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Autore: Sery400    18/09/2014    3 recensioni
Reunion #Denzo.
Season 6.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Enzo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: non credo ci sia molto da dire, credo che vi lascerò semplicemente leggere, per stavolta. La fanfiction è ambientata nella sesta stagione, in un ipotetico incontro tra Damon ed Enzo. Diciamo che se mi dessero questi #Denzo io non mi lamenterei mai più di nulla nella vita.

Ma, ovviamente, non accadrà.

Menomale che esistono le fanfiction!













C’era qualcosa, tra Enzo e Damon, qualcosa di intimo, di loro soltanto; qualcosa che andava oltre l’amore reciproco e la capacità di arrabbiarsi a morte con l’altro e di perdonarsi l’attimo dopo, oltre il piacere di cacciare ed uccidere senza avere rimorsi. C’era qualcosa, e quel qualcosa era l’aver condiviso quegli anni di tortura in quel posto a cui non riuscivano a dare un nome diverso dall’inferno.

Enzo si rese conto dell’importanza di quegli anni di condivisione, quando Damon non c’era più e Stefan e gli altri della compagnia lo guardavano con occhi sprezzanti, distanti. Si rese conto che Damon era il suo migliore amico perché riusciva a capirlo come nessuno poteva. Perché ci sono cose che non puoi capire se non le hai passate anche tu.

E se non hai vissuto nell’inferno, come fai a comprendere un diavolo?

Ad Enzo mancava, Damon. Gli mancava perché era l’unico che lo guardava con occhi pieni di comprensione. Era l’unico che non temeva le sue mosse, che non temeva i suoi sguardi e non disprezzava le sue azioni.

Il fatto era, che Enzo senza Damon si sentiva vuoto.

Si sentiva come se gli avessero strappato via un pezzo di sé.

Era per questo che, nel momento in cui i suoi occhi avevano incontrato di nuovo quelli del vampiro, gli sembrò come di tornare a respirare dopo mesi di apnea. Perché osservò quell’azzurro chiaro e ci trovò il suo stesso sguardo, così diverso da tutti quelli che gli erano stati rivolti nei giorni successivi alla morte dell’amico. Quello era così intenso e così vero, così… di Damon. E gli era mancato, gli era mancato da morire. Così tanto che non riusciva nemmeno a sbattere le palpebre per paura che una volta riaperto gli occhi lui non sarebbe più stato lì. Già, perché non sarebbe stata la prima volta che Enzo immaginava Damon in carne ed ossa davanti a lui. Eppure quella sembrava così reale che non avrebbe mai potuto rendersi conto che era solo un altro scherzo della sua mente, poiché ciò l’avrebbe distrutto definitivamente. Era per lo stesso motivo che non riuscì nemmeno a fare un passo in direzione dell’amico. Né a dire niente.

Damon sembrava nella stessa situazione. Era lì e lo guardava. Non riusciva a credere di star osservando proprio quegli occhi scuri di cui aveva sentito la mancanza fin dentro le ossa. Non riusciva a pensare che tutto quello era finalmente vero, dopo mesi e mesi di agonia. Damon lo sognava la notte, Enzo. Lui ed Elena erano i volti che avevano preso residenza nella mente del vampiro. Damon in quei mesi era riuscito a capire Enzo, finalmente. Aveva compreso la sua solitudine, la sua rabbia, la sua mancanza. Aveva capito quanto facesse schifo vivere senza la sua anima gemella. Sì, perché quello era per Damon, Enzo. Perché passare così tanto tempo insieme in un posto del genere, ti lega per sempre.

Ed ora che Damon poteva guardare negli occhi di Enzo, questo legame lo sentì più forte che mai.

Lo guardava e pensava che era bellissimo il suo volto, misto di incredulità e del terrore che sembrava stesse soffocando la speranza, il sollievo. Sembrava sconvolto. Sembrava non volerci credere. E Damon lo capiva benissimo. Sul suo viso era così palese la paura che quello fosse solo un altro dei suoi sogni.

«Ciao» sussurrò Damon, talmente piano che dopo aver parlato, sentì quella parola riecheggiare nella sua mente e si chiese se l’avesse detta davvero ad alta voce o no.

Ma gli occhi di Enzo si sgranarono all’improvviso, così si rese conto che sì, lo aveva detto e il suo amico lo aveva sentito. Quindi aprì la bocca per rispondere, ma dalle sue labbra non uscì nulla. Le richiuse, poi fece qualcosa che Damon non si sarebbe mai aspettato facesse.

