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Autore: ChildOfTheDeath    19/09/2014    1 recensioni
" Cosa vedi nelle tue visioni? "
" Soltanto sabbia. Sabbia rossa, infuocata. E paura, tanta paura. "
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Quando Nico Di Angelo trascina una ragazzina al campo mezzosangue, nessuno si aspetta che quella semidea dall'aria spaurita possa rappresentare una vera minaccia. Ma Genesis Hale sa di essere completamente pazza. Sente le voci, ha gli incubi e le visioni. Visioni spaventose, di scenari apocalittici, sangue e morte.
Qualcosa di oscuro e potente si sta risvegliando, e lei l'ha visto in anticipo. Quando Rachel Elizabeth Dare pronuncia la profezia è troppo tardi.
Chaos si è ridestato dal suo profondo sonno, e reclama vendetta.
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" E' tutto nelle tue mani, ragazzina. "
" Cosa scegli? Te stessa o il mondo? "
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[ FUTURO APOCALITTICO, QUATTRO ANNI DOPO LA GUERRA DI GEA ] [ NICO/OC ]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter fourteen- Teenage Dream

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Before you met me, I was a wreck but things
Were kinda heavy, you brought me to life
Now every February, you'll be my valentine, valentine 

Let's go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I
We'll be young forever

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi abbassai in tempo per schivare una patatina volante, che finì proprio in mezzo alla scollatura della maglietta che indossava Lux. La ragazza alzò gli occhi al cielo, lanciando un’occhiataccia ad un tizio con i capelli verdi dall’altra parte dell’arena. Doveva essere un figlio di Ecate, o cose del genere. Non pensavo che con il termine “consiglio di guerra”, al campo mezzosangue intendessero una specie di battaglia di cibo e palline di carta. In realtà non sarebbe dovuto finire in quel modo. Tutti i semidei si erano riuniti per discutere della nostra impresa, utilizzando come portavoce i propri capo-cabina. Poi Clarisse aveva cominciato a litigare con Trevis Stoll, che le aveva rovesciato in testa un bicchiere di aranciata. Dopo di che la situazione era definitivamente precipitata. Chirone stava inutilmente tentando di riportare l’ordine all’interno dell’arena, mentre Lux ed io ci eravamo rifugiate nella parte più alta delle gradinate, sperando di non finire ricoperte di Chips o di maionese.

<< Fanno sempre così? >> Domandai, incrociando le braccia al petto. La figlia di Demetra seduta accanto a me sbuffò, esasperata.

<< Sì, la maggior parte delle volte. Sta andando meglio del previsto, a dire il vero. >> Lux ridacchiò, scuotendo i lunghi capelli argentei. Riusciva a mantenere il suo aplomb anche in una situazione del genere. La invidiavo da morire. Feci scorrere lo sguardo verso il basso. Adrian ed Emma erano seduti vicini. Lui sembrava preoccupato, mentre sua sorella continuava a sghignazzare, estremamente divertita. Poi i miei occhi si imbatterono in un paio di iridi scurissime. Nere, quasi come la pupilla. Di Angelo mi fissava dal basso, con le labbra stirate in una linea sottile. Sentii il mio cuore accelerare i battiti. Non ci eravamo più parlati dalla sera prima. Non dopo quello che mi aveva detto.

<< Di questo passo finiremo per distruggere il campo intero. >> Commentai, sospirando. Non che fossi impaziente di partecipare al mio primo consiglio di guerra, ma il tempo stringeva. Negli ultimi due giorni non c’erano state tempeste, ma Chaos non avrebbe tardato a farsi sentire. Stava soltanto pianificando la sua perfetta partita a scacchi. E io non ero mai stata una buona giocatrice. Ero troppo impaziente, impulsiva… Non avrei esitato a sacrificare tutti i pezzi forti, per salvare la mia regina.

<< Si calmeranno, prima o poi. >> Lux si strinse nelle spalle. Non sembrava particolarmente tesa, o nervosa. Non la conoscevo bene, ma ero sicura di poter affermare che quella ragazza era una maestra nel nascondere i suoi sentimenti. Forse era per quello che lei e Nico erano così amici. Con la coda dell’occhio notai Piper raggiungere il centro dell’arena, affianco a Chirone.

