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Autore: Teyra Five    17/09/2014    13 recensioni
Lei è Clarissa Moore, una ragazza di diciannove anni.
Lui è Cameron Way, un ragazzo di ventidue anni.
Lei studia lingue all'università.
Lui studia psicologia.
Lei lavora in una biblioteca, ama leggere e scrivere.
Lui ama disegnare.
Lei è timida, ingenua.
Lui è freddo, diffidente.
Lei è insicura di se stessa, ha una bassa autostima, alcune volte quasi assente. Non ha mai avuto relazioni con i ragazzi.
Lui è consapevole del suo fascino, ma preferisce la solitudine.
Lei ha dei semplici occhi marroni che nascondono miliardi di sentimenti.
Lui ha gli occhi grigi, come le nuvole, e contengono un passato più scuro del nero.
Lei vuole aiutare lui.
Lui vuole aiutare lei.
Riuscirà Clarissa a far entrare un raggio di luce nel mondo buio di Cameron?
Riuscirà Cameron a creare un mondo perfetto che Clarissa ha sempre sognato?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Capitolo 26
Mi piace tutto di te perché ti amo
 

Vedo una maliziosa scintilla grigia nei suoi occhi. Mi accarezza piano un fianco e mi sembra di essere in un altro mondo a causa del misto delle sensazioni che mi provoca.
''Oddio, sto per svenire'' -penso quando avvicina la sua bocca alla mia. Mi preparo ad un bacio forte ed appassionato, invece sento solo la sua voce:
-Clary...ho fame.
''Ma se ha appena mangiato, scusa'' -mi viene in mente mentre aggrotto le sopracciglia e lo guardo senza capire.
Ti sta dicendo che ha fame di te, stupida! -mi urla la mia vocina interiore. A quel pensiero arrossisco violentemente e tremo in modo involontario.
-Io...ecco...credo di essere... -balbetto. ''Pronta?!''
-Lo so che ho appena mangiato, ma quando mi deprimo mangio di più -mi interrompe e noto un leggero rossore anche sulle sue guance.
''Allora sta parlando sul serio?!''.
-Oddio! -esclamo per la vergogna. Ed io che ho pensato a quelle cose...
Gli metto le mani sulle spalle per allontanarlo perché ho intenzione di andare in cucina a preparargli qualcosa. O, forse, in realtà voglio solo stare un po' lontana da lui perché mi vergogno da morire per aver pensato che volesse fare cose da grandi su quel divano.
Mentre cammino verso la cucina stringendomi nel mio accappatoio, mi rendo conto di non essere poi così pronta come pensavo pochi minuti fa: non riesco neanche a dire ''fare l'a...''...ecco. Non riesco a dirlo. Anzi, peggio: non riesco a pensarlo! E figuriamoci a pronunciare altre parole che mi sembrano volgari e scandalose.
-Clarissa, tutto bene? -mi chiede Cameron con una leggera preoccupazione sul viso.
-Eh? Ah sì, sì, bene -mormoro aprendo il frigo- Mm, cosa ti preparo? Cheesecake?
-Sarebbe fantastico. Ma non quanto te -chiude la porta del frigorifero con un piede e mi abbraccia dolcemente da dietro. Mi bacia l'orrecchio e poi scende lentamente verso il mio mento, sfiorandomi con le sue labbra sulla guancia. Non sono ancora abituata a questo genere di carezze e sento un po' di caldo.
-Lo so cosa hai pensato, prima -mi sussurra cullandomi fra le sue braccia. Sgrano gli occhi e faccio la mia solita espressione ''ODDIO, PANICO''.
Le mie solite espressioni di viso hanno tutte dei nomi dati da Cinzia e Celeste.
La prima volta che ho fatto questa, era quando Cinzia aveva urlato ''amore!'' al nostro professore. Lui non l'ha sentita, per fortuna. Invece, io, ho fatto quella faccia che ora si chiama ''ODDIO, PANICO''. Avevo pensato che alla mia amica piacesse veramente il prof, e ne ero sicura per un lungo periodo senza dirlo però. Alla fine ho scoperto che era ironico e ho fatto una figuraccia quando Cinzia e Celeste hanno capito che pensavo queste cose da mesi!
