Bastian –san potrebbe essere il responsabile anche degli attacchi che hai subito?” Esitò. “Perché io… io potrei anche essermi ingannata, ma…”

Mi volsi verso di lei, con aria impaziente. “ ‘Ma’ cosa, Amelia?”

La principessa abbassò gli occhi. “Prima, nel corridoio, un attimo prima di essere colpita… io credo di aver visto Dorak, di fronte a me.”

Mi bloccai sui miei passi. “Dorak?” Mi sforzai di suonare sorpresa. Ma in realtà, un irrazionale sollievo parve immediatamente gettare acqua sulle fiamme che mi incendiavano lo stomaco.

Amelia si morse il labbro. “Ma non può averci preceduti qui, vero Lina-san? Non conosceva la nostra reale meta…”

“Sapeva che ci stavamo dirigendo a Talit. E non è detto che non conosca più di quanto immaginiamo.” Raccolsi le idee, per un momento. “Non è detto nemmeno che ci abbia preceduti, comunque. Può essersi intrufolato in casa dopo di noi, dalla nostra stessa entrata. Forse ci ha spiati e ha atteso che fossimo divisi, per cercare di aggredirci. Magari ha sorpreso Bastian, e ora lui è sulle sue tracce.”

Gourry si accigliò. “Ma perché ha mirato al diario, e non a te? Tu saresti stata un bersaglio semplice, intrappolata com’eri.”

“Non è detto che io sia il suo unico obiettivo. La mia idea è che chiunque sia sulle nostre tracce abbia ordini ben precisi, e poca libertà di azione. Non ha ucciso Amelia, anche se gli sarebbe convenuto farlo, per ben due volte. Ma ha provato a uccidere te, e quando si è reso conto che eri troppo pericoloso per affrontarti direttamente, forse ha cercato un altro modo per colpirti.”

Nemmeno io ero del tutto convinta della mia teoria. Aveva una parvenza di logica, e mi permetteva di pensare che Bastian non c’entrasse, per cui mi ci abbandonai con forzata convinzione. Ma nella mia testa continuavano a risuonare tetre le parole di Sybil. ‘Verrai tradita da qualcuno di cui ti fidi.’ Perché non mi era venuto in mente, quando avevo subito il primo attacco sulla nave? La profetessa aveva indovinato, per quel che riguardava l’assassino. E se avesse avuto ragione anche per quello? Perché mi ero rifiutata di contemplare quella possibilità?

Perché sono una stupida. Stupida, stupida, stupida.

Le labbra di Gourry si strinsero, ma se voleva dire qualcosa fu abile nel trattenersi. Gliene fui estremamente grata.

Cercammo in silenzio qualche traccia, ma forse per il buio, forse per la neve, non trovammo nulla. Mi ritenetti fortunata ad avere Gourry ed Amelia al mio fianco. Se fossi stata da sola, probabilmente mi sarei gettata alla cieca nella notte, pur di scoprire la verità.

E invece, come era ragionevole fare, rientrammo.

Perlustrammo nuovamente il palazzo, ma con poca convinzione. Quando fu chiaro che non c’era nascosto nessuno, concordammo che ci saremmo mossi di lì all’alba.  Avremmo dormito a turno per qualche ora, e quindi avremmo contattato Sylphiel, avremmo dato un’occhiata al laboratorio sotterraneo, e saremmo ripartiti. Per dove, dovevo ancora deciderlo. Ma il piano pareva così perfettamente delineato che potevo fingere, almeno per quella notte, di non dovermelo chiedere.

Continuai a ripetermelo, fissando le maglie consunte del tessuto che ricopriva la spalliera del divano. Cercai di svuotare la testa per dormire. Concentrai l’attenzione sull’odore del fuoco, sul respiro di Amelia che dormiva, sui movimenti lievi di Gourry che montava la guardia, sulla stessa spossatezza di cui ero caduta vittima dopo che l’urgenza di cercare tracce si era spenta. Non funzionò. La mia frustrazione, apparentemente, non si metteva a tacere facilmente.

Trasalii, quando avvertii il peso di un corpo poggiarsi sul divano al mio fianco, e il tocco di una mano sfiorare la mia schiena. Finsi di dormire, ma ero conscia che Gourry sapeva perfettamente che ero sveglia. Temevo che intavolasse una conversazione, che mi chiedesse qualcosa, e mi preparai a prolungare ostinata la mia recita, ma lui mi sorprese, e tacque. Le sue dita calde si mossero piano lungo la mia spina dorsale, fra le mie scapole, sulla mia nuca. Non capii cosa intendeva fare, se non a posteriori. In quel momento, il mio corpo si rilassò automaticamente, molto al di là di quanto pensavo che la mia mente mi avrebbe permesso di fare quella notte.

Ero già nel dormiveglia, e avevo totalmente abbassato la guardia, quando Gourry si decise a parlare. “Lina.” Mormorò, semplicemente. Io sussultai vistosamente, gettando al vento ogni possibilità di fingere ulteriormente di dormire.

“Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo? Veramente, intendo.”

Mi irrigidii. Mi aveva colta totalmente di sorpresa.

Degno di Gourry.

“Non capisco cosa intendi.” Sussurrai, senza volgermi.

“Sì che lo capisci.” Replicò.

La sua voce era dolce, e questo rendeva tutto più complicato. In quel momento, avrei preferito sentirlo urlare.

Girai su me stessa, ad incontrare il suo sguardo. C’era poco da dire, che non potesse capire leggendomi negli occhi, o che non avesse già capito. Ma mi costrinsi comunque a parlare.

“Bastian… mi ha fatto capire che il suo interesse per me andava oltre la semplice necessità di ripagare il suo debito.” Mi stupii di quanto facilmente quelle parole potessero uscire dalle mie labbra. Lo sguardo di Gourry era uno specchio limpido.

Mio marito parve esitare. Chiuse gli occhi per un istante, e prese un respiro. Mi chiesi se per controllarsi. Normalmente capivo perfettamente cosa pensava, ma quella situazione era del tutto diversa dal solito, e per molti aspetti non ci apparteneva. Insomma, eravamo Gourry ed io. Gourry ed io. Potevamo affrontare un esercito di signori dei demoni, potevamo attraversare l’inferno, tenendoci per mano, e uscirne indenni. Da - quanti erano, dieci anni, ormai? – se c’era una cosa di cui potevo dire di non dubitare era che il nostro posto era in qualsiasi luogo, l’uno accanto all’altra. Ed era bella, quella certezza. Non… strana, come tutta quella situazione.

“Sì, questo lo avevo capito.” Concluse mio marito, come costringendosi a non chiudere lì la conversazione. “Ma quello che vorrei conoscere, Lina… è la tua posizione nei suoi confronti.”

Il suo tono di voce non era mutato. ‘Arrabbiati.’ Pensai. ‘Permettimi di negare tutto, e di dirti che sei un idiota.’ Ma Gourry si limitò a riaprire gli occhi e a fissarmi quieto, in attesa. Non riuscii a distogliere lo sguardo dal suo.

