Serie TV > Arrow
Segui la storia  |       
Autore: MiaBlack    17/09/2014    10 recensioni
Seguito di "Carpe diem tutto accade per una ragione"
La storia si colloca nella seconda stagione, Felicity conosce già Oliver. ma Oliver non se lo ricorda, non ha riconosciuta la bella informatica e lei non si prodiga a farsi riconoscere anzi cercherà di evitare che lui lo scopra, ma Felicity nasconde un segrete un grosso segreto. Cosa accadrà quando il suo segreto sarà sul punto di essere rivelato, quanto sarà disposta a fare perchè Oliver non venga a sapere quello che nasconde.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Nuovo personaggio, Oliver Queen, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutti allora prima che me ne dimentichi, altrimenti non lo faccio nemmeno in questo capitolo -_-

Volevo dedicare questo capitolo a VERONICA

che su Fb mi ha dato un idea geniale e le avevo promesso che per ringraziarla di ciò le avrei dedicato il capitolo!! *partono gli applausi e qualcuno lancia i coriandoli* con un ritardo di due settimane ma ce l'ho fatta! La speranza è l'ultima a morire

 

Seconda cosa poi vi lascio al capitolo giuro *fa croce sul cuore* Lunedì 15 settembre ho fatto una cosa brutta *si prepara a ricevere pomodori* una cosa che non faccio mai anzi che se viene fatta a me non sempre e ben accetta, dipende, ho mandato un messaggio a qualcuno (non tutti perché sarebbe stato difficile) che aveva recensito Carpe diem e Solo strane coincidenze, ho cercato di mandare il messaggio a le persone che aveva apprezzato la storia, (per colpa vostra ora ho aspettative alte sulle recensioni... sto scherzando) l'ho fatto principalmente perché se l'altra storia è venuta fuori bene il 60% del merito era di tutti voi che lasciando recensioni mi davate idee da mettere nella storia. QUINDI SCUSATE PER IL MESSAGGIO (non dico che non lo rifarò mai più.. ma spero sarà così) Buona lettura

 

Capitolo 4

 

I ricordi si dispersero e Felicity tornò al presente. Alzò lo sguardo e vide Oliver fissarla da dentro l’ufficio, la guardava intensamente come se stesse provando a leggerle nel pensiero. Felicity gli sorrise, un sorriso tirato un po’ imbarazzato nel notare che lo sguardo non la lasciava, tornò alla sua postazione pronta a riprendere il suo lavoro cercando di ignorare le due pozze blu puntate su di lei.

Dopo qualche ora Isabel uscì dall’ufficio di Oliver, sembrava soddisfatta da quell’incontro cosa che stupì non poco Felicity, solitamente Oliver riusciva solo ad irritare la socia, chissà cosa aveva combinato per renderla così contenta. Curiosa la bionda si voltò verso l'ufficio trovando ancora una volta Oliver a fissarla, lo vide farle cenno di entrare e accigliata si alzò dalla scrivania.

-Oliver? Che succede? – chiese entrando nell’ufficio.

-Chiudi la porta e siediti. – sempre più interdetta fece come le aveva chiesto, si chiuse la porta alle spalle lanciando un occhiata preoccupata a Diggle che era rimasto fuori e scuoteva la testa, anche lui non aveva la minima idea di cosa volesse da lei.

-Siediti. – si accomodò sulla poltrona e fissò Oliver che nel frattempo si era alzato dalla sedia e aveva fatto il giro della scrivania per poi sedersi sul bordo del tavolo proprio davanti a lei.

-Perché? – le chiese lui fissandola dritta negli occhi.

-Perché cosa? – Felicity ci mise qualche secondo a rispondere gli occhi di Oliver l’avevano incantata, c’era qualcosa di strano in quello sguardo che lei non riusciva a capire.

-Perché non mi hai detto che ti eri trasferita? – ancora? Felicity alzò un sopracciglio, pensava che quell’argomento fosse chiuso e invece eccolo li il suo capo a chiederle perché non glielo avesse detto.

