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Autore: Kveykva    16/09/2014    2 recensioni

A quel punto scattai indietro.
Ma cosa stavo facendo?
Cosa diavolo stavo per fare?
Scesi dal divano, presi la mia borsa e mi diressi verso la porta.
-Em. Em!- mi chiamó Dave.
Aprii la porta ma lui mi prese per un braccio e mi costrinse a girarmi.
-Cosa stai facendo?-
-Me ne sto andando.- gli risposi.
-E perchč te ne stai andando, maledizione!?- mi chiese lui sconvolto.
Non avevo una vera risposta da dargli. Sapevo solo che quello che era quasi successo non sarebbe dovuto succedere mai pił.
Lui mi fissó, e mi sorpresi ancora una volta di quanto fosse bello, anche da arrabbiato com'era.
Era dannatamente bello.
-Non sei tu, Dave, ma...-
-Vuoi sapere una cosa, Emma Bennet? - mi interruppe. -Sei una maledetta stronza.-
Aprii la bocca e rimasi cosģ, scioccata.
L'aveva detto davvero?
-Tu hai bisogno di me.- mi disse.
Riuscii solo a fissarlo.
-Sai che č vero.-
Non seppi dire nulla, mi limitai a stringere i pugni tanto che si sbiancarono le nocche.
Se c'era una cosa che mi mandava in bestia era dare ragione a Dave.
E purtroppo, anche se non ero ancora completamente consapevole, aveva ragione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Uscii dal bagno e mi precipitai in camera. 
-Siamo in ritardo, Emma!- mi gridó Andrea dalla cucina.
-Ma va?- le risposi io.
La vita era diventata completamente caotica da quando io e Andrea ci eravamo trasferite, o meglio fuggite, dal ...
La' era stato tutto cosģ semplice, o almeno per i primi anni del liceo. Se vivi nell'ombra non devi preoccuparti di cosa fai o di cosa dici, perchč comunque nessuno se ne interessa.
Dal terzo anno le cose erano andate a rotoli.
Nate era il figlio del capo di mio padre: a cena, quando invitavamo Tim, Nate veniva sempre.
Era nata cosģ per casola relazione fra me e Nate, ma nessuno si sarebbe mai aspettato un finale del genere.
Anzi, il finale non c'era proprio: se la mia vita fosse stata un libro, eravamo ancora in pieno svolgimento. Perchč il 'cattivo' non era ancora morto, non era ancora stato abbattuto dai buoni. 
E chi erano, poi, i buoni? Io? Una figlia che scappa dai genitori? Per necessitą, certo. O almeno era quello che mi ripeteva Andrea. 
Un biglietto di scuse sul tavolo della cucina, e una camera vuota. Era questo che avevo lasciato a mio padre e a mia madre quattro giorni prima.
Sentivo ancora le loro voci al telefono, quando erano tornati a casa e avevano visto che la loro unica figlia li aveva lasciati cosģ.
'Ci manchi' dicevano.
Ma la partenza mia e della mia migliore amica non era stata istantanea, o decisa all'ultimo. Era stata programmata, settimane, mesi prima. Il tempo di spedire il nostro curriculum alla Gators. Il tempo di nascondere tutto ai miei genitori.
Ad ogni livido in pił sul mio viso, c'era un oggetto in pił nella valigia.
Ritornai al presente con una rapida vista all'orologio.
Aprii l'armadio e vidi un paio di jeans a sigaretta e una maglietta grigia aderente, con lo scollo a barchetta.
Me li infilai di fretta e furia, e feci lo stesso con le sneakers e corsi in cucina per colazione mentre Andrea faceva tutto quello che avevo appena fatto io.
Cinque minuti pił tardi era pronta, presi la mia grande borsa nera e uscimmo, precipitandoci alla macchina.
Grazie a Dio non c'era traffico, e arrivammo appena in tempo per la campanella.
-Tu cos'hai?- le chiese in preda al panico, vedendo tutti gli alunni entrare.
-Fisica. Tu?- disse guardando il foglio dell'orario stropicciato che aveva in mano.
-Mate. Ci vediamo dopo.- risposi consultando il mio, altrettanto messo male.
-Buona fortuna.-
-Anche a te!- 
Mi incamminai, pił correndo che camminando, e raggiunsi l'aula tre secondi prima dell'ingresso dell'insegnante.
Buttai la mia roba sul primo banco che vidi e notai la bionda che aveva fatto un commento su di me la sera prima.