“Non è semplice.” Mormorai. Mi stupii di constatare che era la risposta più sincera che avrei potuto dargli in quel momento. “Non è… una questione fisica, se capisci cosa intendo. Voglio dire, questo posso controllarlo, ma…” Esitai. “… è che siamo diversi… ma simili. Io… in qualche modo, mi rivedo in lui. E ogni volta… ogni volta che parliamo, che si svela di più a me, è sempre peggio. E’ come se… come se ci trovassimo sulla stessa lunghezza d’onda.”

Sapevo che le mie parole erano state confuse, perché io ero confusa. Mi chiesi se Gourry avrebbe capito. Quelli non erano discorsi sulla magia, eppure in qualche modo erano mille volte più complicati.

“Non ti sei… innamorata di lui.” Gourry era esitante.

Io aggrottai la fronte. “Come puoi pensarlo?” Domandai, duramente.

Mio marito abbassò lo sguardo. “Scusa.” Disse, semplicemente.

Io esitai, mordendomi il labbro. “Gourry… lo sai che non c’è niente al mondo che venga prima di te, per me. Lo sai perfettamente.” Mi sentii vagamente imbarazzata, nell’incontrare lo sguardo caldo, intenso, di Gourry, in risposta a quelle parole. Non mi capitava spesso di dare voce a quei pensieri, nemmeno da quando la lotta contro Fibrizo li aveva resi palesi. Davamo importanza ai gesti, più che alle parole, sia Gourry che io. Ma quella notte era diverso. Ora che avevo iniziato a essere sincera, non volevo più fermarmi. “E lo sa anche lui. Ma…” Le mie dita si strinsero attorno al tessuto della coperta. “… sarebbe facile concludere, in queste circostanze, che abbia preso il diario per liberarsi di un rivale. Ma… non lo farebbe. So che le cose non sono così semplici.” Mi sentii arrossire. “E non posso essere certa della mia intuizione… ma fino a questo momento sono sempre stata convinta della sua lealtà. E non posso pensare di essermi ingannata a questo modo… voglio dire, non sono un’ingenua. Non mi capita spesso di abbandonare le mie riserve su una persona.” Presi un respiro. “Credevo… credo che continuerebbe a difendermi fino alla morte, se glielo permettessi. E io non voglio permetterglielo ma…” Mi coprii il volto con le mani. “Al contempo non ho fatto niente perché si allontanasse. Vorrei dire che è perché la sua determinazione mi ha convinta che questo è l’unico modo in cui posso permettergli di essere in pace con se stesso. Ma non sono certa, in fondo, di non essere solo un’egoista. In fondo, lui è quello che più ha da perdere, dalla nostra vicinanza.” Mi sentivo ancora più in colpa, nel trovarmi a cercare di spiegare quel mio assurdo comportamento a Gourry. Io mi stavo scaricando la coscienza, ma come mi sarei sentita, al suo posto? Nel suo atteggiamento non c’era mai stata traccia di ambiguità. Ogni volta che le circostanze mi avevano dato occasione di essere gelosa di lui, Gourry aveva sempre messo bene in chiaro quali erano le sue priorità. D’altra parte, come potevo non essere franca? Con lui, che mi capiva con uno sguardo?

Tu sarai tradita e tradirai.’ Le parole di Sybil avevano dato vita a una tormentosa eco, che sottendeva a ogni mio pensiero.

Gourry mi prese le dita fra le mani, e le allontanò dal mio volto. “Lina.” Mormorò. Si piegò su di me, finché non avvertii il suo respiro sulle mie guance. Si chinò a baciarle, e quando si rialzò mi trascinò con sé, e fra le sue braccia. Mi abbandonai, vilmente. Il suo abbraccio era caldo e rassicurante. “Ascoltami. Io credo in te.” Quasi avesse letto nei miei pensieri, Gourry pronunciò le parole che avevo bisogno di sentire. “E se tu credi in Bastian, nonostante tutto, allora probabilmente non ti sbagli. Abbi fede in questo.”

Levai lo sguardo a osservarlo. Il suo volto era stanco, ma il suo sorriso era pacato, come al solito. “Io non sono certo di comprendere del tutto quello che ti tormenta, ma quando ritroveremo Bastian, non mi intrometterò fra voi due. Tu di certo capirai come risolvere la situazione.” La sua voce si abbassò ad un sussurro. “Mi fido di te.” Ripeté. Le sue parole sembrarono trovare posto in qualche luogo recondito del mio essere. Era come se avessi inghiottito una bevanda molto calda, e dolce.

Affondai il volto nel suo petto. Per qualche istante, fummo avvolti dal completo silenzio. Sentii l’ansia scivolare via da me lentamente. La fiducia di Gourry, come al solito, sembrava spianare la strada di fronte a me, indicandomi la strada giusta da percorrere.

Sentivo che Bastian non mi aveva mentito. Dovevo trovarlo, vivo, e dovevo cercare di fare qualcosa per lui. Quello che avrei voluto venisse fatto per me, se mi fossi trovata al suo posto. Forse, gli avrei detto semplicemente l’impressione che avevo ricevuto da Sybil, quando la avevo incontrata. Perché era possibile tornare indietro, giusto? Non c’era nulla di irrimediabile…

Non la amo più.

Le parole di Bastian mi bruciarono improvvisamente in testa, come un marchio a fuoco. Per un momento, l’immagine di un finale felice - un finale in cui io non dovessi essere tormentata dalla colpa- mi balenò davanti agli occhi: Sybil e Bastian che iniziavano a crescere i loro figli, e io e Gourry che andavamo a trovarli da buoni amici. Senza ambiguità, senza rimpianti. Mi sembrò così assurdamente irreale che l’inquietudine e l’ansia minacciarono di tornare ad afferrarmi lo stomaco. Il mio cervello iniziò disperatamente a cercare un’altra, introvabile, alternativa. Provai un senso di vertigine, e mi aggrappai a Gourry. La sua stabilità mi ridiede equilibrio, ma io mi sentii improvvisamente estremamente irritata con me stessa.

“Lina?” Domandò Gourry, confuso. Io mi morsi le labbra, per riacquisire padronanza di me stessa.

“Peccato.” Mormorai, forzando l’ironia nella mia voce. “Mi sarebbe piaciuto assistere a un virile duello per conquistare il mio cuore. Sai, quelle belle scene tutte sudore e sangue al cui termine il cavaliere vincente fugge con in sella l’amata.”

Non potevo vedere Gourry in volto. Nel lungo silenzio che seguì, avrei pagato mille monete d’oro per conoscere la sua espressione.

“In realtà…” Lo spadaccino esitò. “… progettavo di calciare Bastian giù dalla scogliera, appena scesi a valle. Perché sai, la parte del sudore e sangue non mi sorride particolarmente.”

Levai lo sguardo, colta alla sprovvista. I miei occhi incontrarono i suoi, e vi colsi un lampo giocoso. “Salirai lo stesso in sella con me?” Domandò. “O esiste qualche penalità per le vittorie scorrette?”

Non avrei mai detto che sarebbe successo, pochi istanti prima… ma dovetti soffocare una risata. “Esiste.” Replicai, in un sussurro. “Ti guadagni una moglie che non coincide precisamente con lo stereotipo della perfetta dama.”

Gourry fece un mezzo sorriso. “Posso sopravvivere a questo.” Si piegò su di me, e sfiorò le mie labbra con le sue. Gli ultimi residui di ansia lasciarono il posto a un diffuso, sonnolento calore. Se non avessi avuto Gourry su tutti a fianco, avrei pensato che mi avesse appena lanciato un incantesimo.

