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Autore: Natalja_Aljona    14/09/2014    1 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Centosei

Ты просто поверь

Ty prosto pover'

Devi solo credere

Доля нас звела не випадково

Dolya nas zvela ne vypadkovo

Il destino non ci ha dato nessuna possibilità


Nikolaj e Arkadij non sapevano davvero quanto di bello e buono si potesse fare per amore, e stavano con Lev anche per impararlo, o quantomeno per prenderne atto.

Gli avvenimenti dell'8 Aprile 2014, tuttavia, sarebbero serviti anche a loro, e in particolare ad uno di loro.

Con grande disperazione di Aljona quel giorno, esattamente un mese dopo il concerto al Cremlino di Mosca e per la prima volta in vent'anni di carriera -sedici dalla nascita di Al-, Ani Lorak si sarebbe esibita a Novosibirsk.

Lei sarebbe tornata a casa venerdì 11, facendo una sorpresa a tutti, ma per quel martedì proprio non c'era verso, doveva restare a Varsavia.

Pertanto, sia a Novosibirsk che a Varsavia si erano venute a creare delle particolari circostanze.

Aljona e Vasilij erano in lutto, interrotto solo dai loro litigi quando Vasja le rinfacciava che lei almeno l'aveva vista a Mosca un mese prima.

Svetlana era incavolata nera, Khadija era compostamente dispiaciuta e Igor' e Pavel erano compostamente indifferenti, fatta eccezione per il momento in cui Igor' aveva compostamente tirato un ceffone a Vasilij che non cessava i suoi lamenti da vedova di guerra e Pavel era compostamente scoppiato a ridere.

Nello stesso tempo, a Novosibirsk e nella fattispecie a Nostal'hiya, avevano luogo altri tipi di reazioni.

Anatol' ringraziava il cielo che Khadija e i suoi amici fossero a Varsavia, e che Elena, la sua bassista fan di Ani, non fosse completamente deficiente, perché altrimenti gli sarebbe toccato accompagnarli, tutti quanti.

Certo, avrebbe avuto Lyudmila e Sergej, che ci andavano anche senza Aljona, ad aiutarlo, ma comunque non sarebbero bastati.

Così, invece, avrebbe passato una meravigliosa serata da solo con Freyja, in una Nostal'hiya quasi deserta.

D'altro canto, il venticinquenne Ippolit Bulgakov, fanciullesco e trasognato batterista dei Brat'ya Kuragin, era riuscito a strappare un appuntamento a Elena, invitandola al concerto.

Era praticamente estasiato all'idea, ma non sapeva che lei l'avrebbe zittito ad ogni suo tentativo di proferire parola, molto più interessata al concerto che a lui.

In ogni caso avrebbe potuto godersi le performance di Pavel Petrenko, il biondo e giovanissimo batterista di Ani dal 2013, che gli somigliava notevolmente, anche se Elena non sembrava farci caso.

Per quanto riguardava Lev, invece, la situazione era un po' più complicata.

Non potendo portarci sua moglie e non riuscendo a pensare ad altro che a sua moglie, si sarebbe accodato a Lyudmila e Sergej con suo padre, fan dei Rolling Stones da quando era nato, i suoi stoici migliori amici, che come Anatol' e lui stesso vivevano di musica anni '60-'90, e i suoi nonni, con uno scopo ben preciso: far riprendere e in seguito masterizzare su dvd tutto il concerto al suo adorato nonno foto reporter, per la sua adorata Aljona.

Nikolaj si era categoricamente rifiutato, e infatti all'inizio del concerto era accanto a Lev con in mano una macchina fotografica, perché il marito perfetto voleva che il suo tesoro bloccato a Varsavia potesse avere anche un ricco servizio fotografico dell'evento, e nessuno era alto, entusiasta e disponibile come Kolja.

Lev avrebbe pensato a registrare, perché per fare un bel lavoro completo serviva anche una registrazione per poter poi masterizzare un cd, naturalmente.

Era fantastico che lui amasse Aljona fino a quel punto, ma lo era meno che mobilitasse-schiavizzasse la sua famiglia e i suoi amici in quel modo.

Arkadij, da parte sua, aveva capito che non avrebbe potuto fare niente per fermare Lev, quindi aveva accettato e l'aveva seguito senza fiatare e si era limitato a fare da sostegno psicologico a Nikolaj, che a metà concerto si era ritrovato con un crampo alla mano e un travolgente desiderio di fracassare la macchina fotografica -che per giunta non era nemmeno di Lev, vista la fine che aveva fatto la sua quello stesso giorno- sui pochi neuroni biondi del suo migliore amico.

Come aveva detto a suo tempo Pierre Bezuchov ad Anatol' Kuragin in Guerra e Pace, "Non so cosa mi trattenga dal piacere di spaccarti in testa questo fermacarte", per l'occasione macchina fotografica.

Eppure, contrariamente a quello che tutti credevano, non sarebbe stata Ani la protagonista di quella giornata.

Complici una ragazza vestita di bianco, una macchina fotografica sacrificata sul suolo della patria e un Nikolaj Rostov che, giornalista nato com'era, durante Dlya tebya (Per te), la prima canzone del concerto, aveva semplicemente spostato l'inquadratura della videocamera da Ani a suo nipote e il suo migliore amico, filmando uno splendido e autentico litigio Puškin VS Gončarov in diretta.

Aljona li avrebbe strangolati per aver litigato sopra una canzone, questo era sicuro.

Ma erano così carini...


Dieci minuti prima dell'inizio del concerto Nikolaj Rostov aveva acceso la telecamera e a turno avevano salutato tutti Aljona, tranne Nikolaj Gončarov che aveva grugnito, ma quanto fosse venuta a sapere delle circostanze Al gli avrebbe dato ragione, per quanto principalmente impegnata a tempestare di baci suo marito.

Nove minuti prima dell'inizio del concerto qualcuno posò una manina candida su una spalla di Nikolaj, che nel lunghissimo istante compreso fra il momento del contatto e quello in cui si voltò, provocò in lui uno stupore tale da fargli cadere di mano la macchina fotografica, che si infranse a terra con uno schianto terrificante.

-Privet...-

La ragazzina colpevole di quel disastro ritrasse di colpo la mano e fece un passo indietro, con uno sguardo dispiaciuto.

Nikolaj si chinò a raccogliere quel che rimaneva della macchina fotografica di Lev, e mentre era lì, con le ginocchia che sfioravano la strada e gli occhi anch'essi puntati sull'asfalto, intento a rimettere insieme i pezzi in modo quantomeno accettabile, rievocò nella mente quanto aveva appena visto, la ragazza con la minigonna bianca e la camicetta di seta dello stesso colore, come anche la cintura di vernice che le stringeva la vita, gli stivali di vernice e l'elastico di stoffa che le raccoglieva i capelli biondi, lisci e ordinati, in una coda morbida che le scendeva lungo la spalla sinistra.

-Khristos, Niko, ma ce la fai a fare una cosa, una?! Sarai cretino, non credi?-

-Sì, scusa, mi è proprio sfuggita di mano...-

-Posso prestarvi la mia... Poi, quando avrete scaricato le foto, me la restituirete-

-Grazie, davvero-

Nikolaj rispose senza neanche guardare Zinaida, ma con una solennità e una sincerità che la spiazzarono.

