Capitolo
Undicesimo
Le
fredde e mute stelle osservavano impassibili, dall'alto, la scena che
si stava
svolgendo sotto ai loro occhi gelidi...
Nella
silenziosa cella il giovane Capuleti tentava in tutti i modi di
muoversi ma il
freddo pungente e i ceppi legati al muro gli impedivano qualsiasi
movimento
lasciandolo inerme e facendolo respirare affannosamente.
Ad
ogni respiro una piccola nuvola si innalzava verso l'alto e in ognuna
di esse
egli rivedeva riflessi i suoi ricordi. La passione era stata sovrana
tra i suoi
sentimenti, ma per chi era riservata oramai se Giulietta non ricambiava
alcun
sentimento d'amore?
Pensando
e ripensando a come lei aveva rinnegato il suo amore una nota amara gli
strideva nell'orecchio e il suo corpo veniva percosso da una piccola
scossa.
Lentamente
avvicinò la sua mano alla guancia e disse bisbigliando con
una voce rauca
"Giulietta…”, quel lamento riecheggiò
nell’oscurità. “Giulietta",
ripeté più volte.
Mentre
si accarezzava il volto si accorse di una lacrima calda che gli
scorreva lungo
la guancia facendogli bruciare la ferita, una ferita che si era
procurato
questa volta per amore, o meglio perché non sapeva
dimostrare in modo sano
l'immenso amore che provava per sua cugina.
Già,
ma come poteva amarlo quell'essere cosi angelico e puro di sua cugina?
Come
poteva amare un mostro come lui che era stato educato all'odio, e che
aveva
provato a prenderla con la forza? Non poteva, era semplice.
E
se lui non riusciva ad amarsi come avrebbe potuto farlo lei?
Mentre formulava questo
pensiero i suoi occhi
si annebbiarono e nella cella buia i ricordi iniziarono a fargli
compagnia: il
sole era caldo sul viso del bambino e i suoi enormi occhi azzurri erano
pieni
di lacrime mentre guardava il cielo azzurro, una tomba coperta da poco
era a
pochi passi di distanza da lui che non riusciva a capire bene cosa
fosse
successo: una lunga e penosa malattia si era portata via sua madre
lasciandolo
solo al mondo.
Sua
madre che era una nobildonna bella e buona, che nella sua vita lo aveva
sempre
ricoperto di attenzioni non facendogli mai mancare l'amore di quel
padre che il
bambino non aveva mai conosciuto.
Lui
era fermo li con la camicia bianca coperta di lacrime, i capelli lunghi
e ricci
mossi da quel leggero vento che solleticava la chioma degli alberi, ed
era
ormai convinto che la sua vita sarebbe stata costellata solo dal dolore
e dalla
solitudine.
Mentre
era immerso nei suoi pensieri qualcuno gli mise una mano sulla spalla e
il
ragazzino sobbalzò girandosi, e si trovò faccia a
faccia con un giovane uomo di
una trentina d'anni o poco più; i suoi abiti erano di un
rosso scarlatto e i suoi
occhi neri come il carbone.
L’uomo
lo guardò negli occhi e con una voce spenta e dura gli disse
di essere suo zio
e che da quel momento sarebbero vissuti insieme; il gracile ragazzino
cosi
basso per la sua età non riusciva a capire perché
suo zio si facesse vivo solo
in quel momento, ma non poteva sapere che il giovane uomo aveva un peso
sulla
coscienza, un peso che era venuto a sollevare, quel peso portava il suo
nome:
Tebaldo.
Venne
condotto in una enorme tenuta e presentato a tutti come Tebaldo
Capuleti nipote
del grande conte Enrico, il ragazzino si trovò cosi
catapultato in una guerra
che sua madre non facendogli conoscere il padre aveva cercato di
evitargli, lui
era un Capuleti, lo era davvero perché primogenito del conte
Enrico, ma lui
questo non lo sapeva e mai l'avrebbe saputo.
Cresceva
così tra il disprezzo dello zio e un amore smisurato che sua
zia gli riversava
addosso, cresceva nell'ombra della bellezza di sua cugina Giulietta che
suo zio
amava e venerava come una dea.
Cresceva
tra frustate per i comportamenti sbagliati e lunghe e insidiose ore di
allenamento, cresceva innamorandosi di una bimba che stava vedendo
diventare
sempre più grande nel gelo della sua solitudine, e
riscaldando il suo cuore
freddo nel letto di sua zia.
E
cosi quel ragazzino che fino ai suoi dieci anni era cresciuto
nell’ amore
giusto di una madre, leggendo poesie e favole, imparando a scrivere e
ad amare
la bellezza pura si ritrovava ora in una situazione che lo stava
soffocando
lentamente, mettendo a dura prova la sua sanità mentale.
Sei
anni erano passati mentre sua zia gli insegnava ad amare le donne e suo
zio ad
odiare i Montecchi, in quel caos che occupava la sua mente di
adolescente
l'unico spiraglio di luce era sua cugina Giulietta, una bimba di otto
anni che
lui vedeva come la personificazione dell'amore puro che gli era stato
strappato
via troppo presto.
Il
ragazzo passava lunghe ore con la bambina sottraendola alle cure della
balia e
le permetteva di giocare con i suoi capelli o le raccontava
innumerevoli storie
che la piccola amava tanto.
Provava
per quella bambina un amore forte che nemmeno lui sapeva spiegarsi, ed
era
disposto per lei a qualunque sacrificio anche a costo della propria
vita. Cosi
continuò a crescere ancorandosi a quella ragazzina per non
perdere l'ultima
parte pura di lui, poi accadde qualcosa che mutò il suo
animo terribilmente…
Un
giorno venne a trovarsi in una lite per difendere la sua famiglia, uno
stupido
duello. Lui era un giovane uomo che aveva da poco compiuto diciotto
anni, il
suo avversario era proprio il fratello del conte Montecchi, un uomo
più grande
di lui fatto e finito che riversava la sua rabbia su di un ragazzo solo
e il
duello portò ad una conclusione tragica: Tebaldo venne
ferito gravemente al
fianco per non dimenticargli chi comandasse, e venne portato a casa in
un lago
di sangue.
Sua
zia era disperata e suo zio indifferente, sembrava quasi che l'uomo che
da otto
anni si prendeva cura di quel ragazzo volesse che non sopravvisse alla
ferita.
È
invece lui sopravisse, ma qualcosa nel suo profondo era
mutato… Iniziò a
portare i capelli sempre più corti in modo che nulla potesse
impedire al suo
sguardo freddo e vigile di osservare il mondo, ma anche
perché i suoi nemici
potessero vedere in quello sguardo la sua pazzia, in modo che nei loro
ultimi
istanti di vita loro potessero vedere quanto la loro morte lo divertiva.
Così
quel ragazzo continuò a crescere e ad innamorasi della
bellezza angelica della
cugina, cercando in quegli enormi occhi ambrati una traccia d'amore, ma
non l'amore
che sua zia era disposta a dargli, lui cercava qualcuno che lo amasse,
perché
quando tutti ti ripetono che sei feccia finisci per crederci, e il tuo
disperato
bisogno d'amore aumenta.
Lui
amava Giulietta, senza però rendersi realmente conto di
quello che provava, e
cosi passarono altri cinque anni e quel ragazzo era ormai un giovane
uomo, un
giovane uomo totalmente squilibrato.
Mosse
appena le mani e queste iniziarono a formicolare tremendamente, il
sangue
iniziò a circolare e per un attimo gli fecero male, i
ricordi lo avevano pian
piano fatto scivolare nel sonno, iniziò a scuotere anche la
testa e a sbattere
le palpebre, per quanto tempo aveva dormito?
Non
sapeva darsi una risposta visto che la piccola cella dove si trovava
era senza
finestre, poi d'un tratto la porta si aprì di un poco e vi
entrò con passo
indeciso una fanciulla.
