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Autore: Mania    15/09/2014    2 recensioni
{ Loki/Sigyn + accenni Thor/Jane ● Long!Raccolta di one-shot ● What if? ● → Si prega di leggere sempre le note ← }
{ SEGUITO di «L’AMORE CHE NON SALVA, DANNA, CORRODE E RENDE FEDELI» ● NON è necessaria la sua conoscenza }
____ Per chi ha deciso di scegliere di ingannare l’universo intero per dissetare un’anima perennemente preda dell’insoddisfazione, la vita prospetta un conto da pagare prima o poi. E solitamente è di elevata quantità.
Per chi ha deciso di essere fedele a chi è tanto abile manipolatore, sa che la realtà è un puzzle da ricostruire, frammenti da ricomporre, e non è esente dalle sue macchinazioni.
| CAP. 1O • Vite parallele |
«È sempre stata preoccupante la sua fedeltà a Loki. Mi chiedo a volte quando la conosciamo davvero» sussurrò muovendo appena le labbra, indecisa se potesse davvero pronunciare a voce alta una simile constatazione. [...] Più si evolveva il rapporto tra Loki e Sigyn, più era chiaro fino a quale punto di follia fosse stata spinta la sua devozione nei confronti del dio – una fedeltà cieca, testarda, ferrea, e che forse non aveva alcun limite, nemmeno quello della nefandezza. Ed era ciò a preoccupare Lady Sif.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Loki, Sigyn, Thor
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
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PROLOGO



C A P I T O L O   O 7 ▬
Un'altra reliquia

{ Io voglio sapere il nome che avrai,
quante speranze e incertezze ti dai,
con quali mani tu mi scalderai,
sciogliendomi il sale dal cuore,
col tuo fuoco di vivere. }
Vivere – Cristiano De André



Aveva consumato la maggior parte delle ore notturne ad accarezzare l’elsa di Nothung con movimenti lenti, scorrendo i polpastrelli sulla sua superficie con attenzione, nutrendo la sensazione di aver già visto e persino impugnato l’arma ora in suo possesso. Con l’altra mano a chiudersi sul pesante ciondolo legato al collo, lo stringeva prepotentemente, tanto da far divenire bianche le nocche, in una disperata richiesta d’aiuto che sperava illogicamente potesse provenire dalle smeraldine pietre; e nel mentre, l’emicrania si intensificava con un vigore vorace – desideroso di divorare i suoi pensieri, annichilirli, avvolgere tutta la sua mente in un torpore di sofferenza. In mezzo ai vari tormenti, vi era Loki ad accrescere lo stato di insicurezze nelle quali era scivolata troppo rapidamente – ancora avvertiva le dita del dio degli Inganni sul proprio corpo, il suo respiro spargersi sulla propria pelle, la sua risata invaderle le orecchie, il sapore del sesso appiccicarsi tanto da non essere possibile lavarlo via.
Strinse i denti fino a causarsi male da sé, alzandosi dal letto su cui era seduta di scatto, esasperata. All’alba sarebbe iniziata la grande giornata dell’incoronazione e lei non aveva ottenuto ancora nulla. Arrivata a tale punto di frustrazione, non desiderava allontanarsi da palazzo senza le proprie risposte – senza sapere perché Loki era così importante, nonostante il manto di indefinitezza ad avvolgerlo.
Provava la bruciante necessità di gridare e insieme ritornare a quella colonna, ma più di tutto bramava di porre fine a quell’intensa tortura protratta silenziosamente nei suoi riguardi. Era una punizione – inspiegabilmente era conscia che tutto quello a cui era sottoposta, era lo sconto per un errore. Avvertiva il tumulto di consapevolezze da sempre stese sotto il ghiaccio dell’oblio farsi più intenso, fino a produrre scricchiolii e crepe sulla superficie bianca che ricopriva quel pezzo enorme della sua vita di cui non ricordava alcunché. Lì erano le sue risposte, lo sapeva e più quella certezza si faceva intensa, più la testa era perforata da invisibili chiodi, scosse di puro dolore a costringerla quasi in ginocchio da quanta veemenza possedevano.