-Clary -mi gira verso di se mettendo le mani sulle mie spalle. Alzo gli occhi per guardarlo in viso -Clary, non ti preoccupare. Non ti metterò fretta o qualcosa del genere. Certo, vorrei di più... -chiude per un attimo gli occhi- ma, mi va bene così.  Okay? Non devi pensarci. Per ora -mi fa l'occhiolino e si siede a tavola dopo aver preso il telecomando della tv.
Sorrido a me stessa più che a lui visto che è ormai perso tra le notizie del telegiornale.
Eppure i brutti pensieri riescono comunque a rovinare quella pace apparente: mille domande girano nella mia testa e non posso frenare la mia curiosità. O forse, più che curiosità, è una preoccupazione, perché non voglio solo scoprire tutte le carte di Cameron, ma anche aiutarlo.
-Cam? -chiedo deglutendo forte.
-Mm? -gira la testa verso di me. Ha un gomito appoggiato sul tavolo e con la mano si regge il mento.
-Io...non riesco a calmarmi...-dico mettendo una sedia davanti a lui. Mi siedo e gli prendo una mano stringendola forte tra le mie. Mi fissa senza capire niente, ma sente che sarà una discussione complicata. Insomma, il solito ''ti devo parlare'' di una coppia. 
Perciò prende il telecomando con la mano libera e preme il tasto rosso facendo tacere quella voce orribile di un giornalista.
Tossisco un po', tanto per cominciare.
-Io...non riesco a capire. Perché non me l'hai detto? -dico tutto d'un fiato evitando di guardarlo negli occhi. Potrebbe essere una mossa cruciale.
 Cam sospira e cerca di togliere la sua mano dalle mie.
-Detto che cosa, Clarissa?
-Sai benissimo di cosa parlo -sussurro con tutta calma.
-Basta. Ti ho già spiegato perché -taglia corto, decisamente irritato. Fa per alzarsi, ma riesco a trattenerlo -Let me go -mi dice in inglese.
-Ho bisogno di sapere. Ti prego, Cameron! Cosa devo pensare? Perché sei stato all'ospedale, cosa ti hanno fatto? Hai cercato...di suicidarti...? -pronuncio a voce bassissima l'ultima parola spaventandomi del suo significato.
-Ma cosa stai dicendo, Clarissa, smettila di pensarci. Pensa a qualcos'altro e lascia perdere. Sto bene adesso, non ti deve interessare il mio passato -guarda fuori dalla finestra. 
-Che cosa? Non mi deve interessare? -ripeto prendendo il suo mento con la mano e lo volto verso di me -Non hai fiducia in me. Non ti fidi -dico quasi con disprezzo.
-Non è che non mi fido. Solo che mi sembra che certe cose non le devi sapere.
-Perché?
-Perché...oddio, Clarissa, perché sei così...così... -si prende la testa fra le mani e fa vicino alla finestra.
-Così come?
-Così... -mi guarda e sembra fare un gesto con le mani visto che non sa esprimersi con le parole. Poi fa una smorfia e apre la porticina di un armadietto. Lo vedo tirare fuori da lì una bottiglia di whiskey. La apre e sta per bere senza neanche usare il bicchiere, ma lo fermo immediatamente:
-No, no, no. Scordatelo -gli proibisco di bere cercando di togliergli dalle mani la bottiglia.
-Ridammela. Dammi qua! 
-Scordatelo, cavolo! -urlo strappandogliela con forza e la butto per terra. La bottiglia va in mille pezzi, alcuni dei quali cadono sui miei piedi scalzi. Le piastrelle diventano di colore marrone-arancione a causa di whiskey. Ma io non batto un ciglio. Non gli permetterò di risolvere i problemi ubriacandosi.
-Mai sei pazza? -grida indicandomi quel disastro.
