Chapter
fourteen- Teenage Dream
Before you met me, I was a
wreck but things
Were kinda heavy,
you brought me to life
Now every February,
you'll be my valentine, valentine
Let's go all the
way tonight
No regrets, just
love
We can dance until
we die
You and I
We'll be young
forever
Mi abbassai in
tempo per schivare una patatina
volante, che finì proprio in mezzo alla scollatura della
maglietta che
indossava Lux. La ragazza alzò gli occhi al cielo, lanciando
un’occhiataccia ad
un tizio con i capelli verdi dall’altra parte
dell’arena. Doveva essere un
figlio di Ecate, o cose del genere. Non pensavo che con il termine
“consiglio
di guerra”, al campo mezzosangue intendessero una specie di
battaglia di cibo e
palline di carta. In realtà non sarebbe dovuto finire in
quel modo. Tutti i
semidei si erano riuniti per discutere della nostra impresa,
utilizzando come
portavoce i propri capo-cabina. Poi Clarisse aveva cominciato a
litigare con
Trevis Stoll, che le aveva rovesciato in testa un bicchiere di
aranciata. Dopo
di che la situazione era definitivamente precipitata. Chirone stava
inutilmente
tentando di riportare l’ordine all’interno
dell’arena, mentre Lux ed io ci
eravamo rifugiate nella parte più alta delle gradinate,
sperando di non finire
ricoperte di Chips o di maionese.
<<
Fanno sempre così? >> Domandai,
incrociando le braccia al petto. La figlia di Demetra seduta accanto a
me
sbuffò, esasperata.
<<
Sì, la maggior parte delle volte. Sta
andando meglio del previsto, a dire il vero. >> Lux
ridacchiò, scuotendo
i lunghi capelli argentei. Riusciva a mantenere il suo aplomb anche in
una
situazione del genere. La invidiavo da morire. Feci scorrere lo sguardo
verso
il basso. Adrian ed Emma erano seduti vicini. Lui sembrava preoccupato,
mentre
sua sorella continuava a sghignazzare, estremamente divertita. Poi i
miei occhi
si imbatterono in un paio di iridi scurissime. Nere, quasi come la
pupilla. Di
Angelo mi fissava dal basso, con le labbra stirate in una linea
sottile. Sentii
il mio cuore accelerare i battiti. Non ci eravamo più
parlati dalla sera prima.
Non dopo quello che mi aveva detto.
<<
Di questo passo finiremo per distruggere il
campo intero. >> Commentai, sospirando. Non che fossi
impaziente di
partecipare al mio primo consiglio di guerra, ma il tempo stringeva.
Negli
ultimi due giorni non c’erano state tempeste, ma Chaos non
avrebbe tardato a
farsi sentire. Stava soltanto pianificando la sua perfetta partita a
scacchi. E
io non ero mai stata una buona giocatrice. Ero troppo impaziente,
impulsiva…
Non avrei esitato a sacrificare tutti i pezzi forti, per salvare la mia
regina.
<<
Si calmeranno, prima o poi. >> Lux si
strinse nelle spalle. Non sembrava particolarmente tesa, o nervosa. Non
la
conoscevo bene, ma ero sicura di poter affermare che quella ragazza era
una
maestra nel nascondere i suoi sentimenti. Forse era per quello che lei
e Nico
erano così amici. Con la coda dell’occhio notai
Piper raggiungere il centro
dell’arena, affianco a Chirone.
<<
Silenzio! >> Sbraitò la ragazza. Mi
sentii improvvisamente stordita, ma durò soltanto qualche
istante. Istante che
riuscì a calmare gli animi, e a far tornare tutti quanti ai
propri posti. Già.
Annabeth me lo aveva detto quel pomeriggio. Piper McLean era una figlia
di
Afrodite con il dono della parola. La sua lingua
ammaliatrice era molto potente. “Ma mai come il
tuo sguardo, Genesis.”,
aveva sorriso poi la bionda. Era un complimento, ma non avevo potuto
fare a
meno di abbassare lo sguardo, imbarazzata. Mi passai una mano tra i
capelli,
appiccicati al collo a causa del sudore freddo. Il centauro
chiamò tutti e
cinque in prima fila. Mi trovai incastrata tra Nico ed Emma. Continuai
a
fissare fieramente davanti a me. Non avevo alcuna intenzione di voltare
la
testa, per nessun motivo.