-Oliver, non c’è stata occasione, non capisco perché te la prendi tanto. –

-Devo sapere dove stai, se succede qualcosa io non saprei nemmeno dove cercarti!- rispose lui arrabbiato, si alzò dalla scrivania e si spostò verso la finestra dandole le spalle.

-Oliver, calmati. Diggle sa dove abito, in caso fosse successo qualcosa Diggle sapeva del cambio di indirizzo. – rispose lei osservandolo allontanarsi da lei.

-Perché lui si e io no? – chiese continuando a guardare fuori.

-Perché Dig mi ha dato una mano con il trasloco. Ecco perché lo sa. –

-Perché? – nella voce di Oliver si poteva percepire una nota di isteria, quella situazione lo stava mandando fuori di testa.

-Perché cosa? Perché mi ha dato una mano? Boh perché si è offerto… non so.. . –

-No, perché hai cambiato casa e quando? –

-Dopo il terremoto mi sono voluta spostare, prima stavo più vicino a the Glades…- iniziò lei.

-Il terremoto ha fatto danni? – si voltò preoccupato da quell’ipotesi.

-Solo qualche soprammobile rotto, non ero così vicina da danneggiare la struttura, ma mi sono comunque spaventata. Con il nuovo lavoro potevo permettermi una casa più grande e più vicina, così ne ho approfittato.- rispose, ricordava ancora come si era spaventata quando era tornata a casa dopo il terremoto, aveva trovato diversi oggetti a terra, ma a parte quello la struttura della casa era solida e il palazzo non aveva risentito della scossa.

-Okay. –

-Oliver, che succede? – ora anche Felicity si era alzata e si era avvicinata all’uomo che era tornato a guardare fuori dalla finestra.

-Non voglio… – rispose lui enigmatico continuando a darle la schiena.

-Non vuoi cosa? – chiese ancora lei. Odiava fare mille domande per ottenere una risposta, trattare con i computer era molto più semplice bastava digitare i codici giusti e loro rispondevano subito, con Oliver invece era più le volte che le sue domande venivano ignorate che quelle che ottenevano una risposta sensata.

-Non voglio che mi tieni all’oscuro di qualcosa. – rispose lui.

-Oliver…-

-Promettimi che non mi nasconderai più nulla. – finalmente si voltò per guardarla.

-Oliver, non posso. – rispose esitante, fargli quella promessa equivaleva a confessargli di essere madre e svelare anche che il padre era lui. Quello non poteva farlo, non ora almeno, glielo avrebbe detto un giorno, quando Oliver non fosse più stato al centro del mirino dei pazzi assassini di Starling city.

-Perché? Come mi nascondi? –

-Io… Te lo dirò okay, ma non ora.-

-Perché no? – chiese lui frustrato, non poteva credere che Felicity gli tenesse nascosto qualcosa, loro erano una squadra, la loro vita era intrecciata, nelle mani di ognuno di loro c’era la vita dell’altro, in un team come il loro non c’era spazio per i segreti.

-Oliver, tu hai i tuoi segreti io ho i miei, Dig ha i suoi. Non puoi pretendere totale onestà se tu sei il primo ad avere segreti. Anche se non sembra oltre al lavoro ho una vita mia che non voglio coinvolgere con quello che facciamo alla fonderia. Per questo non posso prometterti che non ti nasconderò nulla. –

-Ho capito. Prima o poi mi dirai cosa mi nascondi? –

-Certo. Ora chiama una delle tue ragazze e chiedile di venire alla cena con te stasera. Io torno al mio lavoro. – uscì sospirando, decisamente quella conversazione era stata pesante, per un attimo aveva avuto l’assurda idea di vuotare il sacco e dirgli che era padre, che loro già si conoscevano, ma per fortuna aveva avuto il buon senso di tenere la bocca chiusa.

 

Finalmente quella giornata era finita. Felicity chiuse il computer con un sorriso soddisfatto.

