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Autore: HannibalLecter    13/09/2014    1 recensioni
Charlotte Addams, nonostante condivida il cognome con una delle famiglie più lugubri della tv, è un'allegra e sbadata maestra che ama i cartoni animati, i colori pastello e i cereali al miele per bambini.
Trovatasi senza un tetto sopra la testa si imbatte per caso in tre ragazzi alla disperata ricerca di un coinquilino.
Nathaniel, Maximilian e Jacob si ritroveranno così a dover fare i conti con l'incontenibile vitalità della ragazza, che spesso li trascinerà in vere e proprie follie.
Tra missioni impossibili, piante carnivore, gatti obesi, nuovi amori, gite all'Ikea e bagni nell'oceano riusciranno a convivere?
[Mi sono chiaramente ispirata alla serie Tv 'New Girl']
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Allungai le gambe al di sotto della trapunta leggera e mi stiracchiai.
Avevo il brutto vizio di appallottolarmi nel sonno e così ogni mattina mi risvegliava indolenzita, dopo aver trascorso troppe ore in posizione fetale.
Sbadigliai stropicciandomi pigramente gli occhi.
Adoravo il momento del risveglio; ti trovavi in una sorta di limbo felice a metà tra il mondo dei sogni e le coperte calde.
«Non osare!», sentii urlare dal soggiorno, «Jake sei un panzone senza fondo!», si lamentò Max.
Meraviglioso, non esisteva risveglio più dolce di quello, accompagnato dagli strilli dei coinquilini isterici.
Chiamando a raccolta la mia forza di volontà ancora mezza addormentata scostai le lenzuola e abbandonai il tepore del mio accogliente rifugio.
Infilai le mie pantofole a forma di coniglio e ciabattai verso il bagno.
Fortuna delle fortune lo trovai deserto e così ne approfittai per fare pipì e sciacquarmi il viso.
Mi stavo asciugando il volto con un asciugamano di spugna verde quando Nat fece capolino dalla tenda della doccia.
«Ommioddio!», esclamai facendo un balzo spaventata.
«'Giorno», biascicò con voce assonnata.
«Cosa cappero ci facevi nella doccia?», domandai guardandolo furiosa.
In quella casa la parola privacy era un concetto sconosciuto. Forse prima che arrivassi io, essendo maschi, erano abituati a non chiudere mai le porte, a fare pipì in compagnia e a dormire abbracciati nella doccia, a quanto pare.
«Dicono che dormire in ambienti umidi favorisca l'idratazione cutanea...», borbottò cercando di sbrogliarsi dalla tenda di plastica e di uscire dalla doccia.
Sbuffai scuotendo il capo incredula e mi incamminai verso la cucina, seguita a ruota dal principino dei pavoni.
Davanti ai miei occhi si parò uno spettacolo semplicemente raccapricciante.
Jake stava spalmando la Nutella su tutte le fette contenute nel pacchetto del pan bauletto. Finita questa operazione, le impilò facendo attenzione a far combaciare le varie fette, fino a formare una torretta di pane e Nutella che finì divorata in pochi secondi da quell'essere affamato.
Storsi il naso di fronte a quello spettacolo e mi voltai verso Max.
Se speravo di trovare in lui un appetito inferiore o un livello di bon ton più sviluppato mi ero sbagliata di grosso.
Quest'ultimo aveva fritto in padella l'intera confezione di bacon, accompagnato da ben quattro uova strapazzate. Quattro uova!
Nat mi superò e si diresse verso lo stipetto sopra il lavello, dove tenevamo le varie pentole, dopodiché ne estrasse un'insalatiera e la riempì di cereali al cioccolato, conditi con salsa al cioccolato.
Mangiava i cereali nell'insalatiera. Oh santo cielo. Ora capivo perché ogni due giorni si lamentava che fossero finiti. Era un uomo trita-cereali. Solitamente facevo colazione da sola perché ero la prima ad alzarmi, dovendo recarmi presto a scuola per accogliere i bambini.
Scossi la testa e misi a riscaldare in un pentolino un po' di latte, che versai nella mia tazza a forma di rana insieme ai miei cereali al miele.