Li
per li con un unico raggio di luce che l'illuminava Tebaldo credette
che fosse
sua cugina e uno strano senso di dolcezza si insinuò dentro
di lui legato forse
a quei ricordi che gli avevano fatto compagnia durante il suo
dormiveglia, ma
quando la porta si spalancò totalmente si rese conto che era
Esmeralda, quella
che tremante e con lo sguardo basso gli faceva visita, si
abbandonò con il peso
del corpo sulle braccia che erano legate ai ceppi e alzò
solamente lo sguardo
verso la fanciulla.
I
suoi occhi non erano più gelidi come un tempo e somigliavano
un po' di più a
quelli del bambino che era stato a piangere sotto un cielo luminoso la
morte
della madre, Esmeralda reggeva tra le mani un cestino di vimini ma non
osava
avvicinarsi più di tanto per paura che lui potesse in
qualche modo ferirla.
In
quella giornata di festa era stata l'unica a ricordarsi che il giovane
era
rinchiuso la sotto senza cibo e così aveva chiesto il
permesso al conte
Capuleti di andare a fargli visita.
Da
quando si era venuto a sapere che la fanciulla era stata disonorata dal
giovane
Capuleti era stata accolta nella famiglia per volere del conte Enrico,
in
attesa della sentenza che il principe doveva dare al giovane Tebaldo, e
anche
se non veniva trattata come una signora le avevano comunque permesso di
restare
a vivere li con loro già diversi giorni ma la sua vita non
era felice.
Non
le mancavano cibo e vestiti ma sentiva su di se lo sguardo d'odio che
la
contessa le rivolgeva continuamente e strano a dirsi le mancava l' uomo
che
l'aveva messa in quella situazione, cosi mentre tutti si trovavano al
matrimonio
del giovane Benvolio Montecchi lei era li da Tebaldo per consolarlo,
fece un
altro passo avanti e guardò negli occhi blu del giovane,
"Salve Tebaldo… Come
state?".
Il
giovane la guardò inclinando la testa di lato ma senza
rispondere, non riusciva
a capire cosa spingesse quella ragazza ad essere lì dopo
tutto il male che le
aveva fatto.
Lei
fece un altro passo avanti e prese dal cestino di vimini poggiato ai
suoi piedi
una bottiglia di acqua, la aprì e la portò alla
bocca del ragazzo che iniziò a
bere avidamente il suo contenuto.
Non
si era reso conto di quanto aveva sete finché non aveva
sentito l'acqua fresca
sulle labbra, tracannò finché non si
sentì sazio ma subito dopo trattenne a stento
un conato di vomito, deglutì a fatica e guardò di
nuovo la fanciulla che con
una mano gli accarezzava timidamente la fronte.
"Esmeralda
ma che cosa ci fai qui?", chiese senza astio ma con semplice
curiosità, la
ragazza sempre accarezzandogli la fronte lo guardò "Non lo
so Tebaldo, non
me lo so spiegare nemmeno io, so solo che a pensarti qui da solo mi si
spezzava
il cuore".
Il
giovane abbassò gli occhi restando in silenzio per un
momento, "Capisco… Ma
dimmi è vero che sei incinta? È vero che nel tuo
grembo cresce mio
figlio?".
Pronunciare
quelle parole era difficile molto più che restare li in
quella umida cella con
i ceppi che gli segnalano la carne, era in uno stato di totale
abbandono delle
passioni che per tanto tempo avevano dominato la sua vita che si
sentiva
totalmente svuotato.
Dopo che Giulietta lo aveva
ferito sul viso e
nell’anima e dopo che Esmeralda era corsa in suo aiuto
salvandolo con la sua
dichiarazione lui pazzo di dolore aveva scoccato una freccia contro sua
cugina e
si era lasciato ammanettare mansueto e senza forze.
La ragazza lo
guardò e annuì in silenzio senza
riuscire a dire altro, gli occhi di Tebaldo si riempiono di lacrime.
Dunque era
vero, una parte di lui viveva dentro quella ragazza, un piccolo essere
indifeso
che aveva bisogno di lui per crescere.
Scosse
la testa.
Desiderava
ardentemente accarezzare la fanciulla ma non potendo farlo una lacrima
gli
scivolò sul viso, quel bambino poteva essere una tela bianca
dove dipingere un
mondo senza l'odio che lui provava, si poteva cambiare?
Si
poteva dimenticare tutto il male fatto e ricevuto per un piccolo essere
che non
si era ancora visto?
Si
perché nel suo cuore iniziò a farsi spazio, come
un bucaneve che cerca di
rompere la crosta della neve un sentimento nuovo che proprio come quel
fiore
era candido e puro, sospirò sonoramente e alzò lo
sguardo carico di lacrime
verso Esmeralda.
"Perdonami
ti prego! So che ho sbagliato, ti ho umiliata e ferita ma non chiedo
altro che
il tuo perdono”, sospirò per un dolore improvviso
all’anima.
“So
di non meritarlo perché in cambio non posso darti niente ma
se solo tu
riuscissi a perdonarmi e a permettermi di stare accanto a questo
bambino io ne
sarei felice!", non poteva dirle che l'amava perché sarebbe
stata una
bugia ma aveva comunque cercato di essere sinceri nei suoi sentimenti,
e allora
la fanciulla gli gettò le braccia al collo con le lacrime
agli occhi sorprendendo
più se stessa del giovane.
Lei
si era innamorata di quello strano ragazzo, se ne era innamorata
perché di
notte quando dormiva il suo viso diventava angelico simile a quello di
un bambino,
e nonostante tutto il male che il ragazzo le aveva fatto, tutto l'odio
che il
suo cervello le aveva imposto di provare su quel giovane squilibrato il
suo
cuore non vi era riuscito, non poteva dimenticare che in alcuni casi
non si è
padroni del proprio destino.
"Ti
perdono Tebaldo! Lo so che non dovrei, che dovrei odiarti e desiderare
la tua
morte ma non ci riesco! Non posso! Dopo tutto nel bene e nel male sei
il padre di
mio figlio!".
Il
ragazzo annuì guardandola con gli enormi occhi azzurri
carichi di disperazione
e respirò profondamente, "Non capisco come tu ci riesca
Esmeralda, io non
sono stabile ho una grande confusione in testa e per di più
sono innamorato di
mia cugina", ci rifletté un attimo mentre gli occhi scuri
della fanciulla
si riempivano di nuovo di dolore.
"
Anzi io la desidero, la voglio con tutto me stesso. Persino pochi
minuti fa
quando la porta si è aperta io ho sperato nel mio cuore che
fosse lei, che
avesse deciso di chiedermi perdono, io non so se mai
riuscirò ad essere un buon
padre ma sicuramente non voglio che questo bambino cresca da solo!".
La
giovane serva annuì dispiaciuta e si alzò
allontanandosi dal giovane uomo in
catene, "Non crucciarti ancora Tebaldo la sentenza del principe non
è
ancora stata emessa, e potrebbe non essere così clemente
come credi, da poterti
permette di passare la tua vita accanto a questo bambino." Si
abbassò a
raccogliere il cestino in silenzio e velocemente guadagnò la
via della porta,
si girò un solo istante per vedere gli occhi del giovane
carichi di lacrime,
quasi al pari dei suoi.
Giulietta
era sdraiata sul letto in camicia da notte della miglior seta rosa
pesca, la
sua espressione era annoiata e un po' disgustata per aver assistito a
quello
spettacolo osceno dopo il matrimonio di Benvolio ed Arianna.
La
serata era passata così tra un pensiero e l'altro su quella
che era la vita di
una donna, che fosse ella sposata o ancora nubile. Si girò
su di un fianco e
gli occhi le vagarono fuori dalla finestra alla ricerca di qualche
ricciolo
biondo, ma all'orizzonte nemmeno una minima avvisaglia del giovane
Mercuzio.