<< Silenzio! >> Sbraitò la ragazza. Mi sentii improvvisamente stordita, ma durò soltanto qualche istante. Istante che riuscì a calmare gli animi, e a far tornare tutti quanti ai propri posti. Già. Annabeth me lo aveva detto quel pomeriggio. Piper McLean era una figlia di Afrodite con il dono della parola. La sua lingua ammaliatrice era molto potente. “Ma mai come il tuo sguardo, Genesis.”, aveva sorriso poi la bionda. Era un complimento, ma non avevo potuto fare a meno di abbassare lo sguardo, imbarazzata. Mi passai una mano tra i capelli, appiccicati al collo a causa del sudore freddo. Il centauro chiamò tutti e cinque in prima fila. Mi trovai incastrata tra Nico ed Emma. Continuai a fissare fieramente davanti a me. Non avevo alcuna intenzione di voltare la testa, per nessun motivo.

<< Dichiaro ufficialmente iniziato il consiglio di guerra! >> Esclamò Chirone, battendo uno zoccolo a terra. Il signor D. sorseggiò un po’ della sua Diet Coke, con aria annoiata. Quell’uomo era davvero impossibile.

<< Come tutti sapete, i cinque semidei della profezia dovranno partire al più presto. I problemi sono molti e anche gravi. Innanzitutto, abbiamo bisogno di una squadra che riesca a scoprire dove si nasconde il Calice della Vita. >> Cominciò il centauro, con voce tonante. L’acustica dell’arena era davvero fantastica. Tutti riuscivano a sentire cosa stava dicendo, anche se fino a qualche momento prima le urla e gli schiamazzi erano diventati davvero assordanti.

<< I figli di Atena sono a disposizione. >> Annabeth si alzò in piedi. Chirone annuì, anche se tutti sapevamo che non c’era nemmeno bisogno che la ragazza si proponesse. Annabeth Chase era una leggenda al campo mezzosangue, così come il suo ragazzo- Percy Jackson- che se ne stava seduto accanto a lei, con aria decisamente contrariata. Non potevo biasimarlo. Del resto la sua fidanzata era incinta, e il risveglio di Chaos non l’avrebbe di certo aiutata ad affrontare la gravidanza con serenità.

<< I satiri ci comunicano che i mostri del Tartarono si ricreano sempre più velocemente, perciò necessitiamo di unità che pattuglino New York, giorno e notte. In più ci servirà una squadra che stia ai confini del campo. Non vogliamo brutte sorprese. >> Era davvero interessante assistere al discorso di Chirone. I semidei erano spesso anarchici e facevano quello che avevano voglia, ma quando si trattava di proteggere la propria casa e la propria città… Beh, di certo non avrei voluto averli contro.

<< Non chiederemo l’aiuto del Campo Giove? >> Domandò Leo, qualche fila dietro la nostra. Campo Giove? Cosa diamine era il campo Giove? Lanciai un’occhiata interrogativa ad Emma, ricordandomi subito dopo che era una ragazzina di dodici anni, ed era stata riconosciuta soltanto pochi giorni prima. Certo, avrei potuto chiedere all’individuo accomodato alla mia sinistra, ma… No. Non gliel’avrei data vinta così facilmente.

<< Piper ha contattato Jason Grace con un messaggio-iride. La delegazione dei romani sarà qui molto presto. >> Rispose il centauro. Un brontolio si diffuse nelle file dei mezzosangue. Evidentemente non erano d’accordo sulla decisione.

<< Creeranno soltanto problemi! >> Abbaiò Clarisse, acclamata dai suoi fratelli, figli di Ares. Vidi Adrian lanciarle un’occhiataccia, mentre Annabeth si alzava di nuovo in piedi, pronta a controbattere. Avrei tanto voluto sentire la sua risposta. Ma il mondo davanti ai miei occhi sfumò, e caddi in un buco nero.

 

 

Sono nel deserto. Le dune di sabbia si estendono all’infinito, inondando l’orizzonte. Fa caldo, caldissimo. La mia gola riarsa brucia, supplicando per un po’ di acqua. Il calore del sole mi fa scottare la nuca, bollente. Di fronte a me si erge un grande edificio a due piani. Sembra una fabbrica abbandonata, ma sopra la grande porta in alluminio è affisso un cartello luminoso.