Arrivò al terrazzo con penosa difficoltà, appoggiando le mani sul davanzale freddo e respirando affannosamente, ingurgitando bocconi di aria fresca con avidità, sperando di trovare in essi un tenue conforto. Se solo non fosse stata così cocciuta da impedirsi di andare da Loki a chiedere aiuto, si sarebbe precipitata nelle sue stanze anche solo per ottenere una distrazione da un male implacabile.
Perdurò a lungo l’agonia, fino a sfinirla completamente quando le stelle erano le uniche padrone dell’abisso oscuro sopra i tetti di Asgard, con la luna già tramontata e la notte talmente fitta da aver risucchiato qualsiasi rumore; e in quel tempo buio Lady Sefa scivolò nel proprio letto in un sonno senza risposo, sogni o dolcezza – solo immagini sconclusionate, ricordi offuscati, incompleti e indecifrabili, incapaci di concederle la liberazione della conoscenza che cercava.
Il tormento al capo si era flebilmente acquietato al suo risveglio, ma solo per via della pausa ancora fresca dalla spossatezza – sarebbe riemerso brutale come poche ore addietro, portando con sé un mantice di rinnovati quesiti a perforarle la mente.
La sua preparazione per assistere all’incoronazione fu di una lentezza opprimente, movimenti meccanici a susseguirsi stancamente, con la testa pesante affollata di pensieri troppo rallentati dall'estenuazione e dal riaffiorare dell’emicrania. Il respiro strascicato le sollevava con fatica il petto, oppresso dalla sensazione di crescente colore proveniente dalla collana – sensazione che mai sarebbe potuta essere corretta, perché come poteva un ciondolo scottare improvvisamente?
Seppe di non essere riuscita a nascondere il grado di malessere quando persino l’espressione di Loki – venuto a prenderla per accompagnarla fino alla sala del trono, prima di raggiungere suo fratello – si contrasse, sollevando un sopracciglio in un interrogativo che non ebbe una risposta quando le chiese delucidazioni riguardo il suo aspetto sciupato. Non aveva alcuna intenzione di discutere in quel frangente, non perché trovasse la situazione inadatta, ma più semplicemente per mancanza di energia da impiegare in un dialogo con il dio degli Inganni – e non appena le avrebbe riacquistate, sarebbe tornata a impiegarle per districarsi in quel pantano nel quale si sentiva affondare, trascinata giù da una forza ineffabile.
Nonostante tutti i suoi desideri di chiarezza, per quanto fino a quel momento i suoi dilemmi le fossero sembrati le faccende più importanti dell’intero Regno, quando l’incoronazione venne interrotta brutalmente dall’allarme che risuonò per l’intero palazzo, lacerando il giuramento di Thor e scatenando le furie di quest’ultimo, improvvisamente avvertì una strana lucidità farsi largo in se stessa. Le venne quasi istintivo cercare la spada al proprio fianco, senza trovarne alcuna con un senso di sorpresa e smarrimento, prima di ricordarsi che non era affatto una guerriera e non spettava lei scoprire a cosa fosse dovuto il trambusto, né tanto meno come mai tanto sgomento era sorto sui volti della famiglia reale. Non era il suo posto quello al centro dell’azione – o almeno quella era l’apparenza alla quale abituata.
Si ritrovò, dunque, a passare le ore successive cercando di raccimolare quante più notizie possibile su ciò che era accaduto a palazzo, senza riuscire incontrare nessuno della famiglia reale e dei più vicini a loro, troppo indaffarati a risolvere problemi gravosi per occuparsi di lei. Quel che scoprì non erano che informazioni generiche, poco adatte a soddisfarla pienamente – venne, comunque, a conoscenza dell’insolito particolare di come l’intrusione del piccolo manipolo di Giganti del Ghiaccio, atavici nemici di Asgard con i quali perdurava una pace precaria, fosse avvenuta senza lasciar tracce della breccia nella sicurezza che li aveva condotti nel loro maldestro tentativo di recuperare l’antica reliquia, lo Scrigno degli Antichi Inverni. Non ebbe, invece, la minima notizia di dove si fossero cacciati Loki e tutti gli altri se non quando ormai erano già stati ricondotti ad Asgard dall’ira di Odino per l’aver infranto l’ordine severo di non attaccare Jötunheimr; e insieme alla sua collera, seguì la punizione furente nei riguardi del maggiore dei suoi figli, responsabile di un’azione tanto sconsiderata.