Stava gią ridendo con le sue compagne.
Aspettai che l'insegnante facesse l'appello, e 
quando arrivó il mio nome alzai la mano.
-Ah bene, tu devi essere la ragazza nuova. La signorina Bennet, giusto?- 
Sorrisi e feci cenno di sģ.
Lui cominció a fare lezione normalmente, e io continuai a prendere appunti.
Quasi non mi accorsi che due ore dopo suonó la campanella e si alzarono tutti per andare in mensa.
Uscii anche io e mandai un messaggio ad Andrea.
Dove sei?
Sono in mensa!
Sto arrivando.
Ok, muoviti. 
Appena arrivai notai che Andrea era seduta con un paio di ragazzi ed una ragazza, ad un tavolo esterno verso destra.
La raggiunsi.
-Ciao Emma.-
-Eii.- le risposi dandole un bacio.
-Emma, questi sono Robin e la sua ragazza, Linsday, poi Jay, e Mike.-
-Ciao ragazzi, sono Emma.- risposi sorridendo, e loro sorrisero di rimando.
-Siete nel corso con Andrea?- indagai.
-Sģ.- mi rispose Mike, un moretto tutto riccioli.
-E tu, Emma? Hai conosciuto qualcuno?- mi chiese Andrea.
Anche se non lo disse con cattiveria, quasi subito mi vergognai: lei, in due ore scarse aveva gią degli amici. Io se mi avessero chiesto chi fosse il mio compagno di banco non avrei saputo rispondere.
Le amicizie non erano decisamente il mio forte.
-Oh be', non importa.- mi sorrise Linsday, che era una ragazza dai lineamenti molto dolci coi capelli biondo cenere.
Cominciammo a parlare del pił e del meno, e risi fortissimo quando Robin imitó il mio insegnante di mate alla perfezione.
Guardai cos'avevo preso nel vassoio e inorridii.
-E questa cos'č?- domandai indicando la zuppa verde vomito che avevo davanti.
-Oh, sei arrivata proprio il giorno giusto.- disse Lindsday.
-Emma, questa č la Verdona. - cominció Robin -Lei ti terrą compagnia ogni lunedģ e ogni giovedģ a pranzo, e sarą meglio che abitui il tuo stomaco alla Verdona perchč se la rivomiti sembra ancora di pił...-
-Okay, okay, ho capito, pausa!- esclamai.
Gli altri risero, e lo feci anche io.
-Facciamo che mangeró la mela.- dissi prendendo in mano quel cumulo di buccia giallognola raggrinzita.
-Oh be', di certo č meglio. Ma sapete che un ragazzo del terzo anno, qualche mese fa ha trovato dentro due vermi! Ma ci pensate! Due! Uno non andava bene, si vede.- continuó Mike.
-Mike sei ributtante. Davvero. Vomitevole.- commentai.
-Solo per te dolcezza.- disse, e sentii subito le orecchie in fiamme.
Speravo scherzasse. Speravo ardentemente che scherzasse.
In quel momento, suonó la campana.
-Merda, ma quanto dura il pranzo?- si lamentó Andrea e Jay, un ragazzo dai capelli corti e neri, e la pelle altrettanto scura le rispose:
-Benvenuta nel duro mondo della Gators.- e poi scappó ridendo a lezione.
-Io ho chimica. Č l'ultima ora quindi ci vediamo direttamente fuori. Se finisci prima aspettami in macchina.- dissi ad Andrea.
-Anche io ho chimica. Vengo con te.- mi disse Lindsday, e fui contentissima di avere almeno qualcuno che conoscevo.
Uscendo dalla mensa, vidi di sfuggita Dave, il ragazzo del bar.
-Gran bel figo Dave Hudson.- mi disse lei.
-Cosa?-
Lei rise.
-Ho detto che č un gran figo Hudson, quello lģ. Lo conosci?- mi chiese.
Il giorno prima non mi ero concentrata molto sul viso anzi, mi ricordavo solo gli occhi ma ora che lo guardavo da lontano potevo solo essere d'accordo con Lindsday.
Era alto, ma non troppo, e sotto la pelle abbronzata c'erano muscoli tonici e forti, ma non eccessivi.
Aveva i capelli castano scuro scuro corti, e la mascella pronunciata, scolpita.
Sģ, era decisamente bello, ma aveva qualcosa che lo faceva risultare...triste.
