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Autore: Kveykva    13/09/2014    1 recensioni

A quel punto scattai indietro.
Ma cosa stavo facendo?
Cosa diavolo stavo per fare?
Scesi dal divano, presi la mia borsa e mi diressi verso la porta.
-Em. Em!- mi chiamó Dave.
Aprii la porta ma lui mi prese per un braccio e mi costrinse a girarmi.
-Cosa stai facendo?-
-Me ne sto andando.- gli risposi.
-E perchč te ne stai andando, maledizione!?- mi chiese lui sconvolto.
Non avevo una vera risposta da dargli. Sapevo solo che quello che era quasi successo non sarebbe dovuto succedere mai pił.
Lui mi fissó, e mi sorpresi ancora una volta di quanto fosse bello, anche da arrabbiato com'era.
Era dannatamente bello.
-Non sei tu, Dave, ma...-
-Vuoi sapere una cosa, Emma Bennet? - mi interruppe. -Sei una maledetta stronza.-
Aprii la bocca e rimasi cosģ, scioccata.
L'aveva detto davvero?
-Tu hai bisogno di me.- mi disse.
Riuscii solo a fissarlo.
-Sai che č vero.-
Non seppi dire nulla, mi limitai a stringere i pugni tanto che si sbiancarono le nocche.
Se c'era una cosa che mi mandava in bestia era dare ragione a Dave.
E purtroppo, anche se non ero ancora completamente consapevole, aveva ragione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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-Mio Dio, ancora non ci credo che siamo qui!- trilló Andrea, scendendo dall'auto.
-Č incredibile, davvero.- replicai io con scarso entusiasmo.
-Ehi, Emma.- disse diventando subito seria, sfiorandomi il braccio.- Siamo arrivate. Siamo lontane da tutto.- 
Io sospirai, e annuii.
-Certo, hai ragione, scusami De. Forza prendiamo i bagagli.- le sorrisi un po' tirata, ma sinceramente contenta.
Lei sembró non accorgersene e mi rivolse uno dei suoi sorrisi a 8282 denti, quelli super eccitati e felici.
Svuotammo il bagagliaio: io avevo due valigie, una grande per i vestiti e tutto e l'altra pił piccolina.
Andrea invece aveva due borse che avrebbero contenuto noi due assieme pił altre tre persone.
'La solita' pensai.
Salimmo le scale del nostro appartamento: era un piccolo monolocale, al primo piano di un condominio , nel centro  di Gainesville, la cittą della Florida dove si trovava la nostra universitą.
-A lei, oh grande Emma Bennet, le chiavi della nostra reggia.- scherzó Andrea, facendo un inchino e porgendomi il mazzo di chiavi.
Non potei trattenere una risata.
-Quanto sei scema.- sospirai, e aprii la porta verde.
Sentii Andrea lasciarsi sfuggire un gemito.
Era tutto fatto interamente di legno: una piccola cucina all'angolo destro, poi il soggiorno dove c'era un grande divano blu, che occupava praticamente metį stanza, davanti ad una piccola tv e un corridoio corto che terminava con una stanzina, che sarebbe stata la nostra camera da letto.
Il bagno era all'estremo opposto del corridoio.
-Ma č carinissima!- strilló.
-Č splendida!- affermai, e l'abbracciai stritolandola.
Lei si buttó subito sul divano, atterrando come una valanga.
-Qui ci vuole una gran bella sbronza per festeggiare.- annunció, scuotendo i capelli rossicci e ondulati.
-Sei proprio un maschiaccio.- decretai, buttandomi sul divano accanto a lei.
-E...?- aggiunse speranzosa.
-E ci sto, ci puoi scommettere che ci sto.- risposi ridendo.
Rise anche lei e cominciammo a mettere a posto le nostre cose.
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-Sei uno schianto, De.- decretai guardando Andrea sfilarmi davanti, fasciata in un paio di pantaloni aderenti che le mettevano in risalto le belle gambe.
-Sono solo un paio di jeans. Non ho nemmeno i tacchi.- si difese, anche se si vedeva che era contenta del complimento.
-Forza, andiamo.- dissi, presi borsa e cellulare, e uscimmo di casa.
-Emma...sei sicura che non vuoi..ehm...cambiarti?- chiese lei, un po' in imbarazzo guardandomi. 
Io mi fissai i pantaloni della tutta, la maglietta larga e le mie adidas pił grigie che bianche.
Alzai le mani.
-Beviamo solo una birra e torniamo, De. Domani abbiamo lezione, non staremo fuori molto quindi non ho intenzione di conciarmi bene per un'oretta fuori.- difesi me e il mio outfit terrificante, se associato ai miei capelli e alle mie occhiaie.
-Almeno sei bella.- sospiró saltando in macchina.
-E tu sei scema.- replicai, uscendo dal parcheggio e dirigendomi verso il centro di Gainesville. 
A quell'ora di domenica, non c'era molta gente fuori. Era principalmente una cittą di studenti, e scommettevo che erano tutti in casa a ripassare per il giorno seguente.
Era ormai ottobre, e noi eravamo probabilmente le uniche ad arrivare in quel momento, ma non avevamo scelta o meglio, io non avevo avuto scelta perchč...
-Frena, Emma, č rosso!- strilló Andrea, premendosi contro il suo sedile.
Inchiodai di colpo, beccandomi un clacson da quello dietro, ma almeno non avevo passato l'incrocio.
