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Autore: Eos BiancaLuna    21/09/2014    1 recensioni
[Shakespeare, Opere teatrali]
[Shakespeare, Opere teatrali][Shakespeare, Opere teatrali] Romeo e Giulietta decidono di sposarsi ma il giorno del matrimonio lei conosce Mercuzio e improvvisamente si rende conto di non volersi più sposare. Scritta a 4 mani da me e una mia amica che adoro, basta sul gdr che ci ha fatto conoscere.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo Undicesimo

 

Le fredde e mute stelle osservavano impassibili, dall'alto, la scena che si stava svolgendo sotto ai loro occhi gelidi...

Nella silenziosa cella il giovane Capuleti tentava in tutti i modi di muoversi ma il freddo pungente e i ceppi legati al muro gli impedivano qualsiasi movimento lasciandolo inerme e facendolo respirare affannosamente.

Ad ogni respiro una piccola nuvola si innalzava verso l'alto e in ognuna di esse egli rivedeva riflessi i suoi ricordi. La passione era stata sovrana tra i suoi sentimenti, ma per chi era riservata oramai se Giulietta non ricambiava alcun sentimento d'amore?

Pensando e ripensando a come lei aveva rinnegato il suo amore una nota amara gli strideva nell'orecchio e il suo corpo veniva percosso da una piccola scossa.

Lentamente avvicinò la sua mano alla guancia e disse bisbigliando con una voce rauca "Giulietta…”, quel lamento riecheggiò nell’oscurità.  “Giulietta", ripeté più volte.

Mentre si accarezzava il volto si accorse di una lacrima calda che gli scorreva lungo la guancia facendogli bruciare la ferita, una ferita che si era procurato questa volta per amore, o meglio perché non sapeva dimostrare in modo sano l'immenso amore che provava per sua cugina.

Già, ma come poteva amarlo quell'essere cosi angelico e puro di sua cugina? Come poteva amare un mostro come lui che era stato educato all'odio, e che aveva provato a prenderla con la forza? Non poteva, era semplice.

E se lui non riusciva ad amarsi come avrebbe potuto farlo lei?

 Mentre formulava questo pensiero i suoi occhi si annebbiarono e nella cella buia i ricordi iniziarono a fargli compagnia: il sole era caldo sul viso del bambino e i suoi enormi occhi azzurri erano pieni di lacrime mentre guardava il cielo azzurro, una tomba coperta da poco era a pochi passi di distanza da lui che non riusciva a capire bene cosa fosse successo: una lunga e penosa malattia si era portata via sua madre lasciandolo solo al mondo.

Sua madre che era una nobildonna bella e buona, che nella sua vita lo aveva sempre ricoperto di attenzioni non facendogli mai mancare l'amore di quel padre che il bambino non aveva mai conosciuto.

Lui era fermo li con la camicia bianca coperta di lacrime, i capelli lunghi e ricci mossi da quel leggero vento che solleticava la chioma degli alberi, ed era ormai convinto che la sua vita sarebbe stata costellata solo dal dolore e dalla solitudine.

Mentre era immerso nei suoi pensieri qualcuno gli mise una mano sulla spalla e il ragazzino sobbalzò girandosi, e si trovò faccia a faccia con un giovane uomo di una trentina d'anni o poco più; i suoi abiti erano di un rosso scarlatto e i suoi occhi neri come il carbone.

L’uomo lo guardò negli occhi e con una voce spenta e dura gli disse di essere suo zio e che da quel momento sarebbero vissuti insieme; il gracile ragazzino cosi basso per la sua età non riusciva a capire perché suo zio si facesse vivo solo in quel momento, ma non poteva sapere che il giovane uomo aveva un peso sulla coscienza, un peso che era venuto a sollevare, quel peso portava il suo nome: Tebaldo.

Venne condotto in una enorme tenuta e presentato a tutti come Tebaldo Capuleti nipote del grande conte Enrico, il ragazzino si trovò cosi catapultato in una guerra che sua madre non facendogli conoscere il padre aveva cercato di evitargli, lui era un Capuleti, lo era davvero perché primogenito del conte Enrico, ma lui questo non lo sapeva e mai l'avrebbe saputo.

Cresceva così tra il disprezzo dello zio e un amore smisurato che sua zia gli riversava addosso, cresceva nell'ombra della bellezza di sua cugina Giulietta che suo zio amava e venerava come una dea.

Cresceva tra frustate per i comportamenti sbagliati e lunghe e insidiose ore di allenamento, cresceva innamorandosi di una bimba che stava vedendo diventare sempre più grande nel gelo della sua solitudine, e riscaldando il suo cuore freddo nel letto di sua zia.

E cosi quel ragazzino che fino ai suoi dieci anni era cresciuto nell’ amore giusto di una madre, leggendo poesie e favole, imparando a scrivere e ad amare la bellezza pura si ritrovava ora in una situazione che lo stava soffocando lentamente, mettendo a dura prova la sua sanità mentale.

Sei anni erano passati mentre sua zia gli insegnava ad amare le donne e suo zio ad odiare i Montecchi, in quel caos che occupava la sua mente di adolescente l'unico spiraglio di luce era sua cugina Giulietta, una bimba di otto anni che lui vedeva come la personificazione dell'amore puro che gli era stato strappato via troppo presto.

Il ragazzo passava lunghe ore con la bambina sottraendola alle cure della balia e le permetteva di giocare con i suoi capelli o le raccontava innumerevoli storie che la piccola amava tanto.

Provava per quella bambina un amore forte che nemmeno lui sapeva spiegarsi, ed era disposto per lei a qualunque sacrificio anche a costo della propria vita. Cosi continuò a crescere ancorandosi a quella ragazzina per non perdere l'ultima parte pura di lui, poi accadde qualcosa che mutò il suo animo terribilmente…

Un giorno venne a trovarsi in una lite per difendere la sua famiglia, uno stupido duello. Lui era un giovane uomo che aveva da poco compiuto diciotto anni, il suo avversario era proprio il fratello del conte Montecchi, un uomo più grande di lui fatto e finito che riversava la sua rabbia su di un ragazzo solo e il duello portò ad una conclusione tragica: Tebaldo venne ferito gravemente al fianco per non dimenticargli chi comandasse, e venne portato a casa in un lago di sangue.

Sua zia era disperata e suo zio indifferente, sembrava quasi che l'uomo che da otto anni si prendeva cura di quel ragazzo volesse che non sopravvisse alla ferita.

È invece lui sopravisse, ma qualcosa nel suo profondo era mutato… Iniziò a portare i capelli sempre più corti in modo che nulla potesse impedire al suo sguardo freddo e vigile di osservare il mondo, ma anche perché i suoi nemici potessero vedere in quello sguardo la sua pazzia, in modo che nei loro ultimi istanti di vita loro potessero vedere quanto la loro morte lo divertiva.

Così quel ragazzo continuò a crescere e ad innamorasi della bellezza angelica della cugina, cercando in quegli enormi occhi ambrati una traccia d'amore, ma non l'amore che sua zia era disposta a dargli, lui cercava qualcuno che lo amasse, perché quando tutti ti ripetono che sei feccia finisci per crederci, e il tuo disperato bisogno d'amore aumenta.

Lui amava Giulietta, senza però rendersi realmente conto di quello che provava, e cosi passarono altri cinque anni e quel ragazzo era ormai un giovane uomo, un giovane uomo totalmente squilibrato.