“Scusami.” Mormorò, accarezzandomi la nuca. “Per averti estorto questa confessione con l’inganno.”

Nascosi il volto nel suo collo. “Penserò ad una punizione.” Mormorai. Dopo qualche minuto, mi trovai nuovamente a cullarmi nella incoscienza ovattata in cui si naviga quando ci si trova fra il sonno e la veglia. Mi resi conto vagamente che ero tornata sdraiata sul divano. Cercai una delle sue mani con le dita e la strinsi, chiudendo gli occhi. Accarezzando il suo palmo ruvido, lasciai che l’oscurità mi catturasse.

 

 

 

La mattina successiva, la nevicata era cessata. Il cielo era parzialmente sgombro dalle nuvole, e un sole pallido si rifletteva sui candidi cristalli al di fuori delle mura fredde del palazzo, creando un riverbero che illuminava di tonalità nuove gli edifici bianchi di Talit, in lontananza. Il mare dall’aspetto gelido e scuro, oltre le scogliere, creava un bizzarro contrasto con quel lucore. Lo spettacolo dalla balconata semidistrutta della stanza mozzava il fiato.

Rabbrividii, stringendomi nel mantello, mentre Amelia e Gourry finivano di raccogliere i nostri oggetti. Nella mano, reggevo il rubino che avevo fatto stregare a Sylphiel prima della nostra partenza. Avevo contattato la sacerdotessa un’ora prima, appena sveglia, ma avevo avuto il tempo solo per esporre brevemente le mie domande, prima che troncasse la nostra conversazione. Ora, attendevo una sua risposta.

“Lina- san.” Sussultai, al tono trafelato della sua voce. Abbassai lo sguardo. Nel luminoso rossore della pietra, vidi riflesso il suo volto, al posto del mio, che sulla superficie lucida avrebbe dovuto apparirmi come in uno specchio.

“Non posso parlare per molto. Sono ospite nei dormitori delle sacerdotesse, ora, e non ho molte occasioni di rimanere da sola.”

Annuii, chiedendomi solo a posteriori se anche lei potesse vedermi. Ma che avesse scorto il mio segno, o si fosse limitata a interpretare il mio silenzio come un assenso, la sacerdotessa si limitò a proseguire. “Ascoltami, ho controllato per la faccenda di Erianna, ma a quanto pare qui a Elmekia il secondo nome per le casate nobiliari è un privilegio accordato unicamente al primogenito maschio. Viene assegnato al compimento dei dodici anni, a colui che è destinato a succedere al controllo della famiglia. Nel caso di morte del primogenito, un secondo nome viene assunto dall’erede maschio successivo. Lord Georg, ad esempio, porta come secondo nome Gabriel.” Fece una pausa, come per riprendere fiato. “A quanto ho capito, Eriol ha rotto la tradizione assumendo come secondo nome Emar, dopo la sua ribellione, nonostante Samon fosse ancora vivo. E’ scritto sulla sua tomba. Ma non ho potuto indagare più di tanto. Ogni volta che si fanno domande su di lui, qui, la gente pare subito insospettirsi.”

Annuii, nuovamente. “Hai fatto quello che potevi, Sylphiel.”

“C’è dell’altro.” La sacerdotessa troncò i miei ringraziamenti, frettolosamente. “Non so cosa stiate cercando, esattamente, ma ho scorso le genealogie della casata Darland, e sappiate che sono almeno duecento anni che le iniziali EED non si ripetono per qualche membro della famiglia ducale. L’ultimo è stato un tale Erian Ergon Darland, che peraltro è morto di malattia ancora prima di salire al potere.”

Oh, ora che ci pensavo, doveva essere quello di cui avevo letto nel libro. All’epoca non avevo fatto particolarmente caso al suo nome. Però… “Aspetta. Erian come Erianna?”

Sylphiel annuì. “Non è il solo nome a essere ripreso. Più o meno sono sempre gli stessi, e anche le accoppiate si ripetono. Ci sono state altre due Erianna, negli ultimi due secoli.”

“Mmm.” Non ero molto soddisfatta delle informazioni che avevo ricevuto. Non avevano aggiunto granché alla gamma di indizi di cui disponevamo. Il nostro uomo misterioso poteva essere Eriol, che per qualche motivo aveva scelto di servirsi del cognome della madre e non di quello del padre. Ma Eriol era morto senza che l’incantesimo sul diario si spezzasse, e dunque presumibilmente non era stato lui a lanciarlo. Oppure chissà, forse Erianna, sprezzante delle tradizioni, aveva scelto di assegnarsi da sola un secondo nome? In fondo, si era mostrata piuttosto insofferente verso le tradizioni maschiliste del suo regno.

E c’era sempre la possibilità che EED non fosse una sequenza di iniziali. Ma al di là di quello non avevo contemplato altre piste, e di conseguenza continuavo a brancolare nel buio. “Grazie, Sylphiel.” Mi limitai comunque a replicare, senza esprimere le mie perplessità. “E per il resto, a Talit va tutto bene?”

Sylphiel annuì frettolosamente. “Per ora, sembra tutto nella norma. Da quanto ho capito da Derek-san, le truppe si stanno riorganizzando. Non so quale sia la strategia, però.” Sospirò. “Derek-san non è stato accolto molto bene dal Lord Gabriev. Pare che alla fine lo abbia perdonato, ma lui ora usa molta cautela, anche con me. E non ho molte altre fonti di informazione, qua dentro. Sono pur sempre un’estranea.”

Annuii. Non c’era molto da replicare. “Lina – san, ora devo andare.” Proseguì Sylphiel. “Sono chiusa nei bagni della biblioteca del tempio, e non vorrei destare sospetti. Se scoprirò qualcosa di nuovo, te lo farò sapere.” Esitò. “State attenti.”

Non ebbi il tempo di assentire. Un istante dopo, il volto di Sylphiel era scomparso.

Amelia avanzò alle mie spalle. “Nessuna novità, eh, Lina –san?”

Scossi la testa, pensierosa. Restava solo il laboratorio. Pregai che mi offrisse una pista, perché in quel momento non avevo davvero idea di dove sbattere la testa. Avevo sperato che almeno Bastian si facesse rivedere nel corso della notte, ma non era tornato. Ero preoccupata. Se Dorak ci aveva mentito ed era davvero in grado di usare la magia, al cavaliere poteva anche essere successo qualcosa di grave.

Con un sospiro, mi volsi, e osservai Gourry smuovere le braci ormai spente con l’attizzatoio arrugginito, per cancellare le ultime tracce della nostra presenza. Levò la schiena e ci scambiammo una silenziosa occhiata, prima di avviarci allo scalone. Sapevamo entrambi che il laboratorio era la nostra ultima spiaggia. Oltre a quello, ci restava solo l’impasse: una prospettiva persino peggiore che viaggiare costantemente minacciati da un assassino invisibile.

“Preferisco che tu non entri nel laboratorio, Gourry.” Dichiarai, una volta che fummo in cima alle scale. Il corridoio e le stanze apparivano molto meno lugubri, nella luce del mattino. “Non ci separeremo.” Lo rassicurai, alla sua occhiata contrariata. “Ma dovrai fermarti all’ingresso. Ho paura che ci siano oggetti pericolosi. Amelia se ne accorgerebbe, ma tu non sapresti riconoscerli.”