Poi si avvicinò a Lev, gli diede una spallata e gli pestò un piede con tutta la sua forza.

-Sei tu il cretino! Le stavo facendo per te, quelle maledette foto! Potresti avere un minimo di gratitudine!-

-Per avermi rotto la macchina fotografica? Grazie, Kolja, grazie! Se non ci fossi stato tu a farla cadere avrebbe rischiato di durare ancora qualche anno!-

Kolja gli lanciò un'occhiata tremenda, che Lev ricambiò, ma poi il primo rovinò tutto scoppiando a ridere, e chissà se Zinaida l'aveva percepito, o perlomeno intuito, il momento in cui aveva rivolto di nuovo gli occhi alla strada e si era lasciato sfuggire un sospiro, un sorriso così consapevole, un attimo di infinito sollievo perché Lev era tornato, erano già quasi due anni che era tornato, che potevano litigare, arrabbiarsi, insultarsi e un po' odiarsi, ma soprattutto ridere insieme e scherzare sempre.

Per sei anni non abbiamo litigato.

Per sei anni non abbiamo riso.

Per sei anni non abbiamo vissuto.

Per sei anni lui non c'è stato.

Per sei anni me l'hanno portato via.

Come hanno potuto?

Il mio migliore amico.

A volte era l'unico che riusciva a farmi sorridere, lui.

Adesso non è più l'unico, ma è sempre il primo.

Come facevo, prima, senza di lui?

Sì, Nikolaj era felice, questo Zinaida l'aveva capito.

E anche Lev, anche se avrebbe dovuto comprare un'altra macchina fotografica.

Magari gliel'avrebbe regalata Kolja.


-Anche a te piace...-

Oddio, come si chiamava la tizia che erano andati a vedere?

K, K, K... -Katerina?-

-Karolina, intendi?- sorrise Zinaida, e Nikolaj annuì vigorosamente.

-Appunto-

-Sì, le sue canzoni sono molto carine, le ascolto spesso. Certo, non sono sfegatata come quelle ragazze...-

Zinaida indicò un gruppetto di ragazze davanti a loro, che cantavano sguaiatamente e sostenevano striscioni.

-...però mi piace-

-Aljona è come quelle ragazze lì. Esattamente, precisa. Per fortuna che oggi non c'è-

La ragazza rise, annuendo.

-Siete carini, però, tu e Lev, a filmare, registrare e fotografare tutto per lei-

-Diciamo le cose come stanno: Lev è uno sfruttatore e io sono carino-


All'inizio il ruolo di Zinaida nella vita di Nikolaj era stato quello di una splendida apparizione causa di distrazioni e tormenti, che però rimaneva sempre un po' in disparte a guardare lui e i suoi amici e le loro dinamiche un po' divertenti un po' drammatiche, sempre struggenti nella loro unicità, come per studiarli.

Nikolaj Gončarov e la sua vita un po' felice e un po' malinconica.

Nikolaj Gončarov senza una ragazza, con un amore troppo timido chiuso tra le dita gelose e gelate dal vento, che sembrava sempre accontentarsi di tutto, che osservava tutto ma non rivendicava mai niente per sé.

Non chiedeva niente, oltre a un po' di bene e un po' di giustizia.

Il mondo non era suo.

Una piccola parte dei sentimenti che provava, quella più dolce e più malconcia, quella sì, era sua.

Una manciata di parole ucraine che non riuscivano a perdere il fiero e doloroso accento di Kiev, una stilla o due del sangue versato durante le manifestazioni a cui lui non aveva partecipato, perché Nostal'hiya ce l'aveva già, un ragazzo per cui preoccuparsi, e alla sua famiglia non rimaneva più abbastanza forza nel cuore per preoccuparsi per un altro figlio, un altro cittadino tradito e ferito che la città la lasciava rivendicare a chi ancora si poteva permettere di spezzare il cuore a una madre o una sorella per qualcosa che nessuno voleva concedere a chi non aveva mai scelto di perderla, l'Ucraina, ma l'aveva lasciata nella speranza di riuscire a perderne solo il male.

Nikolaj sapeva che non gliel'avrebbero mai restituita, la Patria, ma credeva a Lev che ci credeva ancora, a Lev che apparteneva a un'altra Patria, alla Patria che lui aveva preso in prestito, e ne respirava il ricordo e sottovoce chiedeva il futuro, lo poteva chiedere il futuro a una città che non l'aveva dato alla luce, ma a cui lui aveva dato la sua luce?

Ne valeva la pena, dato che Lev a quella città aveva dato tutto.

E Lev dava sempre tutto, al mondo.

Lev aveva una fiducia infinita nel mondo e Nikolaj aveva una fiducia infinita in Lev.

Lev gli poteva restituire Kiev nei sogni, con le sue parole meravigliose.

Lev con le sue parole cancellava la politica e gli restituiva le immagini, immagini vive e invincibili, senza niente dietro.

Immagini d'infanzia e immagini impossibili.

Più in alto del mondo, ma create da lui.

Per Nikolaj Lev non era un idealista, era un ideale.

Lev stesso era un ideale.

E grazie a Dio a tredici anni aveva conosciuto Lev e adesso, a quasi venticinque, aveva ancora una Patria.


Zinaida aveva imparato i silenzi di Nikolaj.

Forse era perfino riuscita a vedere qualcuna di quelle immagini.

Il padre di Kolja era un pittore che sulla tela sovrapponeva i sogni alla realtà con un'innocenza tale da renderli vivi, e Kolja aveva cristallizzato la realtà sopra ai suoi sogni per difendere suo padre e disilludere se stesso, ma entrambi vivevano di immagini, con una crudeltà diversa e un senso sempre più difficile.

Zinaida guardava Nikolaj quando era bambino, quando non sapeva che ci fosse qualcosa da perdere e non sapeva di aver già perso una buona parte di quello che aveva, ma senza troppi patemi aveva capito e accettato di dover rinunciare a qualcosa per cercare di perdere di meno, e che c'erano cose che non poteva perdere e che poteva tenersi dentro.

Quel Nikolaj, quel Nikolaj bambino, era quello che aveva rotto la macchina fotografica a Lev.

Quello che aveva gridato al suo amico che era lui il cretino, quello che era stato capace ancora una volta di riconoscere la sua fortuna, quello che aveva sorriso.

Quello che, comunque, senza pretese e con un po' di timore, molto spesso la guardava.

Quello della sera del secondo arresto di Lev, a cui lei aveva stretto la mano senza pensare, quello che, che ci avesse pensato o no, aveva ricambiato.

Quello che era stato accanto a lei dietro il vetro della stanza d'ospedale dove Fëdor stava ritornando alla vita, quando avevano aspettato insieme che il suo cuore ricominciasse a battere.

Quello che a pensarci le aveva detto poche cose, ma importanti e belle davvero.

Quello che non era vero che parlava troppo poco, per chi lo guardava negli occhi parlava semplicemente abbastanza.

Certo che non era facile, guardarlo negli occhi.

Certo che non era facile capire i suoi occhi e perdonare il suo silenzio, capire quel ragazzo bellissimo che la fiducia la taceva, ma non la negava.

Capire che non c'era nessuna cattiveria, nessuna rabbia oltre a quella inevitabile e inestinguibile che ogni ucraino nutriva dentro di sé, tra i grovigli del proprio cuore.

