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Autore: Il Bomber    19/09/2014    0 recensioni
Avete presente quelle giornate che, da quando socchiudete gli occhi, sino a quando non vi intrufolate nuovamente sotto le coperte, sono da cancellare come se non fossero mai esistite? In questi casi farebbe molto comodo una gomma speciale, con un nome alquanto bizzarro, tipo "La Gomma del Domani" oppure "Gommina", che ti permettesse di ripartire da 0, senza ricordare nulla, e cercare la giornata perfetta, senza macchia, senza ombra alcuna, come l'abbiamo sempre sognata. Perché tutti abbiamo il diritto di vivere il "nostro giorno perfetto". Magari con Lei. La donna della nostra vita. Troppo semplice dite? Probabilmente avete ragione.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Terzo capitolo: L'Amore. Tutti siamo stati innamorati almeno una volta nella nostra vita. È rarissimo, invece, quella forma di amore che ti lascia senza respiro al primo incontro, che ti fa sudare le mani e prima di darle la mano devi asciugarla sul jeans, che ti lascia senza appetito anche per settimane dato che puoi nutrirti solo delle sua bellezza, che ti fa sorridere come un ebete solo guardandola. Non sto dicendo che tutto il resto non sia amore, ci mancherebbe. Ma io aspiro a quello rarissimo. Quello unico. Quello idillico. Anche io sono stato innamorato. Per un anno e mezzo. Poi è finita. Troppo breve, lo so. Allora andiamo per gradi. Torneo di calcio a 5 sulla spiaggia, ore 17. Si c'entra ragazzi, non sono impazzito. Fidatevi di me e andiamo avanti. Il campo sabbioso era stato appena innaffiato per rendere il calpestio quantomeno non mortale per le estremità inferiori che strisciavano sulla lava. In realtà i primi di ottobre non fa poi così caldo, ma per la finzione scenica cercate di reggere il gioco. A circa cinque metri dalla linea dell'out(nota per le donzelle meno esperte: linea che delimita il campo che altrimenti sarebbe infinito)c'erano posizionate le due panchine, con immediatamente dietro gli spalti che circondavano il campo in un caldo abbraccio. Circa un 250 posti a sedere, o giù di lì, tutti coperti e quindi ci si poteva godere lo spettacolo senza necessità di munirsi di una flebo portatile. Era un bel torneo, di tutto rispetto, con addirittura le riprese che sarebbero poi state trasmesse il giorno delle premiazione con le azioni migliori dei vari match. Direttamente dietro le porte delle rispettive squadre, sopra la testa dell'ultima fila degli spettatori, vi erano posizionati due maxi-schermi che alternavano le riprese delle partita e qualche ripresa del pubblico, magari intento ad esultare, esporre striscioni colorati o ad elargire complimenti più o meno originali all'arbitro della sfida. Come tutte le partite(erano state 2), ero passato a prendere Raffaella da casa, circa un paio d'ore prima. Piccolo consiglio per i lettori che a questo punto attendono, senza fiato, una descrizione dettagliata della nuova entrata in scena. Non ci sarà. Non ci sarà semplicemente perché finirei per influenzare la descrizione e farla apparire circondata da un alone malvagio e non sarebbe la verità. Quindi immaginatela come preferite: bella, brutta, alta, bassa, magra, balena spiaggiata, con le lentiggini, capelli verdi. Ciò che più vi aggrada, a me va bene. Il rettangolo di gioco si trovava a poca distanza da casa di Raffaella, quindi circa un quarto d'ora dopo ci incamminiamo verso il Palazzetto. Questo edificio era la nuova costruzione comunale che era formata da campi da pallavolo, calcio, basket direttamente sulla spiaggia e campi al coperto per le eventuali perturbazioni che avessero potuto rovinare la giornata di sport. Erano ancora i primi mesi d'attività, quindi potete immaginare l'interesse comune e, di conseguenza, posti liberi se ne trovavano difficilmente se si fosse arrivati magari qualche minuto prima del fischio d'inizio. Visto, però, l'ampio margine d'anticipo accompagnai Raffaella a sedersi e mi diressi negli spogliatoi per cambiarmi. Vi risparmio i discorsi, gli incitamenti, le tattiche che si convengono a dei ragazzi che vogliono solo far bene davanti a chi è venuto a vederli. Io le 2 partite precedenti, causa infortunio al ginocchio rimediato dopo un quarto d'ora della partita d'esordio, avevo incitato i ragazzi dalla panchina. Per avere un'idea più chiara del tutto, noi eravamo i "Bombers". Bomber, il soprannome che mi avevano affibbiato anni prima, e siccome faceva un gran bell'effetto come nome squadra, detto fatto. Mi sentivo quasi la mascotte del gruppo. Primi nel girone con 4 punti, se avessimo vinto avremmo passato il turno e avuto la possibilità di rigiocare. I nostri avversari, "I Marcos", perché 4 membri su 5 portavano quel nome, ovviamente senza "S" finale, erano a 0 punti. Quindi partita facile. Avevo già pronta l'esultanza da dedicarle. L'avevo studiata il giorno prima allo specchio per valutare l'effetto dal di fuori. Mano sotto la maglia, in corrispondenza del cuore, imitare il battito sempre più accelerato e culminante con un bacio volante nella sua direzione. Sapevo la sua postazione. Ora serviva solo segnare. Due tempi da 30 minuti. Fischio d'inizio. 