<<
Dichiaro ufficialmente iniziato il
consiglio di guerra! >> Esclamò Chirone,
battendo uno zoccolo a terra. Il
signor D. sorseggiò un po’ della sua Diet Coke,
con aria annoiata. Quell’uomo
era davvero impossibile.
<<
Come tutti sapete, i cinque semidei della
profezia dovranno partire al più presto. I problemi sono
molti e anche gravi.
Innanzitutto, abbiamo bisogno di una squadra che riesca a scoprire dove
si
nasconde il Calice della Vita. >> Cominciò il
centauro, con voce tonante.
L’acustica dell’arena era davvero fantastica. Tutti
riuscivano a sentire cosa
stava dicendo, anche se fino a qualche momento prima le urla e gli
schiamazzi
erano diventati davvero assordanti.
<<
I figli di Atena sono a disposizione.
>> Annabeth si alzò in piedi. Chirone
annuì, anche se tutti sapevamo che
non c’era nemmeno bisogno che la ragazza si proponesse.
Annabeth Chase era una
leggenda al campo mezzosangue, così come il suo ragazzo-
Percy Jackson- che se
ne stava seduto accanto a lei, con aria decisamente contrariata. Non
potevo
biasimarlo. Del resto la sua fidanzata era incinta, e il risveglio di
Chaos non
l’avrebbe di certo aiutata ad affrontare la gravidanza con
serenità.
<<
I satiri ci comunicano che i mostri del
Tartarono si ricreano sempre più velocemente,
perciò necessitiamo di unità che
pattuglino New York, giorno e notte. In più ci
servirà una squadra che stia ai
confini del campo. Non vogliamo brutte sorprese. >> Era
davvero
interessante assistere al discorso di Chirone. I semidei erano spesso
anarchici
e facevano quello che avevano voglia, ma quando si trattava di
proteggere la
propria casa e la propria città… Beh, di certo
non avrei voluto averli contro.
<<
Non chiederemo l’aiuto del Campo Giove?
>> Domandò Leo, qualche fila dietro la nostra.
Campo Giove? Cosa diamine era il
campo Giove? Lanciai un’occhiata
interrogativa ad Emma, ricordandomi subito dopo che era una ragazzina
di dodici
anni, ed era stata riconosciuta soltanto pochi giorni prima. Certo,
avrei
potuto chiedere all’individuo accomodato alla mia sinistra,
ma… No. Non
gliel’avrei data vinta così facilmente.
<<
Piper ha contattato Jason Grace con un
messaggio-iride. La delegazione dei romani sarà qui molto
presto. >>
Rispose il centauro. Un brontolio si diffuse nelle file dei
mezzosangue.
Evidentemente non erano d’accordo sulla decisione.
<<
Creeranno soltanto problemi! >>
Abbaiò Clarisse, acclamata dai suoi fratelli, figli di Ares.
Vidi Adrian
lanciarle un’occhiataccia, mentre Annabeth si alzava di nuovo
in piedi, pronta
a controbattere. Avrei tanto voluto sentire la sua risposta. Ma il
mondo
davanti ai miei occhi sfumò, e caddi in un buco nero.
Sono
nel deserto. Le dune di sabbia si estendono all’infinito,
inondando
l’orizzonte. Fa caldo, caldissimo. La mia gola riarsa brucia,
supplicando per
un po’ di acqua. Il calore del sole mi fa scottare la nuca,
bollente. Di fronte
a me si erge un grande edificio a due piani. Sembra una fabbrica
abbandonata,
ma sopra la grande porta in alluminio è affisso un cartello
luminoso.
Discoteca Τερψιχόρη-
Orario
23.00-5.00
Discoteca
Tersicore. Perché nel deserto c’è una
discoteca? Avanzo di qualche passo,
incerta. Se entrassi troverei sollievo, ma non voglio farlo.
C’è qualcosa che
mi attira verso quel posto, ma allo stesso tempo il mio istinto dice
che devo
scappare. Allora capisco. Il calice è lì dentro.
Lo so, per certo. Percepisco
il suo potere, che mi chiama. Mi dice di venirlo a prenderlo, di
sprigionare la
sua energia. Ma non posso. Non posso farlo, morirò di certo.
Tutta quella
sabbia mi inghiottirà, e finirò dritta tra le
braccia di Chaos. Dove lui potrà
uccidermi, al momento sbagliato.
La
sabbia è troppa. Non ne ho mai vista tanta tutta insieme. E
si solleva,
sferzandomi il viso, facendomi sanguinare le nocche. La consapevolezza
striscia
lungo la mia spina dorsale, fredda come un cubetto di ghiaccio.
