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Autore: LauraPalmerBastille    15/09/2014    6 recensioni
"Lo sguardo è fisso sulle sue mani sporche di sangue e sulla sua bocca spalancata in un urlo senza fine. La visione del sangue che cola dai suoi polsi mi fa venire il volta stomaco. Rimango lì,nascosta dietro quella colonna,mentre i suoi lamenti mi trafiggono il cuore.
E piange,piange come un bambino.. ed io non posso fare nulla.
Vorrei abbracciarlo,dirgli che andrà tutto bene,ma non posso. Perchè non è così. Nulla andrà bene.
Mi volto,mentre anche dai miei occhi iniziano a colare le lacrime.
Quel ragazzo è come me. Quel ragazzo si distrugge con le sue stesse mani."
L'amore e l'odio di due ragazzi che,con destini diversi ma dolori che si intrecciano,si salvano a vicenda.
**
La storia tratta tematiche delicate come bulimia o autolesionismo. Se sei "contrario" o cose del genere non aprire la storia.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Sono Carta Vetrata

Warrior

Insecurity Will Destroy You

"C’è una parte di me che non potrò mai riavere indietro
Una bambina cresciuta troppo in fretta
E’ bastata quella volta, non sarò mai più la stessa
ora ho ripreso indietro la mia vita, proprio oggi
Non c’è proprio niente che tu possa dire
Perché comunque non hai mai voluto assumerti la colpa

Adesso sono un guerriero
Adesso ho la pelle più spessa
Adesso sono un guerriero
Sono più forte che mai
E la mia armatura è fatta di acciaio, non puoi toccarmi
Sono un guerriero
E non potrai mai più ferirmi"
Warrior-Demi Lovato.

 

Mi alzo di scatto dal materasso, guardandomi intorno. Non c'è nessuna macchina, nessuna donna inquietante, ma non c'è nemmeno Matt. Mi affaccio sul corridoio, nessuno. Matt non è nelle stanze affianco e nemmeno nel bagno di ieri.
La sua lametta sembra pesare sempre di più dentro la mia tasca. Mi sento così impotente. Come posso aiutarlo? Come posso, quando sono io la prima a non sapere come ci si ricostruisce?

I miei piedi scendono le scale tanto velocemente quanto il mio cuore batte. Mi muovo silenziosamente, con sguardo vigile. Poi due voci attirano la mia attenzione. Provengono dal piccolo salotto dove ieri era stata accesa la tv e le riconosco. Riconosco il tono gelido di Matt e quello vacillante e arrabbiato del padre. Mi avvicino alla porta, ascoltando ciò che si dicono.
“Sei solo un figlio irriconoscente. Sei arrivato qui dopo anni che non ti vedo, con una ragazza qualunque. E ti permetti pure di insultarmi!”- urla il padre. Non riesco a vederli, così mi sposto con il viso verso la porta, guardandoli da un piccolo spiraglio.
“Sono venuto qui per disperazione o, fidati, non avrei mai più rimesso piede qui dentro”.
Il tono di Matt è, come al solito, freddo e annoiato. Ha le braccia strette al petto, lo sguardo gelido che non si distoglie da quello irato del padre.
“Cosa ci stai a fare qui, allora? Vattene di nuovo. Io non ti ho chiesto di venire!”
“Mi serviva un tetto, anche solo per stanotte. Alex aveva bisogno di staccare per un momento, o sarebbe impazzita”.
Sussulto a quelle parole, tirandomi i capelli senza forma dietro le orecchie per il nervoso. Lui lo ha fatto per me, sapendo il dolore che gli avrebbe portato?
“Potevi andare in un albergo, invece che venire qui a..”-si interrompe, portando la lattina di birra che ha in mano fino alle labbra per poi bere-”Qui a rompermi le palle”.