Assolutamente triste. 
Ma era bravo a fingere, cosģ bravo che solo una persona con la stessa aria avrebbe potuto accorgersene. E Emma era una di quelle persone.
Io borbottai qualcosa, un no e lei fece spallucce.
-A scuola sappiamo tutti che sta in uno strano giro, di notte..- mi confidó, sporgendosi verso di me per bisbigliarmi nell'orecchio.
-Strano giro?- 
-Si dice che la sera esca con della gente non molto a posto, sai. Ma facciamo tutti finta di niente.-
-Be, e a chi dovreste dirlo poi?- le domandai, certa che gli studenti della Gators non avrebbero mai fatto da spia.
-Una volta una ragazza lo aveva detto a suo padre, che faceva il poliziotto e non abbiamo pił rivisto Hudson per un mese. Ma il fatto č che non abbiamo idea di cosa combini la notte.- 
Mi chiesi cosa potesse mai fare in una cittą come quella: era stato in prigione suppongo, quando quel poliziotto l'aveva scoperto.
Ma in che giro era? 
Quando avevo guardato quegli occhi verdi, screziati di marrone peró, avevo visto anche tristezza. Una grande tristezza. E la cosa che pił mi spaventata era che sapevo che quella tristezza c'era in egual misura nei miei di occhi. 
-Sai, non esce mai con nessuna. O almeno, nessuna della Gators. Ma non c'č un sola persona vivente che lo abbia mai visto in compagnia di una ragazza.- 
-Ma se gli stanno dietro tutte!- immaginai, visto il tipo di ragazzo.
-Gią.- disse lei.
Misi da parte questi pensieri e mi diressi verso chimica.
La lezione passó in un attimo, e quando suonó Lindsday mi disse che doveva scappare da Robin, perchč avevano in progetto un pomeriggio romantico.
La salutai e misi la mia roba dentro la mia borsa, ma si vede che lo feci molto lentamente visto che quando alzai lo sguardo non c'era pił nessuno, ne' in classe, ne' nei corridoi.
Uscii guardando lo schermo del cellulare e fu per quello che non vide il ragazzo contro cui sbatte.'
La borsa mi cadde.
-Oddio..- mormorai e mi chinai per prenderla.
Mi rialzai e rimasi di sasso. Quegli occhi verdi erano di nuovo lģ.
-Ciao.- mi disse Dave. 
Aveva il cappuccio della felpa della Gators sulla testa, e mi stava sorridendo.
Finsi un sorriso sforzato e lo superai.
-Ehi,scusami!- lo sentii dire dietro di me, e sentii anche i suoi passi rimbombare mentre mi veniva incontro.
-Va tutto bene? Ogni volta che ti incontro rimani cosģ e...volevo chiederti cos'č successo ieri al bar perchč io non..-
-Non preoccuparti davvero. Non centri tu. Sono io. Scusami ma sono in ritardo.- dissi.
-Aspetta, aspetta ti prego. Dimmi il tuo nome.- mi chiese.
Mi aspettavo di vedere arroganza o presunzione nel suo sguardo, ma l'unica cosa che vidi fu sincera curiositą.
Fu quello che mi spinse a dirglielo.
-Sono Emma.- dissi stringendogli la mano, cercando di non guardarlo negli occhi.
-Emma..- ripetč lui. -Io sono...-
-Dave.- conclusi io.
All'inizio sembró sorpreso ma poi fece un mezzo sorriso, conscio che la fama lo precedeva.
-Č stato un piacere.- mi disse.
Mi accorsi che avevo ancora la mano nella sua.
-Sģ..- risposi io incerta -Si, anche per me.- e me ne andai.
Mentre uscivo dalla porta sentii il suo sguardo trafiggermi da dietro, e i suoi occhi trafiggermi la mente.
________________________________________

-E davvero ti ha detto cosģ? 'Č stato un piacere'? Cavolo, Em. Ti sei beccata Hudson gią il primo giorno.- mi disse Andrea.
-Io non mi sono beccata proprio nessuno, se vuoi saperlo.- le risposi.
-Si si, certo. Contaci.- 
-Ha i suoi occhi, Andrea. Ogni volta che lo guardo vedo Nate.-mormorai.
Andrea mi fissó.
-Emma, lui non sa dove siamo. Non ne ha idea. Non ci troverą mai stando qui.- mi disse prendendomi la mano.
