Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: valina_babi    17/09/2014    1 recensioni
Babi è a Londra, i fuga dalla sua cittò troppo stretta, non può immaginare cosa la aspetta, un incontro, uno scontro, e il destino che cambia in un momento. in bene in male? chi può dirlo "la vita è come una scatola di cioccolatini non sai mai quello che ti capita" devi solo imparare a conviverci.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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ciao a tutte!
eccomi qui di nuovo. no non sono stata in vacanza fino ad ora... ma a me la vita semplice non piace quindi per sport me la complico un po'
capitolo di passaggio =) 
a voi dirmi cosa ne pensate


capitolo 9: Sometime the Destiny doesn't enter 

«Giulia, la finiamo con quel telefono? Il tuo Romeo non può aspettare che tu abbia finito di lavorare per mandare messaggini? Hai un ordine che è qui che aspetta», disse Paul rivolgendosi a Giulia che era di nuovo appiccicata al suo telefono. Giulia alzò gli occhi per un momento e fece per rispondere, ma la precedetti.
«E dai Paul. Lasciala in pace un momento. Dammi lo porto io.» dissi e mi allungai a prendere il vassoio.
«Tavolo sedici» rispose solamente, lanciando un’altra occhiataccia a Giulia, che fece una faccia angelica e gli disse «Scusa, questione di vita o di morte. Ma giuro, era l’ultimo» e si preparò a prendere a sua volta un vassoio. Io sorrisi tra me. coi suoi occhioni verdi e un sorriso Giulia riusciva sempre e comunque a ottenere quello che voleva. Non ero ancora riuscita a capire come facesse, ma ero sicura che oltre ai suoi begli occhioni e al suo bel visino avesse anche una buona dose di faccia tosta. Io non ci sarei mai riuscita… portai il vassoio al tavolo e distribuii le tre bibite fredde ai ragazzi che mi sorrisero in rimando. Poi tornai verso il bancone, affiancandomi a Giulia.
«A chi scrivevi?» le chiesi curiosa senza troppo farmi notare da Paul, in fondo non volevo farlo arrabbiare sul serio.
«A mio fratello, sai ogni tanto si preoccupa per la sua sorellina» e mi fece un sorriso a trentasei denti, come se mi volesse nascondere qualcosa. Ma non gli diedi peso. E risposi semplicemente.
«Salutami Gabri» e sorrisi a mia volta. Poi presi l’altro vassoio che mi porgevano e di nuovo mi avviai verso il tavolo. Riuscii a fare altri tre giri, poi mentre portavo l’ennesimo vassoio vidi entrare un gruppo di ragazzi che vagamente mi ricordavano qualcuno, ma non ci feci caso più di troppo. Giunsi al tavolo posai il vassoio. «Ecco qui le vostre patatine>> dissi con un sorriso e le allungai alle ragazze che erano lì sedute. Ripresi il mio vassoio  e andai verso il bancone. La sagoma di un ragazzo di spalle attirò la mia attenzione. Era seduto a uno degli sgabelli, indossava una camicia azzurra aperta con le maniche arrotolate e un cappellino nero da baseball. Una parte del mio cervello registrò che la sua sagoma mi ricordava qualcuno, ma l’altra era troppo impegnata e assorta nel suo lavoro. Feci di nuovo alcuni giri di vassoio senza pensare al ragazzo del bancone, ma  qualcosa dentro di me mi spingeva verso di lui, mi incatenava a guardargli la schiena ogni volta che ero di ritorno al bancone.
«Vale, mi porti un po’ di vuoti?» mi chiese Paul mentre  mi avvicinavo di nuovo a lui. Mi limitai ad annuire e feci un veloce giro di tavoli riprendendo sul vassoio alcuni bicchieri e piatti vuoti, passai davanti a un tavolo e un ragazzo dai capelli neri, uno di quelli della compagnia che entrando mi aveva solleticato la memoria, mi fece l’occhiolino. Tentai di non badarci troppo. Magari era solamente l’ennesimo cretino che voleva provarci e sinceramente non avrei saputo come affrontarlo, per me in quel momento era meglio evitare direttamente il problema. Gli sorrisi e tornai al bancone, feci il giro e andai nel retro-cucina, dove stava la lavastoviglie, a posare i vuoti, spinsi il bottone avviando un carico e di nuovo uscii dalle porte a spinta.