In tutto quel che accadde, Lady Sefa rimase ai margini nonostante l’istinto la guidasse al cento della scena e un pessimo presentimento le invadesse l’animo – un dettaglio inafferrabile la infastidiva, le suggeriva della presenza di molto altro dietro gli avvenimenti a catena delle ultime ore. Il tempismo degli intrusi era stato talmente tanto perfetto ed eccezionale da suscitarle interrogativi inattesi – le venne strano osservare come quella coincidenza fosse tanto incredibile unicamente per lei, perché nessun altro si ritrovava a supporre quanto fosse comoda per Loki.
Nuovamente, si stava ritrovando ad avere in mano conclusioni mentre le sfuggivano tutti gli elementi della sequenza logica che le precedevano. Arrivare a insinuare, anche solo a se stessa, che dietro una tale infausta azione nemica si nascondessero macchinazioni del fratello minore del futuro Re era insensato, stupido, avventato e immotivato – a ben vedere, non conosceva abbastanza Loki e tale circostanza rendeva già ridicolo il suo sentimento per lui, giungere a tessere una simile accura era notevolmente più inconcepibile.
Camminava forsennatamente nei corridoi adiacenti alle stanze del principe minore, attendendolo con ansia per scoprire dove fosse finito – e se, soprattutto, stesse bene. Il presentimento che affollava il suo petto, soffocava anche i dubbi e quesiti su se stessa, accompagnandosi a un grumo di timore a concentrarsi nel suo stomaco in fitte di agitazione riguardo alle condizioni di Loki. Non le interessava della veridicità delle sue congetture assurde – fondate sul nulla, o almeno su alcunché che lei davvero conoscesse, a meno di non accettare scenari improbabili dei quali non voleva sentire parlare, non in quel frangente –, nemmeno di quanto lui fosse realmente coinvolto in quell’assurda storia, ma solo che ne uscisse indenne.
Per tale ragione sentì il proprio cuore ritornare a battere senza produrre onde d’urto di spilli, quando scorse Loki sbucare da dietro l’angolo per raggiungere la propria camera. Gli abiti sgualciti erano i residui della battagli alla quale aveva preso parte, ma apparentemente, per quanto cercasse, gli occhi scuri della donna non scorsero alcuna ferita, ma in compenso notarono come la calma a intessersi sul suo volto era unicamente una facciata fallace. Troppe crepe si affacciavano su una maschera che solitamente Loki sapeva rivestire con la classe cinica di cui unicamente lui era capace; dunque seppe per certo, Sefa, che qualcosa era capitato – qualcosa di terribile per gettare su di lui un simile stato di preoccupazione.
«Siete ferito?» domandò con vivo interessamento al suo stato.
«No. Spostatevi ora» replicò secco, irritato dalla presenza della donna che stava venendo meno alla propria promessa di servirlo proprio quando ne avvertiva la massina necessità – o forse no, forse persino in quello stato, al massimo delle sue capacità attuali, Sigyn tentava di stargli accanto come meglio le era consentito. Ma Loki era troppo offuscato da una rabbia urticante, provocata da dubbi tremendi, rinvenuti nelle nevi e nel gelo di un mondo che aveva imparato a conoscere attraverso le fiabe della buona notte, intessute appositamente per spaventare i bambini asgardiani. Riusciva ancora a sentire sul proprio braccio la morsa del Gigante del Ghiaccio, ed era incresciosamente famigliare, formata da una sensazione di freddo siderale che non lo infastidiva minimamente né sinistramente.