-Allora? – chiese lei continuando a sistemare la roba senza guardare la porta dell’ufficio dove Oliver si era appena fermato.

-Non ho trovato nessuno. – rispose lui tranquillamente.

-Mi dispiace, potresti provare a chiedere a Thea. – buttò li lei.

-Felicity perché non vieni te? –

-Mi dispiace ho un impegno e poi non puoi portarmi a quella cena Isabel morirebbe d’infarto. – commentò lei poi si bloccò e fissò i due.

-Quasi quasi accetto il tuo invito. Ma purtroppo ho veramente un altro impegno. – finì di mettere alcune cose in borsa e si alzò dalla sedia, Oliver la guardava accigliato, Felicity non aveva mai impegni, era sempre disponibile quando lui glielo chiedeva.

-Un impegno? – chiese seguendola verso l’ascensore seguito a sua volta da Dig che li fissava in silenzio senza perdersi nemmeno una parola.

-Si un impegno. – rispose.

-Con un uomo?- il tono anche se aveva provato ad essere disinteressato era suonato vagamente geloso anche alle stesse orecchie di Oliver che aveva pronunciato quella frase. Dig si limitò a sorridere, Felicity invece cercò di ignorare quel pensiero: Oliver Queen non era geloso di lei, ne in quella vita ne in qualunque altra vita.

-Si con un uomo. – certo era un uomo in miniatura, ma era pur sempre un uomo, guardò Diggle che li aveva ascoltati in silenzio, lui sapeva con chi aveva l’impegno e sapeva bene che aveva appena lasciato intendere a Oliver tutta un'altra cosa.

Arrivati all’entrata Oliver uscì dall’ascensore puntando verso la sua macchina lasciando i due indietro.

-Sai vero che lui ha capito che avevi un appuntamento.-

-Oh si lo so. Ma io non ho mai detto ciò.- sorrise con l’espressione più angelica che possedeva poi salì sulla sua auto e partì verso casa.

 

***

 

-Amori sono tornata!- Felicity entrando in casa, chiuse la porta dietro di se e posò la borsa a terra mentre due figure in miniatura arrivavano di corsa verso di lei.

-Mamma! – urlarono i due lasciandosi abbracciare e baciare sulle guance.

-Hope, Robert! I miei amori! Avete fatto impazzire la nonna? – chiese lei accarezzandoli sulla testa.

-Lui si! Io no! – rispose prontamente Hope con voce squillante e con tono divertito.

-IO? Sei stata te! – rispose subito Robert guardando con odio la sorella. Osservo i due bambini fronteggiarsi: due gemelli, se ripensava al momento del parto si sentiva male, lo aveva scoperto solo quando si era ripresa dall'anestesia, se ci pensava si arrabbiava ancora, dopo tutte le visite di controllo nessuno si era accorto che stava aspettando due gemelli. Si era preparata psicologicamente al dover studiare e allevare un figlio contemporaneamente, ma due, a quello non era pronta, tutto sommato era stata fortunata ed era riuscita a non impazzire e a non crollare sotto le difficoltà che aveva incontrato.

-La mamma ora si cambia. Cosa volete per cena? – chiese Felicity mentre si avviava in camera scansando giochi e scatoloni abbandonati in mezzo al corridoio.

-Rimettete i giochi a posto! – urlò dopo aver inciampato in una macchinina rischiando di cadere a terra in malo modo.

-Mamma c’è talmente tanta confusione in casa che i giochi sono solo un tocco decorativo. – commentò Hope sbucando da dietro di lei.

-Hope! Vi do tre secondi per iniziare a riordinare questo caos. – mostrandole tre dita alzate.

-ROBERT! La mamma sta per iniziare a urlare! – strillò la bambina correndo nell’altra stanza a cercare il fratello per iniziare a riordinare i loro giochi, Felicity guardò la bambina allontanarsi sorridendo soddisfatta, non erano molte le volte che urlava, ma quella minaccia funzionava sempre.

