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Autore: nightmaresandstars    20/09/2014    1 recensioni
[SPOILER! Se non avete letto la trilogia, sbrigatevi e poi tornate qui!]
Helene Snow è la nipote dell'ormai ex Presidente di Panem. Questa è la storia degli ultimi Hunger Games.
Che i Settantaseiesimi Hunger Games abbiano inizio. E possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 19 – L’IMBOSCATA
 
Come tutte le volte, qualcuno prima o poi mi spiegherà perché, c’ho messo un po’ a riprendermi, Eta si era portata tutti quelli che avevo stretto alleanza con lei, incluso quel verme di Haybert, che pur di non morire si era unito al nemico.
La squadra nemica avanzava minacciosa. In pochi secondi i ragazzi che stavano seduti dietro di noi hanno preso le armi, allungando un arco per me e una lancia per Jale.
«Eta, ma che ti ho fatto?! Perché non puoi darmi pace??» ho chiesto impaziente.
«Non te ne fossi accorta, Helene,» ha detto con un tono da saputella. «Siamo dentro l’Arena, se non ti uccido io lo farà qualcun altro»
Era stressante, e per niente gratificante, insomma, credevo fosse mia amica, mentre invece non lo era mai stata.
«Grazie per averci delucidato sulla questione, Eta!» ha detto White in mia difesa.
«Lascia... lascia stare White...» le ho detto abbassando lo sguardo.
In quel momento di distrazione, Claelia ha dato fuoco ad un albero lì vicino con una scatola di fiammiferi, dando inizio ad un incendio.
Eravamo esterrefatti, voleva ucciderci tutti?
Certo che sì, idiota.
I nemici si sono lanciati contro di noi.
Sembrava avessero stabilito in precedenza chi doveva combattere contro chi, perché ognuno è andato contro una persona precisa, senza esitare un attimo.
Eta ovviamente stava combattendo contro di me. Lei aveva una lunga spada, io solo un arco e delle frecce, di certo così non avevo possibilità.
Alla mia destra stavano combattendo schiena contro schiena Fir e Jale, rispettivamente contro Dorothy e Noah, più dietro in modo più o meno sparso c’erano White contro Haybert, Fannia contro Whytt e Volumnia contro Claelia.
Davanti a me vedevo l’incendio divampare. Un intero albero era in fiamme, c’era un sacco di fumo, ma ancora si riusciva a respirare.
Tentavo di controllare cosa stesse accadendo agli altri, ma Eta si stava avvicinando pericolosamente, io indietreggiavo, ma mi rendevo conto che camminare senza vedere dove si stava andando, in una foresta piena di radici e cose simili non era proprio il massimo.
Neanche a farlo apposta, mi stavo abbassando per prendere un bastone, per... difendermi. Ma ammettiamolo, sarebbe stata una difesa inutile.
«Helenee!» ho sentito urlare da un lato.
Era stato Fir, per avvisarmi che Eta aveva deciso di porre fine a quella pagliacciata.
Ho afferrato un po’ di terra vicino alle radici dell’albero e gliel’ho lanciata in faccia. Poi ho sentito lo sparo del cannone.
In preda al panico mi sono alzata, tra le urla di Eta che aveva gli occhi in fiamme.
Ho iniziato ad elencare mentalmente tutti i miei compagni.
Jale, c’è.
White è lì
Fannia sta bene...
Fir...