Si
alzò a sedere e la piccola lupa che dormiva ai suoi piedi
alzò lo sguardo
allarmata dall'improvviso movimento della sua padrona,
cosicché la ragazza
allungò una mano per grattarle la testolina e
tranquillizzarla.
Mentre
era intenta a coccolare la lupacchiotta un leggero bussare alla porta
la fece
sobbalzare, perciò si alzò per controllare chi
fosse. La sua speranza era che
il giovane dai capelli d'oro a dispetto dell'ora avesse optato di
venirla a
trovare passando per la porta principale come molte volte il padre di
lei lo
aveva invitato a fare, e invece quando aprì la porta la
persona che si trovò
davanti fu la giovane Esmeralda che la fissava con uno sguardo a
metà tra
l'ostile e il depresso.
Entrò
nella stanza senza che Giulietta avesse il tempo di fare o dire
qualcosa e posò
il cestino che aveva tra le mani sulla toletta della giovane e la
fissò mentre
con le mani si copriva il ventre.
Giulietta
invece che i suoi sentimenti non li sapeva tenere a bada si rivolse
alla
ragazza con l'irritazione perfettamente percepibile nella voce ,“Che
diavolo ci fai tu qui? E chi ti ha dato
il permesso di entrare nella mia stanza?”
.
Benché
sapesse che suo cugino era un pazzo pensava esattamente come il resto
della sua
famiglia che quella ragazzina cosi povera e cenciosa avesse preso la
palla al
balzo con Tebaldo per farsi ingravidare esattamente come avrebbe fatto
una
cagna o una gatta in calore, e visto che la ragazza non parlava ma si
limitava
a guardarla fu lei a rompere il silenzio con uno sbuffo.
“Sei
venuta qui per dirmi ancora
quanto tu sia sfortunata?” domandò sarcastica poi
aggiunse a voce alta, “Oppure
hai perso la lingua? Magari questo tuo comportamento può
attaccare con chi non
conosce quelli della tua razza”.
Si
fermò un momento a girare lentamente intorno alla ragazza
quasi come avrebbe
fatto uno squalo con la sua preda, sapeva bene che quelle parole la
stavano
ferendo ma in quel momento non le importava più di tanto.
Era
ancora cosi infuriata con suo cugino per averla ferita alla gamba e per
aver
cercato di violentarla che tutta la sua rabbia stava per sfogarsi su
Esmeralda
quando finalmente lei parlò“Ascoltatemi
signorina, non sono qui per me stessa ma per vostro cugino!”.
La
ragazza nobile distolse lo sguardo annoiata ma la serva
continuò, “So che voi
siete in stretti rapporti con il nipote del Principe e vi prego di
mettere una
buona parola con lui per Tebaldo, il crimine che ha commesso
è stato atroce ma
se voi gli faceste risparmiare la vita noi ce ne andremo per sempre da
Verona…”.
Gulietta
la interruppe brusca “Non ti devi azzardare a nominare
Mercuzio! Hai capito? Lui
non centra nulla con te e i vostri guai anzi, è Tebaldo che
dovrebbe prostrarsi
ai suoi piedi dopo che ha cercato di ucciderlo il giorno del mio
compleanno….Ma
tu cosa ne sai di come è veramente, lo conosci a
malapena”.
Esmeralda
abbassò gli occhi e si tenne alla toletta con una mano, per
allungare l’altra
spostò involontariamente la boccetta della colonia che cadde
a terra e si
frantumò. Luce drizzò le orecchie e corse
giù dal letto a controllare.
“Ma
guarda cosa hai combinato!”, gridò la proprietaria
del profumo prima che la
serva avesse il tempo di dire “Signorina, perdonate, io non
volevo lo giuro!”.
Giulietta si chinò a raccogliere i pezzi di vetro
più grandi mentre Luce
annusava incuriosita.
Esmeralda
si scansò da li e osservò la sua padrona
dispiaciuta e incerta sul da farsi.
“No Luce! Spostati, non voglio che ti ferisci con le
schegge”, lasciò i pezzi a
terra e si affrettò a prendere in braccio la cucciola.
La
ragazza dalla pelle scura dietro di lei mormorò
“Posso farvi avere dell’altro
profumo, ve lo ricomprerò io stessa con i miei
risparmi…”, indietreggiò
perché
la nobile si voltò verso di lei a fissarla inespressiva.
“Tu?”
quasi rise, “Ma lo sai che quella è acqua di
colonia? Una cosa che tu non
possederai mai, come puoi pensare di volerla comprare per
me?”.
La giovane serva umiliata
trattenne a stento
le lacrime e per avviarsi troppo in fretta alla porta
inciampò nella gonna e
cadde in avanti. Giulietta solo in quell’istante si
ricordò che aspettava un
bambino, per di più suo nipote.
Lasciò
Luce sul letto con le zampette ancora umide di colonia e raggiunse la
giovane a
terra, si inginocchiò e le prese una mano “Ti sei
fatta male?”.
Esmeralda
sorpresa da quel gesto, si aspettava infatti un altro rimprovero, si
tirò un
po’ su e i suoi occhi bagnati dal pianto incontrarono quelli
della sua padrona,
“Io vi ho sempre spiata per volere di vostro cugino! E poi
gli riferivo i
vostri spostamenti e le vostre parole”,
singhiozzò.
Giulietta
guardandola si rese conto di quanto quella creatura fosse debole e
vittima allo
stesso tempo delle grinfie di suo cugino, istintivamente
l’abbracciò mentre lei
piangeva più forte come una bambina. “Non devi
temere nulla” pronunciò la
nobile rattristata, “Tuo figlio nascerà e nessuno
te lo porterà via, te lo
prometto” poi silenziosamente anche i suoi occhi piansero.
Esmeralda
continuò il suo discorso “Di voi e del nipote del
principe però non ho detto
mai nulla, nemmeno quando avete dormito insieme, lo so solo io ve lo
giuro!”.
Giulietta si sentì avvampare ma rimase calma.
“Io
vorrei che voi vi fidaste di me”, disse ancora Esmeralda e si
staccò
dall’abbraccio per guardarla, “Chiedo perdono per
quello che vi ha fatto ma vi
prego, non fatelo uccidere io lo amo”. Giulietta
rifletté per un momento poi le
sorride e l’aiutò a rialzarsi e a ricomporsi.
“Credo
che vi serva un vestito nuovo” disse alludendo alla gonna
lacerata, la giovane
la guardò senza capire e lei sorrise ancora,
“Siete voi che dovete fidarvi di
me”.
La
carrozza rallentò dopo aver attraversato il viale si
fermò davanti ai cancelli
della residenza dei Montecchi quando il sole era ormai alto. Un
servitore basso
e paffuto aprì lo sportello e allungò
pazientemente una mano, era stanco dopo
il lungo viaggio e aveva anche una certa fame.
Un’esile
braccio dalla pelle rosea spostò la tendina
“Finalmente siamo tornati a
Verona?”, domandò curiosa. L’uomo
annuì “Si signorina”. La mano delicata
afferrò
quella tesa del servitore poi il volto della ragazza bionda dagli occhi
turchesi fece capolino e si guardò intorno, con un gran
sorriso balzò giù dalla
carrozza.
“Cordelia!”
esclamò Demetra con finto
entusiasmo entrando nella sala dei ricevimenti di casa Montecchi,
“Ma quanto
tempo!”. Le si avvicinò e si scambiarono due baci
poco sinceri poi la bionda un
po’ sorpresa la guardò meglio “Veramente
io non ricordo di avervi mai
conosciuta, non so come abbiate fatto a rintracciarmi”.