Ho
capito dove sono.
Ho
capito dove si nasconde il calice.
Ho
capito dove si svolgerà la nostra impresa.
Dove
si trova l’altare per il mio sacrificio.
<<
L’ho visto! >> Gridai, scattando in
piedi. Chirone si bloccò. Stava spiegando ai figli di Apollo
qualcosa riguardo
ad alcuni turni di guardia estremamente importanti, o cose del genere.
Mi
trovai centinaia di occhi puntati addosso.
<<
Ho visto dove si trova il calice. >> Dissi,
con voce tremendamente seria. Tutta quella sabbia… Come
avevo fatto a non
capirlo prima? Non si trattava del Tartaro, non lo era mai stato. Mi
chiesi
come avremmo fatto a sopravvivere, in quel posto dimenticato dagli dei.
E non
era l’Alaska, né gli abissi più
profondi e antichi della terra. No. Era
qualcos’altro. Qualcosa che mi spaventava ancora di
più.
<<
E’ nel deserto. >> Deglutii.
<<
Il
deserto del Sahara. >>
Lasciai che
l’acqua lambisse con leggerezza i miei
piedi nudi, che affondavano lentamente nella sabbia. Mi era sempre
piaciuto
vederli scomparire per un attimo, e poi tornare alla luce in un soffio,
come se
niente fosse successo. Mi sembrava di sprofondare, ma non lo facevo mai
davvero.
Forse avevo semplicemente bisogno di sapere che non sempre la sabbia
era un’arma
di distruzione, del resto senza di essa il mare non sarebbe esistito. E
senza
il mare il bellissimo paesaggio che si parava di fronte ai miei occhi
non
sarebbe potuto essere stato ammirato da nessuno. Avrei voluto scattare
una
fotografia alla luna piena che brillava nel cielo scuro, o alle
migliaia di
stelle che brillavano dall’alto, come per proteggere gli
esseri umani dalla
pesantezza dell’universo… Purtroppo
però al campo era raro trovare dispositivi
elettronici. Attiravano i mostri, o almeno così mi era stato
detto.
<<
A volte questo posto riesce ancora a
sembrarmi casa mia. >> Feci per voltarmi al suono di
quella voce, ma non
mi sarei fatta rovinare quel bel momento. Ero andata sul bagnasciuga
per
riflettere, e ci stavo riuscendo. Dal cortile delle cabine giungevano
suoni di
grida divertite e grosse risate. I semidei avevano bisogno di un
momento di
svago. Connor e Trevis avevano organizzato il torneo di pallavolo
subito dopo
il consiglio di guerra. Non tutti stavano partecipando, ma anche i
più pigri
assistevano alle partite più divertenti della storia della
pallavolo.
<<
Perché è
casa tua. >> Risposi, continuando a camminare lentamente.
Nico mi
affiancò. Anche lui si era tolto le scarpe e i calzini. Era
rimasto con i jeans
arrotolati sulle caviglie e la maglietta a mezze maniche con il bordo
completamente slabbrato. Gli lanciai un’occhiata di
sottecchi, maledicendomi
subito dopo. La luce della luna si rifletteva sul bel volto,
proiettando sugli
zigomi l’ombra delle sue lunghe ciglia. Infilò le
mani nelle tasche dei
pantaloni.
<<
Ti ho cercata tutta la sera. >>
Disse, con tono quasi accusatorio. Sì, beh… Dopo
il consiglio ero praticamente
scappata via. Non volevo affrontare la realtà dei fatti. E
poi avevo il diritto
di restare sola per almeno una mezz’oretta, no? Ovviamente il
campo mezzosangue
mi piaceva tantissimo, ma la privacy non era facile da trovare,
soprattutto
nella cabina di Ermes.
<<
Forse ti stavo evitando. >> Commentai
con franchezza. Perché effettivamente era vero. Non avevo
voglia di affrontare
Nico, non dopo quello che era successo a Las Vegas. Sapevo che non
pensava
davvero quello che aveva detto, ma aveva perfettamente ragione.
<<
Non ti succederà proprio niente. >>
Calcò
le ultime parole, cercando il mio sguardo. Ridacchiai, amaramente.
Riusciva
persino a leggermi nel pensiero. Abbassai la testa, improvvisamente
interessata
ad un pezzo di madreperla insabbiato. Mi chinai a raccogliere la
piccola
conchiglia, passandoci sopra un dito. Era bianca, con varie sfumature
violacee
e azzurrognole.