Capire che non era né cattivo né arrabbiato, solo più fragile di quanto avrebbe voluto e di conseguenza più prudente di chi trovava sempre qualcosa da dire.

Zinaida l'aveva guardato, e queste cose le aveva capite.


E chissà che cos'aveva capito lui dell'umiltà con cui Zinaida Grigor'evna si pettinava i capelli e accostava sul letto i colori chiari dei vestiti che aveva scelto di indossare, della controllata ma intensa emozione con cui provava i suoi passi di danza, dell'autentica innocenza e della preziosa devozione con cui sfogliava il dizionario di ucraino eletto fra i migliori che si era fatta indicare in libreria, sottolineando e memorizzando le mai troppo sottili e mai realmente trascurabili differenze fra l'ucraino e il russo, le stesse differenze che un giorno avrebbe potuto scoprire sulle linee delle loro mani, che poi erano le stesse linee che Nikolaj aveva sul cuore.

A Zinaida davvero mancava la crudeltà, a volte più prepotente altre meno, insita in tutti i ragazzi di Nostal'hiya.

Forse aveva ragione Ekaterina, non era abbastanza cattiva per essere una ballerina.

Ma Nikolaj era incantato dal suo modo di fare, in realtà.

Costamente sorpreso dalla sua semplicità.

Ed era stato altrettanto sorpreso quel giorno, quando l'aveva incontrata per caso nel reparto del biscotti del discount di Nostal'hiya, mentre canticchiava, sovrappensiero,

Try zvychnykh slova (Tre parole ordinarie) di Ani Lorak, che era proprio in ucraino.


Ya lyublyu tebe, tak lyublyu tebe

Dolya nas zvela ne vypadkovo


Io ti amo, ti amo così tanto

Il destino non ci ha dato nessuna possibilità


-Chomu?- Perché?, non poté fare a meno di chiederle, in ucraino.

Perché il destino non ci ha dato nessuna possibilità?

Ed era stato così che Zinaida si era accorta della sua presenza.

-Oh... Privet, Kolja-

-Privet. Scusa, pensavo ad alta voce. Come stai?-

-Bene, grazie, cercavo i biscotti al miele senza glutine. Sono favolosi-

-Oh, davvero? Io non lo so, magari quelli con le gocce di cioccolato. Se vuoi ti aiuto-

Non era vero che il destino non aveva dato loro nessuna possibilità.


-Non avevo mai parlato di biscotti con una ragazza, prima d'ora. Solo con Aljona, ma lei non è una ragazza-

-Ah, no?-

-È Aljona, Aljona di Lev. Non è una ragazza, credimi. È uno spiritello del lago, ma sempre di Lev-

-Beh, le si addice-

-Prendo anche i muffin al cioccolato per Sonja e i ragazzi, che ne dici? Così domani a colazione se li scaldano-

-Direi che è un'idea fantastica-

-Già, saranno contenti.

Sono così carini, quando sono contenti, che a volte si ricordano perfino di ringraziarmi. Sonja lo fa sempre, e dopo una sua gomitata anche Sokrat e Ksenofont. Ma in realtà sono sempre carini, ogni volta che li guardo quando loro non lo sanno. Altre volte mi ricordo di prendere un muffin anche per me, se no Sonja mi tiene sempre da parte metà del suo. Lei è la più carina, in effetti. E adesso quel Čechov me la porterà via per sempre, in Romania, e io non lo sopporterò, ma in qualche modo dovrò andare avanti, anche solo per guadagnare abbastanza soldi per andarla a trovare a Bucarest il più spesso possibile. Io voglio che stia bene, Sonechka... E in fondo lei sarà sempre mia, anche se mi mancherà troppo. Ogni mattina mi alzerò e vestirò con la paura di svegliarla, anche se lei non ci sarà. E quando uscirò chiuderò la porta della nostra stanza piano piano, e mi sentirò più perso che mai... Gde zhe ty, moya lyubimaya? (Dove sei, amore mio?) Ma lo so, lo so che sopravvivrò. Mangerò il mio muffin e sopravvivrò. Tanto avrò sempre e comunque qualche fratello tra i piedi-

La mano di Nikolaj tremava intorno al sacchetto che aveva appena riempito con i quattro muffin più belli tra quelli appena sfornati dal panettiere del supermercato, ma lui la colpì con quella libera e alzò lo sguardo su Zinaida con un sorriso più debole e per questo più dolce di tutti gli altri.

-Insomma, parliamo d'altro, dai. Io comunque con loro sono sempre felice, sai? E poi ci sono Lev e Aljona, quei due deficienti. Non mi lasceranno mai da solo, mai. Però a me farebbe davvero piacere, se sabato venissi con me alla partita di calcio di Sokrat. Sonja e Ksenofont si sono presi l'influenza e la mamma deve stare a casa a badare a loro, quindi dovrò fare il tifo per quattro, compreso mio padre, che ha una mostra sull'Impressionismo francese. Puoi... Portare i biscotti, se vuoi-

-Davvero?-

-No, scusami, sono un deficiente-

-No, non è vero... A me va bene-

-Che io sia un deficiente?-

-Di venire alla partita di tuo fratello-

-Fantastico! Non dirlo più, però. C'è sempre una possibilità. Non posso credere altrimenti, dopo tredici anni di amicizia con Lev-

-Cosa non devo dire più?-

Nikolaj assunse la sua aria più melodrammatica, finse di aggiustarsi i capelli come faceva Ani Lorak durante i concerti e canticchiò, imitando la voce profonda della cantante: -Dolya nas zvela ne vypadkovo-

Zinaida scoppiò a ridere e annuì, gli occhi illuminati dalla stessa allegria che quel giorno faceva sembrare tanto bello Nikolaj.

-Beh, allora potremmo citare anche Zerkala (Specchio). Ty prosto pover'...-

Devi solo credere.

-Già. Ora ti va di aiutarmi a cercare i cerotti? Gli stivali nuovi di Sonja le stanno procurando un sacco di vesciche, ma lei non me lo vuole dire perché sono i suoi preferiti e Pavel le ha detto che le stanno molto bene. Io però me ne sono accorto lo stesso, quando si toglie le calze antiscivolo per mettere quelle di lana prima di andare a dormire è impossibile non notarlo, ha le dita dei piedi talmente arrossate... E la carta igienica profumata con le rose rosa, la sua preferita. A Sokrat e Ksenofont invece servono delle penne nuove nere e blu che non si scarichino subito come le ultime che abbiamo preso. Dovrò andare a istinto, temo. Quando chiedo in cartoleria delle penne che non si scarichino dopo due giorni mi guardano sempre male. Tra un po' gli compro un bel calamaio a testa, così la smetterò di passare per deficiente con i cartolai. Oh, anche tu hai una caterva di fratelli, vero?-

-Otto. Aglaja, Iraklij, Tat'jana, Vera, Jakov, Feliks, Iosif e Aleksej. Io sono la sesta. Alëša ormai ha diciotto anni, ma è l'unico che ha ancora bisogno di me, qualche volta-

-Oh, sono tanti, otto. Sonja ne ha sedici, Sokrat quindici e Ksenofont quattordici, per fortuna sono ancora piccoli. Cioè, piccoli proprio no, ma ci devono solo provare a liberarsi di me. Lev dice che ho bisogno di un figlio, ma non è facile come crede lui... Per lui lo è stato, ma lui è sposato e io... Io, ora che ci penso, dovrei prendere anche del pane. Ai cereali, magari. Sonja lo adora, il pane ai cereali-


-Porti Zinaida? Zinaida la ballerina? Quella bionda, bassa e carina? Quella che sorride sempre? Ti piace Zinaida, Kolja? E anche tu le piaci? Ma ti piace quanto Aljona piace a Lev? E tu quanto le piaci? Lev e Aljona lo sanno? Non ti possono aiutare? E avrete dei figli? Ma verrai sempre alle mie partite? E i vostri figli saranno belli quanto Nikolaj di Lev e Aljona?

