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Autore: altaira    16/09/2014    0 recensioni
[Gomorra la serie]
Questa storia parla della storia d'amore tra Marica, personaggio totalmente inventato, e Genny Savastano, uno dei protagonisti della serie TV "Gomorra" tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano. Lei è innamoratissima di lui che, essendo il figlio di un boss della malavita napoletana,vive una vita segnata dal dolore. All'interno del racconto sono inserite numerosissime parole in napoletano, ed alcuni errori grammaticali sono voluti per cercare di essere più fedeli al racconto, così come per le espressioni tipiche napoletane.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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- Marica, a mamma, vedi che stasera non so se torno a casa, devo fare compagnia a donna Imma, perché Genny non si trova?- era mia madre al telefono.
- Mamma, chi Genny?- le chiesi.
-Genny Savastano, il figlio di donna Imma, quello stava fuori per lavoro, e mò chissà, qualcosa deve essere andato storto. Non risponde al cellulare, non riescono a contattarlo. E oggi hanno trovato in Honduras anche un cadavere tagliato a pezzetti, che non si sa di chi è, e donna Imma sta come una pazza.-
-Vabè, mamma vedi che quel cadavere non sarà di Genny, povera donna Imma, prima le hanno tolto don Pietro, poi Genny, vabbuò , jà… mo vado a cucinare a papà, stai senza pensieri.-
Chiusi la telefonata e corsi in bagno. Piansi tutte le lacrime che avevo, ad un certo punto singhiozzavo, ma non avevo più lacrime. In quel periodo imparai a fare la donna d’onore. Sopportai stoicamente i dolore per aver perso l’unico uomo che avessi mai amato. Il non poter manifestare il lutto mi fece dimagrire.
-Marica, a mamma, ti sei fatta secca secca, che dici la vogliamo finire con questa dieta?-mia madre mi prendeva in giro, ma lo sapeva molto bene che c’era dell’altro. Un giorno non riuscivo a pensare ad altro che alle mie parole “se tu muori, muoio anche io”, queste parole mi stavano perforando il cervello. Decisi di farla finita, presi l’auto e raggiunsi il primo ponte autostradale. L’asse mediano è quasi un lungo ponte che collega Scampia a Capodichino, così io andai su quella lunga strada e mi fermai alla prima piazzola di sosta. Slacciai la cintura, spensi la radio ed aprii la portiera. Quella sera non passava nessuno. Scesi dall’auto e mi avvicinai alla ringhiera. Guardai giù. Sotto il ponte non c’era nulla, non mi avrebbero mai trovato, , non avrebbero mai visto la G del mio braccialetto, né quella all’interno delle mie scarpe. Nessuno avrebbe mai saputo che Marica era morta per Genny Savastano.
In quel momento odiai donna Imma, era per causa sua se Genny non c’era più, lo aveva mandato lei in Honduras, per la sua smania di potere. È vero che Ciro non ispirava fiducia, ma se avesse imparato con lui, almeno restava a Napoli. Lo avrei visto ancora, avremo fatto ancora l’amore.
Guardavo lontano, le luci della città nella notte e desiderai solo di non sentire più dolore. Scavalcai la ringhiera e mi sembrò di sentire un’auto che frenava bruscamente, mi mantenevo alla ringhiera con le mani e, quando lasciai la prima mano, sentii una portiera sbattere.
Raccolsi il coraggio per lasciare la ringhiera anche con l’altra mano, ma non feci in tempo, sentii due braccia afferrarmi da dietro e trascinarmi via.
-Marica! Ma che stai facenn?- era la voce di Genny. Quando si desidera tanto qualcosa, sembra quasi che possa materializzarsi. Avevo gli occhi chiusi e tanta paura che se li avessi aperti non avrei più sentito la sua voce.
- Marica, apri gli occhi, sto qua! Amore mio, sto qua!- aprii gli occhi e lo vidi, era lui, era davvero lui. Era bello come il sole, abbronzato, diverso. Aveva tagliato i capelli e vestiva un giubbino di pelle che non gli avevo mai visto.
- Ammore mio! Che volevi fare? Ti volevi uccidere? E perché?-  mi accarezzò il viso con il pollice e mi baciò.
- Genny! Amore mio! Sei davvero tu? Credevo fossi morto… e se tu muori, muoio anche io. Ricordi?- lui mi fece di si con la testa, io mi metto seduta sull’asfalto, sfinita dalle mille emozioni. Lui si siede affianco a me e mi stringe forte.