«Voi non state bene, c’è qualcosa che vi affligge e sono certa che non sia per la punizione a vostro fratello», una parola di troppo, Sefa ne fu sicura quando il dio degli Inganni si voltò gettandole addosso uno sguardo di furia oscura, riversandole addosso una dose di rabbia di cui non comprendeva l’origine. Non era unicamente lei il motivo di tale collera, ma Sefa non poteva ignorare quanta irritazione per lei vi fosse – personale, bruciante e persino dolorosa. Era risentimento, una ricusazione per una colpa di cui lei non trovava le fila, ma che era talmente potente da mozzarle via il fiato per quanto la avvertisse meritevole – irrazionalmente, per una volta in più.
«Come fate ad esserne così certa, eh? Da dove deriva tutta questa vostra sicurezza, sapete dirmelo? La vostra conoscenza di me è scarsa, eppure vi arrogate così impunemente la capacità di comprendermi. O non siete chi dite di essere, o siete una sciocca. A voi la scelta, e ora spostatevi», sbottò scostandola con un gesto rude, deciso a non proseguire una conversazione infruttuosa con lei e cambiando la sua iniziale idea di procedere verso le proprie stanze – per non indugiare oltre e disvelare i segreti che Jötunheimr aveva evocato. Solo Sigyn avrebbe potuto concedergli un attimo di respiro, un sorso di riposo e di soddisfazione, ma suo padre lo aveva privato anche di un tale conforto – e di tutto ciò che gli spettava: la sua fedele compagna, il trono e anche una verità sgradita.
I passi rimbombavano in echi gravi mentre procedeva trattenendo a stento la necessità di giungere alla meta, stendendo le falangi lunghe della mano per evitare di affondare le unghie nel palmo, rivelando la forza della matassa dei propri pensieri. Nemmeno l’idea di aver ferito Sigyn riusciva ad aver un qualche peso su di lui in quel frangente, solo le incertezze da dipanare avevano la priorità nella propria mente – per questo non si rese conto di quanto le sue parole l’avessero ferita, riportando in primo piano le afflizioni con cui stava disperatamente tentando di lottare per non soffocare nel dolore delle nebbie dell’ignoto.
Il dubbio era la più insana di tutte le malattie. Non vi era alcuna cura se non nella certezza, e spesso, quando la si otteneva, ci si ritrovava a voler ritornare nelle brume fitte dell’assenza di risposta, perché non era affatto vero che la verità ripaga delle sofferenze. La libertà non era donata dalla conoscenza, essa, al contrario, relegava in una prigionia dura, incontrastabile, perché niente avrebbe potuto limare le sbarre della gabbia, forgiate da regole non opinabili, che rendevano le proprie azioni solo conseguenze e non decisioni svincolate.
Per tale ragione Loki indugiò a lungo sul scendere del reparto della tesoreria in cui erano racchiusi i cimeli di Odino, e per la medesima restò ad osservare lo Scrigno dei Giganti del Ghiaccio a lungo prima di toccarne la superficie.
Parole vecchie e sentimenti d’invidia stavano acquisendo sempre maggior volume, mettendo da parte le risate e la felicità fallace con cui aveva convissuto per anni. Davanti a lui poteva esserci il motivo per cui non era stato scelto per ascendere al trono; davanti a lui, racchiuso in un cubo, risiedevano forse le risposte di cui non era certo di anelare a conoscerne le forme; e le molteplici ragioni per cui, tra tutti, si era sempre sentito non semplicemente diverso, ma estraneo – nonostante l’accettazione, nonostante gli onori, nonostante i successi, quella percezione di sé a dividerlo dal mondo non era mai diminuita, ma solo appannata sotto la luce concessa fino a quel momento alla sua vita. E se questa fosse stata solo il frutto malevolo di una bugia, una menzogna in cui era stato cresciuto, non era sicuro di volerlo scoprire, ma le sue dita scorrevano più rapidamente dei pensieri e non poté impedirsi di provare per sé il disgusto che era stato abituato a provare per i Giganti del Ghiaccio – perché lui era quel nemico, quel mostro, di cui raccontavano le madri per farsi ubbidire dai bambini, era ciò che il suo popolo aveva combattuto tanto aspramente.
