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Autore: Patta97    17/09/2014    4 recensioni
Un urlo acuto squarciò il silenzio ed echeggiò tra le stanze buie del TARDIS.
- Siamo sotto attacco! - urlò il Dottore.
- È tua figlia che piange - constatò River.

Piccola one-shot dedicata a River, Eleven e a una piccola, adorabile (e soprattutto ipotetica) figlioletta che fa capricci notturni...
Note: fluff, River/Eleven, non collocata in un Tempo (o Spazio) precisi
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio, River Song
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Piccola storiella fluffosa (?) senza pretese. Spero vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio,
Chiara




 

Little companion.





Un urlo acuto squarciò il silenzio ed echeggiò tra le stanze buie del TARDIS.

Il Dottore si mise seduto sul letto, veloce come una molla, mani in alto in segno di resa e occhi spalancati.

- Siamo sotto attacco! - urlò alla figura ancora raggomitolata fra le coperte. - River! River! Ci stanno attaccando!

Il groviglio di riccioli biondi si mosse appena quando sua moglie girò il viso verso di lui.

- È tua figlia che piange - constatò lei.

- Oh - fu la risposta del Dottore. - All'improvviso mi sento molto stupido - commentò, abbassando le braccia.

River fece una risatina sarcastica, attutita dal cuscino. - A volte ti odio.

E il Dottore non replicò col suo solito "no, non è vero", perché l'occhiata di astio impressa nei tratti di sua moglie sembrava parecchio sincera.

La Tempesta Imminente, allora, si limitò ad uscire quatta quatta dalla camera da letto, per ritrovarsi in un parecchio illuminato e parecchio rumoroso corridoio.

- Vecchia amica, ti sei svegliata anche tu, eh? - il Dottore fece una carezza a una delle pareti per poi guardarsi intorno con aria spaesata. - Dov'è che è la stanza di Amelia...?

La macchina emise un suono che si potrebbe definire tra l'indignato e l'esasperato.

- Per di qua? - tentò il Dottore, svoltando a destra.

Altro suono, stavolta preoccupantemente infastidito.

- Okay, stavo scherzando! So che si deve andare dritt... a sinistra - iniziò ad incamminarsi verso quella direzione e fortunatamente la TARDIS rimase in silenzio. - Chi tace acconsente, eh?

 

*

 

Raggiunta la porta di legno da cui provenivano i singhiozzi sconsolati, il Dottore la aprì piano.

Trovò sua figlia in piedi, le manine strette attorno alla ringhiera di sicurezza della culla, il piccolo viso arrossato ed inondato di lacrime calde.

Gli si sciolsero i cuori.

- Buonasera, signorina - salutò cauto, notando con piacere che, al vederlo, Susan aveva perlomeno smesso di strillare.

Si chinò appena verso di lei e le scostò un boccolo castano dalla fronte per depositarvi un lieve bacio. - Posso avere l'onore di prenderla in braccio?

La bambina tirò su col naso ed annuì energicamente.

- Okay - sospirò il Dottore, sollevandola dalla culla.

Subito la sistemò appoggiandola al proprio fianco, in quella che River chiamava ridendo "la loro posizione".

In effetti, sua figlia riusciva a rannicchiarsi alla perfezione, in quel modo. Sorrise nel guardarla nei grandi occhi marroni inondati di lacrime e non poté trattenersi, scoccandole un altro bacio sulla guancia paffuta.

- Mi potrebbe dire cosa ha causato il suo disappunto, signorina?

Susan scosse la testa, facendo ballonzolare i ricci.

Il Dottore la tenne stretta ed improvvisò delle giravolte finché non sentì una risata argentina sussurrata al suo orecchio, mentre Susan lo abbracciava per tenersi forte.

Sentendo la testa girare più di quanto non facesse normalmente, il Dottore si sedette sull'unica poltrona della cameretta.

- E adesso? - chiese di nuovo, gentile.

Susan nascose il viso tra il collo e la spalla di suo padre.

- Ho fatto incubo... - sussurrò la bimba, quasi fosse mortificata da se stessa.

- È forse una voce quella che ho sentito? - chiese stupito il Dottore. - Fuori la lingua, signorina.

Susan si sforzò di non ridere mentre faceva una veloce linguaccia.

- Oh, una lingua! Mi pareva di aver controllato ne avessi una, quando sei nata - commentò il Dottore. - Devo dire che la mamma ha fatto proprio un ottimo lavoro! È rosa ed ha proprio la forma linguare che hanno le lingue!

A quello, Susan non trattenne più le risa e si rannicchiò nuovamente contro di lui.

- Ho fatto incubo del buio... - rivelò allora a mezza voce.

- Il buio, eh? - il Dottore si grattò il mento.

Senza farsi vedere, prese il cacciavite sonico dalla tasca del pigiama e lo puntò verso la lampada accanto alla culla. Il soffitto della cameretta fu inondato da galassie e stelle e pianeti e comete.

- Vedi, Susan? - sussurrò il Dottore, avvertendo come il respiro di sua figlia si facesse sempre più regolare. - Non è mai buio, non davvero. Ci sono sempre le stelle. Quando hai paura, in sogno, ricordati di loro: cavalca le comete e corri fra i pianeti. Sogna quando un giorno lo farai davvero.

Un lieve russare attirò la sua attenzione verso il basso e notò che sua figlia si era addormentata con un sorriso lieve sulle labbra.

Ci volle un'estrema forza di volontà per staccare la presa che la manina aveva sulla maglietta del pigiama del Dottore; le rimboccò le coperte e, prima di chiudersi la porta della stanza alle spalle, lanciò un'occhiata alle stelle, raccomandando loro i bei sogni della sua bambina.

 

*

 

Quando si rintanò fra le coperte del suo letto, River sussurrò il suo nome e lo abbracciò.

- Hai i piedi freddi - bisbigliò assonnata.

Il Dottore si scusò e le diede un bacio sui capelli.

- Dottore? - chiamò un'ultima volta sua moglie.

- Uh?

- Ti amo - disse prima di riaddormentarsi.

E il "ti amo anch'io" non fu altro che un segreto fra il Dottore e la TARDIS, che risuonò affettuosa intorno a loro.

  
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