-Oggi sei tornata presto. – la voce di sua madre arrivò dalla soglia della camera,si stava togliendo il vestito prima di infilarsi qualcosa di più comodo, non si aspettava un attacco alle spalle da parte di sua madre.

-Ciao mamma. – rispose lei ignorando la frecciatina, infilò la tuta preparandosi mentalmente ad affrontare l'ennesima discussione con sua madre.

-Messi a letto uscirai anche stasera? – chiese ancora incurante dello sguardo scocciato della figlia.

-Stasera sto a casa con i miei figli, li metterò a letto e leggerò una storia, poi continuerò ad riordinare casa e andrò a letto. Soddisfatta del mio programma? – chiese Felicity scansando la madre e puntando verso la cucina.

I due gemelli riordinati i giochi corsero in cucina per aiutare la madre ad apparecchiare, sorrise guardandoli cooperare insieme, quei cinque anni erano stati difficili, c'erano stati momenti in cui avrebbe voluto mollare, non sapeva nemmeno lei cosa l'avesse convinta ad andare avanti. I giorni peggiori erano stati quelli dopo il parto.

 

Felicity era stesa sul letto in ospedale, l’effetto dell’anestesia stava finalmente scemando lasciando la ragazza intontita, prima di aprire gli occhi cercò di riportare alla mente gli ultimi ricordi che aveva: le contrazioni erano arrivate prima del previsto, era in mezzo alla strada quando i dolori erano arrivati, per fortuna un passante l’aveva aiutata.

Aprì gli occhi e cercò di guardarsi attorno, si sentiva stanca e spostata, non aveva mai fatto l'anestesia e per la prima volta sperimentava i suoi postumi.

-Fel, tesoro. Mi senti? – mosse gli occhi verso il punto dove proveniva la voce , anche con gli occhi stanchi e assonnati era riuscita a riconoscere che seduta su una sedia, chinata verso di lei c’era sua madre.

-Ciao mamma… - biascicò lei, aveva la bocca impastata dal sonno e dall’effetto dei medicinali, le regalò un sorriso stiracchiato per rassicurarla.

-Come ti senti? – chiese la donna alzandosi dalla sedia e avvicinandosi.

-Stanca, ma decisamente leggera. – commentò la ragazza sorridendo divertita alla sua battuta.

-Voglio vedere il bambino. – dopo tutta quella fatica ora voleva ammirare il risultato dei suoi sforzi, per mesi si era immaginata il bambino e ogni volta lo immaginava simile al padre.

-Felicity, devo dirti una cosa. – iniziò lei.

-Cosa? – chiese preoccupata.

-Non so come, ma… ecco… - iniziò, quella che doveva dare alla figlia in circostanze normali non era considerata una brutta notizia, ma visto la situazione non era possibile considerarla bella.

-Mamma ti prego. –

-Erano due… -

-Cosa? – chiese con la voce strozzata, sua madre aveva un pessimo senso dell’umorismo, quello doveva essere uno scherzo, un pessimo scherzo. Non potevano essere due, lei non sarebbe sopravvissuta, con uno ci avrebbe potuto lavorare, inizialmente avrebbe arrancato, ma poi una volta preso il via sarebbe riuscita a studiare e a crescere suo figlio, ma due, no due non ce l’avrebbe fatta, sarebbe affondata.

-I dottori non sanno spiegarselo, non l’avevano vista, lui la copriva. –

-La? – chiese Felicity senza riuscire a reprime un sorriso.

-Sono un maschio e una femmina e sono bellissimi. –

-Dove sono, voglio vedere i miei bambini. – con fatica Felicity si tirò a sedere sul letto mentre la signora Smoak si allontanava di qualche passo per prendere il piccolo fagotto blu, per poi lasciarlo tra le braccia della figlia.

-Robert… - sussurrò lei guardando il bambino che lentamente apriva gli occhi e osservava vispo tutto quello che lo circondava: aveva due stupendi occhi blu, proprio come quelli del padre.