10 minuti ed eravamo sotto di due. Non un bello spettacolo, dato che potevamo sia vincere che pareggiare, ma non perdere. Altrimenti addio torneo. Ovviamente I Marcos non avevano nulla da perdere, giocavano sulle ali dell'entusiasmo e ci provocavano non pochi grattacapi in difesa, con Luigi, il nostro portiere, che probabilmente eleggeranno santo a breve, che ci ha salvato in più di un'occasione da una colata a picco senza precedenti. Ma si sa il calcio è bello perché è imprevedibile. Arbitro con il fischietto in bocca per il riposo, quando Luigi con un rilancio lungo dalla porta imbecca sulla testa Antonio che accorcia le distanze. Negli spogliatoi, non abbiamo detto nulla. Ci siamo guardati e abbiamo capito. Avevamo 30 minuti per continuare a sognare e dovevamo provarci. Alla ripresa, la musica di sottofondo in campo era mutata. Abbiamo iniziato a creare pericoli e loro si sono intimoriti. Bisognava colpire ora. Pippo sdradica letteralmente ad uno dei Marchi e lancia verso di me. Tunnel all'avversario e mi ritrovo a pochi metri dal portiere. Alzo la sguardo verso la porta... Sto per tirare... Poi ricordo solo di essermi piegato sulle gambe, con il fiato corto e le orecchie tappate. Al momento del tiro, per qualche strano motivo, il mio sguardo è andato oltre la porta, fin dietro al maxi schermo. Li proiettata nitidamente c'era Raffaella che si baciava con uno che non avevo mai visto. L'unico che aveva colto era Pippo, gli altri pensavano fossi stato colpito da qualche rara malattia e mi chiedevano che avessi con uno sguardo preoccupato. Pippo, il capitano, senza perder tempo li allontana, mi prende sotto braccio stringendomi forte e sussurrandomi nell'orecchio: "Abbiamo bisogno di te adesso, non pensarci. Stai con noi per altri 20 minuti, poi la affrontiamo insieme. Come sempre. Tra fratelli, si fa questo ricordi?" Non era mio fratello, ma era come se lo fosse. Non sapevo cosa fare. Uscire dal campo, correre da lei, farmi spiegare... Avevo la testa che mi scoppiava, un pensiero dopo l'altro. Ho guardato verso la sua postazione, non era più seduta. Era scesa verso la prima fila a ridosso delle transenne che separavano il rettangolo di gioco. Guardavo i suoi occhi lucidi e lei che mi gridava qualcosa in quel frastuono generale che non riuscivo a percepire. Soltanto il battito del cuore accelerato e un dolore fortissimo allo stomaco che mi aveva immobilizzato. All'improvviso sento nuovamente la mano di qualcuno che mi afferra. È Pippo che mi tira verso di lui e mi dice: "Guardali-riferito ai ragazzi- hanno paura. Non sanno che stia succedendo. So che questa cosa è molto più grande rispetto ad una stupida partita, ma fallo per loro. Combatti e fagliela pagare. Lei non merita la tua esultanza". Si sapeva dell'esultanza. Lui sapeva sempre tutto di me. Con le lacrime che mi solcavano il viso ho ripreso a correre, ma avevo i riflessi rallentati. Non riuscivo nemmeno a stoppare il pallone. L'unica cosa che volevo era andare sotto la doccia, fuori dal campo, fuori da tutto, lontano da lei. Eravamo sempre sotto per 2a1, e di certo il fatto che io mi fossi fermato perché la mia fidanzata si stava baciando con un altro non rientrava nelle prime cause di interruzione del gioco. Quindi bene che dovesse andare, mancava qualche minuto scarso alla fine. La riguardai. Piangeva. Con la faccia immersa nelle mani. Quella immagine, probabilmente, mi diede uno scampolo di lucidità. Mi sono asciugato le lacrime e ho guardato indietro. Luigi aveva palla tra le mani, ma non sapeva a chi passarla. Tutti marcati. Gli avversari, seppure sembrassi un cadavere in campo, mi tenevano sotto debito controllo. Pippo mi guarda. Io lo guardo. Ci capiamo. Con uno scatto vado verso Luigi e chiamo palla con il braccio alzato, i Marchi tratti in inganno dal mio movimento vengono a marcarmi lasciando via libera a Pippo che si invola sulla fascia. Luigi con una finta delle braccia, serve sul piede il capitano che corre indisturbato verso il portiere. Colti di sorpresa gli avversari mollano la presa su di me e si proiettano all'inseguimento di Pippo sulla fascia. All'improvviso si blocca e urla : "Bomber è tua!" Passaggio pennellato, da solo contro il portiere... Stavolta non guardo neanche. Carico soltanto e la palla si conficca alle spalle del portiere. Ricordo solo di aver sentito il pubblico esultare e qualche istante dopo il triplice fischio dell'arbitro che decretava la fine. Poi ero già nella sabbia, sommerso dagli abbracci dei ragazzi. Dopo essermi liberato da quella presa venticolare, il mio sguardo non può che andare nella sua direzione. Era rimasta lì. Non aveva più le mani che le reggevano il viso. Solo dei grandi occhi rossi solcati da lacrime. I Bombers mi passano uno ad uno accanto esultando e scompigliandomi i capelli e si dirigono negli spogliatoi. Pippo mi tira uno schiaffo affettuoso sulla guancia destra e mi fa: "Ci vediamo dentro campione!" Era come se tutto intorno non ci fosse più nessuno. Solo io e lei. Ma circondati dal nero. Senza la luce che dovrebbe essere sinonimo di amore. Forse dopo un istante, secondi, minuti, mi avvicino verso di lei. Lei protende la mano dalla transenna. Mi fermo, forse volontariamente, quel tanto che basta affinché non ci si possa toccare. Poi la guardo negli occhi e le dico: "Questo è stato il mio ultimo regalo che ti ho fatto con il cuore. Cuore distrutto, ma pur sempre con il cuore". Ho abbassato lo sguardo e sono entrato nelle spogliatoi. In compagnia delle mie lacrime.
   
 
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