-Č gią riuscito a trovarmi una volta De. Non ci metterą molto a scoprire che sono qui.- sussurrai rassegnata.
-Ma a te piace? Dave intendo.- mi chiese.
-No. Assolutamente no. Non riesco nemmeno a guardarlo, mi vengono i brividi. E poi non sai cosa mi ha detto oggi Lindsday.- e mi lanciai in un discorso dettagliato.
Cercammo di indovinare cosa facesse Dave, ogni notte ma alla fine ci ritrovammo al punto di partenza. 
-Potresti scoprirlo. Alla fine ha mostrato un interesse per te e..-
-Lui non ha mostrato proprio un bel cavolo. E nemmeno io. Quindi lui procede con la sua vita, e io con la mia.- 
-Ma...-
-No, De. Non sono scappata da un ragazzo per trovarne un altro uguale.- le dissi inflessibile.
-Hai ragione, hai ragione. Comunque stasera vedo il ragazzo di ieri, quello del bar.- 
-Ma va!-
-Ti giuro. Si chiama Chase, e mi ha chiesto di portare anche te, visto che viene anche un suo amico.- 
-Andrea, io ho chiuso con i ragazzi.- le feci notare.
-Lo so, Emma ma ascolta. Non c'č bisogno che te lo sposi, ne' che ci tu esca insieme. Basta che vieni. -
La guardai diffidente.
-Io ti odio.- le dissi.
-Oh, ti prego ti prego ti prego...- disse mettendosi in ginocchio davanti a me.
-E va bene! Quando hai l'appuntamento?- cedetti.
-Ehm...- disse lei diventando rossa.
-Andrea Johnson quando hai l'appuntamento con Chase?- le dissi severa.
-Dieci minuti...- sussurró pronta ad una mia sfuriata.
-Cosa? Dieci minuti? Mi lasci dieci minuti per prepararmi?-
-Beh, non sapevo se dirtelo oggi oppure..-
-E tu sei pure gią vestita! Sei una stronza Johnson, me ne ricorderó!- dissi chiudendomi in bagno.
Mi lavai i denti, e mi feci una doccia di un minuto senza lavare i capelli, che si sarebbero asciugati in tre ore minimo.
Mi buttai addosso un abitino blu fino alle ginocchia e mi venne un dubbio.
-Dove si va stasera?- le urlai.
-Al Twenty Seconds! Mettiti i tacchi!- strilló di rimando.
Misi dei tacchi blu scuro, in tinta con il vestito, e mi misi un minimo di mascara, per rendermi vagamente presentabile.
Scendemmo e salimmo in macchina.
Arrivammo in un quarto d'ora al locale, un posto chic ed esclusivo. Ogni cliente aveva per se' un tavolo separato dagli altri da una tendina.
-Come primo appuntamento ti porta al Twenty Seconds?- le chiesi scettica.
Lei scrolló le spalle.
Ci accolse una bionda impeccabile, con le labbra rosso fuoco.
-Buonasera. Siete attese?- ci chiese con vocina stridula.
-A nome Young.- rispose Andrea.
-Seconda tenda in fondo.- ci spiegó lei con un sorriso.
Arrivammo al tavolo e aprii la tenda e non riuscii a procedere oltre.
L'amico di Chase era Dave.
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Lei sorrise a Chase e si giró verso di me. Senza muovere la bocca, ma tenendo il sorriso a 32 denti aperto mi disse:
-Puoi crocefiggermi  dopo. Giuro non lo sapevo.- e poi si incamminó raggiungendo Chase.
Io le lanciai uno sguardo da 'non temere, sto pensando ad una morte lenta ed atroce' ma lei manco se ne accorse.
Dave mi guardava, un mezzo sorriso in volto,  curioso del fatto che non mi fossi ancora seduta.
Mi avvicinai con passo lento al tavolo.
-Buonasera, Em.- mi disse lui, rivolgendomi un sorriso sincero. 
-Ciao.- dissi io, molto sbrigativa.
-Emma, lui č Chase.- lo presentó Andrea.
Era un ragazzotto biondo, carino a modo suo, con una chiostra di denti, drittissimi bianchi e perfetti.
Gli strinsi la mano.
-Č un piacere conoscerti.- gli dissi e lui fece lo stesso.
Andrea era su di giri.
-Ordiniamo da bere?- chiese.
Dave rispose:
-Certo. Tu cosa prendi Em?- mi chiese.