Corse.

Corse via.

Un secondo era davanti a lui e il secondo dopo era fuggito a velocità vampiro. Damon rimase qualche secondo immobile, sbattendo velocemente le ciglia, incredulo. Si sarebbe aspettato un sorriso, un abbraccio, una parola. Non… quello.

Scosse la testa ed iniziò a correre, seguendo il suo odore. L’aria fresca gli colpiva forte il viso e Damon, per un attimo, si ritrovò a sorridere. Quella sensazione di libertà gli era mancata più di ogni altra cosa. La consapevolezza che se avesse voluto, avrebbe potuto correre ed andare dovunque.

Enzo era fermo in mezzo alla strada, le mani sul volto. Era tutto reale. Damon era lì, davanti a lui. Aveva sentito la sua voce, non poteva essersi immaginato anche quella, vero? Eppure la paura che fosse andata proprio così era stata più forte di sé. La sua testa aveva iniziato ad urlare, il cuore batteva così tanto forte che sentiva le pulsazioni anche dentro il cervello. Si sentiva esplodere, con il profumo di Damon nelle narici e i suoi occhi azzurri così profondi. Aveva bisogno di qualche minuto ed aveva fatto la cosa più infantile che potesse fare, ma l’unica che, in quel momento di confusione e panico totale, gli era venuta in mente. Era scappato.

Ma ora una mano era sulla sua spalla e lo accarezzava piano, invitandolo a girarsi. Enzo avrebbe riconosciuto il tocco di Damon ovunque.

«Enzo.»

Quel sussurro risuonò nella mente del vampiro ancora e ancora, prima che non riuscisse più a sopportare tutta quella situazione. Damon era lì, diamine. Era vivo ed era dietro di lui. Perché non riusciva ad abbandonarsi a quella consapevolezza?

Damon non lo forzò a voltarsi. Rimase solo lì in quella posizione per qualche secondo, con la mano sulla spalla dell’amico, comprendendo perfettamente tutto ciò che provava.

Quando finalmente Enzo si girò, Damon non ebbe il tempo di guardarlo negli occhi che quello gli si fiondò tra le braccia. Lo strinse talmente forte che Damon pensò di non riuscire più a respirare. Poi pensò che era un vampiro, diamine, non gli serviva respirare per vivere. E allora ricambiò l’abbraccio con forza, godendo del calore dell’amico, che gli era stato privato per così tanto tempo che ora a Damon sembrò di stare in paradiso.

Enzo sospirò, finalmente tra le braccia della persone più vicina a sé, fisicamente ed emotivamente. Aveva sognato quel momento fin troppe volte, dalla morte del vampiro, svegliandosi sempre tutto sudato e gli occhi pieni di lacrime. Ma in quel momento, quell’attimo, era tutto reale. Era tutto vero ed Enzo, nonostante i suoi polmoni facessero fatica a fare il loro lavoro, respirò. E se c’era una cosa che desiderava, era poter stare stretto a lui per il resto della sua vita e sì, sapeva benissimo di essere immortale.

 

"E tu pensi semplicemente che Damon dimentichi e vada avanti?

L’ha già fatto prima."

 

Non seppe bene perché quelle parole rimbombarono nella sua testa proprio in quel momento, ma fu felice di poter mandare mentalmente Stefan a quel paese perché, nonostante tutto, Damon era lì con lui, per lui, abbracciato a lui, come se fosse tutto ciò che importava. Damon non era andato avanti, non l’aveva dimenticato e la dimostrazione era proprio il fatto che fossero passati minuti da quando Enzo si era letteralmente aggrappato a lui eppure Damon ancora non lo lasciava andare, respirando velocemente sopra la sua spalla. Respirava nello stesso modo in cui faceva Enzo, che tratteneva le lacrime e cercava di vivere il momento. Perché di abbracci non se ne davano loro, non se ne saranno dati. Perché non si aspettava un ‘mi sei mancato’ e non l’avrebbe detto lui. Quell’abbraccio parlava da sé e né Enzo, né Damon l’avrebbero mai dimenticato.