-È questo il nome che hai scelto? –

-Si ti piace? –

-Si è bellissimo, Robert Smoak…. Ciao piccolo Robert! – lo salutò toccandogli la piccola mano che era uscita dalla copertina.

-Dov’è la bambina?- il volto di Stesy si oscurò, il sorriso scomparve mentre prendeva un profondo respiro.

-Felicity non devi agitarti.-iniziò, quelle parole fecero agitare ancora di più la ragazza.

-Mamma non dirmi di non agitarmi lo sai che mi agito quando lo dici! –

-Fel.-

-Mamma! –

-C’è stata una complicazione, la bambina è troppo piccola e… ora è in incubatrice è rimasta strozzata dal cordone ombelicale. – spiegò.

-Oh mio Dio. – bisbigliò Felicity, la presa sul piccolo Robert si fece appena più lenta, il bambino si mise a piangere spaventato.

-Felicity i medici sono fiduciosi, starà bene.-

-Voglio vederla. – strinse la presa sul piccolo e lo cullò lentamente per farlo smettere di piangere, Robert si assopì tra le sue braccia.

-Va bene, vieni ti aiuto ad alzarti. –

Con passi incerti Felicity si alzò e si sedette sulla sedia a rotelle che era vicina al letto e con Robert ancora addormentato tra le braccia lasciò che sua madre la portasse dalla piccola.

Attraversarono i vari corridoi in silenzio, Felicity contemplava la perfezione del bambino che dormiva tra le sue braccia mentre la sua mente cercava di capire cosa avrebbe fatto della sua vita, due gemelli erano impegnativi e anche con l’aiuto di sua madre non sarebbe riuscita a farcela.

 

Vide la bambina attraverso il vetro dell'incubatrice.La bambina dormiva avvolta in una copertina rosa, era veramente piccola. Un minuscolo essere che lottava per la propria sopravvivenza.

-Devi avere speranza Felicity. Starà bene. – speranza? La sua vita era tutta una speranza, aveva sperato che Oliver si accorgesse di lei. Aveva sperato che Oliver l’aiutasse col bambino. Sperava che Oliver fosse ancora vivo e ora sperava che la sua bambina si salvasse.

-Hope.- disse fissando quell’esserino dormire beatamente. Non c’era nome migliore di quello.

-Hope Smoak. – ripetè alzando la voce così che anche sua madre potesse sentirla. La donna sorrise e annui.

 

-MAMMA! – Hope entrò in cucina e Felicity si fermò a guardarla attentamente, nonostante i problemi avuti alla nascita Hope era una bellissima bambina, capelli biondi leggermente mossi, gli occhi erano uguali a quelli di Robert, blu, di un blu così intenso che Felicity ci si perdeva dentro ogni volta che li guardava.

-Ti suonava il cellulare… - disse mostrandole l’oggetto infernale che non stava suonando con suo grande sollievo. Felicity posò il coltello con il quale stava tagliando la verdura e prese il telefonino dalle mani della figlia.

-Vai ad apparecchiare e fatti aiutare da tuo fratello. –

-Va beneee! – la piccola uscì dalla cucina andando a cercare il fratello. Felicity intanto stava controllando il telefono: le era arrivato un messaggio da Oliver, chiuse gli occhi pregando che non ci fossero emergenze dell’ultimo minuto.

 

Thea non può accompagnarmi.

 

Il messaggio non diceva altro, solo quelle quattro parole, Felicity sapeva che non doveva vederci sotto una cosa che non c’era, Oliver era semplicemente abituato ad avere tutto quello che voleva, era uno stupido moccioso viziato e anche se dai tempi delle superiori era decisamente migliorato, alcuni comportamenti erano rimasti uguali ed era ormai tardi per sperare in un miglioramento, magari poteva provare a tirargli una botta in testa e vedere se risolveva il problema almeno in parte. Digitò rapidamente la risposta accantonando l’idea di colpirlo alla testa, chiuse gli occhi e sospirando pesantemente inviò il messaggio, poche e semplici parole.