Matt aggrotta le sopracciglia, digrignando i denti.
“Come ti ho già detto, sei stato la mia ultima scelta. Per la fretta non ho preso nessun soldo. Fidati, avevo piani ben migliori che venire qui da te. Un ubriacone schifoso, senza palle e trasandato”.
Suo padre sgrana gli occhi, per poi diventare rosso di rabbia.
“Come mi hai chiamato?”-urla, sbattendo la lattina di birra per terra. Matt non sussulta, ma nei suoi occhi vedo la paura. Mantiene il suo sguardo freddo, mentre apre le labbra per parlare.
“Schifoso ubriacone, senza palle e trasandato”.
E prima che io possa anche solo agire, suo padre alza la sua grande mano al cielo, per poi abbatterla sulla guancia del figlio. Matt cade a terra. Il suo viso coperto dai capelli e dalla sua mano che è andata a coprire la parte ferita.
Sento qualcosa dentro di me smuoversi. È rabbia, la sento. La sento risalire su per lo stomaco, fino ad annebbiarmi il cervello.
Lui non può toccare Matt, il mio Matt. Come si permette? Sarà anche suo padre, ma dopo tutto quello che è successo tra di loro non ha più nessun diritto di fare questo. Anche se lo conosco da meno tempo di lui, io devo proteggerlo.
Le mani mi formicolano, mentre la voglia di uccidere quell'uomo si fa sempre più grande dentro di me. Entro nella stanza senza ripensamenti, sorpassando quell'uomo pazzo e accucciandomi vicino a Matt. Lo vedo tremare, mentre con occhi chiusi respira profondamente, come per placare la rabbia.
“Andiamocene via da qui”-dico con tono fermo, sfiorando la mano di Matt con la mia. Lui alza il viso e mi fissa sorpreso, chiedendosi sicuramente quando io sia arrivata. Poi riprende il suo sguardo gelido e annuisce. Si alza in piedi, prende la mia mano con la sua e si dirige verso la porta con passo veloce.
Prima di uscire, però, si volta per guardare il padre. Poggia l'altra mano sulla guancia ferita, per poi aggrottare le sopracciglia e scuotere la testa.
“Vaffanculo”-dice, prima di aprire la porta facendomi uscire. Quando anche lui è uscito, la sbatte con tutta la forza che ha in corpo.
“Vaffanculo!”-sussurra di nuovo, stringendo la presa sulla mia mano. Punta il suo sguardo su quella porta e sembra voglia bruciarla con lo sguardo. Poi abbassa il capo, respirando forte.
E mi sembra un cucciolo in cerca d'aiuto. E, si, non so come ci si ricostruisca, ma io posso stargli vicino. Ed è per questo motivo che, senza pensarci troppo, avvolgo le mie grosse braccia intorno a lui, stringendolo in questo goffo abbraccio.
E non mi aspettavo una benchè minima reazione, ma lui poggia la testa sulla mia spalla, ricambiando l'abbraccio.
E, lo so, un altro capitolo della storia di Matt è stato chiuso.

**

Siamo seduti in macchina. Aspettiamo qui dentro da ore, mentre il silenzio ci circonda. L'ora di pranzo è passata da un po', ma non abbiamo fame. C'è solo il silenzio tra di noi.
Matt fissa fuori dal finestrino, toccandosi ripetutamente con il pollice il polso. Lo tocca, sussulta e si tira giù la manica della giacca. Lo fa più volte.
Cerco di contare quante volte questo mantra si ripeta, ma quando perdo il conto le mie mani si poggiano istintivamente sulle sue dita.
Lui sussulta, voltandosi verso di me.
“Smettila di farlo”-sussurro, fissandogli il polso e rompendo questo silenzio che ci circonda da ore ormai. Lui aggrotta le sopracciglia, non capendo. Poi guarda il suo polso ed il suo pollice poggiato sopra e sospira, annuendo.
“Penso che noi dovremmo.. ecco, dovremmo tornare all'istituto”-dico, allontanando le mie mani dalle sue.
“Lo penso anche io. Non abbiamo altro luogo dove andare. E poi abbiamo lasciato Mark lì”.
Questa volta sono io ad annuire. Cosa avevamo intenzione di fare? Scappare via dal luogo dove abbiamo lottato per arrivare. Scappare così, lasciando indietro Mark e tutto quello che avevano di nostro.
Mi sento una sciocca. Abbiamo resistito per metà giornata qui fuori, nel mondo reale. Matt mette in moto la macchina, stringendo forte il volante. Poi esce dal parcheggio, respirando forte.