Decisi che finita la colazione avrei fatto loro un bel discorsetto.
«Ehiehi fermo lì!», urlai afferrando il polso di Max, che era saltato giù dallo sgabello diretto verso la sua camera.
«Che c'è Grande Puffo?», mi domandò sorridendo.
Ah, se avesse saputo cosa stavo per dirgli il suo bel sorriso si sarebbe spento rapidamente.
Indicai con una smorfia i resti della loro colazione e sancii con aria da maestrina, cosa che dopotutto ero: «La vostra alimentazione è completamente squilibrata e certamente poco salutare. Non siete più dei giovincelli ormai, i trenta sono alle port-», non riuscii a terminare la frase interrotta dalle urla isteriche di Nat.
«Nooooo», strillò portandosi disperato le mani al viso, «Non dirmi così! Se la vecchiaia è alle porte, spranghiamole. Io non posso sopportare di diventare un anziano rinsecchito, rugoso, bavoso, che si diletta giocando a briscola o coltivando insalata e pomodori. Non posso permettere che la mia bellezza sfolgorante venga rovinata dal passare del tempo...», mormorò tristemente.
«Nat hai ventotto anni, non novantatre!», esclamai guardandolo stranita.
«Stavi dicendo?», mi chiese Max.
Gli sorrisi riconoscente e tossicchiai per richiamare l'attenzione di Nat: «Allora, volevo dire che d'ora in poi, considerato che sono io la donna della spesa, in questa casa si mangeranno solo cibi sani. Niente più take-away a domicilio tre volte a settimana, niente più donuts grondanti di olio, niente più carne rossa tutti i giorni».
I tre mi fissavano esterrefatti e non osavano parlare e interrompere la mia filippica.
Jake mi guardò con gli occhi lucidi mormorando: «Posso almeno mangiare le ciambelle con la glassa rosa?»
Nonostante la sua aria da cucciolotto fosse molto tenere non mi feci trarre in inganno.
«No, Jake. Mi dispiace», gli risposi dandogli un buffetto affettuoso, «Però potrai sostituirle con dei dischi di riso soffiato».
Il suo sguardo triste mi fece intendere che non li trovava degli ottimi rimpiazzi per le sue adorate ciambelle.
«Tanta frutta e verdura, pesce e carne bianca. Legumi e cereali integrali, pasta e riso conditi con sughi freschi. Si comincia da domani!», conclusi contenta e aggiunsi, «Dubbi, domande, perplessità?».
Nat alzò la mano e io gli feci cenno di parlare.
«Come farai a controllarci a pranzo?»
«Giusto, durante la pausa pranzo, lontani da te piccola dittatrice, potremo ingozzarci di porcherie e poi raccontarti di aver mangiato germogli di soia con tofu», gli diede manforte Max.
Strinsi gli occhi minacciosa e mi portai lentamente alle loro spalle e poi all'improvviso, cogliendoli impreparati, afferrai le loro belle orecchie e le tirai con forza.
«Vi farò controllare attentamente, e, se scoprissi per caso che voi non avete rispettato la dieta stabilita, le conseguenze saranno molto molto dolorose», sussurrai angelica con il viso tra i loro volti.
Mi risollevai soddisfatta del lavoro svolto e decisi di seguire il motto che recitava: il mattino ha l'oro in bocca.
«Andate a vestirvi, su! E poi andremo tutti insieme appassionatamente a fare la spesa», esclamai sciacquando le tazze nel lavello.
«Ma io in verità dovrei...», tentò di sfuggirmi Nat.
«Stasera viene a cena Kim; lei mangia solo cibo macrobiotico, sano e con pochi grassi. Quindi si va a fare la spesa senza protestare!», ribattei io, certa che giocando la carta Kim sarebbero stati tutti e tre in mio pugno.
E come volevasi dimostrare nessuno di loro protestò.
Mezz'ora più tardi varcavamo la soglia del supermercato del quartiere, armati di carrelli e lista della spesa.
