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Autore: gridanelsilenzio    14/09/2014    4 recensioni
Ma quella mancanza era giustificata: Ashton non c'era.
Ashton non c'era più, con la sua risata, a riempire l'atmosfera fredda e cupa di quella casa.
Ashton non c'era più, a trafficare con i fornelli e gli utensili della cucina, cercando di preparare qualcosa di commestibile.
Ashton non c'era più, seduto accanto a lui sul divano, pronto con una ciotola piena di pop corn e con uno scatolone di fazzoletti.
Ashton non c'era più, accanto a lui nel suo letto.
Ashton non c'era più, non sentiva più la sua voce così delicata cantare sotto la doccia.
Ashton non c'era più, non sentiva più le sue braccia stringerlo, come a non volerlo far scivolare.
Ma anche se Ashton non c'era fisicamente, lui lo sentiva, lo vedeva.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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« Luke, please don't love anyone else. »



5.




Quella notte, Luke e Ashton avevano fatto l'amore.
Per la prima volta, per la prima volta in assoluto, si erano sentiti completi.
E in quel momento, quando i primi raggi del sole entravano nella stanza, Luke era sveglio, appoggiato su un fianco per guardare meglio il suo ragazzo.
L'aveva capito, finalmente.
Quella notte aveva avuto la certezza che il suo amore per Ashton era reale, che dipendeva completamente da lui.
Ma rimaneva sempre il problema più grande: non sapeva come dirglielo.
Probabilmente l'avrebbe portato, come suo solito, a fare una passeggiata in riva al mare durante il tramonto, e glie l'avrebbe detto.
Oppure di prima mattina, dopo aver fatto l'amore.
Troppe idee gli stavano passando per la testa, e grazie a tutti quei pensieri, si addormentò.
Poco dopo si svegliò Ashton.
Lo trovò, il piccolo Luke, addormentato al suo fianco, con la testa appoggiata al suo petto.
Il più grande sorrise. Lo trovava troppo simile ad un angelo.
Si alzò dal letto, cercando di fare il meno casino possibile, perché non voleva svegliarlo.
Poi essersi infilato un paio di jeans ed una canottiera, uscì di casa, ma non prima di aver lasciato uno dei soliti bigliettini a Luke.

"Sono a prendere la colazione, torno tra poco.
Ash xx".


Luke sorrise.
Si era appena svegliato e aveva trovato il solito post-it giallo attaccato alla porta della loro camera.
Continuava a sorridere, anche se provava qualcosa di strano.
Sentiva il cuore fargli male, lo sentiva andare sempre più veloce.
Come se lo stesse avvertendo su qualcosa, che però Luke non capiva.
Andò velocemente a farsi una doccia. Non voleva togliersi il profumo che il suo ragazzo gli aveva lasciato quella notte, così si lavò velocemente, anche perché sperava che dopo qualche minuto sarebbe tornato Ashton.
Mentre si risciacquava, gli squillò il telefono. Si asciugò solamente una mano, e prese velocemente il telefono, sperando che fosse Ashton ma trovò solamente un numero sconosciuto.
« Pronto? » disse Luke.
« Luke Hemmings? » chiese quello dall'altra parte del telefono.
Luke annuì. Poi si ricordò che quella persona non poteva vederlo, quindi rispose solamente un flebile «sì», sussurrato.
Non sapeva perché, ma si sentiva sempre più male.
Come se gli stessero affondando una lama nel cuore.
« L'abbiamo chiamata perché l'ultima chiamata effettutata dal ragazzo era indirizzata a lei. Mi dispiace, ma Ashton Irwin ha avuto un incidente autostradale, lo stiamo portando all'ospedale, potrebbe non farcela. » disse, monocorde.
Luke era fermo. Tutto intorno a lui, si era bloccato.
L'infermiere dall'altra parte del telefono poteva sentire tutto il dolore, tutto l'amore e tutta la tristezza che Luke provava, solamente tramite quel «no» ripetuto dal ragazzo.
Prima sussurrato, poi che pian piano saliva di tono e alla fine urlato.
L'aveva urlato con tutte le forze che gli erano rimaste, prima di chiudere la chiamata.
Uscì, dopo essersi vestito velocemente.
Correndo e con le lacrime agli occhi, arrivò all'ospedale dopo cinque minuti.
« Per favore, Ashton Irwin, per favore.. » continuava a ripetere alla segretaria, che lo guardava con occhi comprensivi, di chi quelle situazioni le ha vissute sulla propria pelle.
Dopo aver ricevuto dalla signora la stanza, si affrettò a fare due rampe di scale a piedi, non voleva aspettare l'ascensore.
Ci avrebbe impiegato troppo tempo, e il tempo in quel momento era l'unica cosa preziosa da conservare.
Arrivò dopo poco nel corridoio dove si trovava la stanza di Ashton, e in lontananza aveva visto Calum e Michael, seduti uno accanto all'altro, davanti ad una porta bianca.
« Luke.. » sussurrò Michael, nello stesso istante in cui il biondo si tuffò tra le braccia dei suoi migliori amici.
Loro sapevano, sapevano tutto, ma non sapevano come far sentire meglio il loro amico, perché non ci erano mai passati ed era troppo difficile.
« Vai da lui, Luke » disse solamente Calum, prima di lasciare la presa sul biondo.
Luke annuì ed entrò in stanza, pronto già a vederlo con gli occhi chiusi e con un espressione di beatitudine sul volto.
Credeva di trovarlo già morto, e invece, con sua grande sorpresa, Ashton era là, sdraiato su quello stupido lettino bianco, con gli occhi aperti. E lo stava osservando.
Luke gli si buttò letteralmente addosso.
E pianse, pianse tutte le lacrime che aveva in corpo.
« Luke?.. » chiese Ashton, con un filo di voce.
Il più piccolo si asciugò le lacrime, tirò su la testa e lo guardò.
« Sono sempre qui, amore » gli rispose, prima di appoggiare le labbra sulle sue.
Ashton sorrise nel bacio. E il più piccolo credette per qualche secondo che potesse riprendersi, che potesse stare bene, che si sarebbe rialzato da un momento all'altro.
Ma un 'bip' prolungato, lo risvegliò dai suoi sogni.
Guardò il volto di Ashton e lo trovò proprio come aveva pensato di trovarlo appena entrato in stanza: aveva un espressione felice, sul volto.
Era bianco, bianco come tutto quello che c'era in quella stanza.
Ma la cosa che faceva più male a Luke erano i suoi occhi, chiusi.
Non li avrebbe più visti brillare e questo lo faceva stare male.
Dei medici entrarono in stanza. Luke sentiva i rumori ovattati, lontani.
Ma aveva ancora gli occhi fissi sul suo ragazzo.
Non voleva andarsene.
Urlò più che poteva il suo nome.
Urlò che lo amava, ma era troppo tardi.