Mosse appena le mani e queste iniziarono a formicolare tremendamente, il sangue iniziò a circolare e per un attimo gli fecero male, i ricordi lo avevano pian piano fatto scivolare nel sonno, iniziò a scuotere anche la testa e a sbattere le palpebre, per quanto tempo aveva dormito?

Non sapeva darsi una risposta visto che la piccola cella dove si trovava era senza finestre, poi d'un tratto la porta si aprì di un poco e vi entrò con passo indeciso una fanciulla.

Li per li con un unico raggio di luce che l'illuminava Tebaldo credette che fosse sua cugina e uno strano senso di dolcezza si insinuò dentro di lui legato forse a quei ricordi che gli avevano fatto compagnia durante il suo dormiveglia, ma quando la porta si spalancò totalmente si rese conto che era Esmeralda, quella che tremante e con lo sguardo basso gli faceva visita, si abbandonò con il peso del corpo sulle braccia che erano legate ai ceppi e alzò solamente lo sguardo verso la fanciulla.

I suoi occhi non erano più gelidi come un tempo e somigliavano un po' di più a quelli del bambino che era stato a piangere sotto un cielo luminoso la morte della madre, Esmeralda reggeva tra le mani un cestino di vimini ma non osava avvicinarsi più di tanto per paura che lui potesse in qualche modo ferirla.

In quella giornata di festa era stata l'unica a ricordarsi che il giovane era rinchiuso la sotto senza cibo e così aveva chiesto il permesso al conte Capuleti di andare a fargli visita.

Da quando si era venuto a sapere che la fanciulla era stata disonorata dal giovane Capuleti era stata accolta nella famiglia per volere del conte Enrico, in attesa della sentenza che il principe doveva dare al giovane Tebaldo, e anche se non veniva trattata come una signora le avevano comunque permesso di restare a vivere li con loro già diversi giorni ma la sua vita non era felice.

Non le mancavano cibo e vestiti ma sentiva su di se lo sguardo d'odio che la contessa le rivolgeva continuamente e strano a dirsi le mancava l' uomo che l'aveva messa in quella situazione, cosi mentre tutti si trovavano al matrimonio del giovane Benvolio Montecchi lei era li da Tebaldo per consolarlo, fece un altro passo avanti e guardò negli occhi blu del giovane, "Salve Tebaldo… Come state?".

Il giovane la guardò inclinando la testa di lato ma senza rispondere, non riusciva a capire cosa spingesse quella ragazza ad essere lì dopo tutto il male che le aveva fatto.

Lei fece un altro passo avanti e prese dal cestino di vimini poggiato ai suoi piedi una bottiglia di acqua, la aprì e la portò alla bocca del ragazzo che iniziò a bere avidamente il suo contenuto.

Non si era reso conto di quanto aveva sete finché non aveva sentito l'acqua fresca sulle labbra, tracannò finché non si sentì sazio ma subito dopo trattenne a stento un conato di vomito, deglutì a fatica e guardò di nuovo la fanciulla che con una mano gli accarezzava timidamente la fronte.

"Esmeralda ma che cosa ci fai qui?", chiese senza astio ma con semplice curiosità, la ragazza sempre accarezzandogli la fronte lo guardò "Non lo so Tebaldo, non me lo so spiegare nemmeno io, so solo che a pensarti qui da solo mi si spezzava il cuore".

Il giovane abbassò gli occhi restando in silenzio per un momento, "Capisco… Ma dimmi è vero che sei incinta? È vero che nel tuo grembo cresce mio figlio?".

Pronunciare quelle parole era difficile molto più che restare li in quella umida cella con i ceppi che gli segnalano la carne, era in uno stato di totale abbandono delle passioni che per tanto tempo avevano dominato la sua vita che si sentiva totalmente svuotato.

 Dopo che Giulietta lo aveva ferito sul viso e nell’anima e dopo che Esmeralda era corsa in suo aiuto salvandolo con la sua dichiarazione lui pazzo di dolore aveva scoccato una freccia contro sua cugina e si era lasciato ammanettare mansueto e senza forze.

 La ragazza lo guardò e annuì in silenzio senza riuscire a dire altro, gli occhi di Tebaldo si riempiono di lacrime. Dunque era vero, una parte di lui viveva dentro quella ragazza, un piccolo essere indifeso che aveva bisogno di lui per crescere.

Scosse la testa.                            

Desiderava ardentemente accarezzare la fanciulla ma non potendo farlo una lacrima gli scivolò sul viso, quel bambino poteva essere una tela bianca dove dipingere un mondo senza l'odio che lui provava, si poteva cambiare?

Si poteva dimenticare tutto il male fatto e ricevuto per un piccolo essere che non si era ancora visto?

Si perché nel suo cuore iniziò a farsi spazio, come un bucaneve che cerca di rompere la crosta della neve un sentimento nuovo che proprio come quel fiore era candido e puro, sospirò sonoramente e alzò lo sguardo carico di lacrime verso Esmeralda.

"Perdonami ti prego! So che ho sbagliato, ti ho umiliata e ferita ma non chiedo altro che il tuo perdono”, sospirò per un dolore improvviso all’anima.

“So di non meritarlo perché in cambio non posso darti niente ma se solo tu riuscissi a perdonarmi e a permettermi di stare accanto a questo bambino io ne sarei felice!", non poteva dirle che l'amava perché sarebbe stata una bugia ma aveva comunque cercato di essere sinceri nei suoi sentimenti, e allora la fanciulla gli gettò le braccia al collo con le lacrime agli occhi sorprendendo più se stessa del giovane.

Lei si era innamorata di quello strano ragazzo, se ne era innamorata perché di notte quando dormiva il suo viso diventava angelico simile a quello di un bambino, e nonostante tutto il male che il ragazzo le aveva fatto, tutto l'odio che il suo cervello le aveva imposto di provare su quel giovane squilibrato il suo cuore non vi era riuscito, non poteva dimenticare che in alcuni casi non si è padroni del proprio destino.

"Ti perdono Tebaldo! Lo so che non dovrei, che dovrei odiarti e desiderare la tua morte ma non ci riesco! Non posso! Dopo tutto nel bene e nel male sei il padre di mio figlio!".

Il ragazzo annuì guardandola con gli enormi occhi azzurri carichi di disperazione e respirò profondamente, "Non capisco come tu ci riesca Esmeralda, io non sono stabile ho una grande confusione in testa e per di più sono innamorato di mia cugina", ci rifletté un attimo mentre gli occhi scuri della fanciulla si riempivano di nuovo di dolore.

" Anzi io la desidero, la voglio con tutto me stesso. Persino pochi minuti fa quando la porta si è aperta io ho sperato nel mio cuore che fosse lei, che avesse deciso di chiedermi perdono, io non so se mai riuscirò ad essere un buon padre ma sicuramente non voglio che questo bambino cresca da solo!".

La giovane serva annuì dispiaciuta e si alzò allontanandosi dal giovane uomo in catene, "Non crucciarti ancora Tebaldo la sentenza del principe non è ancora stata emessa, e potrebbe non essere così clemente come credi, da poterti permette di passare la tua vita accanto a questo bambino." Si abbassò a raccogliere il cestino in silenzio e velocemente guadagnò la via della porta, si girò un solo istante per vedere gli occhi del giovane carichi di lacrime, quasi al pari dei suoi.

Giulietta era sdraiata sul letto in camicia da notte della miglior seta rosa pesca, la sua espressione era annoiata e un po' disgustata per aver assistito a quello spettacolo osceno dopo il matrimonio di Benvolio ed Arianna.

