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Autore: mormic    18/09/2014    5 recensioni
Effie ha estratto decine di nomi da quella boccia di vetro, ma i suoi unici vincitori, nonostante stiano partecipando alla loro seconda arena, sono stati estratti solo una volta dalle sue dita affusolate. Sono volontari. E questo dovrà pur fare la differenza. Una differenza che Effie dovrà affrontare come non avrebbe mai nemmeno sospettato.
E dalla sera dell'intervista di lei non si sa più nulla, fino alla fine, quando riappare provata e fragile.
Questa è la sua storia, mentre in tutta Panem è il caos della rivoluzione.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Plutarch Heavensbee
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Grigio e Oro'
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CAPITOLO 10
 
A che sarà servito poi comprare un completo di biancheria intima se devo darmi alla fuga tra un giorno? Lo metto in valigia?
Certo. Già mi vedo: corro dietro un overcraft che è decollato senza di me e la valigia si apre, generando una ventata di frizzante ilarità in tutti quelli che mi guardano.
Ridono perché mi hanno lasciata a terra o perché il mio reggiseno di pizzo bianco svolazza sotto il vento delle turbine a reazione?
Mi sto facendo prendere dal nervosismo, ma proprio non avevo contemplato l’idea di avere un intero pomeriggio senza uno straccio di cosa da fare.
Le parole di Haymitch mi esplodono nella testa. Quelle di Plutarch accendono la miccia.
Non ho modo di uscire da questo vortice di agitazione che mi sta mangiando.
Ho rischiato anche di rovinare la manicure mordendomi le unghie.
Basta.
Datti una calmata.
In un modo o nell’altro queste ore passeranno e sarai a cena con Tigris. Che tu abbia perso il lume della ragione inseguendo paure e fobie o che sia rimasta lucida.
Potrei accendere la televisione e guardare i giochi, ma non ce la faccio. Non posso più guardare quel valzer con la morte senza che i miei nervi cedano definitivamente.
E se i ragazzi dovessero morire prima del riscatto?
Mi guardo attorno e ciò che vedo è la mia casa, ordinata, pulita, illuminata dalla mia immensa finestra, silenziosa, vuota.
Ho fatto del mio mestiere la mia vita, cercando di sostituire quello che manca, senza neanche sapere che c’è un enorme vuoto che ho tentato di colmare.
Le feste, i viaggi, l’organizzazione, i vernissage, la programmazione, i contatti, le conoscenze, mille visi, centinaia di nomi, ma nessuno che io possa abbracciare come una famiglia.
Io sono sola.
Ero sola e neanche lo sapevo.
Perché non provavo solitudine. I momenti in cui non ero contornata da persone erano solo dei passaggi obbligati.
Ora invece la solitudine mi avvolge.
È venuta fuori per caso, dopo aver lasciato i ragazzi la sera dell’intervista.
Tornare a casa nel caos, senza poter rimanere al centro di addestramento, lontana dalla macchinazione dei giochi, è stato l’inizio.
Comincio a sistemare sul letto, con meticolosa attenzione, quelle cose che voglio portare con me. Cerco una valigia e la riempio con cura, osservandola soddisfatta quando la chiudo e la poso in piedi accanto al comodino.
Ora mi sento più tranquilla.
Ora so che devo fare.
Che ci faccio qui a perdere tempo?
Devo tornare al centro di addestramento, più vicina ai miei vincitori di quanto possa essere.
E magari comunicare ad Haymitch le novità.
Chissà quanto sarà contento.
Per la cena c’è tempo. Troppo.
E io non so aspettare senza niente da fare.
Mi sistemo i capelli, contenta del loro oro luccicante, ed esco.
 
Il centro di addestramento pullula di persone.
Sembra che la nuova alleanza tra tributi abbia scatenato un frenetico gioco d’azzardo.
I mentori sono impegnati in una rivalità nella caccia allo sponsor fuori dell’ordinario.
È evidente che preferire un tributo piuttosto di un altro, all’interno di quella che sembra al momento una solidissima alleanza tra Peeta, Katniss, Finnick, Beete e Johanna, sia piuttosto complicato. Johanna ha la rabbia, Beete la geniale intelligenza, Finnick la lucidità, Katniss la determinazione e Peeta…
Oh, lo so, nessuno starà scommettendo su Peeta. Nessuno sponsor vorrà aiutarlo. È evidente agli occhi di tutti che sia nel posto sbagliato.
Cerco Haymitch tra la folla accalcata davanti al bancone del bar, ma non c’è.