I passi alle sue spalle non lo riscossero pienamente dalla neve rancorosa che si stava formando attorno al suo cuore, gettato improvvisamente in mezzo a un fermento di rimorsi, abnegazioni, reinterpretazioni, amarezze sopite e forse mai esistite, ma che in quel momento riuscirono a diventare tanto reali, potenti, da combattere contro i rari sentimenti puri con i quali era cresciuto. E questi ultimi apparvero tanto deboli, effimeri, davanti alla prepotenza vile di quegli inganni che si stava sussurrando da solo alla mente, da stravolgere una vita intera per una sola ipocrisia, la quale valeva tutto quanto nella follia dell’attimo.
C’era del ridicolo nell’essere lui, dio dell’Inganno, vittima di un raggiro tanto profondo, tanto smisurato e desolante – e forse, tra tutto, era ciò a indignarlo più profondamente, il ritrovarsi succube di quelle macchinazioni sofisticate che solitamente era lui a costruire. Se persino la sua presunta famiglia era arrivata a giocargli un simile scherzo di cattivo gusto, non aveva più dubbi su come avrebbe utilizzato le sue doti e magie per infliggere la stessa sofferenza dilaniante, che ora era costretto a provare – alcun conforto, alcun parola, alcun gesto avrebbe potuto soffocare quel ustione interiore, solo una persona sarebbe stata in grado di comprendere e le era stata strappata via dall’uomo che aveva finto di essere suo padre.
Il rancore si estendeva, si diramava in una pozzanghera di oscuri sussurri di vendetta, rivalsa e distruzione. Più di prima, aveva intenzione di portare avanti il proprio piano, e con qualche ritocco sarebbe persino riuscito a causare un dolore almeno lontanamente giusto a coloro che erano artefici di tale grottesco teatrino. Dato che mai aveva davvero avuto la possibilità di guadagnarsi ciò che gli spettava di diritto, e avevano finto di metterlo al loro livello, come anche di concedergli realmente la possibilità di conquistarsi il trono – una proposta insincera nella sua origine, una gara iniqua, perché mai Odino avrebbe concesso a un suo nemico il proprio titolo –, allora non solo se lo sarebbe arrogato con la forza come aveva già pianificato, ma si sarebbe preso una rivincita su chi aveva osato costruirgli false aspettative.
«Chi sono davvero io, padre?», marcò così tanto l’ultima parola, intingendola di una furia traboccante, da far frenare l’avanzata del grande Re. Le unghie affondavano nella carne dei palmi, in una presa stretta, tremante per via di un argine abbattuto da quel rancore di cui non aveva mai provato il pieno vigore e che pareva da sempre essere stato in lui per quanto naturalmente lo avvertiva scorrergli dentro – nelle vene, mischiandosi con il sangue e avvelenandogli definitivamente l’anima.
«Sei mio figlio, Loki» rispose con una calma dolorosa Odino, cercando di far comprendere in modo tanto semplice la realtà che non poteva essere modificata da un’origine di cui nessuno era responsabile. Aveva già perso un figlio in quella nefasta giornata, e per quanto percepisse il peso della propria decisone gravargli sul cuore, non aveva potuto negare tale punizione unicamente per un amore paterno, quando la legge doveva essere ugualmente rispettata da chiunque. E ora si ritrovava, a distanza di poche ore, a dover discutere anche con l’altro suo figlio, non suo di nascita, ma tale per un affetto che non era cancellabile da alcunché – o almeno, in quel momento, pensava fosse così.
«No, questa non è la verità. Questa è la menzogna nella quale avete voluto farmi crescere» replicò con astio crescente Loki, tanto che gli occhi verdi brillarono non di disperazione, ma di rabbia incontrollabile – troppo fresca e immensa per essere gestita con la dovizia fredda con la quale avrebbe fatto dimestichezza in seguito.
