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Autore: Liioisjustchemical    14/09/2014    1 recensioni
Premettendo di non aver ancora letto 'Il Marchio di Atena' nè i seguenti, causa libri scolastici (non mi esprimo), la mia sotria non prenderà in considerazione gli eventi successivi all'arrivo di Piper, Leo, Jason, Annabeth e gli altri al Campo Giove.
Essa si svolge in un universo parallelo e contemporaneo poichè non segue gli avvenimenti narrati nei libri, nè, tantomeno si tratta di un epilogo.
Lennox, ha dei grossi buchi nel suo passato che desidera colmare e, oltre a ciò, una profezia confusa, ma chiaramente spaventosa e premonitrice di molti mali, la forzerà ad una spedizione che si preannuncia pericolosa.
Tuttavia, Lennox, non sarà sola, la accompagnerà Nico di Angelo, uno dei suoi più grandi amici, ma assolutamente non un suo confidente.
I due, infatti, sebbene siano in buoni rapporti e si sentano molto legati, sono restii a condividere paure, insicurezze e timori di ogni genere.
Forse la spedizione sarà l' occasione che serve loro per dare una svolta, in male oppure in bene, al loro rapporto.
Lennox, figlia di Zaus e cresciuta negli inferi.
Lennox, che deve la sua vita al dio del mare.
Lennox, accolta al Campo Giove.
Lennox, semidea greca.
Lennox, e Nico di Angelo.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I sette della Profezia, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una persona sinistra e contorta