<<
Se lo ripeterai ancora un po’ ti
convincerai. Io l’ho fatto, sai? >> Sorrisi, ma
era un sorriso macabro.
Avrei tanto voluto parlare con mio padre in quel momento. Lui avrebbe
saputo
che cosa dirmi. Lui sapeva sempre cosa dirmi, soltanto che io ero
accecata dal
senso di ingiustizia che nutrivo nei suoi confronti. Per tutta la mia
vita
l’avevo incolpato del matrimonio con Moira, di avermi dato
Mark come
fratellastro… Ma in realtà non avevo mai saputo
quale era la vera storia.
<<
Non ti lascerò morire, Genesis. >> E
forse era soltanto una mia impressione, ma mi sembrò che la
sua voce avesse
leggermente tremato. Mi fermai, voltandomi verso di lui. In quei giorni
gli era
cresciuta un po’ di barba, che lo faceva sembrare
più vecchio dei suoi diciotto
anni appena compiuti.
<<
E io non lascerò che il mondo venga
distrutto a causa mia. Nemmeno io voglio morire, ma se è
così che deve andare…
>> Mi strinsi nelle spalle, fingendo noncuranza. Era
evidente che non
avessi ancora metabolizzato la profezia, ma in quel momento non potevo
concedermi crolli nervosi. Il giorno seguente saremmo partiti per il
deserto
del Sahara. Non sapevo ancora come saremmo sopravvissuti, dove avremmo
trovato
l’acqua, se avremmo dormito sulla sabbia o in una qualche
grotta piena di
scorpioni… Ma a rifletterci di più mi veniva
soltanto un gran mal di testa,
perciò avrei lasciato fare a Chirone e ad Annabeth. Il
signor D. era stato
convocato con urgenza per un’altra riunione
sull’Olimpo, ma dubitavo che gli
dei ci avrebbero creduto. Stavano semplicemente negando
l’evidenza, perché si
erano resi conto di essere troppo deboli per sconfiggere uno come
Chaos.
<<
Quando ti ho conosciuta mi avresti buttato
sotto ad un treno pur di non farti male. >>
Commentò lui, con una
scintilla di ironia negli occhi scuri. Ripensai al nostro incontro, e
mi venne
da ridere.
<<
Sono passati solo sette giorni. >>
Ribattei. Ci eravamo avvicinati, senza nemmeno accorgercene. La
spiaggia era
ancora deserta, e nessuno ci avrebbe visti con quel buio. Mi diedi una
mentale
botta in testa. Non c’era proprio niente da vedere, anche se
Nico era così
vicino, e così affascinante… La sua bellezza mi
spaventava, a volte.
<<
Sei cambiata. >> Disse, il tono
ridotto ad un sussurro.
Mi sembrava di
vivere in un de ja vu. Come se ci
trovassimo di nuovo alla fermata del pullman,
come se la sua fronte fosse ancora contro la mia, come se fossimo ad un
soffio
di distanza l’uno dall’altro. Soltanto che in quel
momento probabilmente non
sarebbe arrivato Trevis ad interromperci. Volevo davvero che
succedesse? O forse
ne avevo semplicemente bisogno. Non avevo mai provato dei sentimenti
del genere
per una persona. Conoscevo il figlio di Ade a malapena da una
settimana, eppure
mi sembrava di averlo incontrato secoli prima. Avevamo passato giornate
infinitamente lunghe insieme, urlandoci contro, litigando
continuamente… Eppure
quando lui non c’era provavo sensazioni strane. Senza il suo
sguardo glaciale
puntato addosso e quella perenne espressione piatta mi sentivo quasi
insicura.
Come se con quelle occhiatacce avrebbe potuto darmi la forza per andare
avanti.
D’altro canto, a volte avrei voluto saltargli al collo e
strozzarlo. Quelle
emozioni contrastanti mi confondevano, e non poco. Grazie
tante.
<<
Se non mi fermi adesso, combineremo un
casino. >> Mormorò, con voce roca.
Aveva
ragione. Perché lui era stato innamorato di un ragazzo,
perché eravamo troppo
diversi, o forse troppo simili. Perché il giorno successivo
saremmo partiti per
un’impresa dalla quale molto probabilmente non saremmo
tornati, vivi almeno; perché
ci conoscevamo da pochissimo tempo, perché avevamo fin
troppi demoni contro cui
combattere, perché eravamo esageratamente egoisti ed
altruisti al tempo stesso,
perché eravamo quelli strani, il figlio del diavolo e la
figlia della discordia.