Io lo guardai.
-Da quando in qua mi chiami Em?- gli domandai, pił sgarbata di quanto avessi voluto essere.
Gli altri si fermarono e mi fissarono.
-Da quando mi piace.- rispose lui semplicemente, con una scrollata di spalle
Ma a me poi cosa importava? Se gli piaceva Em, che mi chiamasse Em.
-Io prendo una birra.- risposi.
Gli altri presero il mio stesso.
-Mi scusi?- chiamó Dave.
La stessa ragazza bionda che aveva accolto me e Andrea arrivó in fretta e furia e appena vide Dave, si sistemó la camicetta pił in basso in modo da far vedere un pezzo di reggiseno di pizzo nero.
Dave non lo notó neppure.
-4 birre per favore.- ordinó lui.
-Certo.- starnazzó lei e tornó da dove era venuta.
Soffocai una risata: mio Dio, cosa erano disposte a fare per i ragazzi.
-Allora...come trovate la Gators?- ci chiese Chase, interrompendo i miei pensieri.
Andrea rispose, ovviamente, per prima.
-Oh, fantastica. Oggi avevo fisica e il professor White non smetteva di fare quello strano tic agli occhi..mi dava i brividi.- disse lei sorridendo.
Chase scoppió in una sonora risata:
-Oh, ce l'ho anche io il professor White. Č completamente scemo.- e rise di nuovo, seguito da Andrea.
-E tu che mi dici, Emma? Com'č stato il primo giorno?- si rivolse a me.
-Normale, direi. Sģ, andava tutto bene finchč non sono andata in mensa.-
-Il casino?-
-Il cibo!- esclamai esasperata, e risero tutti.
-Non dico che dovrebbero preparare chissącosa ma quella specie di zuppa/minestra con quei cosi e...bleah.- rabbrividii al solo pensiero. 
-Ah, la Verdona sģ..terribile.- commentó Dave.
Arrivarono le birre, e presi un gran sorso della mia.
-Dove siete, come appartamento?- ci chiese Chase.
Non sapevo se era esattamente il caso di dirglielo, ma quando Andrea cominciava non si fermava pił e raccontó tutto quello che era successo da quando eravamo arrivate.
-Vado un attimo fuori a fumare, se volete aspettarmi torno fra..-
-Vuoi che venga con te?- chiese Andrea, con gli occhioni scuri spalancati.
Che stronza. Voleva davvero lasciarmi li da sola con quello? 
Dģ di no, Dģ di no, Dģ di no, Dģ di no.
-Certo.- le sorrise Chase.
"Merda"
Sospirai, quando uscirono entrambi.
-Sei stanca Em?- mi chiese Dave.
Non so perchč ma ogni volta che diceva Em sentivo un brivido freddo corrermi lungo la schiena. Non so se fosse una buona o cattiva cosa. Optai per la cattiva.
-Abbastanza. Andrea mi ha tirato fuori di casa a calci.- spiegai.
Lui sorrise.
-Non volevi vedermi?- 
-Non volevo uscire, č diverso.- differenziai.
Lui fece un sorriso malizioso.
-Quindi ammetti che volevi vedermi.- disse.
Io lo guardai, e poggiai i gomiti sul tavolo.
-I tuoi giochini non attaccano, Dave.- gli dissi con un sorriso altezzoso.
-Non so di cosa stai parlando.- rispose, sorridendo ancora di pił.
Alzai gli occhi al cielo, e bevvi un altro sorso di birra.
Lui fece lo stesso, e stemmo in silenzio per un po'.  
-Tu non sei della California, giusto?- mi chiese lui d'un tratto, e io sobbalzai.
-Come lo sai?- sibilai sospettosa.
Lui mi squadró a lungo e sospettai che pensasse di pił di quello che disse, ma si limitó a replicare:
-L'accento.- e ricominció a bere.
-Tranquillo, non staró qui per molto.- dissi con un tono amaro, abbassando gli occhi.
Lui mi guardó spalancando gli occhi.
-Perc..-
-Non ci credo, Emma Bennet al Twenty Seconds!- sentii una voce dietro il nostro tavolo.
La faccia di Mike spuntava dalla tendina di velluto blu, e mi guardava con sguardo curioso. Quando notó Dave andó nella confusione pił assoluta.
-Oh. Io non volevo..- balbettó.