 
La riunione fu lunga ed estenuante, ne uscii con i nervi a fior di pelle ed un diavolo per capello.
Nico mi stava alla larga, conscio del fatto che sarei potuta esplodere da un momento all’altro.
Mi diressi sola verso l’arena di sabbia dove loro erano soliti combattere.
Vi trovai anche in segugio infernale particolarmente amichevole.
Presi a camminare in lungo ed in largo sulla sabbia color nocciola dorato dell’arena pensando e ripensando a mio padre.
Voleva che combattessi le mie stesse origini con le mie stesse mani.
D’altra parte lui esta sempre stato infastidito dal fatto che la mia indole greca fosse coltivata in modo romano, proprio come si era adirato quando Ade mi aveva rapita, allora avevo solo cinque anni, e cresciuta negli inferi.
Ma, diciamocelo, quando mai Zeus non è adirato?
Continuai a procedere in circolo per una mezz’ora buona, poi decisi di sedermi sugli spalti.
Andai il più in alto possibile.
Amavo l’altezza, ovviamente e mi ci trovavo a mio agio.
Ero ancora presa al mio passato quando vidi qualcuno entrare nell’arena.
In un primo momento la figura procedette sicura senza notarmi, arrivò fino al Segugio infernale e gli diede qualcosa da mangiare, poi fece per voltarsi ed andarsene, ma si accorse di me.
“Ciao” mi disse.
Ricambiai mestamente il saluto mentre la figura si avvicinava salendo la scalinata degli spalti.
Mi arrivò accanto e riconobbi uno dei figli di Efesto, si chiamava Valdez, ma avevo diversi dubbi sul nome.
Si sedette accanto a me e non proferì più parola.
Era strano ed imbarazzante al tempo stesso, nonostante non dicesse niente era palese che il suo cervello corresse più veloce del vento.
“A cosa pensi?” la domanda mi sorse spontanea e non potei evitarla in nessun modo.
Lui si voltò illuminato.
“Stavo pensando all’imminente possibile guerra, poi mi è venuto in mente che potrei aggiungere un joystick al posto dei vecchi manubri della biga di Efesto” disse come se fosse un’idea geniale.
Io rimasi un attimo sconcertata da quelle parole non sapendo se prenderle come un flusso di coscienza o cosa, comunque decisi di non chiedere.
Non dissi niente ed annuii semplicemente.
“Tu, invece?” mi chiese.
Era forse così palese la mia preoccupazione?
Probabilmente lo era.
“Oh” dissi “è una lunga storia”
“Abbiamo tutta la notte, non mi sento affatto stanco” rispose.
E va bene, pensai.
Prima o poi qualcuno lo avrebbe comunque scoperto.
Iniziai a sproloquiare a più non posso sulla mia vita.
Dove ero nata, dove ero cresciuta, cosa aveva cambiato la mia vita in modo così determinante e cosa aveva marchiato la mia esistenza in modo permanente.
Valdez era un buon ascoltatore e, nonostante non ricordassi il suo nome, non ebbi la necessità di chiamarlo, mi prestava tutta la sua attenzione.
“Quindi, vediamo se ho capito” cominciò lui dopo che io terminai il mio racconto “sei figlia di Giove, no, scusa, di Zeus e tua madre è una semidea, a sua volta figlia di… era Nettuno o Poseidone?”
“Nettuno”
“Ok, Nettuno, perciò tu sei vissuta con lei, anche se spesso, diciamo, frequentavi l’Olimpo”
Io annuii in conferma.
“Poi, Ade ti rapì, quando avevi cinque anni e fosti liberata da, ehm, Nettuno solo dopo quattro anni”
“Quattro anni e tre mesi per l’esattezza” precisai.
“Ma perché ti rapì? E perché Nettuno ti liberò?” mi chiese.
“Sai, ci sono domande alle quali non sono sicura di voler dare una riposta” dissi “ed altre la cui risposta non rivelerei mai ad un mio amico a meno che non fosse strettamente necessario”
“E’ tutto così sinistro e contorto, il tuo passato” osservò Valdez.
“Si, beh, anche io sono molto sinistra e contorta dopo tutto” dissi e scoppiammo a ridere.
Non era una battuta effettivamente divertente, ma eravamo entrambi talmente tesi e presi dalla mia storia che quella distrazione fu qualcosa di liberatorio.
Quando entrambi riprendemmo fiato fu il suo turno di raccontare la sua storia.
La conoscevo già, ovviamente, Jason mi aveva parlato molto di lui, tuttavia non riuscivo a ricordarmi il suo nome.
Sentire quella storia uscire proprio dalla sua bocca mi affascinò, la rese molto più reale, quasi tangibile.
Ascoltai assorta e senza togliergli gli occhi di dosso.
Vidi che mentre parlava tamburellava le dita sulle gambe e, ogni tanto prendeva dei bulloni e si metteva giocherellare con essi.
Impiegai un po’ ma poi mi accorsi che il tamburellare non era casuale, era in codice morse.
‘ti voglio bene’.
Diceva.
Non capii a chi si riferisse, ma intuii che si trattasse di sua madre perché quando parlò di lei cominciò a tamburellare in modo più concitato ed insistente.
Non sapevo bene come prendere la situazione.
Valdez aveva finito di raccontare e io non avevo più niente da dire, mi sentivo sollevata, ma nonostante ciò non mi sentivo rilassata, il timore della possibile guerra imminente mi faceva ancora accapponare la pelle.
Il ragazzo mi diede la buonanotte e si congedò ringraziandomi per la bella chiacchierata e così rimasi sola.
Sola.
Non faceva freddo, ma avevo i brividi, con Valdez avevo parlato tranquillamente, forse avevo detto troppo, ma mi ispirava una tale fiducia che non riuscii a trattenermi.
Decisi di andare a dormire, dopo tutto avevo anche io bisogno di riposare.
Nonostante i miei propositi fossero quelli di dormire sonni tranquilli, quella notte ebbi una svariata serie di incubi che mi tennero con i nervi a fior di pelle e che mi fecero svegliare forse, più stanca di com’ero quando andai a dormire.
Decisi di mettere Nico al corrente di ciò che avevo sognato, subito.
Appena lo vidi a colazione lo arpionai per un braccio e lo trascinai al mio tavolo in tutta fretta.
“Ho avuto degli incubi stanotte?” sputai subito fuori, odiavo la suspance.
Lui alzò un sopracciglio e continuò a fissarmi, senza toccare le sue uova strapazzate.