La serata era passata così tra un pensiero e l'altro su quella che era la vita di una donna, che fosse ella sposata o ancora nubile. Si girò su di un fianco e gli occhi le vagarono fuori dalla finestra alla ricerca di qualche ricciolo biondo, ma all'orizzonte nemmeno una minima avvisaglia del giovane Mercuzio.

Si alzò a sedere e la piccola lupa che dormiva ai suoi piedi alzò lo sguardo allarmata dall'improvviso movimento della sua padrona, cosicché la ragazza allungò una mano per grattarle la testolina e tranquillizzarla.

Mentre era intenta a coccolare la lupacchiotta un leggero bussare alla porta la fece sobbalzare, perciò si alzò per controllare chi fosse. La sua speranza era che il giovane dai capelli d'oro a dispetto dell'ora avesse optato di venirla a trovare passando per la porta principale come molte volte il padre di lei lo aveva invitato a fare, e invece quando aprì la porta la persona che si trovò davanti fu la giovane Esmeralda che la fissava con uno sguardo a metà tra l'ostile e il depresso.

Entrò nella stanza senza che Giulietta avesse il tempo di fare o dire qualcosa e posò il cestino che aveva tra le mani sulla toletta della giovane e la fissò mentre con le mani si copriva il ventre.

Giulietta invece che i suoi sentimenti non li sapeva tenere a bada si rivolse alla ragazza con l'irritazione perfettamente percepibile nella voce ,Che diavolo ci fai tu qui? E chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia stanza? .

Benché sapesse che suo cugino era un pazzo pensava esattamente come il resto della sua famiglia che quella ragazzina cosi povera e cenciosa avesse preso la palla al balzo con Tebaldo per farsi ingravidare esattamente come avrebbe fatto una cagna o una gatta in calore, e visto che la ragazza non parlava ma si limitava a guardarla fu lei a rompere il silenzio con uno sbuffo.

Sei venuta qui per dirmi ancora quanto tu sia sfortunata?” domandò sarcastica poi aggiunse a voce alta, “Oppure hai perso la lingua? Magari questo tuo comportamento può attaccare con chi non conosce quelli della tua razza”.

Si fermò un momento a girare lentamente intorno alla ragazza quasi come avrebbe fatto uno squalo con la sua preda, sapeva bene che quelle parole la stavano ferendo ma in quel momento non le importava più di tanto.

Era ancora cosi infuriata con suo cugino per averla ferita alla gamba e per aver cercato di violentarla che tutta la sua rabbia stava per sfogarsi su Esmeralda quando finalmente lei parlòAscoltatemi signorina, non sono qui per me stessa ma per vostro cugino!”.

La ragazza nobile distolse lo sguardo annoiata ma la serva continuò, “So che voi siete in stretti rapporti con il nipote del Principe e vi prego di mettere una buona parola con lui per Tebaldo, il crimine che ha commesso è stato atroce ma se voi gli faceste risparmiare la vita noi ce ne andremo per sempre da Verona…”.

Gulietta la interruppe brusca “Non ti devi azzardare a nominare Mercuzio! Hai capito? Lui non centra nulla con te e i vostri guai anzi, è Tebaldo che dovrebbe prostrarsi ai suoi piedi dopo che ha cercato di ucciderlo il giorno del mio compleanno….Ma tu cosa ne sai di come è veramente, lo conosci a malapena”.

Esmeralda abbassò gli occhi e si tenne alla toletta con una mano, per allungare l’altra spostò involontariamente la boccetta della colonia che cadde a terra e si frantumò. Luce drizzò le orecchie e corse giù dal letto a controllare.

“Ma guarda cosa hai combinato!”, gridò la proprietaria del profumo prima che la serva avesse il tempo di dire “Signorina, perdonate, io non volevo lo giuro!”. Giulietta si chinò a raccogliere i pezzi di vetro più grandi mentre Luce annusava incuriosita.

Esmeralda si scansò da li e osservò la sua padrona dispiaciuta e incerta sul da farsi. “No Luce! Spostati, non voglio che ti ferisci con le schegge”, lasciò i pezzi a terra e si affrettò a prendere in braccio la cucciola.

La ragazza dalla pelle scura dietro di lei mormorò “Posso farvi avere dell’altro profumo, ve lo ricomprerò io stessa con i miei risparmi…”, indietreggiò perché la nobile si voltò verso di lei a fissarla inespressiva.

“Tu?” quasi rise, “Ma lo sai che quella è acqua di colonia? Una cosa che tu non possederai mai, come puoi pensare di volerla comprare per me?”.

 La giovane serva umiliata trattenne a stento le lacrime e per avviarsi troppo in fretta alla porta inciampò nella gonna e cadde in avanti. Giulietta solo in quell’istante si ricordò che aspettava un bambino, per di più suo nipote.

Lasciò Luce sul letto con le zampette ancora umide di colonia e raggiunse la giovane a terra, si inginocchiò e le prese una mano “Ti sei fatta male?”.

Esmeralda sorpresa da quel gesto, si aspettava infatti un altro rimprovero, si tirò un po’ su e i suoi occhi bagnati dal pianto incontrarono quelli della sua padrona, “Io vi ho sempre spiata per volere di vostro cugino! E poi gli riferivo i vostri spostamenti e le vostre parole”, singhiozzò.

Giulietta guardandola si rese conto di quanto quella creatura fosse debole e vittima allo stesso tempo delle grinfie di suo cugino, istintivamente l’abbracciò mentre lei piangeva più forte come una bambina. “Non devi temere nulla” pronunciò la nobile rattristata, “Tuo figlio nascerà e nessuno te lo porterà via, te lo prometto” poi silenziosamente anche i suoi occhi piansero.

Esmeralda continuò il suo discorso “Di voi e del nipote del principe però non ho detto mai nulla, nemmeno quando avete dormito insieme, lo so solo io ve lo giuro!”. Giulietta si sentì avvampare ma rimase calma.

“Io vorrei che voi vi fidaste di me”, disse ancora Esmeralda e si staccò dall’abbraccio per guardarla, “Chiedo perdono per quello che vi ha fatto ma vi prego, non fatelo uccidere io lo amo”. Giulietta rifletté per un momento poi le sorride e l’aiutò a rialzarsi e a ricomporsi.

“Credo che vi serva un vestito nuovo” disse alludendo alla gonna lacerata, la giovane la guardò senza capire e lei sorrise ancora, “Siete voi che dovete fidarvi di me”.

La carrozza rallentò dopo aver attraversato il viale si fermò davanti ai cancelli della residenza dei Montecchi quando il sole era ormai alto. Un servitore basso e paffuto aprì lo sportello e allungò pazientemente una mano, era stanco dopo il lungo viaggio e aveva anche una certa fame.

Un’esile braccio dalla pelle rosea spostò la tendina “Finalmente siamo tornati a Verona?”, domandò curiosa. L’uomo annuì “Si signorina”. La mano delicata afferrò quella tesa del servitore poi il volto della ragazza bionda dagli occhi turchesi fece capolino e si guardò intorno, con un gran sorriso balzò giù dalla carrozza.

 “Cordelia!” esclamò Demetra con finto entusiasmo entrando nella sala dei ricevimenti di casa Montecchi, “Ma quanto tempo!”. Le si avvicinò e si scambiarono due baci poco sinceri poi la bionda un po’ sorpresa la guardò meglio “Veramente io non ricordo di avervi mai conosciuta, non so come abbiate fatto a rintracciarmi”.