-Figurati Mike, stiamo aspettando Chase e Andrea che sono usciti. Mi sono trovata qui per caso!- ammisi, anche se non era la completa veritą.
Dave mi guardó in cagnesco, ma io feci finta di niente.
Mike si illuminó subito, sapendo che non era un appuntamento.
-Come stai, Emmy?- mi chiese.
-Emmy?- ripetč ridendo Dave. 
Mike diventó bordeux e io mi girai guardando furiosa Dave.
-Ti dispiace chiudere la bocca?- gli intimai.
Lui sorrise, e alzó le mani in segno di resa.
Mi rigirai verso Mike, mortificata dal comportamento di Dave.
-Abbastanza bene, anche se avrei voluto restare a casa stasera.- risposi con un sorriso.
Sbam. L'espressione di Dave era da fotografare.
-Oh bene. Io e un mio amico stiamo andando al Lime, vuoi fare un salto?- mi chiese.
Non era male come idea, ma non volevo andarci da sola, e soprattutto non volevo andarci con Mike. Sģ, insomma, era simpatico ma lo conoscevo appena, e poi, anche se non mi era esattamente simpatico, non potevo lasciare Dave come terzo incomodo, il quale mi stava guardando aspettando la mia risposta.
-Mi piacerebbe tanto Mike, ma domani ho una lezione importante e devo ancora ripassare.- feci con un sorriso di scuse mentre quello di Mike si spegneva in fretta. 
-Oh, certo, capisco. Be', buona serata allora. Ci vediamo domani!- mi disse.
-Certamente.- e lo vidi scomparire.
Mi girai verso Dave, che stava sorridendo contento.
-Che hai tanto da sorridere?- gli chiesi sgarbata.
-La birra č buona.- rispose lui.
-Sģ, come no.- 
In quel momento rientró Andrea, seguita da Chase che le fissava il sedere.
Dave scoppió a ridere, e anche io.
-Che c'č di tanto divertente?- chiese lei.
-Oh, nulla.- rispondemmo nello stesso istante io e Dave e stavolta furono loro a ridere.
-Be' Andrea, io direi che č il momento di andare.- decretai e mi alzai dal tavolo.
-Cosa? Stai scherzando? Siamo appena arrivate!- protestó lei, mettendo il broncio.
-Domani hai lezione di matematica e sai meno di zero.- replicai.
Non volevo guastarle la serata, ma avevo davvero bisogno di andare. Stavo per addormentarmi, e poi non volevo stare ancora vicino a Dave. Non volevo rivedere i suoi occhi per un po'.
-Senti, tu vai e ci penso io a riaccompagnare Andrea.- disse Chase.
Lei si giró sorpresa e lo guardó.
-Che carino...grazie.- disse lei.
Io alzai gli occhi al cielo e dissi:
-Va bene. Chase, non farla ubriacare. Ho promesso a sua madre che mi sarei presa cura di lei.- sorrisi e lui scoppió ancora nella sua poderosa risata. 
-Certo, Emma. Non preoccuparti.-  
Mi girai per andarmene quando sentii la voce di Dave.
-Ti accompagno.- 
-So guidare.- replicai stizzita.
-Fino alla macchina.- negozió. 
Alzai le spalle, come se il fatto non mi toccasse ma mi toccava eccome: quel ragazzo doveva uscire dalla mia vita. E cosģ non mi aiutava affatto.
Rimanemmo in silenzio fino all'auto, presi le chiavi e prima che potessi aprire la portiera, lo fece lui al posto mio.
-Grazie.- dissi sbrigativa mentre saltavo su in macchina.
Lui si appoggió con i gomiti sul finestrino abbassato, e io non volli guardarlo negli occhi. Non ce la facevo proprio.
-Ci vediamo domani.- mi disse.
Io annuii, pur sapendo che lo avrei evitato come la peste.
Infilai le chiavi e sentii il motore accedersi.
-Tu mi nascondi qualcosa, Emma Bennet.- 
Lo guardai solamente perchč dovevo.
-Vogliamo parlare di dove vai di notte, tu?- gli chiesi.
Serró la mascella e lo sguardo diventó di ghiaccio.
-Tu non mi conosci.- rispose, coi denti stretti.
-Nemmeno tu.- replicai.
-Ma lo scopriró. Fare la stronza non ti aiuterą- sussurró.
Io mi girai, e guardai davanti a me.
-Buona fortuna, bastardo.- e partii, sentendolo ridere da lontano.
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