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Autore: Karmen14    03/10/2008    2 recensioni
Dall'oceano si levano salmodie vibranti... Drache, la bambina dei monti, non sospetta dei misteri che lì si celano, del pericolo che corre... della sua vera natura... ma il fedele Noris saprà proteggerla nella sua avventura tra cielo e mare.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I bazar tentacolari di Meele si stiracchiano per le vie, riempiendo di colore anche i vicoli più stretti. Lì ogni giorno è infinito e uguale all’altro, senza mai un raggio di sole neppure in estate. E a Drache sta molto meglio così, senza quella luce gialla e accecante che fa risplendere le torri della cittadina, inondandole di chiarore. Si sporge appena dalla finestra, il naso tondo che s’affaccia all’esterno con timidezza. Le pupille viaggiano ovunque, catturando soltanto il pulviscolo dell’orzo. Si abbandona sul letto, coprendosi fin sopra la bocca. A poca distanza da lei una tazza fumante l’aspetta. Sulla superficie della bevanda bollente viaggiano semi di cereali croccanti, che beve a fatica, per non dispiacere sua madre. Divora con gusto, invece, la mela succosa che accompagna il beverone. Quando decide di mettersi a carponi, ciocche castane si snodano sulle sue spalle, dando forma a una capigliatura rossiccia e ondulata che le sfiora le guance, solleticandole il viso tondo. Una folata gelida di vento le frusta la schiena, cospargendo di brividi il piccolo corpo magro e affusolato come uno stelo d’erba. La bambina scivola giù dal giaciglio, afferrando una veste corta che s’infila ancora in preda al sonno. Un’ultima occhiata ai campi coltivati e con due salti è scesa al piano terra, caldo e fumoso come di consueto. Il vapore trasuda aroma di fragola, i vasi di confettura si stagliano sul tavolo. Sua madre pressa il mestolo, rigirandolo nel pentolone rovente. La bambina socchiude le palpebre, crogiolandosi nel profumo intenso che avviluppa l’intera casa, rilassando ogni fibra del corpo. Vacilla, crollando sul soffice cuscino alle sue spalle, che l’ accoglie in un abbraccio morbido. Assapora per un secondo quel piacere, ma viene riscossa da sua madre. “Va a vedere nel campo, se trovi qualche ciuffo di malto” le ordina. La bambina sbuffa seccata, si tira su e si fionda fuori, immergendo le ginocchia negli steli d’orzo e perdendosi nelle nubi, simili a fiocchi di cotone che la sua fantasia modella. Per lei, in cielo, ci sono mostri famelici, dame in pericolo e cavalieri un po’ originali immersi in fantastiche avventure. Gli occhi vitrei e neri lampeggiano quando la bambina cade su una radice, sporcandosi di terra. La mamma si arrabbierà senz’altro, mi conviene fare presto Malferma sulle gambe, strappa alcune spighe e le raccoglie in un mazzo, poi corre verso casa sua, una casupola isolata e goffa, con il tetto slanciato che stona con la sua architettura. Ispira, col diaframma attorcigliato nel petto. Nella fugace camminata i capelli si spiegano uno a uno, rivelando una radice scarlatta, nascosta dalle ciocche lunghe e vellutate. Il giorno trascorre in fretta, tra pergamene da scrivere e tomi da studiare e la bambina non fa caso al tempo. Possono passare ore, anche giorni, ma lei si rinchiude in stanza e impara, legge. Di sua madre non le importa molto. Dopo l’isterica sgridata è tornata a lavorare, al piano di sotto. Lei è sempre così: apparentemente calma, ma realmente nervosa. Ormai la bambina ci ha fatto l’abitudine e stare con se stessa è la scelta migliore. Sfoga la sua smaniosa curiosità scrivendo appunti qua e là, osservando le costellazioni a notte fonda, quando non crolla per il sonno. Soprattutto le piacciono gli acquazzoni. Nella sua agendina c’è uno schema del clima, un itinerario di tutte le stagioni piovose e delle reazioni delle piante. Quando la mamma prepara le confetture e fuori piove a dirotto, lei si mette la mantellina e fugge dalla finestra quadrata della sua cameretta. Poi si toglie lo scialle e freme alle punture gelate, doni del cielo plumbeo e scuro che si riflette nelle sue iridi, due cerchi color notte che pulsano di nero. Quella notte pioveva, la bimba ha fatto il solito rituale, uscendo dalla casa rotonda e abbandonandosi all’acqua. Ogni goccia un fremito, una pulsazione del cuore in più, sangue freddo che scorre con una carica maggiore, con uno slancio inarrestabile che sperpera adrenalina in tutto il corpo, stranamente fluido in tutti i movimenti. L’erba diventa tagliente e le sfiora le caviglie. I capelli si raggrumano in ciocche, spargendosi morbidamente sulla fronte bianca. La bambina apre la bocca, schiudendo le labbra rosa. Poche scintille d’acqua le solleticano la lingua e lei si sente diversa. Assapora il gusto dolciastro che le aleggia nel palato e si accascia al suolo, pensando che, una volta, aveva già sentito quel profumo, quella freschezza, quel pizzico salato… “Drache, rientra subito!” Lei si volta di scatto, sua mamma le corre incontro con la fronte imbronciata. “Tuo padre è appena tornato e la cena è pronta! Vuoi prenderti una bella polmonite?” La bambina raccoglie il suo mantello e se lo cala sulla testa umidiccia. “Arrivo, arrivo…” - certe volte sua madre è proprio irritante, sempre con quel piglio deciso che non ammette repliche. Però, almeno, c’è anche papà. Drache sorride e rientra a casa fradicia di pioggia, strofinandosi con un asciugamano prima di accomodarsi sulla sua sedia, la più piccola del tavolo. Si stropiccia gli occhi e trangugia il minestrone con fame disumana. “Buon appetito anche a te” borbotta suo padre, divertito. Sua figlia si asciuga le labbra, sfoderando la sua faccia angelica. “Scusa!” - sua mamma sbuffa, rigirando la carne sul fuoco, senza sapere che padre e figlia ridacchiano alle sue spalle. Finita la cena, Drache gli racconta tutto quello che è successo in città mentre lui era fuori, sulla Via del Commercio, uno stradone costellato di banchi e magazzini, il paradiso dei mercanti che svengono al solo odore del denaro. E suo padre Daio non fa eccezione. È solo merito suo e se le confetture della moglie trovano degni acquirenti. “Ah, davvero? Costruiranno delle nuove case?” Drache annuisce “Proprio laggiù, a sud” . “Allora la bottega di Safira farà affari d’oro!” Commenta l’uomo, felice per aver portato una buona dose di monete alla sua famiglia. “A proposito di Safira, domani ci riuniamo da lei per festeggiare” . Daio aggrotta le sopracciglia e si stiracchia sullo sgabello, sbadigliando. “E perché?” “Ma Daio! È per il tuo ritorno” “Addirittura una festa per me? Sono importante, adesso!” Drache sogghigna, arrampicandosi in braccio a suo padre e appendendosi alle sue vesti risicate, sempre corte e pratiche. Le piace quell’umiltà. Daio non pretende troppo e sa sempre come agire in modo retto, con la giusta dose di avidità, come ha insegnato a sua figlia.
  
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