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Autore: Lisaralin    14/09/2014    2 recensioni
"In my thoughts and in my dreams
They're always in my mind
These songs of hobbits, dwarves and men
And elves come close your eyes
You can see them too."

(The Bard's Song, Blind Guardian)
Raccolta di flashfic sui personaggi della saga. Nel segno del caso.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Mazzy_Portrait_BG2



Personaggio: Mazzy Fentan
Genere: Introspettivo, Malinconico, Drammatico, Missing Moments
Rating: giallo
Avvertimenti: scritta in parte su un quadernino tra un autobus e l'altro... non garantisco sulla qualità XD



If I were a paladin

L’elfa alata è bellissima.
La piccola Mazzy non riesce a staccarle gli occhi di dosso. In centinaia di passeggiate per i boschi intorno a Trademeet non ha mai incontrato una creatura così luminosa e delicata. L’ha scorta per un attimo in mezzo ai tendoni colorati del circo e si è avvicinata come attratta dal canto di una sirena, tutte le sensazioni della sua prima visita nella grande città dimenticate di colpo. Il vociare allegro del giorno di mercato, i colori degli abiti delle donne che passano da una bancarella all’altra con i cesti pieni di frutta e stoffe, gli strilli dei bambini che si rincorrono per la passeggiata di Waukeen, i mille odori di cibo, di cuoio, di spezie, di sudore… tutto viene relegato a rumore di sottofondo di fronte agli occhi azzurri e pieni di tristezza della splendida avariel. A Mazzy sembra di galleggiare al centro di una bolla d’acqua che la separa dal resto del mondo, includendo solo lei e l’elfa.
E le sbarre della gabbia.
Spesse, arrugginite, serrate attorno all’avariel in una morsa che le impedisce di dispiegare pienamente le sue meravigliose ali, più ampie di quelle di un’aquila o di un albatros. Invece è costretta a tenerle ripiegate attorno al corpo esile come un debole scudo frapposto tra lei e il mondo esterno, e persino una bambina come Mazzy si rende conto dei segni della decadenza dietro la loro bellezza maestosa. Le piume sono rade, arruffate, il colorito spento, un giallino malato ha spodestato il bianco candido che dovevano sfoggiare ai tempi in cui la creatura si librava senza catene nel cielo.
Come una pianta strappata al bosco e costretta nei confini di un vaso angusto, l’avariel sta sfiorendo.
“Ciao… “
Il suo timido saluto non ottiene risposta. L’elfa continua a fissare il vuoto, le ginocchia raccolte contro il petto e il viso in parte nascosto dai capelli biondi.
Solo in quel momento Mazzy si rende conto di aver perso di vista suo padre. Si volta in tutte le direzioni passando in rassegna lo spazio affollato tra i tendoni e le bancarelle, ma non lo vede da nessuna parte.
La sua attenzione però viene catturata da qualcos’altro.
Accanto alla gabbia dell’avariel c’è un uomo seduto su uno sgabello di legno, le braccia incrociate sul petto e un cappellaccio calato sulla fronte. Il guardiano, a giudicare dal mazzo di chiavi che gli pende dalla cintura.
L’uomo dorme della grossa.
Mazzy decide all’istante. Getta una rapida occhiata intorno: l’area del circo è gremita di gente, ma nessuno fa caso a lei o sembra guardare nella sua direzione. Ora o mai più.
Si avvicina cautamente al guardiano, gli sfila il mazzo di chiavi dalla cintura e si dirige subito verso la gabbia. Solo allora l’elfa reagisce: solleva la testa, e Mazzy si ritrova faccia a faccia con i suoi occhi sgranati, colmi di stupore e paura. Le sorride per rassicurarla, mostrandole le chiavi, ma lei scuote la testa disperata, le treccine bionde che si agitano selvaggiamente attorno al suo viso come un’aura luminosa. Fissa un punto dietro le sue spalle con l’espressione di chi ha appena visto i Nove Inferni spalancarsi.
In quel momento una morsa ferrea si stringe attorno al polso di Mazzy.
“Che cercavi di fare, ragazzina?!”
La morsa si stringe ancora, le chiavi scivolano dalle sue dita intorpidite e rimbalzano tintinnando a terra. Il polso le fa malissimo, ma Mazzy si morde l’interno del palato e si impone di non lasciarsi scappare nemmeno un grido. Attraverso il velo di lacrime che le appanna gli occhi il ghigno del guardiano le appare distorto e feroce, e il suo cuore manca un battito quando vede il braccio libero di lui sollevarsi minaccioso sopra la sua testa.
“Ora ti insegno io cosa succede ai bambini che rubano.”
L’uomo è troppo più grande e più forte di lei, divincolarsi dalla sua stretta è impossibile. Mazzy serra gli occhi, pronta all’inevitabile schiaffo.
“No! Lei non c’entra niente!”
Il grido dell’elfa è flebile e strozzato, una voce che sicuramente non viene usata da molto tempo, eppure in qualche modo riesce a frenare la furia del guardiano. O almeno a scatenarla in un’altra direzione.
“Che stai dicendo, stupida?” l’uomo strattona il polso di Mazzy, quasi sollevandola da terra, ma abbaia i suoi insulti contro l’elfa prigioniera. “Che ne può sapere una lurida bestia da esposizione?!”
“Sono stata io!” esclama l’avariel, tremando. “Le ho chiesto io di farlo! Lei è solo una bambina, pensava che fosse un gioco!”
I secondi successivi sono carichi di tensione e di un silenzio agghiacciante. Dopo attimi che sembrano eterni la mano dell’uomo finalmente si apre e libera il polso dolorante di Mazzy, lasciandola cadere a terra con malgrazia.
“Allora suppongo che stasera, dopo l’orario di chiusura, sarai tu a essere punita.” La voce del guardiano è bassa, terribile, vibrante di una minaccia che promette ben peggio di qualche semplice schiaffo. Sotto il suo sguardo crudele e privo di compassione l’elfa si fa ancora più piccola, si rannicchia tremante sul fondo della gabbia nascondendosi dietro il precario scudo delle sue ali rovinate.
Se solo avessi una spada…
Se avesse un’arma qualunque, se fosse più grande, più alta e più forte, potrebbe sfidare quel viscido schifoso a duello, trafiggerlo come un pollo allo spiedo e fare in mille pezzi le sbarre, e poi sollevare la lama al cielo per salutare con un grido esultante il primo volo della meravigliosa creatura.
Invece è solo una bambina, e non può fare altro che guardare la gabbia con gli occhi pieni di lacrime mentre alle orecchie le arriva confusa la voce di suo padre, che in qualche modo l’ha ritrovata e tutto affannato si profonde in mille scuse con il guardiano per il disturbo arrecato. Può solo lasciarsi trascinare via, e prendersi in silenzio i suoi due schiaffi per essersi allontanata senza permesso. In fondo se li merita, perché per colpa sua alla povera elfa capiterà molto peggio.
Quella notte, nel buio della sua stanzetta alla locanda dei Sette Veli, la piccola Mazzy giura solennemente a se stessa che da grande diventerà un paladino, per avere una spada da brandire contro i guardiani malvagi e salvare tutti gli innocenti prigionieri del mondo.
  
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