«Solo per proteggerti» asserì Odino, ritornando a muoversi verso di lui, scendendo le scale, per poterlo guardare più da vicino, come se bastasse colmare una distanza spaziale per colmarne una spirituale in espansione, «L’affetto con il quale ti abbiamo cresciuto io e Frigga sono reali, sono veri, più delle tue origini.»
«Se così è, perché non mi avete detto nulla? Sono solo un’altra delle vostre reliquie?!»
«Chiamala paura, ma non credere che sia nei tuoi confronti, ma in ciò che tale rivelazione avrebbe potuto mutare nei nostri rapporti» cercò di spiegare, malamente e con le parole rotte da una sofferenza palpabile, ma di cui Loki non riusciva a rendersi conto, reso maggiormente immune ai sentimenti altrui, egoisticamente concentrato unicamente sulla concretizzazione di quell’elemento di distorsione che per tutta una vita aveva avvertito – un fantasma, una presenza indesiderata, la ragione della sua mancata nomina a Re nonostante le fasulle promesse.
«Dovevate pensarci prima!»
«Loki, per favore, cerca di comprendere-»
«Che cosa?!» urlò con veemenza, minacciosamente avanzando verso il padre e cercando di incanalare in quell’unica parola non solo l’ira rancorosa di quel frangente, ma anche le promesse di rivalsa progettate da tempo e rese più forti per l’essere stato reso succube di un inganno tanto profondo.
Ed Odino parve accorgersene, ma la distanza che gli occhi verdi di Loki riuscivano a creare tra il mondo e se stesso era troppo immensa per poter essere concepita pienamente; eppure, l’abbraccio che gli diede parve almeno esteriormente calmare quel cambiamento repentino dello spirito – un cambiamento solo esteriore, perché la vera essenza di Loki era sempre stata nascosta fino a quel giorno.
Lo avvertì acquietarsi contro il proprio petto, come quando da bambino piangeva tanto da non riuscire più a respirare, e si ritrovava a doverlo stringere con più forza di quanto lo fossero i suoi stessi singhiozzi. E nel mentre credeva di aver sedato ciò che invece aveva risvegliato completamente, gli sussurrò all’orecchio una verità che fu tale solo in quel momento, ma che sarebbe andata perduta – e forse, mai più ritrovata -: «Che ciò non cambia niente.»
Per quanto la discussione fosse stata breve, con suo padre, Loki non poté cancellare dalla propria mente le verità manipolate che la scoperta avevano creato. Non avrebbe, nuovamente, concesso ulteriori spaccature sulla propria maschera attraverso le quali scorgere il rancore bruciante ad animarlo, avrebbe trattenuto e modificato quel sentimento in un cruccio indistinto che avrebbe potuto confondersi tra i tanti. E nel mentre, avrebbe arricchito la propria tela di nuovi dettagli, di particolari che prima non aveva considerato per aggiudicarsi una vittoria completa, una vendetta per quel torto che non sarebbe mai più potuto essere dimenticato, alleviato o modificato.
Da Lady Sif e i Tre Guerrieri venne scambiata per comune preoccupazione per le sorti di Thor, perché era ciò che desideravano scorgere e non posero particolari attenzioni alle rughe a marcare la sua fronte, né tanto meno diedero peso al suo rifiuto di provare a scendere a patti con Odino per ripotare indietro il fratello – in fondo, nemmeno per Lady Sigyn si era spogliato del proprio orgoglio, e avrebbe mantenuto tale decisione anche in quel contesto.
«Dov’è?», non dovette specificare a chi si riferisse, era perfettamente chiaro ai quattro che fosse Lady Sigyn l’oggetto del quesito.
«Credo si sia recata alla sua vecchia casa. Non sembrava stesse bene… Loki, credo abbia bisogno d’aiuto, ma…» rispose Lady Sif, che aveva intravisto la figura dell’amica a distanza – i lineamenti non erano mai stati tanto intrisi di liquida sofferenza e i suoi passi tanto concitati, troppo presi a dirigersi nella sua antica dimora per rispondere ai richiami della dea della Guerra.