Sono dieci anni che lo osservo fare il suo mal tollerato mestiere, ma mai come durante gli ultimi due giochi l’ho visto lavorare tanto.
Da quando Katniss è entrata nell’arena per i settantaquattresimi Hunger Games è come se riuscisse, per tutta la durata dei giochi, ad essere una persona, più che un animale impaurito. Non beve, se non quel tanto che basta per socializzare, non rifiuta i brindisi con gli sponsor e gli strateghi, ma è sempre lucido, gli occhi accesi, lo sguardo attento.
Non me lo aspettavo lo scorso anno.
Ma sapevo si sarebbe ripetuto anche quest’anno.
Allora perché lo cerco al bar?
Abitudine.
È tra le poltrone che devo cercare.
Nelle sale scommesse.
Davanti ai tabelloni per le quotazioni.
Alla sezione approvvigionamenti.
Muovo gli occhi rapidamente e lo vedo in piedi, di spalle, nel suo completo grigio, i capelli lisci, tagliati pari all’altezza delle spalle.
Se c’è una cosa per cui sono grata ai preparatori è che riescono ogni volta a ripulire Haymitch dalle pessime condizioni in cui sale sul treno per Capitol City ogni anno.
Ringraziando il cielo sono così bravi da togliere tutti gli strati di abbandono di cui si veste durante l’anno e gli restituiscono l’aspetto di un uomo ancora robusto, se vuole di un’intelligenza pericolosa, dall’aria vagamente misteriosa.
A dirla tutta non proprio vagamente. Quello che gli passa per la testa credo sia un mistero per tutti come per me.
Eppure io so leggere qualcosa nei suoi occhi, che il resto del mondo, eccetto forse Peeta, ha scelto di non vedere.
Mi avvicino, sorridendo agli sguardi che incrociano il mio, e mi affianco al mentore della mia squadra oro.
Quando le nostre spalle si sfiorano lui gira leggermente il capo, per sincerarsi che sia io, e senza smettere di parlare con le quattro persone che ha di fronte, mi cinge le spalle con un braccio e mi attira a sé.
Un gesto semplice, ma poco usuale per uno come lui.
Gesto che non sfugge all’uomo alto e scuro di pelle che ho di fronte, che mi guarda ammiccando e sorridendo con malizia.
Io devio lo sguardo e poggio la mia mano sul petto di Haymitch, giusto per rincarare la dose.
Non so perché lo faccio, forse per sfida. Perché quello sguardo indagatore ha poco da scoprire. Si facesse i fatti suoi. Cercasse le conferme che più preferisce. Se Haymitch mi abbraccia non sono fatti suoi.
Però a pensarci bene, quell’abbraccio è carico di significato.
Strizza la mente, Effie. Te lo ha detto ieri.
È la vostra copertura, no?
Dovete far credere a tutti che siete amanti. Degli amanti un po’ troppo ingenui. Pronti a darvi in pasto ai pettegolezzi di Capitol City, fingendo di esserne completamente inconsapevoli.
E brava Effie.
Quella mano è stato il vero colpo di genio.
Haymitch stringe la presa, quando sente il mio tocco delicato sul bavero della sua giacca, e per un attimo la mia convinzione che sia solo un gioco vacilla, perché sento passare altro, oltre al calore della sua pelle.
Ma è solo un attimo.
Lui continua a parlare, con disinvoltura, ridendo di alcune osservazioni sul carattere di Katniss della donna dalle sopracciglia viola, e la sua mano rimane saldamente aggrappata al mio fianco, così come la mia sul bavero della sua giacca grigia.
Mi unisco alla conversazione, con la leggerezza e la futilità di cui solo io sono capace, non sapendo neanche bene da dove la tiro fuori e in un batter d’occhio Haymitch ha stretto un accordo per una nuova sponsorizzazione pro Katniss.
Quando c’è il materiale giusto, non denutrito e piuttosto combattivo, il suo lavoro sa farlo proprio bene.
Si libera dal nostro abbraccio solo per stringere le mani e sugellare l’accordo, ma subito mi posa il braccio sulla spalla e mi porta via, facendomi accomodare ad un tavolinetto appartato, su di una comoda poltroncina di pelle rossa dai braccioli d’acciaio.
“Povero Peeta. Nessuno scommetterà su di lui” lamento quasi tra me, ma certa che lui sentirà, nonostante la confusione che ci circonda.
Non ho mai visto il salone così gremito.
Effettivamente non ho mai neanche partecipato ad una edizione della memoria.
“Oh, non credere, zucchero” mi dice puntando il dito al tabellone delle quotazioni.