Ma non mi interessava. Non in quel momento. Non mentre si avvicina
sempre di più,
mentre io rimanevo immobile, perché una parte di me sapeva
che quello che
stavamo per fare non era giusto. Per
niente. Ma ero sempre stata una persona impulsiva. Non
pensavo mai alle
conseguenze delle mie azioni, che molto spesso mi ritorcevano contro.
Ma si sa,
è la vita.
<<
Fermami. Genesis. >>
Supplicò quasi, mentre mi infilava una mano tra i
capelli, sciogliendo la coda di cavallo che mi ero fatta
sbrigativamente dopo
il consiglio.
<<
No. >> Poi aprii la bocca per parlare
ancora. Errore madornale.
Le nostre labbra
si incontrarono, e il mio mondo
esplose. Allora era quello che si provava a baciare qualcuno. Soltanto
che
invece delle farfalle, io mi sentivo un tornado nello stomaco. Sarei
potuta partire
in orbita da un momento all’altro, mentre avvolgevo le
braccia attorno al collo
di Nico, per tirarmelo ancora più vicino. Come se
già non lo fossimo
abbastanza. Mi alzai in punta di piedi, mentre le sue mani finivano sui
miei
fianchi, sotto alla maglietta arancione del campo. Era evidente che
nessuno dei
due si aspettasse tanta audacia, ma la mia mente era entrata in uno
stato di
collasso del sistema. Un enorme collasso
di sistema. Schiusi le labbra, permettendogli di approfondire il bacio.
Una scarica
di brividi caldi mi scosse da capo a piedi.
L’unica
cosa che riuscivo a pensare era una serie
di: ancoraancoraancoraancora. Il
mio
cuore batteva talmente forte che sarebbe potuto uscire dalla cassa
toracica senza
alcuna difficoltà. Trassi dal naso un respiro traballante,
strizzando gli
occhi. Sentire Nico così vicino a me mi stava mandando
decisamente fuori di
testa.
Oh,
al diavolo.
Avevo sedici
anni ed erano gli ormoni a governarmi,
non potevo comportarmi come una cinquantenne in menopausa. E che male
c’era se
per un momento lasciavo da parte tutto il casino della mia vita? Della nostra vita.
<<
Oh. Miei. Dei. >> Spalancai gli
occhi, staccandomi di scatto. Non ero stata di certo io a parlare. Mi
voltai,
con un groppo in gola.
Drew ci fissava
come se avesse appena visto la borsa
di Prada più costosa del mondo in saldo. Spalancò
la bocca, con le iridi
castane che le brillavano per l’eccitazione.
Dannazione.
Poi
girò i tacchi, e cominciò a correre molto
più
velocemente di quanto avesse mai fatto in tutta la sua vita. Imprecai
tra i
denti, stringendo i pugni. L’avrebbe detto a tutti, ne ero
sicura. Se fosse
successo ancora qualcosa mi sarei messa a strillare. In quel momento
avrei
tanto voluto salire in groppa al mio drago e fuggire lontano, magari
insieme a
Nico. Ma soltanto magari. Ripensare alla faccia di Chirone quando gli
avevo
detto ciò che era successo con l’Idra mi fece
quasi spuntare un sorriso sulle
labbra.
<<
Avevo detto che avremmo combinato un
casino. >> Disse il diciottenne. Il suo tono totalmente
indifferente e
privo di emozione era ritornato. La barriera era stata eretta di nuovo.
<<
Forse è meglio andare a dormire.
Buonanotte, Di Angelo. >> Poi mi voltai, con i piedi nudi
nella sabbia
asciutta.
<<
A domani, Hale. >>
Ribatté mentre mi allontanavo.
Avrei pensato il
giorno successivo a ciò che era
successo.
Forse avrei
dormito senza incubi, dopo tanto tempo.
Forse quella
sarebbe stata davvero una buona
notte.
NOTE
AUTRICE
Ebbene
sì, sono in ritardo. Di nuovo. Però capitemi,
è
iniziata la scuola e i miei professori già
parlano di maturità (e io
sono in quarta), non li sopporto più, davvero. Cooooomunque.
Finalmente quei
due ce l’hanno fatta, eh? Spero che il capitolo vi sia
piaciuto, spero di
riuscire a postare il prossimo un po’ prima, ma non
garantisco niente. Grazie
mille per essere arrivati fin qui :3 Ci si sente alla prossima
Bacioni
(E
che Atena sia con noi, poveri malcapitati studenti)