Riuscire a vestirsi in tempi rapidi era stata un'impresa quasi impossibile. Dopo cinque minuti io e Jake eravamo già pronti mentre Nat strillava e rovistava nell'armadio alla ricerca di una mise adatta a fare la spesa e Max sbraitava accusandomi di aver messo a lavare tutte le sue magliette contemporaneamente senza lasciargliene neanche una da indossare.
E così, dopo aver asciugato con il phon una maglia di Max e aver assicurato a Nat che le cassiere del supermercato avevano tutte più di cinquant'anni in modo da convincerlo a infilarsi un semplice pullover e un paio di jeans, avevamo finalmente lasciato il loft.
«Bene, ora ci dividiamo. Io e Jake ci occupiamo della frutta e della verdura mentre voi due pensate ai latticini, alla pasta e ai legumi. Ci vediamo tra un quarto d'ora nel reparto biscotti», dettai rapidamente spingendo il carrello verso il banco frigo delle insalate.
Mi piaceva fare la spesa ed ero molto scrupolosa nello svolgere questo compito: leggevo attentamente gli ingredienti, per assicurarmi che non fossero presenti troppe schifezze chimiche, controllavo accuratamente la data di scadenza e appuravo che il prodotto non provenisse da paesi oltreoceano, preferendo prodotti americani a chilometri zero.
Jake, se opportunamente istruito, era un ottimo compagno di spesa.
«Charlie, quanti peperoni prendo?», domandò soppesando con le mani ricoperte dai guanti di plastica due peperoni, uno verde e uno rosso.
«Prendine quattro: due rossi e due gialli», risposi sovrappensiero guardandolo di sfuggita, «Poi prendi anche una decina di mele rosse», aggiunsi afferrando una cassetta di succosa uva verde.
Dieci minuti più tardi ci dirigemmo al punto di incontro stabilito con il carrello colmo di mele, uva, insalata, zucchine, pomodori e fragole.
«Allora ragazzi fatemi un po' vedere...», esclamai giungendo alle loro spalle.
Loro sussultarono dalla sorpresa e si pararono di fronte a me in modo da nascondere il carrello e il suo contenuto ai miei occhi.
«Spostatevi», sibilai, gli occhi stretti a due fessure.
«Ehm Charlie guarda un po' chi c'è, il tuo amico Brandon!», esclamò improvvisamente Nat indicando un punto alle mie spalle.
Io tentai di allungare il collo per sbirciare dietro di loro ma Max captò il mio movimento e si spostò celando nuovamente il misterioso contenuto del carrello.
«Non saluti il tuo caro amico Brandon?», chiese candidamente Max.
«Non ho nessun amico che si chiama Brandon», dissi a denti stretti strattonando in malo modo Nat affinché si spostasse.
Niente. Due monoliti di pietra.
«Ehi tu! Sì, tu, Brandon! Vieni qui un attimo...», urlò Max attraverso la corsia.
Un ragazzo moro si avvicinò titubante e indicandosi domandò: «Dici a me? Io non mi chi-».
«Sì, sì, Brandon, sto parlando proprio con te», lo rassicurò Max con un ghigno divertito stampato in volto, «La conos-».
«Non osare! Max giuro che ti castro se solo provi a giocare a...»
Non riuscii a finire perché lui mi anticipò: «La conosci Charlotte?», chiese al ragazzo dall'espressione sempre più confusa.
Lui mi guardò non sapendo cosa dire e scosse la testa: «Ehm...in verità no», balbettò porgendomi una mano, «Io sono Fr-».
Un movimento alle sue spalle catturò la mia attenzione e così mi accorsi che i due imbroglioni, approfittando della mia momentanea distrazione, erano fuggiti con il carrello.
«Tornate subito qui!», strillai inseguendoli lungo la corsia, un attimo prima di svoltare nel corridoio seguente all'inseguimento dei due, mi voltai e urlai in direzione del ragazzo, che mi guardava allucinato: «È stato un piacere Brandon!», poi mi rimisi a correre, sulle tracce dei fuggitivi.