Demetra
la invitò a sedersi “Oh giocavamo sempre insieme
da bambine! Siamo praticamente
cresciute insieme”. Cordelia si sistemò
distrattamente i lunghi capelli “Ma io
sono appena uscita dal collegio delle suore che mi hanno ospitata! E
voi
sembrate più grande di me…
La
dama di compagnia di Lady Montecchi tossì “Questo
non importa, parliamo di cose
serie ora…So che siete diretta dai Capuleti dove sarete
ospite. Sapete questa è
una grande occasione per voi per rivedere la città in cui
siete nata e la
vostra più cara amica Giulietta…”.
Cordelia
si rilassò e senza chiedere come facesse Demetra a sapere
quello che stava
dicendo esultò “E’ vero e non vedo
l’ora! Sono impaziente di rivederla!”.
Demetra
sussurrò con disprezzo
“Immagino…” poi si ricompose
all’istante dopo
un’occhiata strana della giovane di fronte a lei,
“Beh la nostra amica in
comune sarà impaziente di rivedervi ma badate bene anche ai
possibili
incontri…” sibilò maliziosa e
scoppiò a ridere.
Cordelia
rimase seria per un attimo poi si sforzò di ridere insieme a
lei “Ma che volete
dire? Scusate ma non vi seguo”,
s’incuriosì. Demetra rise ancora “Ma
come non
lo sapete? Mercuzio, il più giovane dei nipoti di Escalus
è in procinto di
prendere moglie e beh…voi sareste la scelta perfetta!
Assolutamente la scelta
perfetta!”, tornò seria e la guardò
impaziente.
Finalmente
notò un po’ d’interesse da parte della
giovane che le domandò subito
“Voi…dite?
E ditemi, com’è questo nipote del
principe?”.
La
più grande prese il calice d’argento e bevve un
sorso di vino, poi accarezzò il
bordo e lo fissò intensamente “Dannatamente
affascinante, cosi bello da farvi
stare male con un solo sguardo, un adone non reggerebbe il confronto
con lui…
Una
volta anche io lo desideravo, ma questa è storia vecchia.
Mia cara, date retta
a me, seguite i miei consigli e in poco tempo vi ritroverete sposata e
con un
titolo, sarete nobile anche voi” la guardò con
odio mentre lei fantasticava sul
suo primo incontro con Mercuzio e guardava per aria con espressione
sognante.
Demetra
sbatté il calice sul tavolo e Cordelia sobbalzò,
“Forza allora! Brindiamo alla
tua nuova vita!”, le offrì un po’ di
vino. La giovane ammise ingenuamente “Ma
io non l’ho mai bevuto prima
d’ora…”, con un sorriso incoraggiante
della dama
cambiò idea e prese il suo calice. “Adesso sei una
donna Cordelia, Cin cin” e
bevettero entrambe.
Quando
la giovane si congedò Demetra impartì gli ordini
ai servitori di sparecchiare
il tavolo e corse su per le scale dalla sua padrona. Prima di aprire la
porta
della camera di Gloria bussò 4 colpi. Una voce rauca
ordinò “Vieni”.
La
dama entrò assicurandosi di non essere vista da altri e
richiuse subito la
porta alle sue spalle. La sua padrona era intenta a rilassarsi un
po’ nella
vasca piena di olii ed essenze profumati, “Allora?”
chiese con tono rigido.
Demetra tirò fuori dal corsetto una piccola fiala
“Come avete ordinato voi, 3
gocce nel vino, il resto verrà poi…”.
Gloria
sorrise soddisfatta e le fece cenno di riporre la fiala nel cassetto di
un
mobile, Demetra ubbidì e dopo prese un telo di lino bianco
dal letto che
dispiegò e tenne pronto per la sua padrona. “Sai,
mi meraviglia quanto tu
impari in fretta” sibilò Glora, le
ordinò di avvicinarsi e poi si alzò in
piedi. Demetra le diede una mano per uscire dalla vasca e poi la
avvolse nel
telo.
“Ecco,
sedete qui…” indicò una sedia con
intarsi d’oro. La donna la seguì guardandola
con entusiasmo poi la sua mente tornò a Mantova da suo
figlio. La dama si
inginocchiò a terra per asciugarle i piedi e spalmarvi sopra
un unguento.
“Vedrete mia signora, che presto riporteremo a casa Romeo e
la Capuleti pagherà
tutto, ve lo prometto…”, nelle parole di Demetra
c’era molta sicurezza.
Gloria
tornò a guardarla e disse soltanto, “Lo
spero….Tu vedi di finire nel letto del
principe il prima possibile”. La dama di compagnia
accarezzò più lentamente i
piedi della padrona dalle punte fino alle caviglie con un sorrisetto di
approvazione.
Il
giovane Mercuzio con in braccio la piccola Dea si era diretto nelle
scuderie
per farsi sellare Ares, il suo stalliere lo aveva visto come trattava
la
cucciola e non aveva potuto fare a meno di ridere “Ma non
sarà che il vostro
cavallo è geloso adesso?”. Il biondo
gliel’aveva data in braccio per salire sul
suo cavallo “Ares non sarai mica geloso?”,
l’animale aveva sbuffato e poi si
era annusato con Dea.
“Tutto
apposto, hai visto? Diventeranno grandi amici” disse ancora
il ragazzo
contento. “Posso sapere dove state andando?” chiese
lo stalliere passandogli la
lupetta. “Tu di a mio fratello di non aspettarmi per
pranzo!” esclamò Mercuzio
e partì, lo stalliere protestò “Ma
signore…!”. Il biondo sparì dalla sua
vista
dopo averlo salutato con un cenno della mano senza voltarsi.
Non
cavalcò troppo forte, teneva le briglie con una mano sola e
con l’altro braccio
teneva stretta Dea. Quando arrivò dai Capuleti e si fece
annunciare, la balia
corse a fare gli onori di casa, o quasi… “Oh
Mercuzio! Siete voi! Non ditemi
che avete intenzione di restare a lungo!”. Il ragazzo la
guardò e sorrise
apparentemente poco offeso, “Buongiorno a voi nutrice della
mia diletta…”.
La
donna lo trascinò via dai cancelli verso il giardino,
“Si si adesso venite pure
da Giulietta ma dovete andarvene subito perché sta per
arrivare Cordelia!”.
Mercuzio la guardò stralunato “Chi sarebbe
codesta?”. “Una carissima amica di
Giulietta” lo corresse brusca lei, “Che voi non
dovrete per nessun motivo
infastidire” aggiunse.
Il
giovane ridacchiò “Perché pensate
questo di me? State per avere ospiti e non
volete che io vi stia tra i piedi ho capito…”,
provò un senso di rabbia
guardandola sospirare di sollievo e poi lanciò
un’occhiata al balcone della
ragazza che tanto bramava.
In
quel momento il rumore delle ruote di una carrozza attirarono
l’attenzione di
entrambi. “Oh mio Dio è già qui! Mi
raccomando non muovetemi e non fate passi
falsi!” ordinò la balia e corse a ricevere la
ragazza. Mercuzio si strinse Dea
fra le braccia e sussurrò “Amica mia questa qui
è proprio pazza”, lei sembrò
ascoltarlo e si sporse per leccarlo sul mento.
La
balia prese sottobraccio la ragazza bionda con fare materno
“Piccolina come
state? Dovete raccontarmi tutto dei vostri studi!”. Cordelia
rise, sembrava
stranamente felice “Oh si si certo vi racconterò
tutto ma prima fatemi
incontrare Giulietta!”. La donna annuì e la
lasciò un attimo sola all’entrata
del castello.
Cordelia
approfittò per fare un giro e saltellò
distrattamente vicino ai giardinieri che
la salutarono pur non conoscendola. Mercuzio che era sfuggito alle
grinfie
della balia stava cercando un'altra entrata che non fosse il balcone,
una
grande finestra bassa catturò la sua attenzione
“Chissà se queste sono le
segrete o la cantina…” pensò.