Demetra la invitò a sedersi “Oh giocavamo sempre insieme da bambine! Siamo praticamente cresciute insieme”. Cordelia si sistemò distrattamente i lunghi capelli “Ma io sono appena uscita dal collegio delle suore che mi hanno ospitata! E voi sembrate più grande di me…

La dama di compagnia di Lady Montecchi tossì “Questo non importa, parliamo di cose serie ora…So che siete diretta dai Capuleti dove sarete ospite. Sapete questa è una grande occasione per voi per rivedere la città in cui siete nata e la vostra più cara amica Giulietta…”.

Cordelia si rilassò e senza chiedere come facesse Demetra a sapere quello che stava dicendo esultò “E’ vero e non vedo l’ora! Sono impaziente di rivederla!”.

Demetra sussurrò con disprezzo “Immagino…” poi si ricompose all’istante dopo un’occhiata strana della giovane di fronte a lei, “Beh la nostra amica in comune sarà impaziente di rivedervi ma badate bene anche ai possibili incontri…” sibilò maliziosa e scoppiò a ridere.

Cordelia rimase seria per un attimo poi si sforzò di ridere insieme a lei “Ma che volete dire? Scusate ma non vi seguo”, s’incuriosì. Demetra rise ancora “Ma come non lo sapete? Mercuzio, il più giovane dei nipoti di Escalus è in procinto di prendere moglie e beh…voi sareste la scelta perfetta! Assolutamente la scelta perfetta!”, tornò seria e la guardò impaziente.

Finalmente notò un po’ d’interesse da parte della giovane che le domandò subito “Voi…dite? E ditemi, com’è questo nipote del principe?”.

La più grande prese il calice d’argento e bevve un sorso di vino, poi accarezzò il bordo e lo fissò intensamente “Dannatamente affascinante, cosi bello da farvi stare male con un solo sguardo, un adone non reggerebbe il confronto con lui…

Una volta anche io lo desideravo, ma questa è storia vecchia. Mia cara, date retta a me, seguite i miei consigli e in poco tempo vi ritroverete sposata e con un titolo, sarete nobile anche voi” la guardò con odio mentre lei fantasticava sul suo primo incontro con Mercuzio e guardava per aria con espressione sognante.

Demetra sbatté il calice sul tavolo e Cordelia sobbalzò, “Forza allora! Brindiamo alla tua nuova vita!”, le offrì un po’ di vino. La giovane ammise ingenuamente “Ma io non l’ho mai bevuto prima d’ora…”, con un sorriso incoraggiante della dama cambiò idea e prese il suo calice. “Adesso sei una donna Cordelia, Cin cin” e bevettero entrambe.

Quando la giovane si congedò Demetra impartì gli ordini ai servitori di sparecchiare il tavolo e corse su per le scale dalla sua padrona. Prima di aprire la porta della camera di Gloria bussò 4 colpi. Una voce rauca ordinò “Vieni”.

La dama entrò assicurandosi di non essere vista da altri e richiuse subito la porta alle sue spalle. La sua padrona era intenta a rilassarsi un po’ nella vasca piena di olii ed essenze profumati, “Allora?” chiese con tono rigido. Demetra tirò fuori dal corsetto una piccola fiala “Come avete ordinato voi, 3 gocce nel vino, il resto verrà poi…”.

Gloria sorrise soddisfatta e le fece cenno di riporre la fiala nel cassetto di un mobile, Demetra ubbidì e dopo prese un telo di lino bianco dal letto che dispiegò e tenne pronto per la sua padrona. “Sai, mi meraviglia quanto tu impari in fretta” sibilò Glora, le ordinò di avvicinarsi e poi si alzò in piedi. Demetra le diede una mano per uscire dalla vasca e poi la avvolse nel telo.

“Ecco, sedete qui…” indicò una sedia con intarsi d’oro. La donna la seguì guardandola con entusiasmo poi la sua mente tornò a Mantova da suo figlio. La dama si inginocchiò a terra per asciugarle i piedi e spalmarvi sopra un unguento. “Vedrete mia signora, che presto riporteremo a casa Romeo e la Capuleti pagherà tutto, ve lo prometto…”, nelle parole di Demetra c’era molta sicurezza.

Gloria tornò a guardarla e disse soltanto, “Lo spero….Tu vedi di finire nel letto del principe il prima possibile”. La dama di compagnia accarezzò più lentamente i piedi della padrona dalle punte fino alle caviglie con un sorrisetto di approvazione. 

Il giovane Mercuzio con in braccio la piccola Dea si era diretto nelle scuderie per farsi sellare Ares, il suo stalliere lo aveva visto come trattava la cucciola e non aveva potuto fare a meno di ridere “Ma non sarà che il vostro cavallo è geloso adesso?”. Il biondo gliel’aveva data in braccio per salire sul suo cavallo “Ares non sarai mica geloso?”, l’animale aveva sbuffato e poi si era annusato con Dea.

“Tutto apposto, hai visto? Diventeranno grandi amici” disse ancora il ragazzo contento. “Posso sapere dove state andando?” chiese lo stalliere passandogli la lupetta. “Tu di a mio fratello di non aspettarmi per pranzo!” esclamò Mercuzio e partì, lo stalliere protestò “Ma signore…!”. Il biondo sparì dalla sua vista dopo averlo salutato con un cenno della mano senza voltarsi.  

Non cavalcò troppo forte, teneva le briglie con una mano sola e con l’altro braccio teneva stretta Dea. Quando arrivò dai Capuleti e si fece annunciare, la balia corse a fare gli onori di casa, o quasi… “Oh Mercuzio! Siete voi! Non ditemi che avete intenzione di restare a lungo!”. Il ragazzo la guardò e sorrise apparentemente poco offeso, “Buongiorno a voi nutrice della mia diletta…”.

La donna lo trascinò via dai cancelli verso il giardino, “Si si adesso venite pure da Giulietta ma dovete andarvene subito perché sta per arrivare Cordelia!”. Mercuzio la guardò stralunato “Chi sarebbe codesta?”. “Una carissima amica di Giulietta” lo corresse brusca lei, “Che voi non dovrete per nessun motivo infastidire” aggiunse.

Il giovane ridacchiò “Perché pensate questo di me? State per avere ospiti e non volete che io vi stia tra i piedi ho capito…”, provò un senso di rabbia guardandola sospirare di sollievo e poi lanciò un’occhiata al balcone della ragazza che tanto bramava.

In quel momento il rumore delle ruote di una carrozza attirarono l’attenzione di entrambi. “Oh mio Dio è già qui! Mi raccomando non muovetemi e non fate passi falsi!” ordinò la balia e corse a ricevere la ragazza. Mercuzio si strinse Dea fra le braccia e sussurrò “Amica mia questa qui è proprio pazza”, lei sembrò ascoltarlo e si sporse per leccarlo sul mento.

La balia prese sottobraccio la ragazza bionda con fare materno “Piccolina come state? Dovete raccontarmi tutto dei vostri studi!”. Cordelia rise, sembrava stranamente felice “Oh si si certo vi racconterò tutto ma prima fatemi incontrare Giulietta!”. La donna annuì e la lasciò un attimo sola all’entrata del castello.