- Marica, ti devo raccontare una cosa…prima di partire ho messo un GPS sul tuo bracciale, perché se ti succedeva qualcosa, mentre io ero là e non potevo fare niente, non me lo sarei mai perdonato. E ho fatto bene, perché se stasera non ti avessi cercato appena sbarcato in Italia… ora non ti starei abbracciando. E non ti avrei più con me. Ma mò non ce n’è più bisogno, dammelo, che ti ho portato un nuovo regalo.- io lo guardo allibita mentre mi sfila il bracciale con il cuore, apre uno scatolino quadrato e si inginocchia.
- Marica, avrei dovuto chiedertelo tanto tempo fa, quando sei entrata nella mia vita…usciamo allo scoperto amore mio, che ormai ci amiamo come due pazzi… Marica, sposami!-
Io ho gli occhi sbarrati e pieni di lacrime, lo guardo meravigliata e non so che dirgli, così lui continua a parlare.
- In Honduras tutto quello che facevo era per te, perché sapevo che solo se fossi tornato ti avrei rivisto. Ho ucciso e picchiato, pensando che se l’avessi fatto, sarei sopravvissuto, e sarei arrivato qui in ginocchio davanti a te, e avrei trovato un porto sicuro, in cui tutto ciò che di male ho fatto sarebbe stato pulito dal tuo amore. Sono diventato un soldato, come nessuno si aspettava che succedesse, perché tu mi hai chiesto di combattere, per te. E oggi sono qui, finalmente e non voglio nient’altro se non di vivere la vita con te.-
Finì il suo monologo, poi mi guardò, io singhiozzavo e tremavo all’idea degli abomini che aveva dovuto compiere per tornare in Italia, ma sorridevo per la dichiarazione d’amore che mi aveva appena fatto. Mi stava guardando esasperato, aspettando ansioso una risposta. Un Savastano non è abituato ad aspettare.
- Piccerè, allora? Ti prego, sposami!- mi disse.
- Ho passato il mese più brutto della mia vita! Non sapevo dov’eri, che cosa facevi. Sapevo solo che c’era un cadavere a fettine che non si sapeva a chi fosse appartenuto. Ho pregato, ho pianto e ho digiunato, tutto di nascosto, perché nessuno doveva sapere niente… Sai che ti dico?- lo vidi abbassare la testa, lo avevo rattristato.
- Genny Savastà? Guardame nfaccia!- gli intimai e lui alzò la testa e mi guardò, sollevò il mento con aria di sfida, ma aveva tanta tristezza negli occhi.
- Genny Savastà, tu vuoi davvero che io sia tua moglie?- e lui mi fece di si col capo- e allora dammi il bracciale, che senza di lui, e senza il tuo sguardo su di me non mi sento protetta.-
Lui saltò in piedi, mi prese in braccio e mi baciò intensamente, con tutta la forza che aveva in corpo.
Salimmo in auto e lui mi portò a cena, poi in un hotel, per fare l’amore con tutto il desiderio che potevamo, dopo essere stati lontani per più di un mese, e dopo tutta la disperazione sopportata.
-Amore mio, sei diventata uno scheletro!- mi disse- Non hai proprio mangiato, mentre io stavo là?-
- Genny, io mangiavo, ma mi muovevo continuamente, pur di dimenticare che quel cadavere poteva essere il tuo. Non è facile avere un dolore così grande e non poter manifestare niente.- gli spiegai.
- Amore mio, da oggi in poi non ti devi preoccupare, dammi solo il tempo che sistemo un paio di cose in sospeso la Leonessa, e ti faccio vedere io. Il nostro impero si allargherà, saremo talmente potenti che Conte si troverà spalle al muro. E tutti si inginocchieranno di fronte all’erede di Savastano, di cui nessuno si fidava.-
- Eh! Ma chi è sceso da quell’aereo? Mussolini? Genny non ti fare troppi nemici, col potere si muore soli e avidi. E statt accort a Ciro…che non mi fido di lui.- gli dissi.
 Era bellissimo stare di nuovo l’uno nelle braccia dell’altro, completamente nudi e sudati per l’amplesso appena concluso. Lui era cambiato davvero, ma non sapevo ancora dire se in meglio o in peggio. Mi guardava, mi accarezzava e seguiva la linea della mia silhouette con la punta delle dita.
- Dammi il tempo di mettere mia mamma al posto suo, e ti prometto che ti sposo.  Ma ci pensi? Gennaro e Marica, vi dichiaro marito e moglie! Tu sei l’unica donna che ha diritto a parlare, ai miei occhi, sei l’unica che può comandare Genny Savastano. Sei la signora del mio cuore.- mi disse.
- Eh…- sospirai mentre mi rigiravo l’anello tra le dita e guardavo l’enorme diamante che vi era incastonato. Sapevo che i problemi di cui parlava Genny non si risolvevano in due giorni, e mi preparai psicologica
mente all’attesa.
  
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