Gourry annuì, lentamente. “Allora resterò fuori dal passaggio, a fare la guardia.” In effetti, sarebbe stato complicato anche farlo scendere nel tunnel. Il passaggio era decisamente scivoloso, e c’era spazio solo per una persona. Portandolo giù con la magia avrei rischiato di far rompere l’osso del collo a entrambi.

Precedetti Amelia nella stanza del passaggio, e tastai nel camino sino a far scattare l’apertura. Vedendo quanto era stretto e buio il tunnel, anche alla luce del giorno, un leggero brivido percorse la mia spina dorsale. Non potevo credere di essere precipitata là dentro, la notte prima, senza avere avuto come minimo un infarto. Presi un respiro, e mi calai nell’oscurità, venendo immediatamente avvolta dal tanfo di chiuso e umidità. Atterrai con leggerezza sulla pietra dura del fondo, aiutandomi con la magia. Là sotto la luce non arrivava, e quando mi trovai di fronte alla porta da cui si accedeva alla stanzetta rettangolare che avevo scovato la notte precedente dovetti evocare un Lighting, prima di far scattare la serratura. Attesi che Amelia mi raggiungesse, e aprii lentamente la porta.

Lasciai scivolare la sfera di luce fino al soffitto in modo che illuminasse gli scaffali che ricoprivano le pareti, e la stanza emerse dalle tenebre, in una cupa penombra. Alla nostra vista comparvero file di libri dai titoli più disparati, e per lo più assurdamente antichi. Qua e là troneggiavano ampolle e pugnali e altri oggetti utili a compiere esperimenti. Al centro della stanza era posizionato un tavolo, e un altro era poggiato alla parete opposta alla porta, sul lato corto della stanza. Nella fretta, la sera precedente non l’avevo nemmeno notato.

Amelia tossì lievemente. “Quanta polvere.” Si lamentò, infastidita.

Era vero. Alcuni scaffali sembravano intonsi da secoli, per quanto erano ricoperti di sporco e ragnatele. Altri sembravano essere stati praticati più di recente, e sul tavolo centrale avrei potuto passare un dito, e ritrarlo quasi completamente pulito. Di certo, qualcuno aveva messo piede lì dentro di recente. Ma quel laboratorio, da quanto esisteva? Era stato allestito da poco in quella che originariamente era solo una stanza nascosta? O esisteva già nella vecchia residenza dei duchi?

“Cosa cerchiamo?” Domandò Amelia, guardandosi attorno. Sembrava terribilmente in agitazione.

“Cosa c’è?” Domandai, accigliandomi.

“Non lo so.” Replicò, rabbrividendo. “In questo posto c’è qualcosa di… inquietante. E’ solo istinto, ma…”

Ma Amelia ormai era una sacerdotessa esperta, e di solito il suo istinto non sbagliava.

Istintivamente, rabbrividii a mia volta.

“Concentriamoci su quelli che sembrano oggetti personali. Qualunque cosa possa suggerirci a chi appartengano queste cose.” Feci violenza a me stessa, con quella replica. Molti dei testi raccolti là sotto mi allettavano, e avendo ore a disposizione mi sarei dedicata a sfogliarli. Ma eravamo di fretta, e dovevamo concentrarci su quanto ci serviva realmente. Mi chiesi se fosse il caso di portare via i libri più rari, ma immediatamente scacciai quell’idea. Ero avventata, sì, ma non mi sorrideva particolarmente l’idea di mettermi a rubare nel laboratorio di un esperto in malefici.

Purtroppo, non trovammo altri testi redatti a mano, o simili palesi indizi su chi potesse aver scritto il diario. Sulla maggior parte degli oggetti le iniziali EED erano incise in eleganti caratteri dorati, con ostentazione sufficiente a rendermele irritanti dopo un paio di occhiate.

Rabbiosa, priva di risorse, dovetti, malgrado ogni mia intenzione iniziale, concentrarmi sui titoli dei libri. Come la sera precedente, ne riconobbi molti, e notai che si trattava soprattutto di testi che parlavano delle forme di magia più elementari. La magia demoniaca, la magia dei draghi. Numerosi testi su maledizioni spesso ai limiti delle capacità magiche umane. Chiunque avesse raccolto quella montagna di informazione doveva essere interessato ai poteri superiori.

Oppure…

Un nuovo brivido mi attraversò, quando la mia mente elaborò un’ipotesi che era spaventoso anche solo contemplare come possibile.

Amelia dovette accorgersi del mio sussulto, perché volse la testa in mia direzione. “Lina-san?”

Non le risposi. Con foga, mi avvicinai agli scaffali e rilessi i titoli dei testi, realizzando per la prima volta perché così tanti fra di essi, nonostante fossero tanto rari, mi risultassero familiari. Non era una semplice coincidenza. La persona che li aveva raccolti stava seguendo lo stesso percorso di ricerca che io avevo adottato… quando avevo appreso dell’esistenza del Giga Slave.

La magia del Caos. Qualcosa di puro, ed elementare. Qualcosa che fondeva in sé l’aspetto più grezzo e fondamentale delle diverse e opposte forme di magia. Il potere che comprendeva tutti gli altri, e al contempo li trascendeva…

Una persona che si era rivelata così pericolosa… stava conducendo ricerche su quel genere di potere?

“Lina- san?” Il tono di Amelia si era fatto preoccupato, ora. Mi resi conto che mi stavo sorreggendo inconsciamente a una delle sedie che circondavano il tavolo. Non potevo vedere il mio volto, ma sapevo che dovevo essere impallidita.

“Lina?” Sentii la voce di Gourry, debole, provenire dall’apertura del caminetto. “Amelia? Che sta succedendo?”

“Comincio a sospettare…” Replicai, in tono flebile. “… quale sia il contenuto di quel diario.”

Amelia batté le palpebre. “Lina-san?” Ripeté, evidentemente senza comprendere.

“Lina? Lina, è tutto a posto?” La voce di Gourry continuò a chiamare, dall’alto. Evidentemente, non era riuscito a sentire la mia replica sussurrata.

“Usciamo di qui.” Intimai. L’aria nel laboratorio si era fatta improvvisamente soffocante.

Amelia mi parve perplessa, ma non obiettò. Mi diressi allo stretto passaggio, ed evocai la Levitazione senza voltarmi indietro. Quando emersi nella luce del mattino, dovetti prendere alcune lunghe boccate di aria fredda, prima di riuscire a parlare nuovamente.

“Lina… sei, uhm, verdognola.” Commentò mio marito, col solito (scarso) tatto. A dispetto di tutto, riuscii a rivolgergli un’occhiataccia.

“Sospetto che quel diario non sia uno scritto personale.” Dichiarai, senza degnarlo di una risposta. “Piuttosto, il resoconto di una lunga serie di esperimenti e ricerche.” Scrutai con la cosa dell’occhio Amelia, che stava emergendo dal camino, le sue vesti bianche chiazzate di verdognolo, là dove aveva sfiorato le umide pareti del passaggio.

“Cosa te lo fa pensare?”