«Ne ha decisamente bisogno», e sembrò quasi una minaccia per quanto freddamente pronunciò tale frase, stringendola tra i bianchi denti e sputandola. Era stanco di quel gioco, aveva necessità che Sigyn ritrovasse se stessa e non avrebbe più aspettato ulteriormente, quindi sperava vivamente per lei che fosse ormai vicina a spezzare quel muro invisibile che la divideva della sue stesse memorie. Abbisognava dell’unica persona che da sempre aveva visto oltre le sue menzogne, oltre le sue bugie, oltre i suoi inganni e illusioni, scorgendo la sostanza della sua anima e del suo cuore distaccati e distorti più di qualsiasi altri tra i Nove Regni – la sola che aveva accettato la sua vera natura ancora prima di scoprirla.
 



M A N I A’ s  W O R D S
Per l'occhio di Odino, questo capitolo!
LA FATICA. No, seriamente, ho penato su questo capitolo perché personalmente fare introspezione su tale scena del film, la trovo una cosa estremamente complicata.
Ma andiamo con calma.
Come notate l'avvertimento "What if?" ora diveiene motivato. Il discorso tra Odino e Loki l'ho cambiato - primo perché non c'avevo voglia di rivedermi il film apposta, secondo perché come notate va a finire in modo diverso. Dato che io non ho mai capito perché Odino svenisse - e poi si ripigliasse - così, ho cambiato un po' la scena. E poi non mi serve Odino svenuto per quel che verrà dopo.
Comunque, spero che sia chiaro quel che volevo comunicare sui pensieri di Loki in quel frangente. Per me non è che si sia sentito offeso dalla bugia nel suo contenuto, ma perché essa è la ragione per cui non è potuto diventare Re - e anche perché è lui solitamente a ingannare gli altri, ed essere raggirato dalla propria famiglia rende la menzogna ancora più detestabile. Quel che mi è stato di maggiore difficoltà è stato in un qualche modo riallacciare la versione cinematografica a una più vicina ai miti - che personalmente apprezzo maggiormente. Spero di esserci almeno in parte riuscita, ecco. 
Ho ripetuto rancore e derivati un po' di volte perché è questo il sentimento che secondo me caratterizza maggiormente Loki - ma spero di non averlo ripetuto troppe volte da farlo diventare eccessivamente ridondante.
Quanto a Sigyn, attendete il prossimo capitolo. Ci sarà anche una scena che so che almeno un paio di voi aspettano dall'inizio di questa storia - spero che vi piacerà.
Ah, sì, io non è che sia stata lì a descrivere Thor che viene cacciato e bla bla bla, perché ahimé questa è una raccolta di one-shot e comunque ne parlerò più avanti. Sì, anche Thor avrà un ruolo più centrale non appena passano i prossimi due capitoli - mica me ne sbarazzo così senza dire altro.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io non ne sono soddisfatta pienamente. Sarà che è proprio complicato descrivere psicologicamente la scena di Loki e Odino - tra parentesi, Odino so che solitamente è dipinto come se fosse il responsabile di tutto quanto, il vero stronzo della situazione, ma per me quest'uomo è fin troppo paziente con i suoi figli considerando che ha dei doveri di Re prima di tutto -, ma sono stata indecisa fino all'ultimo se cancellare tutto e riscrivere da capo facendovi aspettare un altro mese e mezzo o meno.
Potrebbero perdurare qualche piccolo errore perché devo tornare a studiare e ho ricontrollato un po' meno di quanto dovrei fare, spero comunque che non ci siano strafalcioni immensi - comunque ricontrollo appena la sessione finisce.
Io come al solito mi metto in ginocchio e ringrazio tantissimo le persone che continuano a seguire la storia - nonostante gli aggiornamenti rari, perdono ;v; -, chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e soprattutto chi commenta rendendomi veramente felicissima. In particolare, questa volta i miei mille e più grazie vanno a Yoan Seiyryu, Helen L e queenofoto
Alla prossima,

Vi lascio il link alla mia pagina Facebook: M A N I A


Mania



  
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