Peeta è secondo solo a Katniss.
“Magicamente sono mentore di due favoriti” dice sorridendo, ammiccante.
Lo guardo stupita.
“Ma come può essere?” domando confusa.
“A quanto pare parte degli sponsor ha mangiato la foglia e ha notato che la squadra protegge Peeta. Ovviamente nessuno si fa la giusta domanda, mentre Katniss ha praticamente dichiarato al mondo che morirà pur di proteggerlo – offrendoci un’altra meravigliosa copertura a sua insaputa, ma questo non lo aggiunge, non può, in mezzo a questa folla – capisci bene che se Everdeen è tanto determinata, le quotazione di Peeta non possono che salire” Haymitch è a dir poco raggiante.
“Perché se Katniss riuscirà nel suo intento, non potrà che vincere lui, ovvio”
“Esatto. Quindi zucchero, come vedi, il tuo ragazzo quest’anno va alla grande”.
Mi sorride e cerca la mia mano sul tavolino.
Io sussulto, ma non la ritraggo.
“Ora che devo fare, intrecciare le mie dita alle tue?” chiedo con una punta eccessiva di provocazione.
“No, ora dovresti baciarmi qui, davanti a tutti e li faremo secchi – ride – ma credo sarà sufficiente parlare tra noi a bassa voce, facendoci i fatti nostri” dice sorridendo.
Sto al gioco e il mio viso si avvicina al suo, sul tavolo.
“Potrebbero sentirci, se veramente volessimo farci gli affari nostri” gli faccio notare.
“Non esiste posto più sicuro di questo. A meno che non ci siano cimici su tutti i tavolini, nessuno sarebbe mai così pazzo da parlare di argomenti scottanti qui dentro” le sue labbra sono quasi sul mio viso.
“A parte noi due”
“Non credo che chiacchierare sia più sufficiente per la nostra copertura, bocca di baci” dice sfiorandomi il naso con il suo, sperando di convincermi con così poco.
Se non ci fosse questo esile e piccolo tavolino in mezzo, le chiacchiere sarebbero finite da un pezzo.
“Placa i sogni di gloria, Hay. Il tuo successo come mentore non ha nessun effetto su di me” lo avverto blandamente.
Non ho convinto neanche me stessa.
So che un gioco.
Ma è pericoloso.
“Un vero peccato – mi dice in un orecchio – tutta questa storia potrebbe avere sul serio un risvolto piacevole” dice lui, respirando le parole sul mio viso.
“Certo, se non stessimo giocando con la morte” gli faccio notare con un sorriso, mentre i miei occhi scendono rapidi sulle sue labbra.
I preparatori sanno fare un ottimo lavoro. La barba appena accennata, ma curata, con un paio di sfumature di grigio sul biondo cenere, è perfetta. Sembra gliela abbiano dipinta sul viso. Eppure sembra così morbida…
Effie Trinket! Datti un contegno e mettiti in quella testolina nascosta dai tuoi magnifici capelli che tutti credono una parrucca che state lavorando!
“Sei sexy quando sei preoccupata, bocca di baci” mi dice quasi ridendo sulle mie labbra.
“E tu molto più affascinante quando sei sobrio. Devo dirti una cosa” gli dico senza allontanarmi.
Se qualcuno ci sta guardando non avrà alcun dubbio su ciò che stiamo facendo.
Per tutta risposta una mano di Haymitch si allunga, afferra la barra d’acciaio sotto la mia seduta e mi attira a lui, con una mossa rapida, piazzandomi una mano sul sedere, scansando non so bene come il tavolino che ci divideva.
Santocielo. Quest’uomo ha un’anima focosa da qualche parte.
Ho sempre pensato che fosse impeto da eccesso di alcool.
D’altronde l’ho visto sobrio solo un’altra volta. Completamente sobrio, intendo.
“Dimmelo qui. Sarà più interessante” mi dice incatenandomi con lo sguardo.
La mia guancia allora sfiora la sua e gli sussurro in un orecchio.
“L’ho trovata. Ceno con lei” dico con il tono più seducente che conosco.
Sono soddisfatta di me. Però comincio seriamente ad essere confusa.
Quali parti sono lavoro e quali no?
Haymitch non risponde, ma mi afferra per una mano, mi fa alzare e mi porta via.
“Bel lavoro, zucchero. Ora saranno tutti convinti che mi hai appena sedotto” mi bisbiglia mentre usciamo dal salone.
“Sei una serpe, Haymitch Abernaty!” gli dico falsamente offesa.