**

Arriviamo alla Dalton che ormai è sera. Siamo stati fuori così poco che nessuno ha notato la nostra assenza. Abbiamo trovato Mark di fronte la porta della mia stanza, seduto per terra. Giocava col suo cellulare brontolando qualcosa tra sé e sé.
Quando ci ha visti tornare quasi non gli è preso un colpo. Si è alzato in piedi con un scatto, per poi poggiarsi al muro e barcollare. Ha iniziato a sgridarci, come una mamma farebbe con i propri figli.
“Irresponsabili, ecco cosa siete! Degli irresponsabili! Siete stati fuori un intero giorno! Vi ho aspettato per ore qui davanti alla porta! Pensavo che vi foste fatti male, o che foste stati rapiti! Degli irresponsabili!”
Io cercai di reprimere un sorriso mordendomi a sangue il labbro. Matt, invece, strinse con la sua grande mano la spalla di Mark, sorridendogli.
“Scusaci, avremmo dovuto avvertirti. Hai ragione”.
E non so se fui più sorpresa di vedere Matt tranquillo dopo tutto quello che era successo, o di notare come la rabbia di Mark fosse scemata in pochi secondi.
Ora siamo seduti in camera mia. Io sul mio letto, loro sull'ex letto di Kim. Fisso il pavimento, mentre Matt racconta con voce neutra quello che ci è successo in poche ore. La fuga, la visita a suo padre, la sua reazione sconsiderata. Racconta persino dello schiaffo, ma non fa commenti su cosa lui abbia provato. Si limita a narrare quello che è accaduto, senza commentare. Non fa riferimento a ciò che è successo la sera, né al fatto che sia io ora ad avere la sua lametta.
Poggio istintivamente le mani sulla tasca, toccandola. Devo liberarmene il prima possibile. Questo incubo deve allontanarsi da me, da lui, da noi.
“Alex?”- mi chiama Mark, alzandosi e sedendosi di fianco a me-”Come stai?”.
Lo guardo allibita per un secondo, poi scuoto la testa e alzo le spalle. “Non ne ho idea, in realtà”.
“Volevo scusarmi da parte del professore McRider ... Avrebbe dovuto fermare quel delirio, ma non ha fatto nulla”. Lo vedo torturarsi le mani, mentre il suo respiro si fa sempre più veloce. Ci sono così tante domande che vorrei fargli, ma perchè non ho il coraggio di porgliele?
“Non è colpa del professore. Mi sarei dovuta difendere da sola”-ammetto, sorridendo appena-“Sono rimasta in silenzio mentre quella tipa mi insultava, e mentre voi provavate a difendermi. Sono stata debole, ma non accadrà più”.
Mark mi fissa sorpreso, aggrottando le sopracciglia.
“Non devi prenderti tutta la colpa di quello che è--”
“Non sto dicendo che la colpa è tutta mia”-lo interrompo-”Sto dicendo che avrei dovuto agire in maniera differente, ma non l'ho fatto, e io ho intenzione di recuperare”.
Mark si limita ad annuire, aggrottando ancora di più le sopracciglia. Matt anche mi fissa, in silenzio.
“Mark, ti stanno chiamando”-dice poi, col suo solito tono assente, senza distogliere il suo sguardo da me.
“Eh? Dove?”
“Da fuori la porta, non lo senti? Ti stanno chiamando”.
Mark, se è possibile, aggrotta ancora di più le sopracciglia, confuso.
“Ma cosa stai dicendo? Non mi sta chiamando ness--”
“Mark”-lo interrompe, rivolgendogli uno sguardo eloquente-”Ti stanno chiamando, lo sento io. Vuoi andare?” Le labbra di Mark assumono una posizione ad O, mentre annuisce con forza.
“Oooh, si, hai ragione. Mi stanno proprio chiamando, lo sento!”-dice, provando a fare il finto sorpreso-”Alex, devo correre per vedere chi mai mi sta chiamando! Ci vediamo domani al lezione!”.