-Tu sei pazzo, Cameron, tu! -non so come quelle parole taglienti siano uscite dalla mia bocca, ma in quel momento non mi curavo del mio linguaggio.
-Io non sono pazzo! Clarissa, devi credermi!
-Credere a cosa? Non vuoi dirmi niente!
-E' stato un errore! E'. Stato. Solo. Un. Dannato. Errore! -urla parola per parola.
-Spiegati meglio -incrocio le braccia e mi sposto sul posto. Sento dei dolori ai piedi e abbasso lo sguardo: la piante, le dita, tutto è insanguinato. Devo aver pestato delle schegge di vetro della bottiglia e prima alcune ci erano cadute pure sopra.
Cameron sospira un'altra volta e appoggia le mani sul davanzale fissando il paesaggio fuori. E' nuvoloso, soffia il vento portandosi dietro le prime foglie gialle e secche. Mancano pochi giorni all'autunno. Gli alberi del bosco sono mossi da quel vento forte, e delle nuvole spaventosamente scure coprono il cielo bianco. Ogni volta che litighiamo il tempo comincia a diventare brutto.
-Clarissa. Ti ho già detto che la signora De Luca mi odiava? Bene, perché non sto scherzando. Dopo la morte di...io...insomma, all'orfanotrofio avevo un'amica di nome Aurora. Lei era malata di cancro e l'ultimo periodo della sua vita lo passò all'ospedale. Ma mi scriveva spesso delle lettere. Avevo paura di leggerle. E non le ho mai risposto. Non sapevo cosa scrivere. Se solo tu le leggessi...Aurora non era una bambina. Era molto più matura. Non aveva paura di morire. Non sono mai riuscito a capirla. Insomma, dicono che sia morta sorridendo. Dopo la sua morte ero un po'...depresso? Ma mi sembra una cosa normale. Mica stai bene e sei felice quando perdi l'unica persona che ti voleva bene e tu altrettanto? De Luca ha interpretato male la cosa. Non so come e perché, ma un giorno, molto tempo dopo, ormai non ero più come prima, mi hanno portato via senza dirmi nulla, senza spiegare. Dai quindici ai diciassette anni ero al centro di salute mentale. Lontano da qui, a Venezia precisamente. Ma ti giuro, Clarissa, ero normale. E sono normale anche adesso -fa spallucce e sembra che stia parlando con se stesso e faccia di tutto per autoconvincersi- Comunque, forse in mezzo ai veri malati di mente e bevendo continuamente le pastiglie sono peggiorato un po'...ma non molto. Poi ho scoperto dell'eredità. Fabrizio, l'autista personale e la guardia del corpo dei miei, era venuto a trovarmi. All'inizio era passato all'orfanotrofio, poi ha scoperto dove stavo. Insomma, mi ha dato una grossa cifra di denaro, quello che i miei tenevano in casa, e ho corrotto alcuni medici. E' una cosa brutta e ho capito che è inutile dire che i medici sappiano trattenersi davanti ai soldi. Non è vero niente. Mi hanno dato un certificato in cui dichiaravano che ero sano e che non dovevo frequentare nessun corso di riabilitazione o robe del genere. Fabrizio viveva da tantissimi anni in Francia con sua moglie e i bambini, ma quando aveva scoperto la mia situazione, è tornato subito in Italia. Poi è ripartito di nuovo. Non l'ho più visto -e finisce il suo racconto con un forte sospiro mentre guarda tristemente fuori dalla finestra coperta da leggere tende trasparenti.
Nessuno dice una parola. Il suo discorso sembra spiegare molte cose, ma molte di più sono diventate ancora più confuse per me:
-Cameron...De Luca non avrebbe potuto chiuderti in un ospedale per i malati di mente solo perché ti odiava. Ci dev'essere un motivo.
-Lo so, Clary. Quando sono uscito dall'orfanotrofio ho capito che per chiudere qualcuno in un manicomio, bisognava essere proprio messi male, ma molto male con la testa. Io non lo ero. Non so come la De Luca ci sia riuscita. Avrà pagato? Ma perché? Perché avrebbe speso una cifra enorme per sbarazzarsi di me?