Secondo me sì, perché tu sei bello, più bello di Lev, ma meno di Aljona. Ed è simpatica? E vero che è meno matta di Aljona? Secondo te riusciremo a vincere la partita, sabato?-

Nikolaj indietreggiò ad ogni domanda di Sokrat, finché non andò a sbattere con la schiena contro una parete della cucina e soffocò un'imprecazione.

-Sokrat...- sussurrò, intimorito -Mi sono già dimenticato la prima domanda-

-È colpa tua, dovevi stare attento!-

-No, dovevo registrarti. Era l'unico modo-

-Io ho un po' paura, però. Mi dicono tutti che sono il più bravo della squadra, ma Raisa mi ha detto che sono l'unico bravo della squadra... E se sono l'unico come facciamo a vincere?!-

Raisa era la ragazzina che piaceva a Sokrat, che a quanto pareva se la cavava meglio di lui con le ragazze.

Non per niente Sokrat imitava Lev, mentre lui continuava ad essere Nikolaj.

Una volta era stato "il bellissimo Gončarov", ma al momento era solo bellissimo senza una ragazza.

"Perché sei più timido e complessato di Lev, e pensi sempre troppo, troppo, troppo", lo rimproverava Sokrat. "Non hai imparato niente da lui, in tutti questi anni?".

Di cose da Lev Nikolaj ne aveva imparate tante, ma evidentemente non a fidanzarsi, sposarsi e avere un figlio nel giro di tre anni.

Questo era da Lev e basta.

Loro si chiamavano come Tolstoj e Gogol', e Tolstoj si era sposato e aveva avuto tredici figli mentre Gogol' non si era mai sposato e non ne aveva avuto nessuno, ma doveva essere un semplice caso, doveva.

-Ascolta, io non farò la fine di Gogol', capito? Ho solo venticinque anni, sono ancora in tempo-

-Sei ancora in tempo, ma stai anche perdendo tempo-

-Senti, Sokrat...-

-Sì?-

-Smaterializzati-


Di Nikolaj, però, c'era anche Nikolaj Rostov, che a vent'anni si era arruolato negli Ussari, aveva combattuto contro Napoleone, aveva salvato e sposato una principessa e aveva avuto dei figli.

Perché non poteva assomigliare a lui, anziché a Gogol'?

Lui non era nemmeno bravo a scrivere come Gogol' e Lev.

Poteva uccidere suo fratello e il suo migliore amico?


-Guarda, li abbiamo lavati con l'ammorbidente alla lavanda. Sono semplicemente perfetti, e ti porteranno fortuna-

Il plurale non avrebbe potuto essere più indicato, pensò Nikolaj.

Lev, Aljona e Fëdor dovevano averla fatta partire per forza insieme, la lavatrice, per essere riusciti a lavare quei vestiti senza far esplodere niente.

I vestiti del matrimonio di Lev, che alla fine erano solo dei di jeans, una camicia, un giaccone e un paio di stivali, ma erano sacri.

Lavati con l'ammorbidente alla lavanda, poi!

Tranne gli stivali, si capiva, anche se i Puškin ne sarebbero stati capaci.

Aljona, invece, gli aveva regalato un fiordaliso sfilato al suo bouquet di nozze all'epoca, ormai più di un anno prima, fatto seccare e conservato tra le pagine di uno dei suoi taccuini.

Non le era costato poco, ma per lui l'aveva fatto: aveva strappato quelle due pagine e gliele aveva regalate.

Aveva il meglio dei suoi migliori amici, adesso.

Doveva per forza essere un bel giorno, per lui, quello della partita di Sokrat.


Aljona gli aveva dato un bacio su una guancia e Lev gli aveva tenuto a lungo una mano su una spalla, con quel suo sguardo di fiamme e cristallo, il suo sguardo da eroe invincibile e da uomo d'onore.

Il suo sguardo di promesse e di certezze, il suo sguardo magico e da brividi.

Poi Aljona gli aveva passato il suo iPod e Kolja era sbiancato nel sentire Try zvychnykh slova.

Ya lyublyu tebe, tak lyublyu tebe.

Questa era l'unica cosa vera.

La possibilità l'avrebbe trovata.


Lo sguardo di Lev.

Dio, lo sguardo di Lev.

Per anni il coraggio l'aveva preso dagli occhi di Lev.

Non lo sapeva nessuno, nemmeno lui.

Solo Nikolaj e le paure che aveva avuto, Nikolaj e le lacrime che aveva pianto.

Per Lev quando era stato arrestato e nove anni dopo quando sua sorella gli aveva detto che dopo il diploma e il matrimonio sarebbe andata a vivere con Pavel in Romania.

Gli occhi di Sof'ja lo facevano tremare, vacillare e crollare e gli occhi di Lev riuscivano a farlo credere.

Ancora, ancora e ancora.

Credere sempre, tutta la sua vita, tutti i sacrifici, per lo sguardo di Lev.

Certo che il destino gli aveva dato una possibilità.

Ne aveva date a tutti loro, ogni giorno.


Did you know that before you came into my life

It was some kind of miracle that I survived

Someday we will both look back

And have to laugh

We lived through a lifetime

And the aftermath


Sapevi che prima che arrivassi nella mia vita

È stato una specie di miracolo che io sia sopravvissuto

Un giorno ci guarderemo indietro

E ci verrà da ridere

Abbiamo vissuto una vita

E le conseguenze

(This is the time, Billy Joel)


Raisa Alekseevna Denisova, confidenzialmente Raya o Raechka (leggasi Rayechka), era una quindicenne allegra e sorridente, con una lunga chioma di capelli neri e lisci con la scriminatura in mezzo e occhi grigi sempre in cerca del suo calciatore preferito, l'unico vero talento del Futbol'nyy Klub Nostal'hiya Mladshiy (Junior), ovvero Sokrat Igorevič Gončarov.

Forse lui non sarebbe mai stato della bellezza assoluta e imbarazzante di suo fratello Kolja, forse era imbarazzante e basta, per la sua sfacciataggine, ma era terribilmente carino, con i capelli biondo ramato che quando era piccolo erano stato semplicemente rossi che si spettinava da solo continuamente e gli occhi azzurrissimi.

Zinaida indossava la stessa minigonna bianca che aveva al concerto, una canottiera dorata con le spalline sotto a un maglioncino di cotone bianco e un paio di sandali dorati con giusto due centimetri di tacco, perché non ci era tanto abituata.

Aveva i capelli sciolti e pettinati con cura, fra i quali brillava solo una forcina dorata per lato.