“E voi chi siete?
E cosa ci fate qui?”.
Una
vocina stridula lo colse impreparato cosi abbandonò la sua
curiosità e si voltò
nella direzione della voce. “Chi siete voi”
replicò lui, “Non vi ho mai vista
qui”. Cordelia guardò Dea e cercò di
afferrarla. Mercuzio istintivamente si
ritrasse.
“Oh
eccovi voi due! Ma dove eravate finiti? Presto venite con
me!”, la balia lanciò
un’occhiataccia al ragazzo e li condusse nuovamente
all’ingresso. “Mercuzio ve
lo chiedo per favore cercate di non fare danni!” lo
rimproverò e corse al piano
superiore.
“Così
voi sareste Mercuzio…” sussurrò
Cordelia e gli puntò gli occhi addosso in modo
cosi opprimente che lui si sforzò di sorriderle ma poi si
girò e le diede quasi
le spalle. “Oh che maleducata sono stata! Permettetemi di
presentarmi io sono
Cordelia Arcangeli”, lo disse facendo un mezzo inchino poi si
spostò per tornare
a guardarlo in viso.
“Demetra
aveva ragione” sussurrò e provò a
sfiorargli il viso “Un adone non reggerebbe
il confronto”. “Come dite?” chiese lui
infastidito, la ragazza sorrise “Era
destino che ci incontrassimo proprio oggi”.
“Giulietta!
Giuliettaaaa!” gridò per l’ennesima
volta la balia. “Eccomi arrivo!” rispose
lei dalla sua stanza cambiandosi il terzo paio di orecchini di fronte
alla
toletta. “Mia signora credo sia ora che voi
scendiate” disse Esmeralda
guardandola dal riflesso dello specchio.
“Fatto!”
annunciò Giulietta e la prese per mano, poi
chiamò Luce che le seguì
scodinzolando. “Giuliett…”, la balia
quasi si strozzò quando si scontrarono sul
corridoio . “Eccoci balia! Ti ho detto che sono
pronta” sorrise la ragazza che
indossava un bellissimo abito rosato.
La
donna riprese fiato e si rivolse anche ad Esmeralda
“Sbrigatevi allora, c’è giù
Cordelia e anche Mercuzio che vi stanno aspettando”.
Giulietta incredula guardò
la ragazza che teneva per mano poi la trascinò
giù per le scale.
Enrico
che conversava animatamente con i due ragazzi all’ingresso
chiese più volte “Ma
prego vogliamo accomodarci intanto di là in
salotto?”. Ma Cordelia cambiava
discorso e Mercuzio rispondeva che sarebbe rimasto solo per poco.
“Ho un’idea”
disse Enrico “Perché non restate a pranzo con
noi?”.
Cordelia
guardò il ragazzo biondo con desiderio. Lui insisteva nel
dire che non voleva
essere d’intralcio quando il conte sembrò perdere
la pazienza “Suvvia! Vi
ordino di restare con noi per il pranzo” lo guardò
serio poi scoppiò in una
risata divertita seguito dal ragazzo, “Vi ringrazio davvero
molto signor conte
ma non credo che io possa rimanere…”.
“Padre
certo che resta con noi! Deve rimanere”. La voce di Giulietta
mentre scendeva
gli ultimi gradini lo rese frastornato, Dea scivolò
giù dalle sue braccia e corse
a giocare con Luce. La fanciulla in rosa si avvicinò a
spasso svelto verso di
lui seguita da Esmeralda che faceva di tutto per evitare lo sguardo del
conte.
Mercuzio
osservò la ragazza venirgli incontro e ne rimase incantato,
erano quasi vicini
quando Cordelia strillò “Giulia! Amica
mia!” e si buttò su di lei per
abbracciarla. Lei rispose all’abbraccio continuando a
guardare il ragazzo ma
l’amica ancora non la lasciava libera.
Enrico
tossì e Mercuzio tornò alla realtà
perché la balia lo guardava di nuovo con
insistenza. “Conte” disse attirando la sua
attenzione, “A qualcuno qui la mia
presenza non è gradita è per questo che ho deciso
di andarmene”.
La
balia sostenne il suo sguardo con aria di sfida poi dopo un ordine
brusco di
sparire nelle cucine si dileguò. “Non date retta a
quella pettegola!” disse
Enrico “E restate con noi!”, ridacchiò
dandogli una pacca sulla spalla e si
avviò nel salone.
“Cordelia
ora puoi lasciarmi sto soffocando” disse Giulietta un
po’ preoccupata, l’amica
si staccò da lei e saltellando andò a presentarsi
ad Esmeralda. La fanciulla
subito ne approfittò, Mercuzio le si avvicinò e
lei istintivamente gli
accarezzò la camicia “Come stai?”,
voleva dirgli quanto le era mancato ma si
trattenne.
Il
giovane le prese la mano e la baciò, “Molto meglio
ora che ti ho visto e tu? La
gamba?”. Si guardarono negli occhi e lei rise “La
cura di tutti i miei mali è
qui davanti a me”. Mercuzio sorpreso dalle sue parole
blaterò “Ah…Beh io ti ho
portato la mia lupa così può stare un
po’ insieme alla sorella…”, Giulietta si
voltò a guardare le due cucciole che si rincorrevano,
“Credo che si siano già
riconosciute”.
Cordelia
s’intromise tra i due “Vogliamo
andare?” e prese Mercuzio sotto braccio scatenando cosi un
attimo di tensione nell’aria
trattenuta a stento da parte dei due ragazzi.
Alcuni
servi annunciarono che il pranzo era servito. Il biondo
provò a scrollarsela di
dosso ma lei insistette “Io sono l’ospite
d’onore oggi non vorrete mica dire di
no ad una graziosa e indifesa fanciulla come me? Siete un gentiluomo
no? Allora
scortatemi al mio posto”, e sorridente lo trascinò
via.
Giulietta
con una morsa allo stomaco guardò Esmeralda che le faceva
segno di no con la
testa. Trasse un respiro profondo e ordinò che fosse dato da
mangiare alle lupe
nella sala insieme a loro. Due servi presero in braccio Luce e Dea
mentre lei
si affrettava a seguire i due ragazzi biondi.
Arrivarono
nella sala dove i genitori di Giulietta si erano già
accomodati, Margherita si
alzò quando vide Cordelia che finalmente lasciò
Mercuzio per abbracciarla. Le
due conversarono per un po’ del più e del meno. La
balia in piedi dietro la
grande tavolata imbandita guardava in cagnesco il giovane da quando lo
aveva
visto entrare a fianco della bionda.
Giulietta
ed Esmeralda si sedettero in silenzio vicine e di fronte a loro
Cordelia si
accomodò insieme a Lady Capuleti. Il ragazzo mentre passava
per andare
dall’altra parte fu fermato dalla bionda “Scusate,
vi ho già detto che dovreste
essere più gentile nei miei confronti, sedete vicino a
me”.
Mercuzio
e Giulietta si guardarono brevemente. “No grazie”
disse lui secco. Enrico
ordinò del vino e ridette di gusto, “E su Mercuzio
e fatela contenta! Siete il
nipote d’un principe non siate cosi rigido!”.
Margherita accarezzò la mano del
marito intimandogli di non bere troppo e iniziò a mangiare.
Giulietta
guardò il padre con aria di rimprovero e sbatté
un gomito sul tavolo. “State
calma” sussurrò Esmeralda, “Mi sta
passando la fame” rispose lei. Alla fine
Mercuzio dovette sedersi vicino a Cordelia che non la smetteva
più di
raccontare di come l’avevano trattata bene le suore e di
quante cosa aveva
imparato.