“Il fatto che chi sta conducendo esperimenti, laggiù, ne abbia di certo bisogno. Sta indagando una materia decisamente complicata. Parlo per esperienza personale.”

Come prevedibile, Gourry batté le palpebre, senza capire. Ma dopo avermi fissata per un momento con espressione confusa, Amelia parve essere colpita dalla comprensione con la forza di uno schiaffo in viso.

“Lina- san! Vuoi dire che…?”

Annuii. “Sì. Penso stia facendo ricerche sulla magia che fa appello a Lord of Nightmares.”

Quella spiegazione era sufficientemente esplicita anche per Gourry, evidentemente, perché mio marito sussultò. “Lord of… aspetta un momento! Vuoi dire quell’incantesimo?”

Amelia e Gourry si scambiarono uno sguardo terrorizzato. Io, che avevo già metabolizzato l’idea, mi limitai a sospirare. “Grandioso, eh? Mancava all’appello uno psicopatico con la passione per lo sperimentare che sta studiando come mettere in atto un incantesimo che può distruggere l’intero universo.”

“Beh… detta con quel tono qualsiasi prospettiva apparirebbe terrificante.” Disse Gourry esitante, provando a sdrammatizzare. Era degno solo di ricevere un’altra occhiataccia.

Amelia non sembrava altrettanto in vena di minimizzare. Il suo sguardo era acceso di rabbia e determinazione. “Una cosa del genere… non posso permetterlo. Come principessa e paladina della giustizia, non posso permetterlo. Come se non bastasse già Lina a brandire quell’arma in modo del tutto privo di coscienza.”

Uhm… Amelia, ti ricordo che sono proprio davanti a te.

Sospirai, nuovamente. “Comunque, sospetto che il misterioso studioso non sia ancora giunto a grossi risultati. Per quanto ho potuto vedere della sua libreria, gli mancano alcune informazioni fondamentali.” Di certo non sapeva recitare la forma completa dell’incantesimo, a meno che non avesse consultato una copia della Claire Bible. E probabilmente non aveva messo mano nemmeno ad alcuni dei testi necessari per apprendere la forma incompleta del Giga Slave che io ero stata in grado di lanciare prima del mio viaggio sui monti Kataart. Si trattava di opere di cui probabilmente non esistevano altri esemplari, dopo che io avevo distrutto le mie copie. Sì, le avevo distrutte. Dopo che incautamente avevo provato l’incantesimo su una spiaggia vicino al mio paese natale, privandola totalmente della sua vegetazione e della sua fauna. Per quel che ne sapevo, era ancora completamente brulla. E ci erano volute settimane prima che io mi riprendessi completamente. Se ci ripensavo ora, mi venivano i brividi nel rendermi conto di fino a che punto ero stata folle. Ma anche allora avevo provato la mia bella dose di paura, rendendomi conto di quanto esattamente fosse potente quella… cosa. In parte per gelosia della mia conoscenza, in parte per una forma di recondito intuito, avevo deciso di compiere l’unico gesto che fosse in mio potere mettere in atto per evitare che qualcun altro arrivasse a padroneggiare quella formula.

E ora, pensare che qualcuno, probabilmente privo di senno quanto, se non più di quanto lo ero stata io, stesse tentando lo stesso… fui percorsa da un brivido. Mi tornarono in mente le immagini che Aqua mi aveva mostrato attraverso il monolite nero, nel tempio di sabbia, prima che Garv venisse allo scoperto. Una voragine nera, che inghiottiva tutto ciò a cui tenevo… Se avessi avuto la certezza che qualcuno fuori dal mio controllo era in potere di causare qualcosa del genere, probabilmente non sarei più riuscita a chiudere occhio per il resto dei miei giorni.

E dire che non avrei avuto diritto di indugiare in quei timori. Non io, che una volta avevo accettato di sacrificare il mondo intero, perché ai miei occhi aveva meno valore dei miei personali desideri…

Levai lo sguardo su Gourry, che lo ricambiò, preoccupato. Diritto o no, dovevamo fare qualcosa. Se anche mio marito non fosse stato colpito da quella maledizione…

“Dovrei scrivere di nuovo a mio padre, e informarlo anche di questo.” Mormorò Amelia. “Se è un membro della famiglia reale di Elmekia a condurre queste ricerche… questa questione diventa anche una questione di stato.”

Volsi la testa verso di lei. Era vero. Non avevo pensato alle cose in quella prospettiva, ma c’era una guerra in corso. E se quegli studi fossero stati sviluppati come un’arma? Se in realtà fossero state più persone a essere coinvolte?

Ma noi non eravamo in grado di metterci in contatto con Phil, in quel momento. Non avevamo nemmeno fatto in tempo a ricevere la sua risposta, prima che Bastian sparisse. E allora, qual era la cosa più giusta da fare? Dovevamo andare a Sailune? In fondo a Elmekia non avevamo più una pista precisa da seguire. Però, il pensiero di allontanarmi da lì, dove ero tanto vicina a ciò che stavo cercando, quando Gourry ancora non era guarito…

“Sarebbe utile sapere cosa esattamente l’autore del diario abbia scoperto.” Osservai. “Anche per farlo sapere a Philionel. Se anche non ha raccolto informazioni sufficienti per lanciare il Giga Slave, la maledizione che ha utilizzato è il segno del fatto che è entrato in possesso di conoscenze pericolose, che anche a me sfuggono. Ci sono… limiti che io non ho valicato, nelle mie ricerche, nonostante mi sia spesso spinta vicino ai confini di quanto sia comunemente considerato lecito. Ma non tutti condividono l’opinione ufficiale delle Gilde su quanto sia eticamente accettabile per un mago… nemmeno all’interno delle Gilde stesse.” Scrutai in volto i miei due compagni, pensierosa.

“Ma se non sappiamo nemmeno chi sia l’autore…” Incalzò Amelia.

“Forse la cosa più utile da fare sarebbe proseguire le indagini a Talit.” Dichiarai, dopo un istante. Chi aveva creato quel diario poteva essere la stessa persona che aveva messo sulle nostre tracce l’assassino. E probabilmente il luogo in cui avremmo potuto trovare entrambi era proprio la Perla. “Ma come potremmo entrare in città, ora come ora? Se anche io non fossi ricercata, e Gourry non fosse il figlio di uno dei generali, e tu non fossi la principessa di Sailune… i controlli saranno triplicati, in tempi come questi. Mi chiedo se Sylphiel, dall’interno, potrebbe aiutarci…”

Gourry storse il naso. “Tanto per informazione…” Esordì, in tono scontroso. “… qualunque cosa accada, io non mi vestirò da donna.”

Soppressi una risata, la prima della mattinata. “Che malfidente. Non avevo ancora nemmeno menzionato l’idea di camuffarci.”

Gli occhi di Gourry si ridussero a fessure. “Con te è sempre il caso di mettere le mani avanti.”

Emisi un sospiro. “In ogni caso, suggerirei come prima cosa di andarcene di qui. Se chi frequenta questo posto non si è reso conto che qualcuno è venuto qui a ficcare il naso, vuol dire che abbiamo un vantaggio. Non è il caso di rischiare di farci sorprendere.” Riflettei per un momento. “Una volta giunti a valle, potrei provare a ricontattare Sylphiel. Tanto per capire se esiste un modo per intrufolarci in città senza essere scoperti.” E se la risposta fosse stata un no categorico, Sailune avrebbe potuto essere un’alternativa da contemplare.