-Ma sei impazzita?- urló un'altra volta, togliendosi una ciocca rossa dall'occhio.
-Mi ero solo distratta, De. Scusami.- dissi, ancora incredula di aver quasi rischiato di passare col rosso. 
Lei sbuffó.
-Certo, scusami un paio di palle.- poi continuó a borbottare altre cose molto simpatiche nei miei confronti e quando arrivammo davanti ad il primo bar smise di insultarmi e scese.
Si sistemó i jeans, e i capelli e fece un respiro profondo.
-Finiscila, Andrea, stai benissimo.- tagliai corto.
-Certo, certo.- 
Appena entrammo ci accorgemmo di aver scelto probabilmente l'unico bar della cittą che accoglieva gli studenti dell'universitą.
I tavolini centrali erano stati tutti ammucchiati vicini, e una decina di ragazzi erano seduti lģ, bevendo e scherzando rumorosamente assieme a delle ragazze in abiti che arrivavano al massimo sotto il sedere, con ampie scollature, le quali continuavano sedersi sopra qualcuno, mostrare ancora di pił il seno, e a ridere come oche.
Almeno fino a quando non eravamo entrate noi.
Il locale era piombato nel silenzio, e avevamo addosso gli sguardi di tutti.
Dopo qualche secondo, partirono le risatine.
Le ragazze incominciarono a starnazzare, una bionda in fondo disse:
"Ma come si č vestita?", seguita da altre frasi simili.
Io mi stufai, sbuffai e andai diritta al bancone.
-Una birra, perfavore.- 
-Certo, signorina.- 
Il rumore era ripartito, probabilmente superato il nostro 'effetto sorpresa'.
Cominciai a bere, tirai gił un sorso degno di un vecchio unbriacone di settant'anni, e guardai Andrea seduta accanto a me.
-Non so tu, ma quello lģ non č niente male.- mi sorrise, indicando con lo sguardo un ragazzo biondo che non centrava con quelli dei tavolini al centro, ma era comunque uno studente universitario, vista l'etą.
La vidi sfoderare il suo sorriso seducente, e si incamminó, lasciandomi sola con la mia birra e la mia tuta.
-Ehi.- sentii alla mia destra.
Vidi con la coda dell'occhio che uno di quei ragazzi dei tavolini, si era seduto accanto a me al bancone.
Non mi girai nemmeno.
-Ehi, Dave: da quando ci provi con una settantenne?- gli urló dietro un amico, e partirono grasse risate.
'Che ridere' pensai, buttando gił un'altro sorso.
-Ma che simpatico, Luke!- gli rispose il ragazzo in parte a me, il quale capii si chiamava Dave.
Dopo tre secondi, lo sentii soffocare una risata.
-Cos'č, sono diventato invisibile?- 
Girai la testa, pronta per sfoderare una delle mie frasi cattive, pronta a rispondergli pungente anche se non aveva fatto niente, ma non ci riuscii. 
In un secondo avevo perso tutta la mia determinazione, nell'attimo in cui avevo visto quegli occhi verdi e marroni. 
Come quelli di Nate.
Non ce la feci pił, buttai una banconota sul bancone e uscii di scatto, sbattendo la porta.
Saltai in macchina e cercai di calmarmi.
Cercai di eliminare tutta la serie di immagini che si stavano susseguendo nella mia testa, ma non ci riuscii.
Vidi me stessa con un occhio nero, poi con un livido verde sulla guancia, mi vidi guardare le lancette dell'orologio della mia vecchia casa mentre maledicevo il fatto che la sera si stava avvicinando. Che lui si stava avvicinando.
Sentii Andrea salire in macchina e prendermi per le spalle.
-Oh mio Dio, Emma. Emma, guardami. Cos'č successo?- 
Io non riuscivo a risponderle.
-Maledizione, Emma dimmi cos'č successo!-strilló un'altra volta.
Io respirai una volta, due e fermai i singhiozzi. 
-Aveva i suoi occhi.- riuscii a sussurrare.
-Gli stessi..aveva..uguali a Nate. Dello stesso colore.- mormorai. 
Lei mi lasció andare le spalle e mi abbracció.
-Merda, Emma. Siamo capitate nell'unico bar dove potevi trovare un bastardo del genere.-
Adoravo Andrea. Non a caso era la mia migliore amica dal liceo: il fatto che insultasse quel povero ragazzo che mi aveva avvicinato, ignaro di tutto quello che avevo per la testa mi faceva sentire meglio.
Come se facendo cosģ insultasse Nate.
-Ce ne andiamo a casa, hai capito? Andiamo a casa e ci guardiamo un gran bel film, e poi dormiamo. E domani mattina sarą tutti finito.
Forza, fammi guidare.- disse.
-Ce la faccio.- protestai.
-No che non ce la fai.- replicó lei.
Cercammo di scambiarci i posti senza uscire dalla macchina, e ridemmo quando la sua giacca si impiglió nella mia maglietta e rimanemmo incastrate in una posizione non esattamente comoda.
Alla fine riuscimmo a scambiarci e lei partģ, e cercai di dimenticare quegli occhi, che si erano impressi a fuoco nella mia mente.
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Angolo:
Ciao a tutti! Spero di avervi incuriosito con questo primo capitolo: vi ho un po' presentato la protagonista, la sua migliore amica e abbiamo fatto un incontro con un personaggio importante...
Fatemi sapere cosa ne pensate, un bacio!



  
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