“Pensate
che so suonare l’arpa! E parlo anche francese!”
annunciò tutta contenta
guardando più volte il ragazza vicino a lei. Giulietta
fissò il cucchiaio nel
piatto chiedendosi come fosse possibile che una giornata come quella
stesse
prendendo una brutta piega cosi all’improvviso. Conosceva
bene Cordelia e
capiva che c’era qualcosa che non andava.
Sentì
il contatto di un piede vicino al suo. Alzò gli occhi e il
ragazzo le fece
capire che lui era li per lei, che il motivo della sua presenza era
solo ed
esclusivamente lei. Giulietta sembrò leggergli nella mente.
“Oh
del vino!” disse ancora Cordelia, “Conte datemene
un po’”. Margherita la guardò
storta “Ma siete sicura?”, la bionda
annuì “Certo! L’ho assaggiato oggi per
la
prima volta dai Montecchi”. Enrico smise di bere e lentamente
posò il calice
sul tavolo.
Calò
un silenzio improvviso fra tutti i commensali. “Ho detto
qualcosa che non va?”
chiese ingenuamente Cordelia. La contessa si sforzò di
sorriderle “Ma no mia
cara, forse è meglio se facciamo portare via
tutto…”, chiamò i servi.
Il
conte sospirò e cambio tono di voce “Eh i
Montecchi…”, riprese il calice
“Voi!”, indicò Mercuzio,“Voi
siete amico di quei maledetti…”. Margherita si
alzò di scatto pregando che non fosse di nuovo ubriaco, le
cameriere corsero a
sparecchiare freneticamente e Giulietta cercando di restare calma si
alzò e
chiese a Cordelia di venire con lei in giardino.
L’amica
guardò Mercuzio che era ormai spazientito al massimo
“Vieni fuori ho detto! Ti
devo parlare!” ripeté Giulietta e dopo vari
tentativi riuscì nel suo intento.
La trascinò via e una volta sul retro del giardino le
spiegò quanto fosse
fondamentale che il nome della casata rivale non venisse nominato.
Cordelia la
ascoltò senza interesse.
Poi
accadde che Giulietta sentì una fitta improvvisa dove
c’era ancora la ferita
inflittale da Tebaldo, il dolore aumentò e lei quasi cadde a
terra. Esmeralda raggiunse
le ragazze e vide la sua padrona in quello stato “Oh signore!
Cosa vi sentite
Giulia?!”, l’aiutò a stare in piedi e la
accompagnò lentamente al piano di
sopra, Cordelia indifferente rimase dov’era.
Una
volta sul letto Giulietta
domandò“Dov’è
Mercuzio?”, la serva le rispose
brevemente che stava ancora discutendo con la balia e suo padre.
“Allora posso
sapere che vi succede?” chiese Esmeralda alla fine. La nobile
si toccò la gamba
e si tirò su l’abito sbuffando.
L’altra ragazza
impallidì “Credo che ieri
abbiate saltato la medicazione, aspettate qui torno subito”.
Poco dopo la porta
si aprì di poco facendo un leggero rumore e Giulietta che si
era tirata su
disse “Avanti”, ma invece di Esmeralda
entrò nella stanza Luce che subito salì
sul letto seguita dalla sorella Dea. La giovane la vide e non
poté fare a meno
di notare quanto si fosse fatta bella.
“Vieni”
le disse dolcemente, “Dai vieni qui”. Dea fece il
giro del letto e la guardò
timidamente. Giulietta si chinò a prenderla in braccio e la
coccolò per un po’.
Poi la adagiò vicino a Luce e si stese nuovamente. Esmeralda
tornò e si
affrettò a medicare la ferita.
“Non capisco come
possa essersi riaperta”
disse mentre le fasciava la coscia, “Forse avete fatto un
movimento brusco”. Si
sedette sul letto e accarezzò le due cucciole che stavano
appollaiate vicino a
Giulietta.
“Che
discussione hanno avuto mio padre e Mercuzio?” chiese
improvvisamente seria.
Esmeralda la guardò preoccupata, “Vostro padre si
è ricordato che siete stata
al matrimonio di Benvolio e che quindi siete amica di un Montecchi come
Mercuzio…”, Giulietta si alzò dal letto
ignorando i rimproveri di non farlo.
“Quindi
sta di nuovo facendo i capricci? Cos’è, vuole
rimettermi in punizione?”. Si
affacciò lentamente alla finestra che non dava sul balcone e
la scena che vide
le fece quasi tornare la fitta alla gamba. Cordelia in giardino
passeggiava
vicino al ragazzo biondo e gli faceva strane domande sulla sua vita.
Lui era
accorso un attimo fuori per cercare Giulietta e aveva trovato Cordelia
che
invece di dirgli cosa era successo alla sua amica gli stava addosso
come una
piovra.
Mercuzio
alzò gli occhi al cielo visto il tormento che la giovane
continuava a dargli e
con la coda nell’occhio la vide. Gli bastò un
attimo per comprendere quello che
le passava per la mente cosi d’impulso lasciò
Cordelia da sola in balìa dei
suoi discorsi assurdi su delle voci che aveva sentito su di lui e corse
su.
Giulietta
che si era un attimo ritirata dalla finestra per il dispiacere di
ciò che aveva
visto lentamente si sporse ancora per guardare in basso e non vide
più nessuno
dei due.
“Giulia!”,
il ragazzo irruppe nella camera senza preavviso. Esmeralda si
sbrigò a scattare
in piedi e fare una riverenza ma lui la fermò “Non
c’è bisogno, non ti
affaticare, sei incinta”. Giulietta si voltò di
scatto a guardarlo. La serva in
silenzio indietreggiò fino a scomparire fuori dalla stanza.
“Non
mi dirai che stai pensando quello che penso io…”
disse lui trattenendosi dal
ridere. La ragazza lo guardò rigida avvicinarsi a lei e
alzò il mento. Mercuzio
rise “Ti prego salvami da quella che non la sopporto
più”. Ma Giulietta
continuava a scrutarlo impassibile poi distolse lo sguardo.
Lui
si avvicinò ancora e le prese le mani “Ma come fai
a pensare che io possa amare
un’altra che non sia tu?”.La abbracciò e
la tenne stretta a se. “Allora? Me lo
spieghi?” chiese mentre le passava le dite fra i capelli. La
ragazza gli
avvinghiò la schiena, quelle parole le erano entrate dentro
e non facevano
altro che riecheggiare nella sua mente.
“Dimmelo
ancora” mormorò. Lui si chinò a
baciarle il collo “Amo solo te” le
sussurrò
all’orecchio. Finalmente Giulietta sorrise e le brillarono
gli occhi. Mercuzio
la baciò ancora sul collo poi glielo morse piano. Lei rise
per il solletico e
si spostò per guardarlo negli occhi.
“Vedo
che ancora non sei convinta” ironizzò lui.
Capì che lei voleva un bacio vero
perché sorrideva e gli guardava le labbra, cosi la
accontentò e i secondi
divennero minuti, gli attimi ore e i loro respiri eternità.
Esmeralda
intanto tratteneva Cordelia con mille scuse per farla stare buona e al
suo
posto. “Volete leggermi una storia?” le chiedeva
indicando la libreria ma la
ragazza diceva di no, “Volete suonare per me l’arpa
di Giulietta? Sono sicura
che approverebbe”. Cordelia sbuffò e si sedette
sul divano “No” disse
guardandosi intorno.
“Se
volete posso farvi fare un ritratto! Mando a chiamare il
pittore…” continuò a
proporre la ragazza dalla pelle scura facendo cosi infuriare la bionda
“Ti ho
già detto di no! Ma non capisci? Perché Mercuzio
non si trova? Vammelo a
cercare!”. La balia le raggiunse in quell’istante
“Che succede Cordelia? Perché
alzate la voce?”.