Nikolaj sperava vanamente che i jeans di Lev, che era più basso di lui di dieci centimetri esatti, non gli andassero troppo corti, o perlomeno che non si notasse troppo e di non sembrare un deficiente -almeno una di queste tre cose-, ma era ugualmente fiero di indossarli, perché erano la blagosloveniye (benedizione) di Lev per il suo futuro.

Le aveva sorriso e lei aveva ricambiato subito, ed erano andati a piedi al vicino campo da calcio parlando, tra una cosa e l'altra, anche di biscotti al miele senza glutine e penne che non si scaricavano dopo due giorni.

Nikolaj non ne era ancora completamente consapevole, ma erano quei discorsi la vera blagosloveniye.

Lui non era come Lev, che stordiva tutti con discorsi a volte francamente impossibili da seguire dall'inizio alla fine, ma sempre irrimediabilmente incantevoli.

Quando parlava, Kolja lo faceva di cose più ordinarie e terrene, vicine e palpabili, ma il cuore con cui ne parlava era lo stesso di Lev.

-Ho messo i cerotti sul ripiano del lavandino, quelli piccoli e tondi che mi hai consigliato tu, senza dire niente a Sonja, e lei li ha trovati e li mette regolarmente sulle vesciche. Quando mi ha visto mi ha sorriso-


-Gončarov! Sei pronto?-

Aleksej Ivanovič Sotnyk, difensore centrale del Nostal'hiya Mladshiy, posò una mano su una spalla di Sokrat, che sobbalzò.

Stava pensando a quanto l'avevano turbato, quando li aveva visti scendere dal pullman, gli sguardi spavaldi e i fisici possenti del tridente d'attacco dell'Akademgorodok Mladshiy.

Non dovevano essere tutti degli intellettuali, quelli lì?

Ma evidentemente Miroslav Grigor'evič Jakovlev, Konstantin L'vovič Strelkov e Il'ja Vasil'evič Krasnov non corrispondevano all'idea che lui si era fatto dei ragazzi di Akademgorodok.

In tribuna ci sarebbero stati suo fratello e Raya a sostenerlo, ma non si sentiva comunque tranquillo.

E se avesse fatto una brutta figura davanti alla ragazza di suo fratello?

Per una volta, una, che suo fratello aveva una ragazza, da quando Lev era uscito di prigione, doveva proprio rovinare tutto con una sconfitta in casa?

Kolja era sempre stato fiero di lui, e doveva vincere anche per sua madre sempre stanca, per suo padre sempre lontano e per i suoi fratelli a casa con la febbre.

Per il matrimonio e i futuri figli di Kolja, perché Sokrat lo sentiva, prima o poi si sarebbe sposato, avrebbe avuto dei figli e sarebbe stato più contento, come Lev.

I muffin al cioccolato poteva anche comprarseli da solo, per lui, Ksenofont e Sonja.

Lo sapeva che Sonja sarebbe andata via con quel Pavel che a lui faceva un po' tenerezza un po' paura, perché gli avrebbe portato via sua sorella, ma magari qualche volta sarebbe tornata per far colazione con loro, no?

Dai, Zinaida, sposalo. È un bravo ragazzo, più intelligente e gentile di quello che sembra, e io gli voglio bene. Se gliene vuoi anche tu siamo a posto, no? Ha bisogno di una moglie, sta cominciando a diventare vecchio! E se non la smette di trattare me, Sonja e Ksen come se fossimo noi, i suoi figli, quando Sonja si sposerà e partirà con Pavel e io diventerò maggiorenne, tra tre anni, gli prenderà un colpo. E se gli prende un colpo schiatta, temo, perché l'ho detto che sta diventando vecchio. A Novembre compirà ventisei anni, ci credi? Io non posso lasciarlo invecchiare, devo pensare a lui, sono suo fratello! Però se ci pensi un po' anche tu, che mi sembri una a posto, a lui, te ne sarei davvero grato. E poi dove lo trovi, uno più bello di Niko? Non capirò mai perché la bellezza l'ha avuta in sorte proprio lui, che non se ne fa niente. Puoi farci qualcosa tu, prima che Kolja compia ventisei anni?

-Gončarov... Sokrat, ma sei preoccupato per la partita? A cosa stai pensando? È ovvio che sono più forti di noi, li hai visti...-

-A mio fratello- rispose Sokrat, sovrappensiero.

-Tuo fratello? Quello bello?-

-Ehi, anche Ksen è carino!-

-Sì, sì, non ti scaldare. Quello bellissimo, intendevo. Nikolaj-

-Già-

-E cosa c'entra lui? Mica gioca a calcio, tuo fratello grande-

-No, ma mi preoccupa lo stesso. E anche gli attaccanti di Akademgorodok mi preoccupano, e non poco. Io sono il più alto di tutti noi, ma quelli sono tre...-

-Ascolta, quando mai siamo stati una grande squadra, noi?-

Quant'era rassicurante, parlare con Aleksej prima della partita.

-Mai-

-Se non ci fossi tu, quanto faremmo schifo?-

-Tanto-

-Troppo. Però abbiamo sempre il nostro orgoglio di Nostal'hičnyy-

-Davvero?-

-Eh, se rispondi così, però...-

-Vero che la ragazza di mio fratello non lo lascia, se noi perdiamo la partita?-


-Io vado a casa, Niko. A dire a Ksen e Sof che il loro fratello meno bellissimo è un perdente e un fallito-

-Va bene, cioè, non va bene, non è vero, è meglio che ti accompagni-

-Non mi ammazzo, Kolja, ho quindici anni, devo fidanzarmi, diplomarmi, arruolarmi, sposarmi e fare il calciatore in una squadra più decente del Nostal'hiya. Mi concedi un momento di depressione, almeno?-

-Ma certo, tutti quelli che vuoi, però ti accompagno lo stesso-

-Tu devi stare con Zinaida! Tu non la molli per consolare un fratello che ha segnato l'unico goal della sua squadra dopo sei di quella avversaria, che sono geni della fisica ma hanno una stazza terrificante e fanno goal a raffica Dio solo sa come! Io torno a casa da solo, come ho sempre fatto, e tu porti Zinaida da qualche parte, chiaro?-

-Stai tranquillo... Va bene, ma poi cosa avevi capito? Ti avrei accompagnato a casa e poi avrei portato Zinaida... Da qualche parte. Se hai bisogno di qualcosa però mi telefoni, vero?-

-No. Me la cavo da solo-

-No, così non va bene, hai solo quindici anni...-

-E tu alla mia età hai lasciato la scuola e facevi tutto per noi! Ce la posso fare, Niko. Davvero. Sono piccolo come lo eri tu quando ti comportavi da grande-

Nikolaj si inginocchiò davanti al fratello e gli scompigliò affettuosamente i capelli, con il sorriso che conoscevano solo i Gončarov.

-Sei stato bravo, alla partita. Hai giocato bene, anche se sei stato l'unico, e il tuo goal è stato bellissimo. Vero, Zinaida?-

-Non chiederlo a lei, ti dirà di sì perché è innamorata di te e perché adesso ho un'aria da pulcino annegato, come dice Sof-

Zinaida, che li aspettava alla distanza giusta per lasciarli parlare in privato e quando Nikolaj l'aveva chiamata aveva fatto un passo avanti, si fermò e sorrise ad entrambi.