Enzo aveva la testa sulla spalla dell’amico, il naso vicino al suo collo. Ma non riusciva a pensare nemmeno per un momento ad assaggiare il suo sangue, nonostante avesse fame e nonostante sentisse le sue pulsazioni veloci. Il suo cuore, effettivamente, batteva all’impazzata e il fatto che fosse mancato a Damon tanto quanto Damon era mancato a lui, lo fece sorridere. Sospirò e allentò la presa, rilassandosi contro di lui, senza più stringere come durante il momento precedente, così forte da non riuscire quasi a respirare. Ed era bello, forse anche più prima, perché in quel modo era completamente abbandonato a Damon, eppure si sentiva al sicuro.

Damon gli accarezzò allora lentamente la schiena, andando su e giù, quasi cullandolo, senza rendersi conto che in quel modo cullava anche se stesso. Perché, per quanto non volesse ammettere, Damon amava Enzo. Lo amava in un modo complicato, in un modo tutto suo. Nel modo in cui puoi amare una persona per cui hai spento i sentimenti poiché vivere con la consapevolezza che questa fosse morta, era letteralmente impossibile. E si ricordò che anche Enzo aveva spento i sentimenti per lui, perché non riusciva ad odiarlo, ma non poteva perdonarlo; e questo lo fece sentire un po’ meno solo.

Strinse di nuovo la presa, per poi lasciarla completamente, allontanandosi dal suo migliore amico e guardandolo negli occhi, che ora erano del tutto diversi rispetto a prima. Ora non c’era l’ansia, la paura, l’incredulità. Anzi, quest’ultima forse c’era ancora, perché Enzo non aveva ancora compreso perfettamente che Damon era di nuovo vivo, era di nuovo con lui.


Non aveva ancora realizzato che non sarebbe più stato solo.


«Ciao» ripeté Damon, sapendo che stavolta sarebbe andata diversamente.

«Bentornato» rispose infatti Enzo, con un sorrisetto che si addiceva più a Damon, che a lui.

«Che mi sono perso?»

Non aggiunse ‘mentre non c’ero’, nonostante le parole quasi gli stessero sfuggendo dalle labbra. Ed Enzo lo ringraziò mentalmente, perché così sembrava semplicemente che Damon fosse stato fuori un paio di giorni e tutto il dolore che entrambi avevano provato non fosse esistito. Enzo era intenzionato a dimenticare quel periodo. Perché ora gli occhi che vedeva erano veri, non proiezioni della sua mente, ricordi. Erano color ghiaccio, ma davano quella sensazione di calore che scaldava il cuore di Enzo ogni dannata volta.

«Niente di ché. Ma sappi che giocare a biliardo con Stefan è una palla mortale.»

Damon scoppiò a ridere perché era quello il bello della loro amicizia: si concedevano attimi di intimità e subito riuscivano a ritrovare la loro ironia. Non si vedevano per mesi eppure, dopo qualche minuto, tutto già sembrava come prima.

«Non è mai stato bravo quanto me» rispose Damon, con evidente fierezza.

«Non darti arie, Salvatore. Ti ho battuto ogni singola volta che abbiamo giocato.»

Enzo sollevò le sopracciglia e Damon stesse zitto per qualche secondo perché, in effetti, non aveva torto. Enzo era forte, diamine. Ma no, non lo avrebbe mai ammesso. Il suo orgoglio, in fondo, era ancora con lui.

«Mi sono esercitato, sai? Pare che il biliardo sia conosciuto anche nelle altre dimensioni.»

Enzo si sforzò di non ridere, perché ciò che aveva detto Damon, era una cazzata così grande che nemmeno Damon stesso era riuscito a rimanere serio. Così, tra risatine trattenute, Enzo disse: «Che aspettiamo, allora? Andiamo.»

Damon si fece serio e lo guardò con aria di sfida. «Preparati a perdere, piccolo bastardo.»

Enzo si lasciò andare ad una vera risata, a quel punto, e con una spinta fece barcollare Damon che lo spinse di rimando, prima di incamminarsi verso casa Salvatore, per bere bourbon, giocare e sparare battute con il suo migliore amico.

Come una volta.

Come se tutto fosse come prima.

Come se nulla fosse cambiato.

E in effetti no, il loro amore, l’uno per l’altro, non era cambiato. Se erano di sicuri che c’era qualcosa che non sarebbe mai e poi mai variato, era proprio la consapevolezza di amarsi.


Sempre e per sempre.











Note: allora, che ne pensate? Lo so, è un po' corta, ma spero che il contenuto vi abbia soddisfatte. Per qualsiasi cosa, per favore, recensite. Ci tengo molto, mi farebbe davvero tanto piacere leggere i vostri pensieri.
Grazie.

Un bacio. <3
  
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