Cordelia approfittò per fare un giro e saltellò distrattamente vicino ai giardinieri che la salutarono pur non conoscendola. Mercuzio che era sfuggito alle grinfie della balia stava cercando un'altra entrata che non fosse il balcone, una grande finestra bassa catturò la sua attenzione “Chissà se queste sono le segrete o la cantina…” pensò.

 “E voi chi siete? E cosa ci fate qui?”.

Una vocina stridula lo colse impreparato cosi abbandonò la sua curiosità e si voltò nella direzione della voce. “Chi siete voi” replicò lui, “Non vi ho mai vista qui”. Cordelia guardò Dea e cercò di afferrarla. Mercuzio istintivamente si ritrasse.

“Oh eccovi voi due! Ma dove eravate finiti? Presto venite con me!”, la balia lanciò un’occhiataccia al ragazzo e li condusse nuovamente all’ingresso. “Mercuzio ve lo chiedo per favore cercate di non fare danni!” lo rimproverò e corse al piano superiore.

“Così voi sareste Mercuzio…” sussurrò Cordelia e gli puntò gli occhi addosso in modo cosi opprimente che lui si sforzò di sorriderle ma poi si girò e le diede quasi le spalle. “Oh che maleducata sono stata! Permettetemi di presentarmi io sono Cordelia Arcangeli”, lo disse facendo un mezzo inchino poi si spostò per tornare a guardarlo in viso.

“Demetra aveva ragione” sussurrò e provò a sfiorargli il viso “Un adone non reggerebbe il confronto”. “Come dite?” chiese lui infastidito, la ragazza sorrise “Era destino che ci incontrassimo proprio oggi”.

“Giulietta! Giuliettaaaa!” gridò per l’ennesima volta la balia. “Eccomi arrivo!” rispose lei dalla sua stanza cambiandosi il terzo paio di orecchini di fronte alla toletta. “Mia signora credo sia ora che voi scendiate” disse Esmeralda guardandola dal riflesso dello specchio.

“Fatto!” annunciò Giulietta e la prese per mano, poi chiamò Luce che le seguì scodinzolando. “Giuliett…”, la balia quasi si strozzò quando si scontrarono sul corridoio . “Eccoci balia! Ti ho detto che sono pronta” sorrise la ragazza che indossava un bellissimo abito rosato.

La donna riprese fiato e si rivolse anche ad Esmeralda “Sbrigatevi allora, c’è giù Cordelia e anche Mercuzio che vi stanno aspettando”. Giulietta incredula guardò la ragazza che teneva per mano poi la trascinò giù per le scale.

Enrico che conversava animatamente con i due ragazzi all’ingresso chiese più volte “Ma prego vogliamo accomodarci intanto di là in salotto?”. Ma Cordelia cambiava discorso e Mercuzio rispondeva che sarebbe rimasto solo per poco. “Ho un’idea” disse Enrico “Perché non restate a pranzo con noi?”.

Cordelia guardò il ragazzo biondo con desiderio. Lui insisteva nel dire che non voleva essere d’intralcio quando il conte sembrò perdere la pazienza “Suvvia! Vi ordino di restare con noi per il pranzo” lo guardò serio poi scoppiò in una risata divertita seguito dal ragazzo, “Vi ringrazio davvero molto signor conte ma non credo che io possa rimanere…”.

“Padre certo che resta con noi! Deve rimanere”. La voce di Giulietta mentre scendeva gli ultimi gradini lo rese frastornato, Dea scivolò giù dalle sue braccia e corse a giocare con Luce. La fanciulla in rosa si avvicinò a spasso svelto verso di lui seguita da Esmeralda che faceva di tutto per evitare lo sguardo del conte.

Mercuzio osservò la ragazza venirgli incontro e ne rimase incantato, erano quasi vicini quando Cordelia strillò “Giulia! Amica mia!” e si buttò su di lei per abbracciarla. Lei rispose all’abbraccio continuando a guardare il ragazzo ma l’amica ancora non la lasciava libera.

Enrico tossì e Mercuzio tornò alla realtà perché la balia lo guardava di nuovo con insistenza. “Conte” disse attirando la sua attenzione, “A qualcuno qui la mia presenza non è gradita è per questo che ho deciso di andarmene”.

La balia sostenne il suo sguardo con aria di sfida poi dopo un ordine brusco di sparire nelle cucine si dileguò. “Non date retta a quella pettegola!” disse Enrico “E restate con noi!”, ridacchiò dandogli una pacca sulla spalla e si avviò nel salone.

“Cordelia ora puoi lasciarmi sto soffocando” disse Giulietta un po’ preoccupata, l’amica si staccò da lei e saltellando andò a presentarsi ad Esmeralda. La fanciulla subito ne approfittò, Mercuzio le si avvicinò e lei istintivamente gli accarezzò la camicia “Come stai?”, voleva dirgli quanto le era mancato ma si trattenne.

Il giovane le prese la mano e la baciò, “Molto meglio ora che ti ho visto e tu? La gamba?”. Si guardarono negli occhi e lei rise “La cura di tutti i miei mali è qui davanti a me”. Mercuzio sorpreso dalle sue parole blaterò “Ah…Beh io ti ho portato la mia lupa così può stare un po’ insieme alla sorella…”, Giulietta si voltò a guardare le due cucciole che si rincorrevano, “Credo che si siano già riconosciute”.

 Cordelia s’intromise tra i due “Vogliamo andare?” e prese Mercuzio sotto braccio scatenando cosi un attimo di tensione nell’aria trattenuta a stento da parte dei due ragazzi.

Alcuni servi annunciarono che il pranzo era servito. Il biondo provò a scrollarsela di dosso ma lei insistette “Io sono l’ospite d’onore oggi non vorrete mica dire di no ad una graziosa e indifesa fanciulla come me? Siete un gentiluomo no? Allora scortatemi al mio posto”, e sorridente lo trascinò via.

Giulietta con una morsa allo stomaco guardò Esmeralda che le faceva segno di no con la testa. Trasse un respiro profondo e ordinò che fosse dato da mangiare alle lupe nella sala insieme a loro. Due servi presero in braccio Luce e Dea mentre lei si affrettava a seguire i due ragazzi biondi.

Arrivarono nella sala dove i genitori di Giulietta si erano già accomodati, Margherita si alzò quando vide Cordelia che finalmente lasciò Mercuzio per abbracciarla. Le due conversarono per un po’ del più e del meno. La balia in piedi dietro la grande tavolata imbandita guardava in cagnesco il giovane da quando lo aveva visto entrare a fianco della bionda.

Giulietta ed Esmeralda si sedettero in silenzio vicine e di fronte a loro Cordelia si accomodò insieme a Lady Capuleti. Il ragazzo mentre passava per andare dall’altra parte fu fermato dalla bionda “Scusate, vi ho già detto che dovreste essere più gentile nei miei confronti, sedete vicino a me”.

Mercuzio e Giulietta si guardarono brevemente. “No grazie” disse lui secco. Enrico ordinò del vino e ridette di gusto, “E su Mercuzio e fatela contenta! Siete il nipote d’un principe non siate cosi rigido!”. Margherita accarezzò la mano del marito intimandogli di non bere troppo e iniziò a mangiare.

Giulietta guardò il padre con aria di rimprovero e sbatté un gomito sul tavolo. “State calma” sussurrò Esmeralda, “Mi sta passando la fame” rispose lei. Alla fine Mercuzio dovette sedersi vicino a Cordelia che non la smetteva più di raccontare di come l’avevano trattata bene le suore e di quante cosa aveva imparato.