-Dai, vai da lei. Quando torni mi racconti. Perché torni a dormire, vero?-

-Certo! Stai attento ad attraversare, pulcino. Guarda bene a destra e sinistra e anche davanti e dietro e in alto, per sicurezza-

-Ma sei scemo?-

-Stai attento!-


-Non starà attento, quel testone. Aveva la faccia di uno che sarebbe stato attento? Tra dieci minuti chiamo a casa per sapere se è arrivato. Devo farlo, lui è sempre distratto... Avrei dovuto accompagnarlo, vero? Lo so che non potrò accompagnarlo per sempre, ma adesso... Adesso potevo-

-Credo che se la caverà benissimo e che starà attento, perché ti vuole bene-

Quelle due parole, Ya veryu (Io credo), sembrarono calmare Nikolaj.

Credeva.

Anche lei credeva, come Lev.

E aveva una possibilità.

-Hai ragione, scusami, è che se gli succede qualcosa... Non sono riuscito a difendere Lev, che era come un fratello, e se non riuscissi a difendere nemmeno loro, che sono i miei fratelli di sangue... Non posso non riuscirci-

-Certo che ci riuscirai-

Zinaida strinse una mano di Nikolaj e lui annuì, con un sospiro.

-Mi dispiace di essere così insopportabile, in questi momenti, ma c'è un motivo se sono nato prima di tutti loro, dieci anni prima di Sof'ja, undici prima di Sokrat e dodici prima di Ksenofont. E non accetterò mai quell'orribile storia del "un giorno dovrai lasciarli andare", perché col cavolo che li lascerò andare, sono i miei fratelli! Non staranno sempre con me, questo sì. Ma io non li lascerò mai andare-

-Lo sanno. Credimi, Kolja, loro lo sanno-

Credimi.

E Dio quanto voleva credere, Kolja...

-Certo- sorrise, finalmente radioso. -Lo sanno, e staranno bene. Ho sempre fatto tutto il possibile. Adesso però la smetto di parlare di loro, e a Sokrat posso mandare anche solo un messaggio. Dove ti piacerebbe andare? Dimmelo, davvero, a me va bene tutto. Sai che solo con Lev e Aljona, oltre ai miei fratelli, parlo così tanto? Non lo so perché. A guardarti mentre ti parlo sembra quasi che stia dicendo cose intelligenti. E davvero non saprei giudicare, perché non ci sono abituato, io, a parlare. Lev è un'estensione della mia anima, è l'unico che capisce proprio tutto tutto, Aljona è un'estensione dell'anima di Lev e i miei fratelli sono miei e basta. Tu, invece... Sei davvero gentile-

Gentile, ecco, poteva essere la parola giusta.

Perché lo ascoltava, e in realtà di solito preferiva essere lui ad ascoltare, ascoltare e guardare, gli occhi avevano molte meno pretese e molte più verità della voce, eppure i suoi discorsi con Zinaida avrebbero potuto essere definiti addirittura logorroici, e questo non era affatto da lui.

Ma non era un po' poco, gentile?

Eppure era una cosa che pensava di poche persone, una qualità che attribuiva a poche persone, la gentilezza.

Quindi forse no, non era poco.


Chto s toboy, moya lyubimaya?


Cosa succede con te, amore mio?

(Lebedinaya vernost' -La fedeltà del cigno-, Evgenij Martynov)


-Potremmo andare al Lebedinoye Park... Il Mal'vi Pole-

Il Mal'vi Pole, Campo di Malva, detto anche Lebedinoye Park, Parco dei Cigni, per un desiderio di romanticismo che forse, in fondo, nutrivano anche gli abitanti di Nostal'hiya, in cui però si erano visti al massimo poche anatre e molti corvi e cornacchie, era l'unico vero giardino del quartiere.

I corvi, che amavano appollaiarsi sugli schienali delle panchine, incutevano una certa ansia a chi aveva accarezzato l'idea di sedersi, ma tuttavia, quando non gracchiavano, era un posto carino.

-Pensi che riusciremo a trovare una panchina libera?-

-Dai corvi? Oh, sì. Al massimo, se ne troviamo uno particolarmente simpatico, lo possiamo portare ad Aljona. Il suo non è poi così male, a conoscerlo. È perfino carino. Per essere un corvo, si intende-

Zinaida sorrise, chiedendosi se Nikolaj sapesse quanto era carino lui, invece.

Gli avevano sempre detto tutti che era bellissimo, ed era assolutamente vero, ma lui cosa ne pensava?

Come si sentiva?

Le aveva sempre dato l'idea di essere semplicemente rassegnato alla sua bellezza, non particolarmente orgoglioso e consapevole.

Gli era capitata e basta.

E non gli bastava, chiaramente.

-Grazie, comunque. Per avermi definita gentile-

-Figurati, è vero-

-È una bellissima cosa da sentirsi dire-

-Anche da dire-

Quella volta fu Nikolaj a stringerle la mano.

-E sono belle le cose che dici, in generale-

-Sì? Mi dispiace di non averti detto niente di bello, durante la partita. Ero un po' sconvolto, perché insomma... La squadra di Akademgorodok... Hanno fatto sei goal, e i Nostal'hičnyy hanno giocato talmente male...-

-Lui no, però. Lui è bravo davvero-

-Già-

-Quel goal l'ha fatto per te, sai?-

-È un ragazzo fantastico-

-Ti assomiglia, anche se secondo lui non ancora abbastanza-

-Fisicamente?-

-In generale-


Ya pomnyu svet, ya pomnyu ten'
Ya pomnyu noch' i pomnyu den'
Na ostal'nyye nepokhozhiye
Vpervyye bylo vsyo, i vnov'
Sheptalo serdtse chto lyubov'
A razum chto tak byt' ne mozhet


Dusha vzdokhnut' ne smela

I vyrvat'sya khotela

Vsled za tvoyey, yedva dysha, letela


Ricordo la luce, ricordo l'ombra

Ricordo la notte e ricordo il giorno

A differenza del resto

Succedeva tutto per la prima volta, e di nuovo

Bruciava il cuore per amore

Una mente non può essere così


L'anima non osava respirare

E voleva scappare

Dietro di te, respirando appena, volare

(Pervyy den', Ani Lorak)


Chissà se l'aveva capito, che era innamorato di lei.

Che tratteneva il fiato, che si struggeva nel pensarla.

Chissà se gli leggeva il desiderio negli occhi.

Era tanto da farli bruciare.

Praticamente le aveva detto tutto, della sua famiglia e della sua ansia.

E lei non avrebbe potuto essere più dolce, seria e attenta e un attimo dopo sorridente e rassicurante, meravigliosa in ogni momento.


V tvoikh glazakh, moi glaza
A vyshe tol'ko nebesa
S toboy nad nimi ya letala
Romana pervaya glava
V tvoikh slovakh, moi slova
Ya po gubam tvoim chitala


Nei tuoi occhi, i miei occhi

Più in alto c'era solo il cielo

Con te ho volato su di loro

Il primo capitolo del romanzo

Nelle tue parole, le mie parole

Ho letto sulle tue labbra

(Pervyy den', Ani Lorak)


Vorrei ringraziarti per quella sera, quella in cui io non c'ero ma tu hai aiutato Anastasija, e per averlo detto a Lev, anche se ti è costato il più grande terrore della tua vita.