“Dodici” continuai specificando il numero di brutti sogni che mi si erano presentati “alcuni molto brevi, altri più consistenti”
Vedendo che non reagiva minimamente proseguii.
“Il primo è stato molto breve, mi ha mostrato semplicemente il Campo Giove e Jason che preparava i bagagli, probabilmente ci starà raggiungendo. Il secondo è stato anch’esso breve, ho visto delle colline brulle e giallastre, coperte di sterpaglie, era appena l’imbrunire. C’erano due ragazzi nel sogno e stavano seppellendo qualcosa, credo fossero mortali”
A quel punto arrivò Percy Jackson che ci salutò allegro, probabilmente non notando l’espressione seria di Nico e quella stanca ma altrettanto seria mia.
“Ciao Percy” lo salutò Nico, io mi limitai a sorridergli.
“Chirone vuole indire un’impresa, ma ne parleremo per bene solo dopo che Clarisse sarà tornata”
Disse sempre sorridendo.
Io mi accigliai sentendo pronunciare quel nome.
“Clarisse La Rue?” chiesi quasi soffocandomi con il mio succo d’arancia.
“Si, perché?” Percy mi guardò incuriosito dalla mia reazione e anche Nico sembrava leggermente interdetto “La conosci?”
“Io… ne ho sentito parlare” dissi vaga.
“Beh, non so cosa tu abbia sentito, ma ti assicuro che è sempre piacevole starle il più possibile alla larga” disse facendomi l’occhiolino e andandosene via.
Io sorrisi mentre svariati ricordi che riguardavano la figlia di Ares mi saltavano alla mente.
“Allora?” incalzò Nico “il terzo sogno?”
“Ah, giusto. Allora ero sulle rive di un fiume, largo, di acqua dolce che scorreva in un paesaggio verdeggiante, qualcosa di meraviglioso devo dire.
L’acqua poco profonda fungeva un po’ da specchio delle brame e mi mostrò mia madre, era sull’Olimpo che parlava con mio padre. Non sentivo le parole esatte, ma dava l’idea di una che voleva farlo ragionare.
Poi lo specchio si dissolse in una spirale e un uomo costituito interamente d’acqua emerse dal fiume, doveva essere Poseidone o Nettuno, perché portava il tridente.
Si fece minaccioso e mi puntò l’arma addosso, mi disse di trovare Dereide e di riportarla a casa.
Non so chi sia Dereide e non so cosa intendesse con casa, ma questo è quanto.
Il quarto sogno fu ancora più incomprensibile, ero nel campo di fragole del Campo Mezzosangue e stavo passeggiando quando una figura nera cominciò a sfrecciarmi davanti. In un primo momento mi spaventai, poi ne fui affascinata e la seguii.
Mi portò al pugno di Zeus, la vecchia entrata per il labirinto di Dedalo e lì si dissolse.
Il quinto mi mostrò i Larii del Campo Giove che confabulavano, li sentivo parlare di noi e non sembravano né particolarmente fiduciosi, né particolarmente sicuri della nostra lealtà.
Il sesto fu breve e immediato, un lampo di luce che mi fece bruciare gli occhi, poi la vera forma di Era e poi di nuovo tutto buio.
Il settimo invece è quello che mi spaventa di più. Vidi te raccogliere un’altra di quelle sfere blu, le fortunae e poi un fulmine colpirti alla schiena mentre eri piegato, un fulmine che proveniva dalle mie mani.” Alzai lo sguardo per puntarlo nel suo.
“Nico, io non so provocare i fulmini”
Dissi, poi proseguii.
“Nell’ottavo un serpente gigante attaccava Annabeth e me, non vidi molto, vidi solo quell’essere immondo che ci assaliva, nel nono ero sdraiata sul terreno mentre una guerra infervorava attorno a me, nel decimo vidi Marte e Venere che litigavano, capisci? Marte e Venere! Persino per gli dei è strano.”
“Non poteva essere Afrodite?” mi chiese.
“Forse, non saprei dirlo con certezza, la dea dell’amore non ha mutato molto passando da una cultura all’altra”
“Poi…” cominciai ma fui interrotta dal clangore di una pentola sbattuta con un mestolo e dalle urla dei ragazzi che si riversavano all’ingresso del campo, all’albero che custodiva il Velo d’oro.
Ci avviammo anche io e Nico, rinviando a tempo da destinarsi la nostra conversazione.
Quando la folla si aprì e fece apparire la ragazza dia capelli rossi un sorriso spavaldo mi comparì sulle labbra.
Lei mi notò.
“Lennox Delacroix” mi salutò fronteggiandomi con aria divertita.
“Clarisse La Rue” risposi a tono.
“Non posso certo dire che tu sia la benvenuta al Campo Mezzosangue” continuò beffarda.
“I tuoi compagni la pensano diversamente e poi, tranquilla, partirò presto”
Effettivamente solo in quel momento mi accorsi della pacata tranquillità del Campo, cosa che mi avrebbe dovuto immediatamente far sospettare l’assenza di Clarisse.
Mi guardai attorno e vidi che un cerchio di ragazzi e ragazze silenziosi e attenti alla scena che si stava presentando ai loro occhi ci attorniavano.
“La conosci???” fece Annabeth in un misto di disgusto e sorpresa.
Io lanciai un’occhiata a Chirone che ci osservava tranquillo.
Annuii ad Annabeth mentre Clarisse prendeva la parole.
“E’ mia cugina” disse con fare non curante indicandomi.
“Con mio grande rammarico” aggiunsi.
Tutti sembravano pressoché pietrificati, nessuno aveva il coraggio di pronunciare una parola.
Chirone che sembrava l’unico ancora dotato della capacità di esprimersi ci invitò a fare largo così che Clarisse potesse essere accolta nella Casa Grande.



Salve, eccomi, non sono precipitata nel Tartaro, no, sono semplicemente andata in vacanza.
Già, dopo esami e compiti mi sono regalata una settimana di relax assoluto, la buona notizia? Ho avuto il tempo di procedere con i capitoli e posso darvi un piccolo spoiler tratto da un capitolo poco più avanti nella storia per farmi perdonare dell'abnorme ritardo.

"Io non partirei mai senza di te, Nico"
"Come puoi dirlo? Dopo tutte le volte che ti ho lasciata sola, dopo tutte le volte che io sono partito senza di te!"
"Fidati di me" dissi "e poi, sono convinta che la profezia includa entrambi"


Eeeeh??? Spero di avervi incuriositi.
Alla prossima.
Leo
  
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