-Cam...dovresti stare attento -dico con un tono di voce grave, dopo averci pensato un po'.
-Cosa?
-Forse non è stata De Luca a pagare. Forse è stato qualcun altro.
-Chi? E perché? Dai, Clar, ci ho pensato così tante volte! Ma in tutte le mie supposizioni non c'era neanche un grammo di continuità logica. Potrei benissimo scoprire chi ha fatto cosa...ma voglio dimenticare. Non te ne ho mai parlato anche per questo. Non voglio pensarci mai più. E' stato un incubo di due anni, ma ora è finito.
-Cameron, se non stai attento potrebbe tornare!
-Cosa intendi dire? -si gira verso di me inclinando leggermente la testa.
-Io penso che questo qualcuno sicuramente non è la signora De Luca. Ma qualcuno che...insomma, Cam, tu...e i tuoi! Siete ricchi! Qualcuno avrà voluto i tuoi soldi! E chiuderti in un centro di salute mentale è un piano perfetto per sbarazzarsi di te!
-Basta, Clarissa -esclama facendo un gesto della mano come per dire di smetterla -Ragiona: non ha senso. L'eredità non era ancora mia, ho ottenuto l'accesso ai soldi solo a diciott'anni. E comunque sarebbe passata solo, e solo a me.
-Aspetta, hai detto che fino ai tuoi ventiquattr'anni, però, le fabbriche dei tuoi genitori sono gestite da altre persone. Forse queste persone...
-''Gestire'' è la parola chiave, Clar. Sono di mia proprietà anche adesso, però. Se dovessi morire, passerebbero a un lontano parente di sangue, non so chi, ma sicuramente non a coloro che le gestiscono in questo momento. Capisci? Tutto questo non ha senso e non voglio pensarci -scuote la testa.
-Ma...
-Clar...-si avvicina e mette il piede sul vetro della bottiglia per terra. Fa una smorfia per il dolore, e cammina più attentamente.
-Cameron, devi...
Mi interrompe dandomi un lungo, dolce bacio sulle labbra. La sua lingua accarezza teneramente la mia. Mi morde l'interno della guancia facendomi gemere. I suoi baci sono fantastici come sempre e, come al solito, capaci di farti perdere la testa e farti dimenticare ciò di cui stavi parlando anche pochi secondi fa. Non potrei mai stancarmi di lui. Del suo tocco, della sua pelle, del suo odore di foresta e menta o comunque qualcosa di fresco, delle sue labbra quasi magiche e dei suoi occhi, ogni tanto tristi e cupi, o maliziosi, o freddi e distanti. Mi mette una mano sulla vita, mentre con il pollice dell'altra mi sfiora continuamente la guancia sinistra.
-Ti prego, non parliamone più. Altrimenti mi sembra di essere impazzito sul serio -dice sorridendo tristemente appena finisce il bacio.
Non ribatto, anche se, non so perché, ma le sue parole mi ricordano la storia di Allan Edgar Poe, ''Il cuore rivelatore''.
Perché il protagonista ripete continuamente ''io non sono pazzo, non sono pazzo''.
Invece lo è.

Cameron mi prende fra le braccia non appena vede i miei piedi insanguinati. Attraversa attentamente la cucina in modo da non pestare altre schegge e mi porta in bagno.
Indosso ancora la vestaglia di seta azzurra. Ho letto da qualche parte che cose del genere piacciono agli uomini.
Sì, lo ammetto: volevo sedurre Cameron.
E non so se ci sono riuscita o no perché ancora non ho capito cos'era successo sul divano.
''Oh, povero Cam. Alla fine non gli ho preparato il cheesecake!'' -penso e la cosa mi rattristisce, non so perché. Probabilmente perché amo Cameron sempre di più e di conseguenza mi preoccupo per lui.

Cam mi fa sedere sul coperchio del water mentre riempie d'acqua calda una piccola bacinella. Poi la avvicina a me e mi alza la vestaglia scoprendomi quasi del tutto le gambe. Arrossisco e sorrido impercettibilmente, o almeno così mi è sembrato, perché vedo Cameron che risponde al sorriso baciandomi una coscia.