E vorrei dirti che capisco, anche se con difficoltà, che è inevitabile, per chi non è pienamente consapevole di quanto lui sia straordinario, averne paura, ma tu sei stata coraggiosa lo stesso, ad andare in carcere il giorno dopo a chiedere di lui e a non averci tradito mai, perché qualsiasi altra ragazza nelle tue condizioni l'avrebbe fatto, ma tu ti sei fidata di Anastasija e hai perdonato Lev.

E grazie per essere venuta in ospedale per Fëdor, per essere stata lì insieme a me, anche se tu non lo conoscevi da una vita come me e non sapevi quasi niente di lui, per te era solo il marito malato dell'evasa che avevi aiutato.

Grazie per lo sguardo di quel giorno, chissà se te lo ricordi, non ci siamo nemmeno salutati, ma a me è servito quello sguardo, perché anch'io, anche se non potevo fermarmi a pensarci, ho avuto paura.

Grazie per avermi stretto la mano, quella sera, quando hanno arrestato Levočka, perché ne avevo bisogno anch'io, di un istante per rendermi conto che non sarebbe finito il mondo un'altra volta, senza di lui, che sarebbe tornato e che non ero da solo.

Grazie perché quando ho guardato Aljona, quella sera, e quando poi lei è tornata a casa da sola, senza lasciare che la accompagnassi, senza accettare il mio aiuto, e chissà dove l'avevo trovata la forza di offrirle il mio aiuto, ho rivisto Ekaterina sei anni prima e ho avuto una tale paura per Lev...

Perché io non potevo realmente saperlo, se lei fosse diversa da sua sorella.

Il giorno dopo Lev mi chiedeva di lei e io non sapevo niente, l'ho cercata ovunque ma non sapevo niente, e mi sono maledetto tante di quelle volte per aver permesso che Lev si innamorasse di lei, per non averlo protetto e averlo lasciato correre il rischio di soffrire ancora per una ragazza che non lo meritava, che non avrebbe mai capito niente di lui...

E grazie ad Aljona per avermi permesso di sbagliarmi, almeno per una volta, almeno su di lei.

Per non aver mai lasciato Lev.

Altrimenti sarei davvero impazzito, se lei fosse stata debole e ipocrita come sua sorella, se anche lei avesse osato spezzare il cuore di Lev.

E scusami per non aver detto a nessuno e perché non dirò mai neanche a lui di aver aggredito Ekaterina, due mesi dopo l'arresto di Lev, di averla insultata con le lacrime agli occhi per non aver mai avuto il coraggio di andare a trovarlo e perché io lo sapevo, ma lui no, che non l'avrebbe mai fatto.

La sera del suo secondo arresto quando sono tornato a casa non ho mangiato e sono svenuto, terrorizzando mia madre e i miei fratelli, e quella notte ho pensato a te, un po', chiedendomi cosa sarebbe successo, cos'avresti fatto e cos'avrei fatto io, per Lev, senza sapere che anche tu, con il coraggio e l'onestà che erano mancati a Katja, avresti fatto qualcosa per lui.

Mi sono addormentato solo perché ero stremato, ma adesso, in fondo, stiamo tutti bene.


Pervyy den' s toboy

Ves' sotkannyy iz sveta

Pervyy den' s toboy

Ne povtoritsya eto

Pervyy den' s toboy

I pust' on dlitsya bez kontsa

Poka zhiva lyubov'

Poka zvuchat serdtsa

Kak dve dalekiye planety


Il primo giorno con te

Tutti i tessuti della luce

Il primo giorno con te

Questo non si ripeterà

E lascia che duri senza fine

L'amore è ancora vivo

Ancora il suono dei cuori

Come due pianeti lontani

(Pervyy den', Ani Lorak)


[...]


You've given me the best of you
And now I need the rest of you


Tu mi hai dato il meglio di te

E adesso io ho bisogno del resto di te

(This is the time, Billy Joel)


-Vuoi un gelato?-

Nikolaj lo disse tutto d'un fiato, con l'urgenza con cui avrebbe detto "Sto per morire", e infatti la prima reazione di Zinaida fu rivolgergli uno sguardo preoccupato, per poi realizzare che le aveva solo proposto un gelato.

Nonostante si sentisse un deficiente, Kolja aveva quella rara qualità per cui tutti gli altri ragazzi innamorati avrebbero ucciso: qualsiasi cosa dicesse o facesse, per una traccia di serietà che aveva sempre nello sguardo o nella voce, non sembrava mai un deficiente.

Semmai faceva sentire tali gli altri.

Ma Zinaida, per quanto a tratti intimidita, non era fra questi.

-Volentieri, grazie-


Tri vorony, I tre corvi, era il bar gelateria del Parco dei Cigni.

Sull'insegna affissa fuori erano dipinti tre corvi neri su sfondo giallo e su ogni tavolino c'era una tovaglietta gialla con quei simpatici volatili e il nome del locale.

-Una coppetta crema e fiordilatte, grazie- ordinò Zinaida, e il cameriere, dopo averle lanciato uno sguardo particolarmente ammiccante che durò giusto il tempo di rendersi conto che il suo accompagnatore era Nikolaj Gončarov, il bellissimo Gončarov, annuì con aria di colpo più professionale.

-E io una crema e nocciola- scelse Nikolaj.

Il cameriere bisbigliò un rapidissimo "Arrivano!" e schizzò via.

Mentre aspettavano i loro gelati, due ragazze entrarono nel locale e si sedettero ad un tavolino poco lontano.

Kolja e Zinaida, non avendole mai viste prima, le ignorarono, ma a quanto pareva quelle due avevano già visto lui.

Dei loro bisbigli captarono solo qualche parola ogni tanto, ma significative.

-...Kolja Gončarov!-

-...ha una ragazza!-

-Chi è, la riconosci?-

-...sua sorella?-

-...ma perché?!-

-...così bello!-

E ad un certo punto una delle due si mise a canticchiare una canzone di Natali che aveva già sentito alla radio o in televisione e che aveva trovato anche passabile, ma con un testo a dir poco imbarazzante, a sentirselo dedicare in quel momento da una sconosciuta.


Ty volshebnyy, ty s drugoy planety

I ty iz moyey mechty


O Bozhe, kakoy muzhchina!

Ya khochu ot tebya syna

I ya khochu ot tebya dochku

I tochka, i tochka


Tu sei magico, sei di un altro pianeta

E arrivi dai miei sogni


Oh Dio, che uomo!

Io voglio un figlio da te

E voglio una figlia da te

E punto, e punto


La sua amica le tirò una gomitata per farla smettere, ma lei trovò addirittura il coraggio di guardare Nikolaj mentre cantava, sottovoce ma non abbastanza per non attirare la sua attenzione.

Kolja distolse velocemente lo sguardo e lo posò su Zinaida, un po' a disagio.

-Beh...-

-Sei il loro uomo ideale, a quanto pare-

-Grazie, ma io non le conosco! Ed è anche una mancanza di rispetto nei tuoi confronti-

-Oh, non preoccuparti per me. Ignorale, se riesci- lo rassicurò Zinaida, lusingata, perché non aveva potuto fare a meno di sentirsi un po' gelosa, con quelle due che si mangiavano con gli occhi Nikolen'ka.