Discoteca  Τερψιχόρη- Orario 23.00-5.00

Discoteca Tersicore. Perché nel deserto c’è una discoteca? Avanzo di qualche passo, incerta. Se entrassi troverei sollievo, ma non voglio farlo. C’è qualcosa che mi attira verso quel posto, ma allo stesso tempo il mio istinto dice che devo scappare. Allora capisco. Il calice è lì dentro. Lo so, per certo. Percepisco il suo potere, che mi chiama. Mi dice di venirlo a prenderlo, di sprigionare la sua energia. Ma non posso. Non posso farlo, morirò di certo. Tutta quella sabbia mi inghiottirà, e finirò dritta tra le braccia di Chaos. Dove lui potrà uccidermi, al momento sbagliato.

La sabbia è troppa. Non ne ho mai vista tanta tutta insieme. E si solleva, sferzandomi il viso, facendomi sanguinare le nocche. La consapevolezza striscia lungo la mia spina dorsale, fredda come un cubetto di ghiaccio.

Ho capito dove sono.

Ho capito dove si nasconde il calice.

Ho capito dove si svolgerà la nostra impresa.

Dove si trova l’altare per il mio sacrificio.

 

 

<< L’ho visto! >> Gridai, scattando in piedi. Chirone si bloccò. Stava spiegando ai figli di Apollo qualcosa riguardo ad alcuni turni di guardia estremamente importanti, o cose del genere. Mi trovai centinaia di occhi puntati addosso.

<< Ho visto dove si trova il calice. >> Dissi, con voce tremendamente seria. Tutta quella sabbia… Come avevo fatto a non capirlo prima? Non si trattava del Tartaro, non lo era mai stato. Mi chiesi come avremmo fatto a sopravvivere, in quel posto dimenticato dagli dei. E non era l’Alaska, né gli abissi più profondi e antichi della terra. No. Era qualcos’altro. Qualcosa che mi spaventava ancora di più.

<< E’ nel deserto. >> Deglutii.

<< Il deserto del Sahara. >>

 

 

 

 

 

 

 

 

Lasciai che l’acqua lambisse con leggerezza i miei piedi nudi, che affondavano lentamente nella sabbia. Mi era sempre piaciuto vederli scomparire per un attimo, e poi tornare alla luce in un soffio, come se niente fosse successo. Mi sembrava di sprofondare, ma non lo facevo mai davvero. Forse avevo semplicemente bisogno di sapere che non sempre la sabbia era un’arma di distruzione, del resto senza di essa il mare non sarebbe esistito. E senza il mare il bellissimo paesaggio che si parava di fronte ai miei occhi non sarebbe potuto essere stato ammirato da nessuno. Avrei voluto scattare una fotografia alla luna piena che brillava nel cielo scuro, o alle migliaia di stelle che brillavano dall’alto, come per proteggere gli esseri umani dalla pesantezza dell’universo… Purtroppo però al campo era raro trovare dispositivi elettronici. Attiravano i mostri, o almeno così mi era stato detto.

<< A volte questo posto riesce ancora a sembrarmi casa mia. >> Feci per voltarmi al suono di quella voce, ma non mi sarei fatta rovinare quel bel momento. Ero andata sul bagnasciuga per riflettere, e ci stavo riuscendo. Dal cortile delle cabine giungevano suoni di grida divertite e grosse risate. I semidei avevano bisogno di un momento di svago. Connor e Trevis avevano organizzato il torneo di pallavolo subito dopo il consiglio di guerra. Non tutti stavano partecipando, ma anche i più pigri assistevano alle partite più divertenti della storia della pallavolo.

<< Perché è casa tua. >> Risposi, continuando a camminare lentamente. Nico mi affiancò. Anche lui si era tolto le scarpe e i calzini. Era rimasto con i jeans arrotolati sulle caviglie e la maglietta a mezze maniche con il bordo completamente slabbrato. Gli lanciai un’occhiata di sottecchi, maledicendomi subito dopo. La luce della luna si rifletteva sul bel volto, proiettando sugli zigomi l’ombra delle sue lunghe ciglia. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni.

<< Ti ho cercata tutta la sera. >> Disse, con tono quasi accusatorio. Sì, beh… Dopo il consiglio ero praticamente scappata via. Non volevo affrontare la realtà dei fatti. E poi avevo il diritto di restare sola per almeno una mezz’oretta, no? Ovviamente il campo mezzosangue mi piaceva tantissimo, ma la privacy non era facile da trovare, soprattutto nella cabina di Ermes.

<< Forse ti stavo evitando. >> Commentai con franchezza. Perché effettivamente era vero. Non avevo voglia di affrontare Nico, non dopo quello che era successo a Las Vegas. Sapevo che non pensava davvero quello che aveva detto, ma aveva perfettamente ragione.