un anno dopo.


Era passato un anno e Luke non riusciva a darsi pace.
Non riusciva a passare un giorno senza le sue lacrime sulle guance, non riusciva a passare un giorno sorridendo e ridendo. Non ci riusciva più.
Sentiva un peso enorme nel petto.
Gli mancava qualcosa, gli mancava la parte più importante, gli mancava una parte fondamentale per vivere.
Ma quella mancanza era giustificata: Ashton non c'era.
Ashton non c'era più, con la sua risata, a riempire l'atmosfera fredda e cupa di quella casa.
Ashton non c'era più, a trafficare con i fornelli e gli utensili della cucina, cercando di preparare qualcosa di commestibile.
Ashton non c'era più, seduto accanto a lui sul divano, pronto con una ciotola piena di pop corn e con uno scatolone di fazzoletti.
Ashton non c'era più, accanto a lui nel suo letto.
Ashton non c'era più, non sentiva più la sua voce così delicata cantare sotto la doccia.
Ashton non c'era più, non sentiva più le sue braccia stringerlo, come a non volerlo far scivolare.
Ma anche se Ashton non c'era fisicamente, lui lo sentiva, lo vedeva.
Lo vedeva mentre guardava il lago davanti alla loro casa.
Lo vedeva mentre guardava alla televisione un film divertente, e sentiva la sua risata.
Lo vedeva mentre lo rincorreva per avere l'ultima patatina del pacchetto.
Lo vedeva mentre rideva, mentre sorrideva, mentre era felice.
E sentiva la sua risata.
Sentiva la sua voce riempirgli la mente, il cuore, l'anima.
Ashton c'era.
Era con Luke, e lui lo sapeva.
Ma non riusciva a sentirlo così vicino, ma allo stesso tempo così distante.
Non riusciva più a vederlo, e a sentirlo, ma non poterlo abbracciare.
Voleva stringerlo un'ultima volta a sè, sussurrandogli all'orecchio quel «ti amo» che Ashton aveva tanto aspettato.
Voleva guardarlo negli occhi da innamorato, perché si sentiva pronto, e finalmente Ashton l'avrebbe capito, quanto realmente Luke lo amasse.
Ma Ashton non era lì con lui per sentirlo uscire dalle labbra del piccolo.
Luke prese una piccola foto sua e di Ashton dal portafogli, le sorrise e se la portò alle labbra, baciandola.
« Un anno fa hai avuto un incidente stradale, amore, e.. mi ha completamente distrutto » gli parlò.
Parlò alla foto, ma parlò ad Ashton.
Sapeva che lo stava ascoltando.
« Ho riletto tutte le tue lettere, so che mi sono fatto del male da solo ma è l'unico ricordo che mi lega del tutto a te.. » parlò, ancora.
Sorrise, perché si sentiva uno stupido, visto che aspettava ancora la risposta veloce di Ashton, che però non arrivò.
« Voglio volare anch'io con te, Ash. Lo farò. » disse.
Guardava il suo sorriso e sorrideva anche lui.
Gli faceva ancora quello strano effetto nella pancia, vederlo sorridere.
« Sappi che quello che sto facendo, lo faccio solo per noi.. » sussurrò.
Andò fuori, sul terrazzo.
Sentì una forte folata di vento.
Sapeva che era Ashton, che stava cercando di fermarlo.
« Ho bisogno di un'altra occasione per dirti quello che provo, Ash. Non fermarmi adesso » disse, sorridendo al cielo.
Poi abbassò lo sguardo.
Solo in quel momento, notò una scritta.
Aveva riconosciuto la scrittura del suo ragazzo e finì di nuovo col piangere.
« Luke, per favore non amare nessun'altro. »
Sorrise.
« Non lo farò. »
E dopo aver sussurrato quell'ultima frase, si lasciò cadere nel lago.
Dopo essere stato accecato dalla luce lo vide.
Era lì, Ashton.
« Ti amo, Ashton » disse Luke, abbracciandolo.
« Ti amo anch'io, Luke. »




angolo autrice:
io mi sto nascondendo dietro allo schermo del computer perché mentre rileggevo non ho fatto altro che piangere.
voi, solo, cercate di non odiarmi.
non so da dove mi è uscita questa piccola storiella triste e deprimente, ma a me piaceva questa nota di tristezza in un'amore che teoricamente poteva andare avanti.
detto questo, ringrazio davvero tutte le persone che hanno seguito questa piccola storia dall'inizio alla fine, e che l'hanno commentata e seguita.
grazie mille, siete state fantastiche!

un bacio,
Francesca.
  
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