«O mio Dio, Fir!!!» ho strillato, con le mani davanti alla bocca in preda all’orrore.
«Noooo!!» ha imprecato Jale.
C’è stato un attimo di perfetta staticità. L’incredulità dipinta nei volti di tutti. La spada di Dorothy ancora conficcata dentro al corpo di Fir, ormai inerme in una pozza di sangue.
A quel punto ho avuto una specie di illuminazione.
«Scappate!» ho ordinato.
Si sono tutti risvegliati, e si sono più o meno dispersi. Fannia e Volumnia da una parte, Jale e White dall’altra, e io nel mezzo.
Mi sono allontanata un po’, tentando di rimanere parallela a Jale e White.
Ad un certo punto riuscivo quasi ad intravederli tra gli alberi, ed è stato allora che Dorothy è sbucata da un albero alla mia destra. Fortunatamente non mi ha visto, era diretta all’inseguimento di Jale e White, ma a quel punto io ero disperata, non le avrei mai permesso di fare niente di male a quelli che mi erano cari, per questo ho incoccato una freccia, e ho ripreso a correre dietro a lei.
Vedevo White arrancare dietro Jale, e vedevo Jale che tentava di trascinarla, io avevo il fiatone, ma riuscivo ancora a correre, e il fatto che lei sesse facendo fatica mi risultava strano, era più atletica di me... doveva esserle successo qualcosa mentre combatteva.
Si sono dovuti fermare perché White stava visibilmente zoppicando. Ho visto Dorothy sistemarsi in posizione, sarebbe scattata verso di loro, uscendo da un cespuglio.
«Dorothy!» ho detto.
Lei si è voltata con uno sguardo di sfida, ancora in posizione.
Non credeva potessi fare qualcosa come scoccare la freccia che avevo già preparato. Allora l’ho fatto.
Ho lasciato andare la corda, sperando andasse a segno.
Ho tenuto gli occhi chiusi, avevo paura di quello che sarebbe successo se non l’avessi uccisa, poi il cannone ha sparato.
Ho provato quasi un senso di sollievo, lei era morta e io viva, non ne andavo fiera, ma era meglio rispetto al contrario...
Subito dopo c’è stato un rumore di passi. La prima persona che ho visto uscire da dove veniva Dorothy è stato Noah.
Non c’ho pensato due volte, ho scagliato una freccia alla sua gamba, almeno così non si sarebbe potuto muovere...
«È qui! È qui!» ha iniziato a dire.
«Arriviamo!» gi ha risposto qualcuno.
Poi è successo l’impensabile. Credevo che ormai fosse finita, loro probabilmente erano altre quattro persone, io ero sola.
E invece di dare l’ordine di finirmi o di uccidermi lei stessa, Eta ha cacciato un urlo, un urlo disperato, di dolore.
«La mia Dorothy! Tu hai ucciso la mia amata Dorothy!» farfugliava in lacrime. «Pagherai! Pagherai per questo! Andiamo via! VIA!» ha aggiunto poi ai suoi, andandosene senza neanche pensare a Noah.
Mi sono allontanata lasciando lì Noah. Jale e White erano ancora lì, con volti che prima erano estremamente preoccupati, e che quando mi hanno visto, si sono veramente rilassati.
«Pensavo fossi morta.» ha sussurrato Jale abbracciandomi.
«No, sono viva... e ho anche un prigioniero!» ho risposto entusiasta.
Siamo tornati indietro per prendere Noah.
Poi la situazione è degenerata. L’incendio, di cui ovviamente mi ero completamente dimenticata, stava avanzando verso di noi, e quando ce ne siamo accorti si faceva già fatica a respirare.
«Alzati!» ha detto White a Noah. «Noah! Alzati! Muoviti!»
«Io...» ha tossito. «Io non ce la faccio!»
Jale si è avvicinato e gli ha messo un braccio intorno per poterlo tirare su, eravamo troppo lontani dalla Cornucopia, nel bel mezzo del bosco, non potevamo stare lì dentro per molto ancora.
«Da che parte andiamo?» ha chiesto Noah.
Gli sguardi di White e Jale si sono posati su di me.
È iniziato il panico.
«Io... io no lo so... ho perso il senso dell’orientamento!» ho alzato gli occhi. «Non... non riesco a vedere le stelle... siamo troppo dentro!»
Le lacrime stavano salendo. Avevo paura, lo ammetto. Ero terrorizzata.
Per tutto il tempo, ero rassegnata all’idea di dover morire, mentre adesso, il panico mi stava assalendo, non volevo lasciarli, non volevo andarmene adesso.
Abbiamo iniziato a correre, senza una meta precisa. Una corsa frenetica, contro il tempo, contro le fiamme.
Sembrava non avessimo più una via d’uscita.
I muscoli facevano male per la corsa, i polmoni bruciavano per il fumo, l’aria era incandescente per il fuoco, ma quando pensavamo fosse tutto finito, si è aperto un varco tra gli alberi, abbiamo visto la luna in un piccolo pezzo di cielo. Stavamo andando nella direzione giusta.
Quel sollievo che ho provato è stato ciò che mi ha spinto a correre avanti, a spingere al massimo le mie gambe, a non fermarmi.
Alla fine, quando siamo usciti dal bosco, nello spiazzo della Cornucopia, non ho più resistito, e mi sono accasciata a terra, sull’erba fresca, a cercare di tornare a respirare normalmente.
Quando i miei polmoni hanno smesso di essere in fiamme, mi sono messa a sedere e ho ammirato quello che un semplice fiammifero aveva provocato: un incendio che si estendeva per gran parte dei Distretti Sette e Tre. Era estremamente inquietante, ma almeno adesso sapevo dove eravamo, e potevo essere più tranquilla!
Stavo ancora riprendendo fiato quando ho visto che Jale si stava avvicinando. Si è messo seduto vicino a me e insieme abbiamo guardato un enorme hovercraft scendere dal cielo e scaricare una massa d’acqua sull’incendio, che si è spento provocando una vampata di fumo.
«Hel... tutto okay?» ha chiesto Jale.
«Tu... tu devia ancora... dirmi una cosa...» ho risposto ancora con il fiatone.
«Che cosa?!» sembrava allarmato.
«Tranquillo... ma dovevi dirmi il nome di tua sorella... me l’avevi promesso...»
Si è rilassato, sorridendo.
«Stupida. Ti sembra questo il momento?! Potevi richiedermelo con calma...» ha abbassato lo sguardo. «Anne Lee.» ha aggiunto sussurrando.
«È un nome bellissimo...» ho risposto cercando il suo sguardo.
«Sì, piccioncini, bando alle ciance, che dobbiamo fare con questo tipo?» ha chiesto all’improvviso White. Mi ero dimenticata della loro presenza.
La mia freccia non era più nella sua gamba, ma doveva aver perso molto sangue, perché era pallido e aveva una grande chiazza rosso scuro sul pantalone.
«Allora» ha iniziato Jale, ora il suo tono era più pratico. «Dobbiamo trovare un posto dove andare, ma soprattutto dovremmo trovare le altre...»
«Facciamo così, troviamo un posto, sicuro, ci accampiamo, e poi io e White torniamo qui per vedere se ci trovano, come abbiamo fatto la prima sera.» ho proposto io.
«Per me va bene... ma dove potremmo andare?» ha chiesto White.
Ho fatto mente locale per un po’... al rifugio, sul terreno avevo disegnato una mappa, ho pensato, e ripensato, cercando di focalizzare un posto dove saremmo potuti andare...
«Ci sarebbe una stazione diroccata nella parte dell’Arena del Distretto Sei...» ho detto dopo un po’.
«È sicuro secondo te?» ho chiesto Jale.
«Beh, non possiamo più nasconderci nella foresta, a questo punto credo sia il posto più vicino...»
«Se credi possa andare bene, allora per me va bene.»
«Okay... andiamo?» ho chiesto a White, che ha annuito senza esitare.
Ci siamo incamminati, arrivare in quella stazione, con White e Noah che zoppicavano non è stato facile. Abbiamo impiegato il doppio di quanto ci avremmo messo normalmente. È stato stressante.
Quando siamo arrivati, però, ci siamo resi conto che White non poteva tornare indietro con me, né poteva restare indietro con Noah. Ci siamo dovuti arrangiare, e rimanere lì. Ero preoccupata per Fannia e Volumnia, ma non potevamo veramente pensare di tornare indietro.
«La guardia la facciamo io e Jale, tu va a riposarti.» ho detto a White.
«No, tranquilla, mi fa troppo male la caviglia, non riuscirei comunque a dormire... fammi fare almeno il primo turno, se poi ho sonno, vi sveglio.»
«Sei sicura?»
«Certo, tranquilla...»
«Okay...»
Io e Jale ci siamo allontanati, anche di parecchio, tanto che non sentivo più la voce di White, che forse per disperazione, tentava di attaccare bottone con quel tipo.
Abbiamo trovato un posto tranquillo, e ci siamo seduti, accoccolati.
«Ma tu lo sai che notte è questa?» ha chiesto. Lui era appoggiato alla parete e mi stava abbracciando da dietro, mentre mi accarezzava le braccia.
«In che senso?» non riuscivo a capire...
«Che cosa abbiamo fatto oggi?»
Mi sono messa a pensare...
«Ci... ci siamo sposati?»
«E quindi questa è?»
Mi sono voltata a guardarlo.
«La nostra... prima notte di nozze?»
«Già...» ha risposto baciandomi. «E lo sai generalmente che succede, durante le prime notti di nozze?»
Continuava a baciarmi, è stato in quel momento che il mio cervello ha smesso di funzionare.