-Oh...-mi sfugge un gemito, ma cerco di riprendere un tono di voce normale -Cos'hai intenzione di fare?
-Lavarti i piedi.
-Ma posso farlo da sola, non c'è bisogno che...
-Shh -mi fa tacere avvicinando un dito alle mie labbra. Glielo bacio. Noto l'ombra di un dolce sorriso sul suo volto. Mi prende entrambi i piedi e li immerge nell'acqua calda. Mm, che bello, è una sensazione fantastica. Cam comincia a lavarmi la pianta del piede destro attento a non premere troppo sulle ferite. L'acqua diventa di un rosa chiaro a causa del sangue.
-Ora la cambio -mi assicura vedendo che guardavo la bacinella.
Prende un asciugamano scuro e mi fa appoggiare i piedi bagnati. Poi svuota la bacinella e la riempie d'acqua pulita. Così, rimette i piedi dentro. Le sue dita sono delicate, sembrano quasi dei petali di un fiore. Chiudo gli occhi e mi godo quella sensazione che provi quando qualcuno si prende cura in un modo così tenero. 
Quando ha finito, mi asciuga per bene entrambi i piedi. Poi mi prende fra le mani quello destro e mi bacia un taglio. Lo guardo con gli occhi socchiusi. Anche lui mi fissa, e mantenendo lo sguardo sale sempre più su. Mi bacia la caviglia, poi il ginocchio ed infine di nuovo la coscia.
''Oddio, sali ancora di più...'' -questa volta sono d'accordo con la mia vocina interiore.
-Oh, Clarissa...-pronuncia il mio nome con una voce così sensuale che mi vengono i brividi -Tutto questo solo per dei baci...cosa ti succederà quando faremo l'amore? Svieni?
''Quando faremo...oddio'' -penso aprendo gli occhi che ho tenuto chiusi per tutto questo tempo per godermi le carezze di Cameron.
-Ora dobbiamo disinfettare queste -dice indicando i tagli sui miei piedi. Non sono più così spaventosamente orribili ora che è andato via il sangue -Ah, Clary: non metterti più questa -tocca la mia vestaglia azzurra.
Il piano ha funzionato: l'ho sedotto.

Sono in cucina e tra dieci minuti dovrò tirare fuori dal forno il cheesecake.
-Ginevra, mi spiace se glielo dico solo adesso... -mi scuso con la proprietaria della biblioteca: la sto chiamando al telefono per dirle che voglio licenziarmi. Sembra molto dispiaciuta, mi assicura che era molto contenta di me e che non immaginava che avessi intenzione di andarmene.
-Tranquilla, c'è Maya...è solo che...beh, pazienza, prima o poi saresti andata via, no? Tra poco ricomincia l'università, avevi detto che comunque avresti lasciato il lavoro verso metà di settembre.
-Mi dispiace ancora...sì, diciamo che ho...dei problemi familiari e devo prepararmi per l'università -cerco delle scuse e guardo le ore sul microonde.
Dopo il pranzo, andiamo al centro commerciale per comprare qualcosa per Raffaele e poi andiamo a fargli visita. Cameron mi ha confessato che si è comportato in modo vergognoso con il bimbo perché l'ha ignorato per settimane non andandolo a trovare.
-Raffaele dice che mi aspetta ogni giorno -mi aveva detto, dispiaciuto.
-Va bene, allora, Clarissa. Passa magari domani a prendere la tua paga. Ah, a proposito: come va con Maya? Bene, spero... -chiede Ginevra con un tono di voce preoccupato.
-Oh, altro che! Siamo diventate amiche! -esclamo e vedo apparire Cameron che si è appena fatto una doccia. Ha i capelli bagnati che sembrano ancora più neri di quello che sono. E' a petto nudo e quando nota che lo sto fissando a bocca aperta, si avvicina, mi prende una mano e la passa sul suo petto. 