“Pensate che so suonare l’arpa! E parlo anche francese!” annunciò tutta contenta guardando più volte il ragazza vicino a lei. Giulietta fissò il cucchiaio nel piatto chiedendosi come fosse possibile che una giornata come quella stesse prendendo una brutta piega cosi all’improvviso. Conosceva bene Cordelia e capiva che c’era qualcosa che non andava.

Sentì il contatto di un piede vicino al suo. Alzò gli occhi e il ragazzo le fece capire che lui era li per lei, che il motivo della sua presenza era solo ed esclusivamente lei. Giulietta sembrò leggergli nella mente.

“Oh del vino!” disse ancora Cordelia, “Conte datemene un po’”. Margherita la guardò storta “Ma siete sicura?”, la bionda annuì “Certo! L’ho assaggiato oggi per la prima volta dai Montecchi”. Enrico smise di bere e lentamente posò il calice sul tavolo.

Calò un silenzio improvviso fra tutti i commensali. “Ho detto qualcosa che non va?” chiese ingenuamente Cordelia. La contessa si sforzò di sorriderle “Ma no mia cara, forse è meglio se facciamo portare via tutto…”, chiamò i servi.

Il conte sospirò e cambio tono di voce “Eh i Montecchi…”, riprese il calice “Voi!”, indicò Mercuzio,“Voi siete amico di quei maledetti…”. Margherita si alzò di scatto pregando che non fosse di nuovo ubriaco, le cameriere corsero a sparecchiare freneticamente e Giulietta cercando di restare calma si alzò e chiese a Cordelia di venire con lei in giardino.

L’amica guardò Mercuzio che era ormai spazientito al massimo “Vieni fuori ho detto! Ti devo parlare!” ripeté Giulietta e dopo vari tentativi riuscì nel suo intento. La trascinò via e una volta sul retro del giardino le spiegò quanto fosse fondamentale che il nome della casata rivale non venisse nominato. Cordelia la ascoltò senza interesse.

Poi accadde che Giulietta sentì una fitta improvvisa dove c’era ancora la ferita inflittale da Tebaldo, il dolore aumentò e lei quasi cadde a terra. Esmeralda raggiunse le ragazze e vide la sua padrona in quello stato “Oh signore! Cosa vi sentite Giulia?!”, l’aiutò a stare in piedi e la accompagnò lentamente al piano di sopra, Cordelia indifferente rimase dov’era.

Una volta sul letto Giulietta domandò“Dov’è Mercuzio?”, la serva le rispose brevemente che stava ancora discutendo con la balia e suo padre. “Allora posso sapere che vi succede?” chiese Esmeralda alla fine. La nobile si toccò la gamba e si tirò su l’abito sbuffando.

 L’altra ragazza impallidì “Credo che ieri abbiate saltato la medicazione, aspettate qui torno subito”. Poco dopo la porta si aprì di poco facendo un leggero rumore e Giulietta che si era tirata su disse “Avanti”, ma invece di Esmeralda entrò nella stanza Luce che subito salì sul letto seguita dalla sorella Dea. La giovane la vide e non poté fare a meno di notare quanto si fosse fatta bella.

“Vieni” le disse dolcemente, “Dai vieni qui”. Dea fece il giro del letto e la guardò timidamente. Giulietta si chinò a prenderla in braccio e la coccolò per un po’. Poi la adagiò vicino a Luce e si stese nuovamente. Esmeralda tornò e si affrettò a medicare la ferita.

 “Non capisco come possa essersi riaperta” disse mentre le fasciava la coscia, “Forse avete fatto un movimento brusco”. Si sedette sul letto e accarezzò le due cucciole che stavano appollaiate vicino a Giulietta.

“Che discussione hanno avuto mio padre e Mercuzio?” chiese improvvisamente seria. Esmeralda la guardò preoccupata, “Vostro padre si è ricordato che siete stata al matrimonio di Benvolio e che quindi siete amica di un Montecchi come Mercuzio…”, Giulietta si alzò dal letto ignorando i rimproveri di non farlo.

“Quindi sta di nuovo facendo i capricci? Cos’è, vuole rimettermi in punizione?”. Si affacciò lentamente alla finestra che non dava sul balcone e la scena che vide le fece quasi tornare la fitta alla gamba. Cordelia in giardino passeggiava vicino al ragazzo biondo e gli faceva strane domande sulla sua vita. Lui era accorso un attimo fuori per cercare Giulietta e aveva trovato Cordelia che invece di dirgli cosa era successo alla sua amica gli stava addosso come una piovra.

Mercuzio alzò gli occhi al cielo visto il tormento che la giovane continuava a dargli e con la coda nell’occhio la vide. Gli bastò un attimo per comprendere quello che le passava per la mente cosi d’impulso lasciò Cordelia da sola in balìa dei suoi discorsi assurdi su delle voci che aveva sentito su di lui e corse su.

Giulietta che si era un attimo ritirata dalla finestra per il dispiacere di ciò che aveva visto lentamente si sporse ancora per guardare in basso e non vide più nessuno dei due.

“Giulia!”, il ragazzo irruppe nella camera senza preavviso. Esmeralda si sbrigò a scattare in piedi e fare una riverenza ma lui la fermò “Non c’è bisogno, non ti affaticare, sei incinta”. Giulietta si voltò di scatto a guardarlo. La serva in silenzio indietreggiò fino a scomparire fuori dalla stanza.

“Non mi dirai che stai pensando quello che penso io…” disse lui trattenendosi dal ridere. La ragazza lo guardò rigida avvicinarsi a lei e alzò il mento. Mercuzio rise “Ti prego salvami da quella che non la sopporto più”. Ma Giulietta continuava a scrutarlo impassibile poi distolse lo sguardo.

Lui si avvicinò ancora e le prese le mani “Ma come fai a pensare che io possa amare un’altra che non sia tu?”.La abbracciò e la tenne stretta a se. “Allora? Me lo spieghi?” chiese mentre le passava le dite fra i capelli. La ragazza gli avvinghiò la schiena, quelle parole le erano entrate dentro e non facevano altro che riecheggiare nella sua mente.

“Dimmelo ancora” mormorò. Lui si chinò a baciarle il collo “Amo solo te” le sussurrò all’orecchio. Finalmente Giulietta sorrise e le brillarono gli occhi. Mercuzio la baciò ancora sul collo poi glielo morse piano. Lei rise per il solletico e si spostò per guardarlo negli occhi.

“Vedo che ancora non sei convinta” ironizzò lui. Capì che lei voleva un bacio vero perché sorrideva e gli guardava le labbra, cosi la accontentò e i secondi divennero minuti, gli attimi ore e i loro respiri eternità.

Esmeralda intanto tratteneva Cordelia con mille scuse per farla stare buona e al suo posto. “Volete leggermi una storia?” le chiedeva indicando la libreria ma la ragazza diceva di no, “Volete suonare per me l’arpa di Giulietta? Sono sicura che approverebbe”. Cordelia sbuffò e si sedette sul divano “No” disse guardandosi intorno.

“Se volete posso farvi fare un ritratto! Mando a chiamare il pittore…” continuò a proporre la ragazza dalla pelle scura facendo cosi infuriare la bionda “Ti ho già detto di no! Ma non capisci? Perché Mercuzio non si trova? Vammelo a cercare!”. La balia le raggiunse in quell’istante “Che succede Cordelia? Perché alzate la voce?”.