Dalla corsia affianco mi giunse un grido sommesso: «Non mi chiamo Brandon!», ma ridendo lo ignorai e continuai il mio folle inseguimento.
Poverino, si era ritrovato invischiato in una questione a cui era completamente estraneo. Era assurdo pensare a quanto fosse immaturo ed infantile il comportamento dei miei coinquilini; si comportavano esattamente come i miei alunni: tu dicevi loro di non fare una cosa e loro ovviamente tentavano in tutti i modi di farla, ignorando elegantemente il divieto. Stare con loro mi ricordava la mia adolescenza, nella quale, volendo fare la ribelle a tutti costi, sostenevo che le regole erano fatte per non essere rispettate. Tu imponi una regola e i ragazzi subito pensano che sia un loro dovere morale ignorarla e trasgredirla.
Poi mi resi conto che io stavo correndo come una pazza per le corsie di un supermercato e non potei fare altro che sorridere nel pensare che il mio comportamento di certo non era un esempio di maturità.
Arrivata a metà della corsia dedicata agli alimenti per celiaci mi fermai per riprendere fiato.
Sbirciai nel corridoio affianco e vidi il retro della maglia gialla di Jake svoltare rapidamente a sinistra.
Ah ah, beccati! Feci il giro largo in modo da incastrarli e da non dargli possibilità di fuga.
Corsi più veloce che potei, ignorando gli sguardi allibiti dei clienti e i rimproveri dei commessi. Arrivata nella zona delle casse, presi un bel respiro e svoltai veloce nella corsia dei vini trovando, come avevo giustamente preventivato, i miei tre pollastrini.
Afferrai il carrello e li guardai in tralice: «Fuga finita», esclamai truce, «Ora esaminerò il contenuto del vostro carrello; ad ogni prodotto bandito dalla nostra dieta che troverò corrisponderà un vostro pranzo a base di minestrina».
Jake chiese suadente: «Io sono stato un ottimo collaboratore, no? Non merito forse un premio?».
Gli rifilai uno scappellotto: «Ti meriti un passato di verdura extra per esserti fatto trascinare in questa pazzia».
Abbassai lo sguardo e per poco non svenni a faccia in giù nel carrello. Dentro c'erano tutti i cibi più buoni, unti, fritti, grassi e calorici del mondo.
Vaschette di gelato al cioccolato con caramello, sacchetti di patatine alla paprika, vasetti di Nutella e burro di arachidi, sandwich ripieni di pancetta fritta, pacchetti provenienti dalla gastronomia macchiati di unto, pizze al triplo formaggio e salsiccia, tavolette di cioccolato, biscotti al burro e una torta alla panna.
«Direi che avete proprio seguito alla lettera le mie istruzioni...», mormorai senza riuscire a staccare gli occhi dai deliziosi bignè ripieni di candida e spumosa panna ricoperta di gocce di cioccolato che decoravano la torta.
«Charlie stai sbavando sul nostro cibo», mi fece notare sghignazzando Nat.
Io avevo inventato quella storia della sana alimentazione e della dieta equilibrata, quindi io dovevo farmi forza, distogliere lo sguardo da quelle leccornie e dare il buon esempio consolandomi con sedano e finocchi.
«Bene. Jake vai a recuperare il nostro carrello di frutta e verdura, Nat vai a rimettere negli appositi scaffali il cibo di questo carrello e Max, seguimi, andiamo a finire di fare la spesa», dissi afferrando il braccio di quest'ultimo e trascinandolo lontano da quel carrello tentatore.

«Che buon profumino! Cos'hai cucinato?», trillò allegra Kim entrando in cucina.
Alzai il viso dalla pentola fumante che avevo davanti e le sorrisi: «Ciao tesoro! Aspetta e vedrai, vai pure a sederti di là con i ragazzi. Tre minuti ed è pronto!».
Ero così concentrata che non avevo sentito suonare il campanello. Mi passai una mani sulla fronte e spalancai la finestra accanto al frigorifero. Ero accaldata ed era senza dubbio colpa del lungo tempo trascorso tra il forno e il piano cottura, invaso da pentole e padelle.