Ammicca, ed esce fuori dalla stanza quasi di corsa. Non faccio nemmeno in tempo a ridere, che Matt si alza di scatto dal suo letto e mi viene in contro. Rimane in piedi, di fronte a me, squadrandomi con il suo sguardo glaciale.
“Cosa hai intenzione di fare!?”-esclama, tirandosi giù le maniche.
“Di scusarmi con Alice. Tutto qui”.
Lui sgrana gli occhi, mostrandomi la sua faccia sorpresa. Poi riprende la sua espressione impassibile, aggrottando le labbra.
“Sei forse impazzita? Vuoi chiederle scusa dopo tutto quello che ti ha fatto?”. Matt inizia a gesticolare, chiaro segno che il nervosismo sta iniziando a prendere possesso del suo corpo. Il mio Matt, quello che mostra le emozioni che prova.
“Lo so, è stato cattivo da parte sua mettermi in ridicolo davanti a tutti ma--”
“Ma cosa, Alex? Cosa!?”-urla, facendomi sussultare-”Ti diverti così tanto a soffrire!? Ti diverti a cercare situazioni in cui puoi poi piangere e fare la vittima!?”
Mi alzo in piedi, incontrando i suoi occhi accesi di rabbia.
“Cosa stai dicendo, Matt? Se tu mi lasciassi spieg-”
“No, Alex, non ti lascio spiegare”-mi interrompe, afferrandomi il polso con la sua mano-”Perchè io già so che quella stronzetta di tratterà di merda, e tu starai male, e io non posso vederti ancora piangere, non capisci?”
Le sue parole rimbombano per tutta la stanza, facendo calare il silenzio. Lo fisso negli occhi, mentre la sua presa sul mio polso si fa sempre più stretta.
“Io.. Io non piangerò, voglio solo--”
“Come fai a non capire che sei l'unica che riesce a capirmi?”-ammette, immobilizzando il mio sguardo con il suo-”Come fai a non capire che sai cose di me che nessuno sa?”
Mi tremano le labbra, mentre il mio cervello cerca di immagazzinare le cose che mi sta dicendo. Possibile che io sia diventata tanto importante per lui, quanto lui lo è diventato per me?
Forse, l'amore che io provo non è a senso unico?
“Sei l'unica che non è scappata anche avendo visto il mio lato buio. Sei l'unica che ha lottato per cercare di capirmi, anche se io ti ho disprezzata in tutti i modi. Non capisci che non voglio vederti più piangere, diamine?”
I miei occhi si sgranano di più, ad ogni parola. Lui lascia il mio polso e mi da le spalle, tremando forte. Non riesco a parlare, le gambe mi tremano forte. Non avevo mai provato questa sensazione. Mai nessun ragazzo si era interessato ai miei sentimenti in questo modo, se non Mark.
È tutto così nuovo, ed è tutto così.. così bello.
Mi avvicino a lui, circondando le sue spalle con le mie braccia. Appoggio il mio viso sulla sua schiena, cercando di placare il suo tremolio. Sto respirando forte anche io e il mio cuore non ha intenzione di smetterla di battere così forte. Eppure c'è questo dannato sorriso che non vuole scomparire dalle mie labbra.
“Quando.. Quando ho visto tuo padre schiaffeggiarti, ho sentito dentro di me la rabbia pura, Matt”-sussurro, con il viso rivolto verso la sua schiena-”Avrei voluto ammazzarlo, anche se lui era tuo padre e io ti conosco da molto meno di lui”.
Matt scuote la testa, sfiorando le mia mani, ancorate sulle sua maglietta, con le sue.
“E lì ho capito cosa ha provato Alice. Io le ho portato via Kim, forse una delle persone a cui lei si era affezionata di più. Le ho portato via una persona a lei cara, come tuo padre stava facendo con te. E se io avrei voluto ammazzare tuo padre solo perchè ti ha sfiorato, posso immaginare cosa lei abbia provato quando Kim se ne è andata per causa mia”.
Matt abbassa il capo, fino a sfiorare le mie mani con le sue labbra. Un brivido caldo mi sale su, lungo tutta la schiena, creandomi un sorrisetto sulle labbra.