''Oddio, voglio morire...'' -penso e sento ancora la voce di Ginevra al telefono.
-Ginevra, io devo...devo andare, arrivederci! -la saluto e chiudo la chiamata mentre Cameron scoppia a ridere e se ne va.
Io ho salutato così velocemente la povera Ginevra a causa sua e lui esce dalla stanza.
Ridendo.
Maleducato.

Dopo il pranzo, mi ci vogliono più o meno un'ora e mezza per prepararmi e Cameron mi ha chiesto trentadue volte (sto contando...) se ho finito. La risposta è sempre ''no''.
L'ennesima volta che me lo domanda, non aspetta che risponda ed entra nella mia stanza dove mi becca a truccarmi. Mi sto mettendo il mascara e vedo la sua occhiataccia di disapprovazione nello specchio.
Mi guardo. Non sono la solita ragazza bella e carina con una bassa autostima
No. Io sono una brutta e orribile ragazza con una bassa autostima.
Sospiro e rimetto il mascara dentro la trousse. 
''Truccata sei orribile. Non truccata sei orribile'' -dice così la mia canzone preferita. Vorrei ridere della mia stessa battuta.
-Sei splendida -mi dice Cameron non appena mi volto verso di lui.
-E sì sì, prendimi in giro -gli rispondo, ironica. Non gli piace il mio sarcasmo perché mi guarda cupo in volto.
-Clarissa, imparerai mai ad accettarti? Non sei bellissima come Angelina Jolie, ma sei stupenda a modo tuo. 
-Cosa non ti piace in me? Dì la verità -lo incito mettendo a posto la maglietta che mi sta un po' larga.
Mi sorride dolcemente e mi attira a sè.
-Mi piace tutto di te perché ti amo.
Non ha detto: ''ti amo perché mi piace tutto di te''.
E vorrei piangere di gioia per aver trovato una meraviglia come Cameron.

 
Ciao belli e brutti!
Sì, okay, sto scherzando.
Beh, questo capitolo è importante perché capiamo e scopriamo molte cose. Inoltre Clarissa sembra avere degli indizi particolari, tuttavia Cam non ci bada molto. Quindi avete capito cosa è successo al ragazzo?
Vi piace la scena nel bagno? Non è dolce? E anche qualcos'altro? 
E l'ultima parte?
Cameron dice per la prima volta ''ti amo'', l'avete notato? 
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni! Ho risposto alle prime ma alle ultime no perché ho davvero pochissimo tempo, non crediate che faccia preferenze! Spero che continuiate a seguirmi e recensire la mia storia!
Ah, su Wattpad ieri la storia aveva 69.000 visualizzazioni e ho pubblicato un capitolo nuovo. Oggi ne ha 74.000 e qualcosa.
Sono al settimo cielo.
Comunque, non appena finisco DTB scriverò una nuova storia. Sarà una specie di romanzo storico, ambientato nell'antica Roma. Si chiamerà ''La Gladiatrice''. Parlerà dell'epoca di Vespasiano: una regione dell'impero romano si ribella e l'imperatore, per dimostrare che queste cose non sono accettate, punisce la popolazione uccidendone la maggior parte. La protagonista riesce a salvarsi, ma sua madre, le sorelle e il fratello maggiore no. Da quest'ultimo la ragazza aveva imparato a combattere (lui era un soldato) ed era uno spirito libero che aveva poca femminilità. Le notizie corrono veloci: i venditori di schiavi arrivano ben presto nella regione e portano via le persone rimaste, tra cui la protagonista. Il venditore scopre le sue capacità di combattimento e visto che nessuno la prenderebbe come schiava in casa (visto il pessimo carattere testardo, i movimenti bruschi), la fa diventare una gladiatrice. Però deve nascondere la sua vera identità, e far finta di essere un maschio. E il figlio del venditore degli schiavi si innamora di lei...e anche il figlio dell'imperatore...chi sceglierà? Come finirà il romanzo?
Sarà una tragedia, vi avverto.
Cosa ve ne pare?
Aspetto le vostre recensioni!
Teyra Five.
  
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