Uscimmo da dove eravamo entrati, muovendoci silenziosamente fra le fredde mura. Giunti all’imboccatura del corridoio in pietra, allungai la mano verso mio marito, che la afferrò, squadrandomi perplesso.

“Lina…?”

Ray Wing!” Recitai, senza dargli il tempo aggiungere altro. Emise solo un grido strozzato, mentre lo trascinavo attraverso gli edifici diroccati, verso il muro d’alberi ai margini della vecchia città. Evitai un paio di tronchi, prima di atterrare, soddisfatta, in un piccolo spiazzo coperto di neve.

“Niente impronte nelle vie della città!” Dichiarai, in tono allegro. “Devo dire che sono davvero un genio.”

Mio marito emise un gemito strozzato, prima di sibilare, a voce più acuta del solito. “Non puoi avvisare prima di lanciare quel coso?”

Ridacchiai, mentre Amelia atterrava al nostro fianco, e sospirava. Ormai era abituata a quel genere di scene. “Che strada prendiamo, per scendere? La stessa dell’andata?”

“Direi di sì.” Replicai. “La strada principale è troppo esposta.” Avremmo dovuto muoverci in fretta, per non rischiare di essere sorpresi dal buio. Bastian ci aveva guidati con sicurezza, all’andata, ma io non ero certa di non perdermi. Avremmo avuto bisogno di più cautela.

Mi rabbuiai, al pensiero del cavaliere. Chissà dove era finito. Quando guardavo Gourry in volto, e ricordavo le sue parole della notte precedente, i miei sentimenti si placavano temporaneamente. Ma bastava un dettaglio che mi ricordasse il cavaliere, e la mia mente cominciava ad altalenare schizofrenica fra la certezza della sua fedeltà, e la conseguente preoccupazione, e il dubbio del suo tradimento, e la conseguente rabbia livida nei confronti di me stessa.

Avanzai, in modo da precedere Gourry e Amelia ed evitare che mi vedessero in volto. Rimasi nel perimetro del bosco, aggirando la città in direzione dell’arco di accesso attraverso cui eravamo entrati la notte precedente. Non pensavo realmente alla strada, persa nelle mie riflessioni. Forse per questo, non mi resi conto del cumulo di neve e stracci, prima di rischiare di inciamparci sopra. Incespicai, stupita, urtandolo.

“Co…?” Abbassai lo sguardo, indietreggiando d’istinto, e andando a sbattere contro Gourry. Mio marito mi afferrò per le spalle, e si sporse per vedere cosa mi avesse tanto sorpresa. Lo sentii trasalire, all’unisono con Amelia. Il cumulo – o meglio il corpo- aveva appena emesso un gemito.

La mia mente prese a vorticare con un ritmo tanto frenetico che il mio raziocinio mi lasciò per un istante. Associai immediatamente quell’ammasso irriconoscibile, abbandonato al riparo di un tronco e parzialmente coperto di neve, a capelli biondi, occhi scuri e penetranti, e morbide vesti nere. Solo quando udii un nuovo gemito, roco, raschiante, provenire da labbra troppo carnose mi resi conto che non si trattava della persona che avevo temuto di vedere. Si trattava di Dorak.

Rimasi sbigottita, per un istante. Quindi il fiato tornò a circolare nei miei polmoni. “A… Amelia!” Riuscii a biascicare.

La principessa annuì, e si fece immediatamente avanti. Non capivo cosa stesse succedendo, ma non sapevamo ancora con assoluta certezza che Dorak fosse nostro nemico. Di certo, lasciarlo morire non ci avrebbe aiutati a scoprirlo.

“Dovete aiutarmi a girarlo!” Sibilò la principessa.

Il gigantesco corpo del mercenario era prono al suolo, e non c’era nessuna ferita visibile sulla sua schiena. Ma alle sue spalle si intravedeva una scia di sangue, solo parzialmente ricoperta dalla neve che era caduta nella notte. Doveva essersi trascinato fin lì, ed essere rimasto sdraiato per ore, incapace di avanzare oltre. Mi chiesi come potesse essere ancora vivo. La sua pelle era bluastra e gelida, i capelli folti erano zuppi e appiccicati alla sua testa squadrata. A meno che non fosse un incrocio con un troll, o qualcosa del genere (il dubbio non mi aveva mai sfiorata, prima, ma improvvisamente lo trovai possibile), lo spesso manto di pelliccia che indossava e il suo fisico possente dovevano avergli, incredibilmente, permesso di sopravvivere anche in quelle condizioni.

In tre, e con notevoli sforzi, riuscimmo a girarlo sul dorso. I suoi occhi erano vuoti, persi in qualche delirio generato dal dolore. Sul suo stomaco era aperto un orribile squarcio, una ferita che non poteva essere stata generata da una spada. Sembravano … artigli. Gliela aveva procurata un essere umano? Sembrava piuttosto che fosse stato aggredito da un animale selvatico…

Con lo spirito pratico del guaritore, Amelia si inginocchiò immediatamente su di lui, senza lasciarsi impressionare. Nonostante il sangue si fosse mischiato alla neve, il suo odore metallico giunse lo stesso alle mie narici. Era una cosa che dopo anni di battaglie continuava a disgustarmi… come era normale e sano che fosse. Anche mio marito si coprì bocca e naso col dorso della mano.

Amelia si morse il labbro. “Non sono certa di poter fare ancora qualcosa per lui.”

Non me ne intendevo quanto lei, ma non era difficile pensarlo. Certo, il Resurrection era in grado di recuperare per i capelli anche persone che si trovavano a un passo dalla morte. Lo aveva fatto con me, una volta. Ma una operazione del genere avrebbe ridotto allo stremo delle forze il più esperto dei sacerdoti. E Amelia non aveva concentrato i suoi studi unicamente sulla magia di guarigione.

La principessa scelse comunque di provare. La udii recitare in tono sommesso una formula, le dita protese verso il corpo martoriato del guerriero, e dalle sue mani fluì una soffusa luce bianca. Prima che potesse iniziare a rimarginare il taglio, tuttavia, Dorak parve parzialmente riaversi. I suoi occhi si spalancarono, ed emise un gutturale gemito. Le dita della sua mano destra si strinsero convulsamente attorno al polso di Amelia.

“No… non…” Sibilò, le parole intrise di dolore. “Non fidatevi di… aaaaargh!!!” Il suo viso si contrasse in una smorfia. Lasciò il braccio di Amelia, e si coprì il viso con le dita rattrappite per il gelo, ogni suo respiro denso di un’agonia indescrivibile.

Mi sentii impallidire. “Che… che gli succede?”