La
bionda si alzò dal divano e accorse da lei, “Oh
balia avete mica visto
Mercuzio? Per favore è importante! Ditemelo se sapete
dov’è”. La donna lanciò
un’occhiata ad Esmeralda e prese Cordelia sottobraccio
“Ma perché non ci
sediamo invece con tutta calma? Non capisco perché vi
ostiniate a pensare tanto
a lui! Prima di tutto è un ragazzaccio, secondo è
troppo grande per voi…”.
La
ragazzina stette un po’ ad ascoltare le sue lamentele
riguardanti Mercuzio poi
si allontanò da lei e corse in giardino. Il sorriso le
riapparve in volto
quando vide che la sua amica Giulietta era in compagnia del ragazzo
biondo. Si
avvicinò a passo svelto e lo chiamò un paio di
volte.
“Devi
proprio andare?” gli chiese Giulietta, “Adesso
intendo”. Lui la guardò in
attesa che lo stalliere gli riportasse Ares, “Vieni con me,
lontano da questo
posto che ti soffoca”. La ragazza si strinse Dea tra le
braccia e la accarezzò
sulla testa, “Non posso mi si è riaperta la
ferita…”.
Le
urla di Cordelia li raggiunsero, “Mercuzio
rispondete!”. Lui continuò ad
ignorarla. Esmeralda e la nutrice accorsero per controllare che non
succedesse
il peggio. “Vieni Cordelia, il ragazzo se ne sta
andando” disse la balia con
una nota di felicità.
Ma
Mercuzio rivolgeva la propria attenzione soltanto a colei che aveva
davanti.
“Mi dispiace, perdonale ti prego” disse la
fanciulla con la piccola lupa in
braccio riferendosi alla sua balia e alla sua amica. Lui si sporse a
baciarle
la fronte.
Esmeralda
riuscì ad allontanare Cordelia che continuava a guardarlo e
a chiamarlo. “Sta
tranquilla” la rassicurò lui col suo sorriso da
seduttore. Ares arrivò
accompagnato da uno stalliere che affidò le briglie al
proprietario. “Allora io
vado…” disse lui poco convinto,
“Arrivederci” salutò le tre dietro di
loro che
ricambiarono tranne la balia.
Mercuzio
fece per montare a cavallo e Cordelia si avvicinò di nuovo
ma la ragazza
davanti a gli intimò di aspettare, “Non mi saluti
come si deve?”. Il biondo
sorrise, lasciò le briglie e tornò da lei.
Cordelia stava per riaprire bocca ma
i due ragazzi si baciarono e lei rimase in silenzio quasi scioccata.
La
balia ed Esmeralda la tirarono via per le braccia “Andiamo
via adesso venite
Cordelia, lasciamoli soli” bisbigliò la balia, la
ragazza bionda si lasciò
portare via da li senza opporre resistenza ma continuò a
fissare i due.
“Tornerò
da te domani e il giorno seguente e quello dopo” disse
Mercuzio accarezzandole
il viso e rassicurandola. “Ti aspetterò”
rispose lei felice ma allo stesso
tempo triste. Dopo un ultimo bacio lui salì su Ares che era
rimasto in attesa
di partire. Giulietta affidò Dea al ragazzo e rimase a
guardarlo finché non
spari oltre i cancelli della propria dimora.
Cordelia
nella stanza che le avevano assegnato si stava nervosamente guardando
allo
specchio rigirandosi in continuazione, “Che cos’ho
io che non va bene? Che
cosa?” gridò al suo riflesso. Giulietta
bussò ed entrò dopo aver avuto il
permesso.
Non
appena la vide la bionda la abbracciò “Oh Giulia
scusami tanto! Io non avevo
capito, non avevo capito niente!”. La ragazza si
staccò pesantemente da lei e
la fece sedere sul letto “Ascoltami Cordelia, hai detto di
essere stata dai
Montecchi questa mattina?”. La bionda cambiò
espressione, “Si perché? Demetra
mi ha mandata a chiamare”.
Esmeralda
comparve con un vassoio carico di acqua e frutta.
“Aspetta…Demetra hai detto?
Deve essere la serva fidata di Gloria”, Giulietta ci
pensò un po’ su e la
guardò negli occhi. “Qualunque cosa ti abbia detto
non crederle!”
La
bionda sbadigliò “Si ma ora non ricordo
bene…”, si allungò sul letto e chiuse
gli occhi mentre la sua amica si alzava per raggiungere Esmeralda.
“Dobbiamo
stare molto attente, non mi piace questa storia”,
mormorò.
La
serva le toccò il braccio per rincuorarla,
“Signorina ho visto questa Demetra
di sfuggita al matrimonio di Benvolio, non la conosco purtroppo, mi
dispiace”.
Giulietta sospirò e tornò a guardare
l’amica sul letto “Cosa ti ha detto
esattamente? Cordelia, Cordelia…?”, le due ragazze
si avvicinarono al letto e
si resero conto che Cordelia era caduta in un sonno profondo.
Escalus
correva tra i boschi a cavallo del suo purosangue come faceva quando
aveva
bisogno di schiarirsi le idee o restare un po’ sa dolo.
Indossava un mantello
nero e il cappuccio era tirato su, voleva sentirsi nascosto dal resto
del mondo
e i suoi lunghi boccoli neri corvini erano nascosti. Le mani erano
coperte da
guanti di pelle marrone che stringevano le briglie e lo sguardo era
perso nel
vuoto ma concentrato sull’unica direzione in cui stava
andando.
Ad
un tratto qualcosa gli si parò davanti e il cavallo
s’impennò. Con una agilità
assoluta dovuta da un estremo esercizio fisico riuscì a non
essere sbalzato a
terra e a fermare l’animale. Scese giù con un
leggero movimento e si tolse il
cappuccio.
Il
motivo di quel brusco scatto del cavallo era dovuto al fatto che un
calesse gli
aveva tagliato la strada e si trovava ora rovesciato a terra. Il
cavallo che lo
trascinava in qualche modo era riuscito a staccarsi ed era fuggito via.
Il
Principe si chinò ad esaminare meglio le ruote quando una
figura in bianco e
grigio sbucò da dietro il calesse e prese a zoppicare
lontano da lì.
“Chi
siete?” tuonò Escalus serio e tirò
fuori il pugnale. La figura zoppicante aveva
la veste sporca e strappata davanti ma aveva anche lunghissimi capelli
scuri,
si voltò a guardarlo e poi corse via inseguita
all’istante ma lui la raggiunse
e la trascinò contro un albero.
“Rispondetemi!”
le puntò il pugnale alla gola ma quando la guardò
negli occhi blu qualcosa di
lui si riaccese, una vecchia ferita, qualcosa che aveva provato tanto
tempo fa
e che ora non provava più, un fuoco dormiente sotto la
cenere.
“Mio
Dio” disse allontanando il pugnale.
“Lianne…”.
La
donna si divincolò ma senza successo, “Io non sono
lei” gli gridò in faccia.
Escalus la tenne ferma indignato, “Infatti! Lei non
c’è più! Allora chi siete?”
domandò con rabbia.
La
giovane donna lo guardò con disprezzo “Io sono
Melania, la sua gemella…”. Il
principe le strinse la gola “E cosa ci fate qui nei miei
boschi?”, una rabbia
improvvisa lo stava accecando. “I vostri boschi?”
sentenziò lei con la metà del
fiato, “Sono la dama di compagnia di vostra
sorella…C-Caterina”.
Escalus
la lasciò andare dopo un momento e lei cadde in ginocchio
tossendo. “La
somiglianza è straordinaria” pensò ad
alta voce. Melania si ricompose, “Ve l’ho
detto era mia sorella gemella”, guardò il suo
calesse distrutto “Guardate cosa avete
fatto al mio calesse! Io non so andare a cavallo…e adesso
come faccio?”.
Lui
si offrì di accompagnarla e dopo qualche battibecco sulla
somiglianza anche
caratteriale della sorella defunta, Melania riuscì a salire
sul cavallo e tornò
al palazzo Scaligero insieme al principe.