<< Non ti succederà proprio niente.  >> Calcò le ultime parole, cercando il mio sguardo. Ridacchiai, amaramente. Riusciva persino a leggermi nel pensiero. Abbassai la testa, improvvisamente interessata ad un pezzo di madreperla insabbiato. Mi chinai a raccogliere la piccola conchiglia, passandoci sopra un dito. Era bianca, con varie sfumature violacee e azzurrognole.

<< Se lo ripeterai ancora un po’ ti convincerai. Io l’ho fatto, sai? >> Sorrisi, ma era un sorriso macabro. Avrei tanto voluto parlare con mio padre in quel momento. Lui avrebbe saputo che cosa dirmi. Lui sapeva sempre cosa dirmi, soltanto che io ero accecata dal senso di ingiustizia che nutrivo nei suoi confronti. Per tutta la mia vita l’avevo incolpato del matrimonio con Moira, di avermi dato Mark come fratellastro… Ma in realtà non avevo mai saputo quale era la vera storia.

<< Non ti lascerò morire, Genesis. >> E forse era soltanto una mia impressione, ma mi sembrò che la sua voce avesse leggermente tremato. Mi fermai, voltandomi verso di lui. In quei giorni gli era cresciuta un po’ di barba, che lo faceva sembrare più vecchio dei suoi diciotto anni appena compiuti.

<< E io non lascerò che il mondo venga distrutto a causa mia. Nemmeno io voglio morire, ma se è così che deve andare… >> Mi strinsi nelle spalle, fingendo noncuranza. Era evidente che non avessi ancora metabolizzato la profezia, ma in quel momento non potevo concedermi crolli nervosi. Il giorno seguente saremmo partiti per il deserto del Sahara. Non sapevo ancora come saremmo sopravvissuti, dove avremmo trovato l’acqua, se avremmo dormito sulla sabbia o in una qualche grotta piena di scorpioni… Ma a rifletterci di più mi veniva soltanto un gran mal di testa, perciò avrei lasciato fare a Chirone e ad Annabeth. Il signor D. era stato convocato con urgenza per un’altra riunione sull’Olimpo, ma dubitavo che gli dei ci avrebbero creduto. Stavano semplicemente negando l’evidenza, perché si erano resi conto di essere troppo deboli per sconfiggere uno come Chaos.

<< Quando ti ho conosciuta mi avresti buttato sotto ad un treno pur di non farti male. >> Commentò lui, con una scintilla di ironia negli occhi scuri. Ripensai al nostro incontro, e mi venne da ridere.

<< Sono passati solo sette giorni. >> Ribattei. Ci eravamo avvicinati, senza nemmeno accorgercene. La spiaggia era ancora deserta, e nessuno ci avrebbe visti con quel buio. Mi diedi una mentale botta in testa. Non c’era proprio niente da vedere, anche se Nico era così vicino, e così affascinante… La sua bellezza mi spaventava, a volte.

<< Sei cambiata. >> Disse, il tono ridotto ad un sussurro.

Mi sembrava di vivere in un de ja vu. Come se ci trovassimo di nuovo alla fermata del pullman, come se la sua fronte fosse ancora contro la mia, come se fossimo ad un soffio di distanza l’uno dall’altro. Soltanto che in quel momento probabilmente non sarebbe arrivato Trevis ad interromperci. Volevo davvero che succedesse? O forse ne avevo semplicemente bisogno. Non avevo mai provato dei sentimenti del genere per una persona. Conoscevo il figlio di Ade a malapena da una settimana, eppure mi sembrava di averlo incontrato secoli prima. Avevamo passato giornate infinitamente lunghe insieme, urlandoci contro, litigando continuamente… Eppure quando lui non c’era provavo sensazioni strane. Senza il suo sguardo glaciale puntato addosso e quella perenne espressione piatta mi sentivo quasi insicura. Come se con quelle occhiatacce avrebbe potuto darmi la forza per andare avanti. D’altro canto, a volte avrei voluto saltargli al collo e strozzarlo. Quelle emozioni contrastanti mi confondevano, e non poco. Grazie tante.

<< Se non mi fermi adesso, combineremo un casino. >> Mormorò, con voce roca.