“E tu il più bel culo che ci sia nei paraggi”.
 
Riusciamo ad evitare la folla che attanaglia il salone e ad allontanarci senza essere braccati da nessuno, anche se nel percorso Haymitch è costretto a fare più di un cenno di saluto a quelli che incrociamo.
Ci chiudiamo in uno stanzino delle scope nascosto dietro una porta invisibile che non avrei neanche notato, se Haymitch non mi ci avesse spinta contro nel tentativo di baciarmi e si fosse aperta e richiusa dietro le sue spalle.
Nell’oscurità sento il suo naso sul mio e il suo respiro tentennare un paio di secondi contro le mie labbra, prima che accenda la luce e mi fissi con i suoi occhi grigi aspettando una spiegazione.
Ho bisogno di sbattere un attimo le palpebre per uscire dalla parte prima di riuscire a parlare.
“È stato più facile di quanto credessi. Un vero colpo di fortuna. Ha aperto un negozio in centro, un buchetto pieno di cose che neanche si nota dalla strada. È sepolta viva sotto montagne di abiti usati” gli dico rapidamente. Non possiamo sparire a lungo.
“Un ottimo nascondiglio. Che finaccia, povera Tigris” dice passandosi una mano tra i capelli.
“Non credo le dispiaccia. Mi ha fatto capire che ha ancora parecchi motivi per odiare i sistemi di Capitol City. Stasera ci vediamo per cena” spiego.
“Bene. Plutarch ne sarà contento. Più tardi ci penso io ad aggiornarlo. Tu, per favore, cerca di passare meno tempo possibile da sola in giro per la città, intesi?” domanda e vedo nei suoi occhi un alone di preoccupazione.
“Sei incredibile. Prima con il tuo amico mi affidi un incarico in giro per la città e poi mi chiedi di rimanerci da sola il meno possibile” le sue indicazioni mi esasperano.
“Ti sto solo dicendo di ridurre al minimo la tua permanenza fuori di qui. Mi è costata una certa fatica non scompormi quando ti ho vista arrivare” ammette sorridendo.
“Eri preoccupato?” gli domando sorridendo, forse con eccessiva curiosità.
“È che sono abituato ad averti tra i piedi quando sono qui” cerca di liquidare l’argomento.
Non insisto. Ma so che è una mezza verità bella e buona.
“Non aggiungere altre ansie al tuo lavoro. Stasera riferirò a Tigris quello che devo e tornerò a casa a dormire. Domani mattina presto sarò di nuovo qui. A meno che non abbiate altri incarichi per me, non ho altro da fare. La valigia è già pronta…” comincio con il mio fiume di parole, ma Haymitch mi interrompe.
“Una valigia? Effie Trinket, sei un vero caso disperato. Qui progettiamo la fuga per la rivoluzione e tu pensi a fare le valigie. Disfatene. Potrebbe essere un indizio troppo palese” mi avverte. Gli trema quasi la voce.
“Oh, ma quale indizio! Tutti sanno che dopo i giochi mi concedo sempre una super rilassante vacanza! Non c’è niente di anomalo – cerco di ammansirlo – sta tranquillo” gli dico posandogli di nuovo la mano sul petto. È un gesto di sincero affetto.
“Sarò tranquillo solo se tornerai a dormire qui stanotte e se ti disferai di quella valigia appena puoi” mi dice senza allontanarsi.
“Va bene. Tornerò qui a dormire” gli prometto senza giurare.
I nostri occhi si scrutano.
Di nuovo quella sensazione di osmosi.
Ma è un attimo.
Mentre percepisco che Haymitch sta per avvicinarsi di più, il suono di una cannonata ci fa saltare dal terrore ed usciamo di corsa dallo stanzino.
 
 
Ci ho messo troppo, troppo, troppo tempo, lo so.
Non voglio giustificarmi, sono imperdonabile.
Ci siamo quasi. E non vedo l’ora.
Tra qualche capitolo sapremo che fine ha fatto Effie e perché!
Spero sia di vostro gradimento e spero lascerete un commento!
Inoltre, devo assolutamente ringraziare Vale per i suoi preziosissimi consigli e perché mi ha fatto ritrovare la strada per non perdermi in questa avventura!
Spero stiate tutti leggendo la storia che scrive con Vale (si fanno chiamare Socia1 e Socia2, come se non fosse già abbastanza confusa la faccenda!!) “L’Atlante delle Nuvole” e semplicemente meravigliosa! Questo è il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2614435&i=1
Grazie a tutti
Mor
   
 
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