-Ma quando arrivano i nostri gelati? E queste cose non potevano capitare a Lev, che ha Aljona che fulmina tutte e lo protegge da ogni eventuale spasimante importuna? È inquietante, quella ragazza, quando qualcuna dai cinque anni in su guarda suo marito. E Lev sarebbe pure capace di non accorgersene. Oh, grazie a Dio hanno smesso! E poi a me non sono mai piaciute le ragazze a cui piacevo io, cioè, così palesemente. Aljona la adoro anche perché pensa che fisicamente io non valga un'unghia di suo marito, e me lo dice tranquillamente. Non hai idea di quanto sia rassicurante-

Nikolaj aveva appena finito di parlare quando la ragazza riattaccò con un'altra canzone di Natali, un duetto con Nikolaj Baskov che si intitolava, per l'appunto, Nikolaj.

-Nikolaj, Nikolaj, Nikolaj... Ne smogu razlyubit'...-

Nikolaj, Nikolaj, Nikolaj... Non riesco a smettere di amarti.

-No, vi prego, dei del cielo, io mi strangolo...-

Zinaida scoppiò a ridere, per quello che aveva detto, per la sua espressione disperata quanto buffa e per quella situazione surreale.

-Strangola lei, no?-

-E il gelato non è ancora arrivato!-

-Julija, taci, ti potrebbe sentire!- sussurrò in quel momento l'amica della cantante improvvisata.

E a quel punto scoppiò a ridere anche Nikolaj, per l'esasperazione e l'incredulità.

Nonostante certi sguardi insistenti provenienti dal tavolo accanto, Kolja e Zinaida riuscirono a mangiare i loro gelati più o meno serenamente e a ritrovare la loro intimità.

Julija e la sua amica dovettero rassegnarsi al fatto che Nikolaj Gončarov avesse davvero una ragazza, anche se per il momento non lo sapevano né lui né la sua ragazza.

A baciarla davanti a quelle due Kolja non ci sarebbe mai riuscito, quindi avrebbe dovuto trovare un altro posto in cui portarla, dopo il gelato.

Non voleva tornare a casa senza essersi dichiarato.

Non voleva più.

Non voleva che lei andasse a casa senza sapere che la amava, e quanto.

Nella tasca del cappotto aveva il fiordaliso di Aljona.

Lo sfiorò e rivide il giorno del matrimonio di Lev e Al, la loro blagosloveniye.

Le corone di fiori fra i loro capelli e il nastro che legava le loro mani.

Le loro parole, le loro promesse, le loro certezze.

Il loro amore.

Sarebbe andato tutto bene.

-Forse so dove possiamo andare. In fondo è l'unico posto dove ho visto succedere qualcosa di veramente importante. Di importante e bellissimo allo stesso tempo. Non succede mica così spesso-


-Qui si sono sposati Lev e Al. Era tutto bellissimo, quel giorno, anche se non sembrava tanto un matrimonio... Non solo un matrimonio. Loro erano... Completamente fuori di testa. Più del solito. E felici, felici da impazzire, facevano piangere e ridere insieme, a vederli. Io ho messo la corona a Lev, Katja l'ha messa ad Al... E le nostre insicurezze hanno incoronato il loro miracolo. Avresti dovuto vedere con che sguardo scandalizzato il Pope, quel povero disgraziato, guardava Aljona, e che scivolata magnifica ha fatto Lev dalla navata fino all'altare.

Ho desiderato intensamente che rimanessero per sempre così e ho giurato dentro di me che sarebbero rimasti per sempre così, che avrei fatto di tutto per loro. Ho fatto un voto per loro. Ci credi? Ho preferito pregare per la loro felicità anziché per la mia. Ma loro erano troppo belli-

-Anche tu-

-Cosa?-

Nikolaj si era voltato a guardarla stupito e confuso, forse era talmente perso nei suoi pensieri e nelle sue da essersi perso i pensieri e le parole di Zinaida.

-Esattamente con lo stesso significato che dai tu a queste parole, e non solo con quello che gli darebbe Julija... Anche tu sei troppo bello-

-Tu sai... Che sei... Che io...-

Kolja le prese una mano fra le sue e le sfiorò una ad una tutte e cinque le dita, senza alzare lo sguardo su di lei, con una concentrazione quasi febbrile.

-Quando la professoressa correggeva i miei temi di russo, al Ginnasio, mi diceva sempre la stessa cosa... Che avevo tante, tantissime belle idee, ma avevo come un blocco al momento di metterle per iscritto e quindi consegnavo un insieme di concetti spezzati e frasi interrotte, che nemmeno mi accorgevo di aver lasciato a metà. Non mi mancava la profondità, ma l'ordine. Al contrario di Lev, che metteva la vita sulla carta e faceva bruciare quei due fogli di protocollo del compito in classe tra le dita dell'insegnante. E volevo e voglio fare il soldato perché difendere la gente è sempre stata l'unica cosa che mi sento capace di fare, anche uccidere per difendere, morire per difendere. Così il fuoco l'avrei nelle mani e non solo nella mente, e servirebbe a qualcosa. Rimarrà comunque qualcosa che non ti ho detto, in questo momento, prima di dirti che ti amo, perché non ho il dono delle parole come Lev, ma lui in compenso non ha il dono della misura e della disciplina, ma mi è sempre sembrato che tu capissi, anche dove io non riuscivo ad arrivare, e penso che sia esattamente per questo che mi sono innamorato di te. Quindi...-

Intrecciò più forte le sue dita a quelle di Zinaida e sorrise.

-Quindi...- continuò lei -O Bozhe, kakoy muzhchina!-

-No, dai, per favore...-

-Lascia perdere-

Zinaida aumentò, se davvero era ancora possibile, la stretta delle loro mani, e lo baciò.


Chto vsyo otdat' tebe gotova

Za eti raz, dva, tri, volshebnykh slova

Chto vsyo otdat', sovsem ne dumaya

Za eti "Ya lyublyu tebya"


Sono pronta a darti tutto

Per questi momenti, due, tre parole magiche

Si dà tutto, senza pensare

Per questi "Ti amo"

(Ya lyublyu tebya, Natali)


Novosibirsk, 20 Gennaio 2021


Suo figlio avrebbe avuto i suoi stessi capelli, chiarissimi e sottili, e i suoi stessi occhi di quell'azzurro trasparente che assomigliava un po' alla tristezza e alla nostalgia, ma che avrebbero trovato un motivo per illuminarsi.

Suo figlio avrebbe avuto un amore grande come la sua fiducia, come il suo silenzio, e avrebbe saputo stringere forte la mano di quella ragazzina che gli avrebbe affidato l'anima certa che ne valesse la pena, la figlia di un uomo per cui era sempre valsa la pena, e a cui Nikolaj avrebbe dedicato quel miracolo.

-Lev, Lev Nikolaevič Gončarov. È cominciato tutto con Lev, no? Lev che credeva sempre. E io ho creduto con lui-




Note


Buona domenica a tutti! :)

Finalmente sono riuscita a scrivere questo capitolo su Nikolaj e Zinaida, i pensieri di Kolja, i suoi sentimenti, il suo rapporto con Lev e con Zinaida e infine la sua dichiarazione.

Spero che vi sia piaciuto!


A presto! :)

Marty

  
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