 Aveva ragione. Perché lui era stato innamorato di un ragazzo, perché eravamo troppo diversi, o forse troppo simili. Perché il giorno successivo saremmo partiti per un’impresa dalla quale molto probabilmente non saremmo tornati, vivi almeno; perché ci conoscevamo da pochissimo tempo, perché avevamo fin troppi demoni contro cui combattere, perché eravamo esageratamente egoisti ed altruisti al tempo stesso, perché eravamo quelli strani, il figlio del diavolo e la figlia della discordia. Ma non mi interessava. Non in quel momento. Non mentre si avvicina sempre di più, mentre io rimanevo immobile, perché una parte di me sapeva che quello che stavamo per fare non era giusto. Per niente. Ma ero sempre stata una persona impulsiva. Non pensavo mai alle conseguenze delle mie azioni, che molto spesso mi ritorcevano contro. Ma si sa, è la vita.

<< Fermami. Genesis. >> Supplicò quasi, mentre mi infilava una mano tra i capelli, sciogliendo la coda di cavallo che mi ero fatta sbrigativamente dopo il consiglio.

<< No. >> Poi aprii la bocca per parlare ancora. Errore madornale.

Le nostre labbra si incontrarono, e il mio mondo esplose. Allora era quello che si provava a baciare qualcuno. Soltanto che invece delle farfalle, io mi sentivo un tornado nello stomaco. Sarei potuta partire in orbita da un momento all’altro, mentre avvolgevo le braccia attorno al collo di Nico, per tirarmelo ancora più vicino. Come se già non lo fossimo abbastanza. Mi alzai in punta di piedi, mentre le sue mani finivano sui miei fianchi, sotto alla maglietta arancione del campo. Era evidente che nessuno dei due si aspettasse tanta audacia, ma la mia mente era entrata in uno stato di collasso del sistema. Un enorme collasso di sistema. Schiusi le labbra, permettendogli di approfondire il bacio. Una scarica di brividi caldi mi scosse da capo a piedi.

L’unica cosa che riuscivo a pensare era una serie di: ancoraancoraancoraancora. Il mio cuore batteva talmente forte che sarebbe potuto uscire dalla cassa toracica senza alcuna difficoltà. Trassi dal naso un respiro traballante, strizzando gli occhi. Sentire Nico così vicino a me mi stava mandando decisamente fuori di testa.

Oh, al diavolo.

Avevo sedici anni ed erano gli ormoni a governarmi, non potevo comportarmi come una cinquantenne in menopausa. E che male c’era se per un momento lasciavo da parte tutto il casino della mia vita? Della nostra vita.

<< Oh. Miei. Dei. >> Spalancai gli occhi, staccandomi di scatto. Non ero stata di certo io a parlare. Mi voltai, con un groppo in gola.

Drew ci fissava come se avesse appena visto la borsa di Prada più costosa del mondo in saldo. Spalancò la bocca, con le iridi castane che le brillavano per l’eccitazione.

Dannazione.

Poi girò i tacchi, e cominciò a correre molto più velocemente di quanto avesse mai fatto in tutta la sua vita. Imprecai tra i denti, stringendo i pugni. L’avrebbe detto a tutti, ne ero sicura. Se fosse successo ancora qualcosa mi sarei messa a strillare. In quel momento avrei tanto voluto salire in groppa al mio drago e fuggire lontano, magari insieme a Nico. Ma soltanto magari. Ripensare alla faccia di Chirone quando gli avevo detto ciò che era successo con l’Idra mi fece quasi spuntare un sorriso sulle labbra.

<< Avevo detto che avremmo combinato un casino. >> Disse il diciottenne. Il suo tono totalmente indifferente e privo di emozione era ritornato. La barriera era stata eretta di nuovo.

<< Forse è meglio andare a dormire. Buonanotte, Di Angelo. >> Poi mi voltai, con i piedi nudi nella sabbia asciutta.

<< A domani, Hale. >> Ribatté mentre mi allontanavo.

Avrei pensato il giorno successivo a ciò che era successo.

Forse avrei dormito senza incubi, dopo tanto tempo.

Forse quella sarebbe stata davvero una buona notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Ebbene sì, sono in ritardo. Di nuovo. Però capitemi, è  iniziata la scuola e i miei professori già parlano di maturità (e io sono in quarta), non li sopporto più, davvero. Cooooomunque. Finalmente quei due ce l’hanno fatta, eh? Spero che il capitolo vi sia piaciuto, spero di riuscire a postare il prossimo un po’ prima, ma non garantisco niente. Grazie mille per essere arrivati fin qui :3 Ci si sente alla prossima

Bacioni

(E che Atena sia con noi, poveri malcapitati studenti)

   
 
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