Pochi minuti più tardi mi sedetti a tavola, dopo aver servito ai miei amici alcuni stuzzichini leggeri, che erano stati spazzolati nel giro di pochi secondi.
«Che cos'è?», chiese sospettoso Jake fissando il contenuto del suo piatto.
Avevo trovato un sito internet molto utile, nel quale ti spiegavano passo per passo, con tanto di video esplicativi allegati, come preparare alcune ricette delicate ma light, adatte anche ai palati più fini senza però sconfinare nell'eccessiva elaborazione.
«Cous cous con erba cipollina, mandorle, zucchine, pomodorini, gamberetti e menta», gli spiegai.
Lui fece una smorfia ma dopo aver borbottato un buon appetito iniziò a mangiarlo e in poco tempo il suo piatto fu bello pulito.
«Mi costa ammetterlo ma è delizioso!», esclamò sorpreso Max, portandosi alla bocca una nuova cucchiaiata di cous cous.
«Ah uomini», sbuffò infastidita Kim, «Volete sempre giudicare prima di provare».
Anche la seconda portata fu molto gradita e dopo aver servito la macedonia Nat constatò sarcasticamente: «Immagino che in questa dittatura il dolce non sia ammesso...»
Sorrisi complice a Kim, che si alzò e si diresse sinuosa in cucina.
Sorpresi Nat intento a fissare con occhi sognanti il suo fondoschiena e gli rifilai una sberla sussurrandogli minacciosa in un orecchio: «Lei è off limits».
«Ecco qua, ghiottoni!», esclamò euforica Kim appoggiando in mezzo alla tavola una scatola di plastica.
Gli occhi dei miei tre coinquilini furono catalizzati dal quel contenitore trasparente mentre io e Kim scambiandoci uno sguardo complice cercavamo di trattenerci per evitare di scoppiare a ridere.
«Questo è un delizioso budino», spiegò la mia amica indicando la confezione.
Tre paia di occhi si accesero speranzosi, immaginando probabilmente meravigliosi budini al cioccolato o creme caramel.
«Un delizioso budino, la cui ricetta mi è stata insegnata da un mio caro amico vegano. In pratica consiste in una sorta di gelatina di verdura triturata, zucchero e latte», spiegò aprendo la scatola e svelando il budino color verde menta.
Nat finse di doversi soffiare il naso, Max simulò un attacco di tosse mentre Jake si chinò sotto il tavolo per raccogliere un fantomatico tovagliolo.
«Chi vuole assaggiarlo?», domandò felice come una pasqua Kim.
«Io!», esclamai sorridendole e facendole l'occhiolino.
«Voi lo volete?»
«Ehm mi sono ricordato di non aver dato da mangiare al pulcino del mio Tamagotchi», mormorò Jake alzandosi.
«Io devo andare urgentemente in bagno, evidentemente questo tuo cibo salutare Charlie ha un effetto lassativo», lo seguì a ruota Nat.
Posai gli occhi su Max, in attesa della sua scusa poco credibile.
«Io, ehm...mia nonna mi ha inviato un messaggio di sos, sì un messaggio per...via telepatica, perché...non le è caduta la dentiera nella lavatrice e non la trova più», concluse sorridendo imbarazzato.
Kim indossò la sua miglior maschera: quella della povera vittima innocente.
«Voi volete dirmi che non volete neanche assaggiare il mio budino? Ho impiegato tutto il pomeriggio per prepararlo», mormorò abbattuta, «Mi sono impegnata molto e ci ho messo tutto il mio amore e ora...ora nessuno vuole mangiarlo perché è una schifezza!», concluse asciugandosi addirittura una finta lacrima.
Era un'attrice strepitosa! Altro che modella e modella, Kim era nata per recitare. Lei, con le sue bugie e i suoi occhioni da cucciolo, riusciva sempre ad intortare chiunque.
I ragazzi di fronte a quella scena iniziarono a cedere; Nat sospirando si sedette porgendo a Kim il suo piattino mentre Max e Jake, dopo essersi scambiati un'occhiata sconsolata, seguirono il suo esempio.