Ero scioccato. Non potevano scegliere momento migliore, e anzi, nonostante questo, c’è stata una cosa che mi ha sconvolto ancora di più: di prima mattina, mentre ancora dormivano, un paracadute argentato è caduto nel giardinetto lì vicino.
«Haymitch?» ho chiesto preoccupato. «Haymitch, che cos’è quel paracadute?»
«La mentore del Cinque mi ha chiesto di mandargli un biglietto, dice che Eta vuole parlargli...» mi ha risposto.
«Ma sei matto?!»
«Perché? Che sarà mai?»
«Ha tentato di ucciderli. Ha appena appiccato un incendio! Proprio non te ne frega niente, vero?!»
«Mmh...» sembrava ci stesse seriamente pensando. «Già, direi che non me ne proprio niente.» e se ne è andato via ridendo.
Dovevo andare a parlare con Katniss.
Sono sceso di corsa, l’ascensore sembrava non voler scendere, era lento, e io non avevo tempo da perdere.
Sono arrivato davanti alla porta. Ho inspirato profondamente.
«Katniss!» ho urlato aprendo la porta. «Devi chiudere l’Arena. Adesso! O ci sarà una tragedia!»


 
*Angolino Autrice*
Salve ragazzi(?)
So che vi ho fatto penare, ma proprio non riuscivo a scrivere.
Ormai manca poco... solo due capitoli,
e la cosa mi spaventa...
Spero di riuscire a scrivere per pubblicare la prossima settimana.
A presto,
Lady_Periwinkle
  
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