La bionda si alzò dal divano e accorse da lei, “Oh balia avete mica visto Mercuzio? Per favore è importante! Ditemelo se sapete dov’è”. La donna lanciò un’occhiata ad Esmeralda e prese Cordelia sottobraccio “Ma perché non ci sediamo invece con tutta calma? Non capisco perché vi ostiniate a pensare tanto a lui! Prima di tutto è un ragazzaccio, secondo è troppo grande per voi…”.

La ragazzina stette un po’ ad ascoltare le sue lamentele riguardanti Mercuzio poi si allontanò da lei e corse in giardino. Il sorriso le riapparve in volto quando vide che la sua amica Giulietta era in compagnia del ragazzo biondo. Si avvicinò a passo svelto e lo chiamò un paio di volte.

“Devi proprio andare?” gli chiese Giulietta, “Adesso intendo”. Lui la guardò in attesa che lo stalliere gli riportasse Ares, “Vieni con me, lontano da questo posto che ti soffoca”. La ragazza si strinse Dea tra le braccia e la accarezzò sulla testa, “Non posso mi si è riaperta la ferita…”.

Le urla di Cordelia li raggiunsero, “Mercuzio rispondete!”. Lui continuò ad ignorarla. Esmeralda e la nutrice accorsero per controllare che non succedesse il peggio. “Vieni Cordelia, il ragazzo se ne sta andando” disse la balia con una nota di felicità.

Ma Mercuzio rivolgeva la propria attenzione soltanto a colei che aveva davanti. “Mi dispiace, perdonale ti prego” disse la fanciulla con la piccola lupa in braccio riferendosi alla sua balia e alla sua amica. Lui si sporse a baciarle la fronte.

Esmeralda riuscì ad allontanare Cordelia che continuava a guardarlo e a chiamarlo. “Sta tranquilla” la rassicurò lui col suo sorriso da seduttore. Ares arrivò accompagnato da uno stalliere che affidò le briglie al proprietario. “Allora io vado…” disse lui poco convinto, “Arrivederci” salutò le tre dietro di loro che ricambiarono tranne la balia.

Mercuzio fece per montare a cavallo e Cordelia si avvicinò di nuovo ma la ragazza davanti a gli intimò di aspettare, “Non mi saluti come si deve?”. Il biondo sorrise, lasciò le briglie e tornò da lei. Cordelia stava per riaprire bocca ma i due ragazzi si baciarono e lei rimase in silenzio quasi scioccata.

La balia ed Esmeralda la tirarono via per le braccia “Andiamo via adesso venite Cordelia, lasciamoli soli” bisbigliò la balia, la ragazza bionda si lasciò portare via da li senza opporre resistenza ma continuò a fissare i due.

“Tornerò da te domani e il giorno seguente e quello dopo” disse Mercuzio accarezzandole il viso e rassicurandola. “Ti aspetterò” rispose lei felice ma allo stesso tempo triste. Dopo un ultimo bacio lui salì su Ares che era rimasto in attesa di partire. Giulietta affidò Dea al ragazzo e rimase a guardarlo finché non spari oltre i cancelli della propria dimora.

Cordelia nella stanza che le avevano assegnato si stava nervosamente guardando allo specchio rigirandosi in continuazione, “Che cos’ho io che non va bene? Che cosa?” gridò al suo riflesso. Giulietta bussò ed entrò dopo aver avuto il permesso.

Non appena la vide la bionda la abbracciò “Oh Giulia scusami tanto! Io non avevo capito, non avevo capito niente!”. La ragazza si staccò pesantemente da lei e la fece sedere sul letto “Ascoltami Cordelia, hai detto di essere stata dai Montecchi questa mattina?”. La bionda cambiò espressione, “Si perché? Demetra mi ha mandata a chiamare”.

Esmeralda comparve con un vassoio carico di acqua e frutta. “Aspetta…Demetra hai detto? Deve essere la serva fidata di Gloria”, Giulietta ci pensò un po’ su e la guardò negli occhi. “Qualunque cosa ti abbia detto non crederle!”

La bionda sbadigliò “Si ma ora non ricordo bene…”, si allungò sul letto e chiuse gli occhi mentre la sua amica si alzava per raggiungere Esmeralda. “Dobbiamo stare molto attente, non mi piace questa storia”, mormorò.

La serva le toccò il braccio per rincuorarla, “Signorina ho visto questa Demetra di sfuggita al matrimonio di Benvolio, non la conosco purtroppo, mi dispiace”. Giulietta sospirò e tornò a guardare l’amica sul letto “Cosa ti ha detto esattamente? Cordelia, Cordelia…?”, le due ragazze si avvicinarono al letto e si resero conto che Cordelia era caduta in un sonno profondo.

Escalus correva tra i boschi a cavallo del suo purosangue come faceva quando aveva bisogno di schiarirsi le idee o restare un po’ sa dolo. Indossava un mantello nero e il cappuccio era tirato su, voleva sentirsi nascosto dal resto del mondo e i suoi lunghi boccoli neri corvini erano nascosti. Le mani erano coperte da guanti di pelle marrone che stringevano le briglie e lo sguardo era perso nel vuoto ma concentrato sull’unica direzione in cui stava andando.

Ad un tratto qualcosa gli si parò davanti e il cavallo s’impennò. Con una agilità assoluta dovuta da un estremo esercizio fisico riuscì a non essere sbalzato a terra e a fermare l’animale. Scese giù con un leggero movimento e si tolse il cappuccio.

Il motivo di quel brusco scatto del cavallo era dovuto al fatto che un calesse gli aveva tagliato la strada e si trovava ora rovesciato a terra. Il cavallo che lo trascinava in qualche modo era riuscito a staccarsi ed era fuggito via. Il Principe si chinò ad esaminare meglio le ruote quando una figura in bianco e grigio sbucò da dietro il calesse e prese a zoppicare lontano da lì.

“Chi siete?” tuonò Escalus serio e tirò fuori il pugnale. La figura zoppicante aveva la veste sporca e strappata davanti ma aveva anche lunghissimi capelli scuri, si voltò a guardarlo e poi corse via inseguita all’istante ma lui la raggiunse e la trascinò contro un albero.

“Rispondetemi!” le puntò il pugnale alla gola ma quando la guardò negli occhi blu qualcosa di lui si riaccese, una vecchia ferita, qualcosa che aveva provato tanto tempo fa e che ora non provava più, un fuoco dormiente sotto la cenere.

“Mio Dio” disse allontanando il pugnale.

 “Lianne…”.

La donna si divincolò ma senza successo, “Io non sono lei” gli gridò in faccia. Escalus la tenne ferma indignato, “Infatti! Lei non c’è più! Allora chi siete?” domandò con rabbia.

La giovane donna lo guardò con disprezzo “Io sono Melania, la sua gemella…”. Il principe le strinse la gola “E cosa ci fate qui nei miei boschi?”, una rabbia improvvisa lo stava accecando. “I vostri boschi?” sentenziò lei con la metà del fiato, “Sono la dama di compagnia di vostra sorella…C-Caterina”.

Escalus la lasciò andare dopo un momento e lei cadde in ginocchio tossendo. “La somiglianza è straordinaria” pensò ad alta voce. Melania si ricompose, “Ve l’ho detto era mia sorella gemella”, guardò il suo calesse distrutto “Guardate cosa avete fatto al mio calesse! Io non so andare a cavallo…e adesso come faccio?”.