Ha detto a Kim che non ti ama, te lo ha detto.
Non farti delle stupide illusioni. Tu non lo attrai.

Sussulto a queste parole, ma non mi scosto. Non ne ho voglia. Anche se lui non ricambia ciò che io provo, questi contatti con lui mi piacciono, e non sarò io a staccarmi.
“Non piangere, non farlo più”-sussurra, scuotendo il capo.
“Non lo farò. Non piangerò più”.
E so che molto probabilmente sarà difficile rispettare come promessa, ma voglio farlo, per lui.
**

Mi sveglio con il rumore incessante della sveglia nelle orecchie. La butto a terra, stropicciandomi gli occhi.
Oggi mi sono svegliata più presto del solito, visto i progetti che ho. Matt è rimasto sveglio con me fino a tarda sera, progettando su come riuscire a prendere Alice da sola, senza il suo mucchietto di amichette che la affiancano ogni giorno.

Abbiamo optato per andare in classe decisamente presto e, quando lei sarebbe arrivata, Matt avrebbe intrattenuto le sue guardie del corpo mentre io le avrei parlato.
Matt mi aspetta fuori dalla stanza. La divisa gli sta, come al solito, perfettamente. Mette in risalto le sue spalle larghe e l'accenno di muscoli sulle braccia, e al solo pensiero che ieri sera le mie mani stavano toccando quelle spalle un brivido mi percorre tutta la schiena.
“Pronta?”-mi chiede, alzando un sopracciglio.
Annuisco titubante, chiudendo la porta dell'appartamento dietro di me. I corridoi sono totalmente vuoti mentre camminiamo veloci, con le cartelle in mano. La divisa femminile non mi facilita i movimenti, ma il fatto di avere un piano da rispettare mi elettrizza. Mi sento come una spia in missione, anche se alla fine devo solo riuscire a parlare con Alice in privato.
Poggio la mano sulla maniglia della porta della classe, buttando un'ultima occhiata a Matt.
“La missione sta per cominciare!”-esclamo, sorridendo quasi trionfante. Lui alza gli occhi al cielo, per poi abbozzare quasi un sorriso.
“Si, ora entriamo, dai”.
Abbasso la maniglia ed apro la porta.
“Insomma, dovremmo aspettare che Alice entri qui e in quel mom--”
Le parole mi muoiono in gola, quando alzo lo sguardo. Sgrano gli occhi, balbettando qualche parola senza senso. Matt, di fianco a me, alza un sopracciglio, rimanendo comunque impassibile come al suo solito.
Io invece cerco di contenermi per non mettermi ad urlare dalla sorpresa, o dalla rabbia o da... non lo so, ma voglio urlare.
Mark è sdraiato sulla cattedra del professor Mc Rider, rosso in volto e con le gambe spalancate. La camicia sbottonata e la sua bella pelle messa ben in mostra.  Ma la cosa che più mi destabilizza, è che il Professor Mc Rider è sopra di lui, a cavalcioni e a torso nudo. Vedo la sua maglia buttata malamente a terra, poi i suoi capelli scompigliati e il viso rosso.
“M..Mark!?”-riesco a dire alla fine, diventando completamente rossa in volto.
L'unica cosa che lui riesce a fare è guardarmi fisso negli occhi, per poi mostrarmi il suo solito sorriso divertito.
**

Angolo autrice:
Eeeeeeeeh già, taaaanto tempo per aggiornare! In realtà il capitolo era già pronto da un pò, ma mi si era staccato il wi-fi quindi non ho potuto postarlo u.u
Bhè, domani mi comincia scuola, quindi ho il morale sotto terra, quindi non ho molto da dire (quanti quindi...)
Che dire? Matt e Alex sono tornati all'istituto dopo questa breve gita che è servita a chiudere un altro capitolo della vita di Matt. E Alex, anche se piano piano, inizia a maturare.
Per Mark... bhè, tanto ve lo aspettavate hahahaha! Non sono brava a mettere i colpi di scena, li introduco troppo nei capitolo precedenti:'')
Detto questo, vi ringrazio per la lettura!
Un bacione, LauraPalmerBastille.

 

 

  
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