Amelia si limitò a scuotere la testa, terrorizzata. Dorak prese qualche respiro e parve riaversi, momentaneamente. “Il cavaliere, Bastian… lui è…” Gemette. “… con i draghi…”

“Dorak- san, non sforzarti di parlare.” La voce di Amelia, ora, lasciava trapelare la sua paura. Pareva lottare per non ritrarre le mani, tremanti. “Lascia che…”

Ma il mercenario prese ad agitarsi convulsamente, in preda a un nuovo accesso di dolore. Rischiò di colpire Amelia, e io la afferrai all’ultimo, trascinandola indietro, prima che una delle sue enormi mani le spezzasse il collo. Incespicai, e entrambe capitombolammo a sedere al suolo. La principessa si afferrò a me, con foga. “Lina- san, cosa… cosa possono avergli…”

Non ebbe il tempo di terminare. Dorak parve improvvisamente strozzarsi nel suo stesso grido. I suoi occhi tornarono ciechi, la sua schiena si inarcò, e ognuno dei suoi muscoli possenti parve contrarsi contemporaneamente. Un istante dopo, aveva cessato di muoversi.

Il silenzio tornò a saturare la foresta, troppo all’improvviso. Era stato tutto assurdamente… inaspettato. Continuai a stringere, convulsamente, il braccio di Amelia. Dorak… non mi piaceva. Ma trovarmi di fronte il suo corpo senza vita… lui, che con quel suo “tesorino”, con i suoi modi noncuranti, aveva sempre avuto l’aria di uno di quegli uomini che potevano attraversare qualsiasi cosa senza esserne distrutti…

In quella faccenda, poteva accadere di perdere la vita. Due uomini che avevano incrociato il mio cammino erano già morti, e una maledizione terrificante pendeva sulla testa della persona che mi era più cara. Me ne ero resa conto veramente, prima di quel momento?

Certo che me ne ero resa conto. Ero stata terrorizzata, scoprendo quel marchio sulla mano di Gourry. Però… però…

Anche Gourry ai miei occhi, fino a quel momento, era stato, in un certo senso, indistruttibile.

“Cosa è stato?” Sibilò Amelia, la prima, fra noi, a riprendere fiato. “Aveva del veleno in corpo? Cosa poteva farlo soffrire… a quel modo?” Le sue mani tremavano ancora.

Non potevo risponderle. Tutti i miei sensi erano catturati dalla visione degli occhi spenti di Dorak.

 “Lina.” La voce di Gourry, quieta, mi richiamò alla realtà. Sentii la sua mano sulla mia spalla, e, come di riflesso, lasciai andare la principessa. Amelia non parve nemmeno accorgersene.

“Lina.” Ripeté mio marito, in tono forzatamente calmo, afferrandomi di peso per farmi rialzare. “Guarda quelle ferite.”

Dovetti farmi violenza, per riportare lo sguardo sullo squarcio nello stomaco di Dorak. La mia impressione iniziale venne riconfermata. Artigli, assurdamente spessi. Nessun’arma maneggiata da un essere umano avrebbe potuto dilaniarlo a quel modo.

Il mio sguardo incrociò quello di Gourry, sopra la mia spalla, e non ebbe bisogno di dirmi quello che pensava. I miei ricordi focalizzarono l’immagine di Bastian che ci veniva incontro, nelle steppe di Elmekia, in sella a un drago nero.

“Cosa intendeva dire…?” Amelia proseguì, incurante di quello scambio, ma come in accordo con i miei pensieri. “Non dovremmo fidarci di Bastian? Io credevo che fosse lui a seguirci per…” Scosse la testa. “E poi, cosa c’entrano i draghi?”

Mi portai le mani al viso, mentre una nuova ipotesi prendeva forma nella mia mente. “Non può essere.” Mormorai, la voce strozzata.

Amelia riuscì per la prima volta a distogliere lo sguardo dal mercenario. “Cosa?” Chiese, nervosamente.

“Noi…” Deglutii. “Noi abbiamo sempre dato per scontato che un assassino ci stesse seguendo… ma…”

“Ma cosa, Lina-san?”

“Chi ci dice che in realtà… non fossero due?”

Gourry mi lanciò un’occhiata, senza capire. “Due?”

Annuii, la bocca semi nascosta dalle mani. “Mettiamo che Derek e Bastian fossero d’accordo, sin dall’inizio.” Sibilai, stupendomi di quanto riuscissi a mantenere calma mia voce. “Per qualche motivo non hanno cercato di aggredirmi che dopo che ti ho liberato, ma lasciamo perdere le loro motivazioni, per il momento. Il loro comportamento avrebbe senso. Una volta visto che non era semplice sorprenderci, hanno deciso di depistarci, facendo sparire Dorak e spostando i sospetti su di lui, in modo da poter continuare a colpirci, uno dall’interno e uno dall’esterno del gruppo. Un piano intelligente.” Abbassai gli occhi. Non riuscivo nemmeno a essere stupita. Gli indizi erano lì, tanto evidenti da farmi avvertire unicamente il peso della mia stupidità. Bastian, che si era accordato col capovillaggio a mia insaputa, accettando di accollarsi il peso di Dorak. Il fatto che Dorak si fosse trovato proprio sull’isola di Meghar, la mattina in cui eravamo partiti… non capivo il perché, non conoscevo i dettagli… ma ora tutto sembrava straordinariamente chiaro.

“Stai dicendo che per tutto questo tempo hanno finto ostilità, mentre in realtà collaboravano segretamente?” Il tono di Gourry era incredulo, al limite dello scetticismo. Ma non era precisamente quello che intendevo.

Volevo dire, forse Bastian non aveva nemmeno mentito. Forse lui e Dorak si detestavano sinceramente, forse il cavaliere mi aveva raccontato realmente la storia della sua vita, mentre mi parlava di sé, nella grotta. Forse si era trovato ad agire a quel modo per adempiere a un obbligo, o per qualche altro motivo pressante, contro i suoi stessi desideri. Ma anche se era andata così… il risultato comunque non cambiava.

“Ma… Lina-san, se erano alleati… perché Dorak sarebbe qui… così? E, insomma, ci ha persino messi in guardia contro Bastian…”

“Chissà, forse Dorak è stato tradito da Bastian, all’ultimo.” Replicai, in tono piatto. “Lui, o il drago che era con lui. Perché questo di certo non l’ha fatto il cavaliere.” Lanciai un’occhiata al corpo senza vita del mercenario. “Forse se ne sono liberati perché non era più utile, o per qualche dissidio personale…” Io conoscevo perfettamente alcuni dei possibili motivi. “Chissà dove lo hanno colpito, perché noi non ci accorgessimo di nulla. Deve essersi trascinato fin qui per avvisarci, dopo essere stato ferito a morte… ed è arrivato così avanti, probabilmente,  spinto solo dall’odio per chi lo aveva tradito.” La mia voce era ancora innaturalmente calma. “Chissà dove sarà Bastian, ora. Chissà se immagina che Dorak è sopravvissuto e ci ha messi in guardia.” I miei occhi si strinsero. Mi auguravo che non cercasse di raggiungerci nuovamente, fingendo che nulla fosse successo. Non avrebbe trovato l’accoglienza che si aspettava.

Il mio tono di voce era neutro, ma incrociando gli occhi di Gourry colsi immediatamente il significato del suo sguardo. Non lo stavo ingannando.

“Ad ogni modo… ormai è certo che Bastian-san abbia il diario, giusto?” Puntualizzò Amelia. Nessuno le rispose. Il nostro assenso si fuse col silenzio.

“Dobbiamo seppellirlo.” Concluse la principessa, forse rendendosi conto che l’atmosfera non era quella più giusta per discutere. Normalmente avrei obiettato che non c’era tempo, ma in quel momento mi limitai ad annuire, grata. Avevo bisogno di concentrarmi su un’attività che mi permettesse di svuotare la mente, e sapevo già che camminare non sarebbe stato sufficiente.