 

Mi dispiace. Prova con qualcun altro se Thea non può.

 

-Mamma?! Devi andare via? – Robert era arrivato insieme a Hope e si erano fermati a fissare la madre appena oltre l’entrata della cucina, ormai avevano imparato a riconoscere le espressioni del viso della giovane mamma.

-No, vi ho promesso che avrei passato con voi la serata e così sarà, dobbiamo mettere in ordine le vostre camere! – i due sorrisero felici che il programma non fosse cambiato, avrebbero passato una serata solo loro tre, Stesy, la madre di Felicity si era presa la serata libera, come ironicamente aveva affermato poco prima di uscire di casa facendo roteare gli occhi della figlia esasperata dal comportamento infantile della donna.

 

Come avevano deciso l’allegra combriccola dopo cena si mise a disfare gli scatoloni, Felicity ringraziò mentalmente il genio che le aveva consigliato di scrivere sulle scatole cosa ci fosse dentro ognuna semplificando non poco il lavoro di riordino.

Con pazienza inizio a disfare gli scatoloni con i vestiti, ne erano rimasti ormai pochi ancora chiusi, ma alcuni anche se aperti erano riversati sul pavimento senza ordine. Hope e Robert si misero a sistemare i giochi, gli tiravano fuori dalle scatole e li riponevano nelle ceste.

-Ecco i tuo pantaloni Robert! Come ci sono finiti sotto il materasso? – chiese Felicity sfilando l’indumento dal nascondiglio fingendosi sorpresa e arrabbiata, sapeva esattamente che si trovavano li, l’aveva sentito quella mattina parlare con Stesy e svelarle che fine avevano fatto, ma non poteva certo arrabbiarsi per quella cosa, Robert e Hope sentivano la sua mancanza proprio come lei sentiva la loro.

-Ecco dove erano finiti! Mamma sei la migliore! – urlò Robert ignorando la domanda della donna.

-Mettili nella cesta della roba sporca! Ora cerchiamo anche la gonna di Hope. – trovò la gonna sotto il materasso del letto di Hope come si aspettava, erano pur sempre gemelli.

 

Dopo due ore, la camera dei due bambini era stata completamente sistemata, ogni oggetto era stato messo al suo posto i tre erano stesi a terra e ridevano come matti, erano stanchi ma erano anche molto soddisfatti di loro stessi.

-Mamma! Voglio più serate come questa… - esclamò Hope alzandosi da terra e regalandole un bellissimo sorriso, gli occhi le luccicavano, quelle due pozze blu trasmettevano tutto quello che la piccola provava: ingenuità, felicità, tristezza, rabbia, paura. I suoi figli erano ancora puri ed innocenti e avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per tenerli così ancora per molto. Lo schifo del mondo non doveva intaccarli.

-E’ ora di andare a letto. Forza in bagno! –

-Ma poi ci leggi una storia vero? –

-Prima andate e prima iniziamo a leggere. – i due bambini corsero fuori dalla stanza spintonandosi per arrivare per primi in bagno, non sarebbero mai stati due docili e calmi bambini, non era possibile, il padre era uno scapestrato che saltava da un tetto all’altro e lei, decisamente lei non era così tranquilla come voleva dimostrare.

 

Continua…

 

Ops sono due! xD okay! Ammetto inizialmente avevo scelto Robert, poi l’idea di una bambina mi aveva fatto cambiare idea e così ho scritto e riscritto l’inizio come una pazza, continuando a cambiare il sesso del povero bambino, alla fine ho deciso di scegliere la via più facile, tutti e due!
So che è impossibile che nessuno si sia accorto della doppia placenta o del doppio battito del cuore o della bambina, lo so da sola che è IMPOSSIBILE, ma è una ff quindi questa è la mia decisione finale v.v
Che altro dire... se oltre a leggere vi va di recensire mi fareste contenta.

Un bacio

Mia

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Arrow / Vai alla pagina dell'autore: MiaBlack