«Mi fai una birra media?» mi disse una voce al bar. Io veloce presi il bicchiere e lo riempii.
«Ecco qui» dissi e poggiandolo su un sottobicchiere quadrato lo misi di fronte al ragazzo che me lo aveva chiesto.
«Grazie» sorrisi a quella voce calda e vellutata ed alzai gli occhi dal legno del ripiano per vedere il ragazzo a cui apparteneva. Il respiro mi si mozzò. “Dio che stordita. Ecco perché mi sembravi familiare!”
«Cosa ci fai qui. Smettila di seguirmi» dissi d’un tratto fredda, non mi interessava che fosse stato carino con me negli ultimi dieci secondi, mi importava solo quanto mi avesse ferito quel pomeriggio e il giorno precedente.
«Volevo parlarti»
«Non ho nulla da dirti. Direi che ne ho sentite già abbastanza oggi non ti pare?»
«Beh.. speravo il un’accoglienza migliore…»
«Beh. Speravi male signor  Pattinson» risposi alzando di poco la voce.
«Per favore. Potresti non gridare? Sai.. vorrei che la mia vita almeno per una sera rimanesse privata» mi chiese.
«Certo. Scusi. Signor grande-attore. Non si preoccupi – dissi con tono canzonatorio – la sua vita rimarrà assolutamente privata sta sera. Io sto bene anche se non le rivolgo la parola, anzi.. sto meglio e ora se non le dispiace… devo lavorare» conclusi in tono acido riprendendo il vassoio e il blocchetto. Con lo sguardo cercai Giulia nel locale, la individuai velocemente e mi diressi come una furia verso di lei, prendendola da parte e portandola verso il retro.
«Mi spieghi che diavolo ci fa qui lui?» chiesi indicandole con un cenno il mio persecutore.
«Ah, cara Babi.. io non ne ho idea…» rispose con tono innocente.
«Mmm.. proprio non ne hai idea, vero? Quindi se ti chiedo di darmi il tuo telefono e vedere cosa ti scrivevi con Gabri non avrò brutte sorprese, giusto?» per un momento guardò in basso poi in alto, cercando un modo di uscire da quel vicolo cieco.
«Babi.. non so come dirtelo…»
«La verità mi basterebbe»
«Oh… ok. Glielo ho detto io. è da questa mattina che mi sta chiedendo come può rimediare. È un impedito ma non è il pallone gonfiato che credi. Sotto la faccia da attore è un ragazzo di ventitré anni normale.»
«Sì. E io ci dovrei pure credere, vero?»
«Sì, giuro»
«Beh mettiamola così. Non voglio più ritrovarmi tra i piedi quel ragazzo di ventitré anni normale che guarda caso fa l’attore. Chiaro? Per cui, smettila di tentare di fare cupido» dissi con tono fermo.
«Mi sa che è troppo tardi… li ho invitati dopo la chiusura per una spaghettata di mezza notte da noi»
«Giulia…» la rimproverai.
«Ma giuro che non è stato per te e chi-sai-tu. A me sembra tanto carino il suo amico…» disse con aria gongolante, tirando fuori la sua migliore espressione da cucciola.
«Oh e va bene – sbuffai – ma come fai a ottenere sempre quello che vuoi? Sappi però che prima o poi te la faccio pagare, lo sai. Tentare di farmi da cupido non serve»
«Ma io non lo sto facendo per te. lo faccio per me» e mentre usciva aggiunse fugace «E per lui!»
«Giulia! Ti strangolo!» le urlai dietro.
«La volete finire voi due? Che vi prende sta sera?» ci ringhiò Paul entrando nel retro con la testa. Risposi io, mortificata dal rimprovero.
«Sì. Scusaci. Ora ci concentriamo» dissi  e tornai al mio lavoro. Purtroppo concentrarsi non era così facile. Un pensiero fisso mi vorticava nella mente, anzi due. Per prima cosa stavo tentando di escogitare un modo per uccidere Giulia. E poi come una vocina insistente, come un martello che batteva senza fine, c’era la consapevolezza che avrei dovuto rivederlo, di nuovo e che sta volta non potevo scappare. Se avesse tentato di affrontarmi di nuovo, non avrei avuto scampo, avrei dovuto ascoltarlo e ora si faceva largo un’unica emozione dentro di me. Avevo paura. Di non sapere cosa dire, come rispondere, come comportarmi, di non sapere resistergli.
   
 
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