Trascinammo il corpo di Dorak addentro agli alberi, sudando e ansimando nonostante il gelo, e scavammo il terreno ghiacciato con l’aiuto della magia. Persi il senso del tempo, ma la mattina doveva essere già inoltrata, quando terminammo il nostro lugubre compito e iniziammo la discesa verso la valle. Mentre incespicavamo fra rami, sassi e lastre di ghiaccio, la mia mente riuscì miracolosamente a trovare spazio per la riflessione. Non parlammo, e ignorai testardamente ognuna delle occhiate ansiose e indagatrici di mio marito. Ma quando infine giungemmo a valle, le mie intenzioni erano finalmente chiare… cristalline, come l’acqua del mare che rifletteva la luce gelida del sole pomeridiano. 

Ci fermammo, ansimanti, su una spiaggia sassosa ai piedi di una scogliera. Al riparo degli alti massicci bianchi, nessuno dalla Perla avrebbe potuto scorgerci. Estrassi dalla tasca il rubino magico, e mi concentrai sui suoi riflessi rossastri. Sperai che Sylphiel potesse parlarmi immediatamente.

“Allora hai intenzione di chiedere a Sylphiel- san un modo per entrare in città, Lina- san?” Chiese Amelia, reggendosi a una roccia, e lanciando occhiate nervose al cielo sgombro di nubi. Aveva gli occhi cerchiati, e l’aria esausta.

“No.” Replicai, secca. “Non sono più certa che andare a Talit sia la soluzione migliore.”

Gourry inclinò la testa, perplesso. “Lina…” Iniziò, cauto. “Non pensi che Bastian sia tornato con il diario in città?”

“Forse.” Esitai. “O forse no. E’ quello che voglio scoprire ora.”

Restammo in silenzio, in attesa. Dopo qualche minuto, la voce di Sylphiel emerse dalla pietra. Sembrava nervosa. “Lina- san, mi dispiace, ma in questo momento non ho il tempo di…”

“Ho bisogno solo di sapere una cosa.” La interruppi, brusca. “Bastian, il cavaliere… è tornato a Talit, che tu sappia?”

Sylphiel parve spiazzata dal mio tono sbrigativo. “Uh… no, che io sappia no, Lina- san… ma lui non era con voi? Cosa…?”

“Sarebbe lunga da spiegare.” Tagliai corto. “Se lo vedi in città, non riferirgli nulla del fatto che siamo in contatto, ma fammelo sapere appena puoi. D’accordo?”

“V… va bene, Lina- san.”

Annuii. “Grazie, Sylphiel.”

“Lina – san.” La sacerdotessa si affrettò a richiamarmi, come se temesse che troncassi la conversazione all’improvviso. “E’… è tutto a posto?”

“Stiamo tutti bene. Vai, Sylphiel, prima che ti scoprano.”

La sacerdotessa era evidentemente riluttante, ma, forse per cause esterne, forse perché aveva capito che non ero in vena di lunghe spiegazioni, si limitò ad annuire frettolosamente. Il suo volto scomparve, e dopo un attimo la superficie lucida tornò a rimandarmi la mia immagine.

“Ma allora… allora dove…?” Mio marito era evidentemente confuso.

“Io… credo che dovremmo andare nelle steppe.” Dichiarai, con solo un filo di esitazione. Nuovi tasselli si stavano velocemente posizionando nel puzzle che aveva iniziato a prendere forma nella mia mente. Forse, in fondo, il mandante degli omicidi non c’entrava con l’autore del diario. Forse Bastian non lo aveva portato via per riportarlo al suo creatore e toglierlo dalle nostre mani, ma per motivi diversi… o forse il creatore del diario non era in effetti un membro della aristocrazia di Talit, come avevamo inizialmente pensato (anche se ancora non mi spiegavo il perché recasse il simbolo dei Darland, in quel caso). Non avevo ancora risposte certe, riguardo a quel punto, ma sapevo che entrambi gli uomini che avevano minacciato la mia vita erano legati in qualche modo al villaggio degli Enu, e che la loro sacerdotessa aveva esplicitamente cercato mettermi in guardia contro il pericolo in cui ero incorsa durante il mio viaggio. Cominciavo a pensare che non fossero state le capacità profetiche a ispirare a Sybil quell’avvertimento, ma conoscenze ben più concrete. Cominciavo a pensare che, per qualche assurdo motivo, il capovillaggio che la sacerdotessa sembrava tanto detestare fosse dietro alla misteriosa caccia all’uomo in cui mi trovavo coinvolta da qualche giorno a quella parte. E probabilmente anche la comunità di draghi che risiedeva nel suo territorio aveva qualcosa a che fare con quanto stava accadendo. Se era così, ero decisa a scoprire il perché.

Volevo come prima cosa parlare con Sybil. Se le autorità del villaggio volevano la mia morte, di certo non sarei stata accolta fra gli Enu a braccia aperte. Avremmo avuto grossi problemi ad avvicinarci alla sacerdotessa, forse saremmo stati aggrediti non appena fossimo stati avvistati… ma era necessario fare un tentativo. Mi sarei presa a schiaffi, ora, per non averle prestato maggiore attenzione al nostro primo colloquio. Ma oltre al mio scetticismo, mi aveva frenato il fatto di essere stata colta così di sorpresa dai suoi  modi bruschi e imprevedibili. Stavolta però sapevo cosa attendermi. E forse, per quanto spiacevole potesse rivelarsi, sarei riuscita a strapparle qualche informazione in più riguardo alle motivazioni che muovevano Bastian, e a quale fosse esattamente il suo legame con la comunità dei draghi. Perché se davvero “era con i draghi” come Dorak ci aveva detto, tutti i discorsi del cavaliere sul fatto di essere bravo con quelle creature solo in quanto bravo falconiere assumevano i chiari contorni di una bugia. Mi chiedevo se era grazie alla magia dei draghi che Bastian era stato in grado di portare via il diario senza cedere alla sua magia. Esisteva un modo per restarne immuni? Forse poteva essere quella la chiave per trovare una cura alla maledizione di mio marito…

Chissà se Bastian in persona sarebbe stato al villaggio. In sella a un drago, sarebbe arrivato là nel giro di nemmeno una giornata. O forse avrebbe portato il diario a chiunque lo avesse ingaggiato, e sarebbe tornato indietro a cercarmi, per finire il suo lavoro. In ogni caso, non mi sarei tirata indietro di fronte a lui. Avrebbe dovuto rivelarmi dove si trovava il diario, consegnarmelo, o subirne le conseguenze. C’era la vita di Gourry di mezzo… e qualsiasi altra ragione non aveva significato, per me. Bastian doveva saperlo bene. Come lui aveva dichiarato di essere, anche io ero il tipo di persona disposta a qualunque mezzo, pur di proteggere le persone che amava.

“Nelle steppe?” La voce di Gourry emerse dal vortice dei miei pensieri. Evidentemente, non era convinto. Mi fissava come se fossi improvvisamente impazzita. “E cosa andiamo a fare nelle steppe?”

Levai lo sguardo, a fissare il cielo. “Andiamo a caccia di draghi.”

  
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