Lui si offrì di accompagnarla e dopo qualche battibecco sulla somiglianza anche caratteriale della sorella defunta, Melania riuscì a salire sul cavallo e tornò al palazzo Scaligero insieme al principe.

Escalus una volta a casa l’aiutò a scendere e lei sparì dalla sua vista per andare nelle stanze di Caterina. Il maggiordomo gli venne incontro non appena lo vide dirigersi nella sala del trono, “Vostra grazia, la dama dei Montecchi vi chiede ancora un’udienza…”. Escalus lo interruppe, “Mandatela via e non annunciatela più a me, è già stata qui troppe volte per i miei gusti”. L’anziano uomo annuì e si inchinò, “Come desiderate” disse prima di congedarsi.

La grande sala era stranamente fredda e vuota nonostante il sole fuori non fosse ancora calato. Il principe si tolse il mantello che cadde a terra e sedette sul trono, mentre un paggio gli porgeva una pergamena le porte si aprirono e un rumore di passi svelti non catturò la sua attenzione.

“Mio caro Escalo” bisbigliò una voce femminile, “Manda pure via i tuoi consiglieri” indicò Valentino seduto alla sua destra che la incenerì con lo sguardo. Il principe senza guardarla domandò severo “Perché siete di nuovo qui?”.

Demetra rise “Ma lo sapete già” salì il primo gradino verso di lui, “Vi ho già detto che vi chiederò sempre udienza per conoscerci meglio”, avanzò ancora sulle scale. “Come avete fatto a convincere le guardie a farvi entrare?” chiese Valentino nervosamente. Lei guardò ancora Escalus, “So essere molto convincente. Dovreste saperlo”.

“Basta cosi! Siete troppo vicina al vostro Principe e non vi è concesso guardarlo negli occhi, io non mi fido di voi! Potreste attentare alla sua vita!” Valentino tirò fuori la spada e gliela puntò al viso. Lei finalmente lo guardò e sorrise, “Vostro nipote è forte come e impavido come voi Escalo”, gli prese la lama e si passò la punta lungo il collo.

Escalus si alzò e avvicinò il viso al suo, “Guardie” ordinò agli uomini alle sue spalle in attesa di obbedire, Demetra sperò con tutta se stessa che gli dicesse di lasciarli soli. “Sbattetela fuori da casa mia” furono invece le sue parole.

Esmeralda entrò in camera di Giulietta e le comunicò che Cordelia non si era ancora svegliata. La ragazza la guardò sconsolata e si sdraiò a pancia in giù sul letto “Ma quando sapremo cosa le ha detto quella strega?”, sbuffò e si rigirò a pancia in su.

Luce approfittò per salirle addosso e accomodarsi su di lei. “Non stare la impalata vieni qui!” disse alla serva che ubbidì e si sedette vicino a lei. “Signorina” disse Esmeralda dopo un po’ di silenzio “Voi siete innamorata di Mercuzio?”.

Giulietta la guardò dalla buffa posizione in cui si trovava con la lupa sulla pancia, poi scoppiò a ridere, si tirò su a sedere e prese Luce in braccio. La ragazza con la pelle olivastra si pentì di averglielo chiesto.

“Io”, la nobile sospirò “Io non lo so, non ci capisco più niente, è tutto cosi strano.”. Esmeralda sorrise e accarezzò il musetto di Luce. “Però” continuò Giulietta, “Oddio Esmeralda, credo di amarlo… sul serio”.

La serva la guardò soddisfatta “Lo sapevo! E allora cosa aspettate a dirglielo?”, la fanciulla non rispose perché un tonfo proveniente dalla camera di Cordelia la fece sobbalzare.

A notte fonda Escalus decise di andare a dormire, aveva cenato in fretta e furia evitando gli sguardi di Melania ed era stato a studiare dei documenti importanti nel suo studio. Si ritirò nelle sue stante e si spogliò aiutato dai servi che poi si congedarono.

Si sciacquò il viso e sciolse la sua lunga coda poi osservò meglio il suo letto a baldacchino: le tende lo coprivano e si muovevano da sole. “Venite fuori” ordinò trattenendo la rabbia.

Una risatina proveniente da li gli confermò l’ostinata presenza di Demetra, che scese dal letto e apparve alla sua vista con addosso solo una lunga tunica trasparente. Si avvicinò lenta come un felino con espressione di chi aveva vinto. Il Principe non la guardò.

“Potrei farvi uccidere ve ne rendete conto? O peggio: Potrei uccidervi io stesso”. Demetra si fermò dinanzi a lui e si lasciò scivolare via la tunica rivelandogli il suo corpo nudo alla luce delle candele. Escalus lentamente posò gli occhi su di lei che rimase in silenzio per un lungo istante poi gli afferrò i capelli e lo baciò avidamente.

Convinta che si fosse arreso provò a infilargli la mano nelle brache, fu allora che lui le prese il polso in maniera poco gentile e dopo aver interrotto quel bacio che gli sapeva di subdolo la strattonò per i capelli.

“Forse non sono stato abbastanza chiaro”, strinse più forte e lei sentì qualche capello strapparsi. “Oh Escalo, non sai quanto mi piace il dolore” fu la sua risposta. Il principe allentò la presa e la allontanò da sé, “Maledetta sadica. Credi davvero che io non sappia quando una donna finge interesse per i suoi loschi scopi? Adesso vattene”.

Prese la tunica da terra come se fosse uno straccio e glielo lanciò contro, Demetra sulla porta si rivesti ma non la aprì. “Non finisce qui, mio Escalo” bisbigliò con aria di sfida.

L’uomo al limite della sopportazione aprì la porta e la cacciò fuori dalla sua stanza ignorando le facce sconvolte di due guardie che passavano in quel momento.

Melania che per puro caso si trovava li a quell’insolita ora della notte perché la sua padrona aveva fame, si era appostata dietro una colonna e aveva visto tutto ma non era certa di aver capito bene.

Si nascose meglio e quando le guardie e Demetra se ne furono andate rimase a fissare Escalus inerme appoggiato alla porta ancora teso in volto. Il suo fisico altissimo e possente catturò la sua attenzione, da quando lavorava li non l’aveva mai visto con i capelli sciolti e mezzo spogliato.

Il principe sbuffò un po’ per il sonno , un po’ per la rabbia e guardò distrattamente nella sua direzione. Melania si sentì avvampare, ora che era stata scoperta avrebbe dovuto darsela a gambe invece si girò e appiattì la schiena contro la colonna pregando che non la punisse o che non dicesse…

“Lianne!”

Il nome della sorella riecheggiò per il corridoio e lei strinse i denti e chiuse gli occhi. “Volevo dire Melania, scusate”, la sua voce adesso era troppo vicina.

Riaprì gli occhi e se lo trovò faccia a faccia. La sua era un’espressione di chi sta aspettando una spiegazione così lei sospirò e indicò il sacco che aveva in mano.

“Sono andata nelle cucine perché vostra sorella ha chiesto qualcosa da mangiare…Non ho fatto niente, giuro che non vi stavo spiando”, il tono di Melania era incerto ma stava dicendo la verità.

Il principe sbadigliò, “Va bene, vi credo. Adesso augurate pure a mia sorella la buonanotte”. Si allontanò senza dire altro e si chiuse in camera sua.

Melania ancora mezza sconvolta tirò un sospiro di sollievo e si avviò dalla sua padrona, quindi passò davanti la porta che si era appena richiusa e le parve di sentire un rumore ma non gli diede peso e nel buio affrettò il passo.

   
 
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