Nessuno di loro osò fiatare per esprimere il proprio giudizio sul dessert preparato da Kim e lei sorrise vittoriosa mentre li obbligava a servirsi il bis minacciando di scoppiare a piangere se non lo avessero mangiato.
Verso mezzanotte i ragazzi si ritirarono e io rimasi sola con Kim, che si offrì di aiutarmi a sistemare la cucina.
«Charlie?», mi chiamò lei prendendo in mano il piattino con il budino avanzato.
«Sì?»
«Com'era il mio budino?»
«Onestamente?», lei annuì e io le dissi la verità, «Era orribile!»
Lei scoppiò a ridere e si mise a battere le mani.
«Ce l'ho fatta allora! Si!», esultò saltellando.
«No, fammi capire. Il tuo intento era che fosse immangiabile?», le chiesi esterrefatta.
«Siii! Mi sono divertita tantissimo nel prepararlo; in pratica ho buttato nel frullatore qualsiasi verdura o frutta mi capitasse sotto mano», trillò soddisfatta.
Scossi la testa ridendo.
Era tipico di Kim. Adorava inventare nuovi miscugli terrificanti. Una volta al liceo mi aveva portato un frullato fatto da lei e io lo avevo bevuto, ignara del fatto che fosse un concentrato di finocchio, cipolla e mandarino.
«Sono simpatici dopotutto», esclamò all'improvviso.
«Già», confermai pensando divertita a quanto la mia vita fosse stata movimentata da quando mi ero trasferita in quella casa. E la cosa mi piaceva parecchio.
Le mie cene solitarie o al massimo in compagnia di David erano state sostituite da quelle divertenti, trascorse a pancia in giù sul tappeto o in terrazza, con i ragazzi. La mia vita era molto più allegra da quando avevo conosciuto loro e io mi sentivo più viva.
Venti minuti più tardi salutai Kim, promettendole di accompagnarla presto a fare shopping, e mi avviai verso la mia stanza. Ma prima di raggiungere il mio caldo lettino mi fermai sulla soglia della stanza di Max, l'unica con la porta socchiusa, ed infilai dentro la testa. Lui dormiva pacifico e beato, stringendo al petto un cuscino e respirando lentamente. Sorrisi davanti a quella scena e piano piano feci dietrofront.

Non posso di certo dire che la mia idea di dieta sana venne rispettata. Tutte le mattine preparavo loro insalate e sandwich, accompagnate da un frutto e un frullato fatto da me, per assicurarmi che mangiassero cibo salutare anche quando non erano sotto il mio controllo. Purtroppo un giorno, per puro caso, beccai Jake a due isolati da casa, intento ad ingozzarsi di hotdog e patatine fritte. Lo riportai a casa trascinandolo per un orecchio, dove egli accusò Max e Nat di aver fatto la medesima cosa. Il mio progetto fallì con una sorta di confessione comune  finale, nella quale tutti e tre mi rivelarono i loro misfatti. Decisi di alzare bandiera bianca e di abbandonarli al loro triste destino di futuri quarantenni con pancetta e colesterolo a mille.
Ogni mattina prima di uscire lasciavo sul bancone della colazione un cesto di frutta.
Il mio messaggio subliminale venne altamente ignorato: ogni mattina contavo i frutti presenti e poi la sera ero costretta a constatare tristemente che non erano diminuiti.
Ma come si dice: la speranza è l'ultima a morire.






Eccomi nuovamente qui con un nuovo capitolo dedicato al cibo  salutare! Il giochetto de 'La conosci Charlotte?' l'ho rubato da un'altra serie tv: How I Met Your Mother. Sì, sono una drogata di serie tv :)
Lì un amico di Ted, il protagonista, ogni volta che sono in un locale, picchietta sulla spalla di una ragazza e dopo averle detto: «Lo conosci Ted?» se ne va, lasciando Ted con la sconosciuta.
Allora? Pareri, appunti, commenti, perplessità, domande?
Tanti baci e budini verdi per voi!
S.
  
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