Escalus
una volta a casa l’aiutò a scendere e lei
sparì dalla sua vista per andare
nelle stanze di Caterina. Il maggiordomo gli venne incontro non appena
lo vide
dirigersi nella sala del trono, “Vostra grazia, la dama dei
Montecchi vi chiede
ancora un’udienza…”. Escalus lo
interruppe, “Mandatela via e non annunciatela
più a me, è già stata qui troppe volte
per i miei gusti”. L’anziano uomo annuì
e si inchinò, “Come desiderate” disse
prima di congedarsi.
La
grande sala era stranamente fredda e vuota nonostante il sole fuori non
fosse
ancora calato. Il principe si tolse il mantello che cadde a terra e
sedette sul
trono, mentre un paggio gli porgeva una pergamena le porte si aprirono
e un
rumore di passi svelti non catturò la sua attenzione.
“Mio
caro Escalo” bisbigliò una voce femminile,
“Manda pure via i tuoi consiglieri”
indicò Valentino seduto alla sua destra che la
incenerì con lo sguardo. Il
principe senza guardarla domandò severo
“Perché siete di nuovo qui?”.
Demetra
rise “Ma lo sapete già” salì
il primo gradino verso di lui, “Vi ho già detto
che vi chiederò sempre udienza per conoscerci
meglio”, avanzò ancora sulle
scale. “Come avete fatto a convincere le guardie a farvi
entrare?” chiese
Valentino nervosamente. Lei guardò ancora Escalus,
“So essere molto convincente.
Dovreste saperlo”.
“Basta
cosi! Siete troppo vicina al vostro Principe e non vi è
concesso guardarlo
negli occhi, io non mi fido di voi! Potreste attentare alla sua
vita!”
Valentino tirò fuori la spada e gliela puntò al
viso. Lei finalmente lo guardò
e sorrise, “Vostro nipote è forte come e impavido
come voi Escalo”, gli prese
la lama e si passò la punta lungo il collo.
Escalus
si alzò e avvicinò il viso al suo,
“Guardie” ordinò agli uomini alle sue
spalle
in attesa di obbedire, Demetra sperò con tutta se stessa che
gli dicesse di
lasciarli soli. “Sbattetela fuori da casa mia”
furono invece le sue parole.
Esmeralda
entrò in camera di Giulietta e le comunicò che
Cordelia non si era ancora
svegliata. La ragazza la guardò sconsolata e si
sdraiò a pancia in giù sul
letto “Ma quando sapremo cosa le ha detto quella
strega?”, sbuffò e si rigirò a
pancia in su.
Luce
approfittò per salirle addosso e accomodarsi su di lei.
“Non stare la impalata
vieni qui!” disse alla serva che ubbidì e si
sedette vicino a lei. “Signorina”
disse Esmeralda dopo un po’ di silenzio “Voi siete
innamorata di Mercuzio?”.
Giulietta
la guardò dalla buffa posizione in cui si trovava con la
lupa sulla pancia, poi
scoppiò a ridere, si tirò su a sedere e prese
Luce in braccio. La ragazza con
la pelle olivastra si pentì di averglielo chiesto.
“Io”,
la nobile sospirò “Io non lo so, non ci capisco
più niente, è tutto cosi
strano.”. Esmeralda sorrise e accarezzò il musetto
di Luce. “Però” continuò
Giulietta, “Oddio Esmeralda, credo di amarlo… sul
serio”.
La
serva la guardò soddisfatta “Lo sapevo! E allora
cosa aspettate a dirglielo?”,
la fanciulla non rispose perché un tonfo proveniente dalla
camera di Cordelia
la fece sobbalzare.
A
notte fonda Escalus decise di andare a dormire, aveva cenato in fretta
e furia
evitando gli sguardi di Melania ed era stato a studiare dei documenti
importanti nel suo studio. Si ritirò nelle sue stante e si
spogliò aiutato dai
servi che poi si congedarono.
Si
sciacquò il viso e sciolse la sua lunga coda poi
osservò meglio il suo letto a
baldacchino: le tende lo coprivano e si muovevano da sole.
“Venite fuori”
ordinò trattenendo la rabbia.
Una
risatina proveniente da li gli confermò l’ostinata
presenza di Demetra, che
scese dal letto e apparve alla sua vista con addosso solo una lunga
tunica
trasparente. Si avvicinò lenta come un felino con
espressione di chi aveva
vinto. Il Principe non la guardò.
“Potrei
farvi uccidere ve ne rendete conto? O peggio: Potrei uccidervi io
stesso”.
Demetra si fermò dinanzi a lui e si lasciò
scivolare via la tunica rivelandogli
il suo corpo nudo alla luce delle candele. Escalus lentamente
posò gli occhi su
di lei che rimase in silenzio per un lungo istante poi gli
afferrò i capelli e
lo baciò avidamente.
Convinta
che si fosse arreso provò a infilargli la mano nelle brache,
fu allora che lui
le prese il polso in maniera poco gentile e dopo aver interrotto quel
bacio che
gli sapeva di subdolo la strattonò per i capelli.
“Forse
non sono stato abbastanza chiaro”, strinse più
forte e lei sentì qualche
capello strapparsi. “Oh Escalo, non sai quanto mi piace il
dolore” fu la sua
risposta. Il principe allentò la presa e la
allontanò da sé, “Maledetta sadica.
Credi davvero che io non sappia quando una donna finge interesse per i
suoi
loschi scopi? Adesso vattene”.
Prese
la tunica da terra come se fosse uno straccio e glielo
lanciò contro, Demetra
sulla porta si rivesti ma non la aprì. “Non
finisce qui, mio Escalo” bisbigliò
con aria di sfida.
L’uomo
al limite della sopportazione aprì la porta e la
cacciò fuori dalla sua stanza
ignorando le facce sconvolte di due guardie che passavano in quel
momento.
Melania
che per puro caso si trovava li a quell’insolita ora della
notte perché la sua
padrona aveva fame, si era appostata dietro una colonna e aveva visto
tutto ma
non era certa di aver capito bene.
Si
nascose meglio e quando le guardie e Demetra se ne furono andate rimase
a
fissare Escalus inerme appoggiato alla porta ancora teso in volto. Il
suo
fisico altissimo e possente catturò la sua attenzione, da
quando lavorava li
non l’aveva mai visto con i capelli sciolti e mezzo
spogliato.
Il
principe sbuffò un po’ per il sonno , un
po’ per la rabbia e guardò
distrattamente nella sua direzione. Melania si sentì
avvampare, ora che era
stata scoperta avrebbe dovuto darsela a gambe invece si girò
e appiattì la
schiena contro la colonna pregando che non la punisse o che non
dicesse…
“Lianne!”
Il
nome della sorella riecheggiò per il corridoio e lei strinse
i denti e chiuse
gli occhi. “Volevo dire Melania, scusate”, la sua
voce adesso era troppo
vicina.
Riaprì
gli occhi e se lo trovò faccia a faccia. La sua era
un’espressione di chi sta
aspettando una spiegazione così lei sospirò e
indicò il sacco che aveva in
mano.
“Sono
andata nelle cucine perché vostra sorella ha chiesto
qualcosa da mangiare…Non
ho fatto niente, giuro che non vi stavo spiando”, il tono di
Melania era
incerto ma stava dicendo la verità.
Il
principe sbadigliò, “Va bene, vi credo. Adesso
augurate pure a mia sorella la
buonanotte”. Si allontanò senza dire altro e si
chiuse in camera sua.
Melania
ancora mezza sconvolta tirò un sospiro di sollievo e si
avviò dalla sua
padrona, quindi passò davanti la porta che si era appena
richiusa e le parve di
sentire un rumore ma non gli diede peso e nel buio affrettò
il passo.