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Autore: CassandraBlackZone    21/09/2014    1 recensioni
[sequel de A person to remember]
Qualcosa nel mio petto inizia a pulsare violentemente, e un caldo tepore si espande in tutto il mio corpo, raggiungendo subito il cervello. Fa quasi solletico, ma fa anche terribilmente male. E ancora non riesco a muovere nemmeno un dito. Sento i neuroni che esplodono uno dopo l’altro, le cellule che muoiono e rinascono simultaneamente, e il sangue ribolle nelle vene. Pian piano una luce dorata inizia ad avvolgermi leggera e, con un piccolo sforzo, decido in fretta il colore dei miei capelli.
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 11, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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“-ra… -ura… Laura… Laura! Svegliati.”
Una voce fece eco nella testa della povera Laura, che con un po’ di fatica riaprì le palpebre, svegliandosi così da un sonno inconsapevole di averlo fatto. Fitte terribili la indussero a portarsi le mani alle tempie.
“Ehi, va tutto bene?”
“Da…David?” riacquistata la vista, la donna riconobbe i due grandi occhi color nocciola, uno ben aperto e l’altro leggermente socchiuso, il volto per niente colpito dall’avanzare dell’età, che la fissava preoccupato inginocchiato davanti a sé.
Questi sorrise sollevato “Uh, menomale! Non ci speravo più, sai? Ho tipo continuato a chiamarti una trentina di volte.”
“Che… che cosa ci fai qui?”
“Penso per il tuo stesso motivo. Per venire a trovare Matt. Un amico è passato da qui e mi ha detto dello strano caso della neve nel condominio, ma quando sono arrivato non era che rimasta acqua.”
Ancora confusa e con i forti dolori alla testa, Laura si alzò dal divano per guardarsi attorno. Per un attimo fissò il parquet davanti alla porta d’ingresso. Aveva la sensazione che mancasse qualcosa lì sopra, o meglio… qualcuno. Di morto.
“Laura? Che hai?”
“Lì… lì non doveva esserci un corpo?”
David ridacchiò con la bocca chiusa “Ma che dici! Un corpo? Andiamo! Dov’è Matt?”
Altro vuoto di memoria. Ignorato l’amico, lei corse velocemente nella camera da letto: le lenzuola e le coperte erano ben fatti, esattamente come Matt solitamente le sistemava. Non vi era nessuno moribondo sopra.
“Io… io non lo so” urlò alla fine senza togliere gli occhi di dosso dai cuscini grigi “Non so dove sia.”
“Ah, capisco” David la raggiunse perplesso “magari è andato a denunciare la cosa come il resto del condominio.”
“Sì… è possibile.”
“Che disgraziato. Lasciare la sua sorellona ad aspettarti fino a tardi.”
“Eh? Come fino a tardi?” chiese Laura con la fronte aggrottata.
“Beh, sai com’è,” l’attore controllò l’ora sul display del suo cellulare “ ormai è passata la mezzanotte.”
“Mez-.. mezzanotte? Ma non è possibile! Io l’ho appena riportato a casa. Abbiamo cenato fuori.”
“Wo… che strano cenare a mezzanotte” ridacchiò David.
“Ti sbagli. Erano le più o meno le ot-…” col braccio allungato verso l’orologio sul condominio, Laura rimase sconvolta da ciò che lesse. Si stropicciò gli occhi incredula e ripeté più volte nella sua testa l’ora per confermarla:  le lancette segnavano le dodici e ventidue.
Ricorda, Laura, ricorda. Hai preso Matt dalla dottoressa Miller con la macchina, lo hai portato a mangiare fuori e lo hai riportato a casa e alla fine sei andata il aereoport-…
“Laura? Sei sicura di stare bene?”
La voce di David si intromise nella brainstorming di Laura, ma alla fine capì che c’era veramente qualcosa che non andava.
“Come posso essere qui” disse infine “io dovrei essere all’aeroporto!”
“Ok, Laura, ascoltami. Si vede invece che tu ti sia stancata e abbia deciso di salire con Matt, e…”
“No. Ero al check-in pronta ad imbarcarmi, fino quando Matt non mi ha chiamata tutto sconvolto.”
“Allora sei tornata indietro dopo la sua telefonata. Semplice no?”
Certo, doveva essere così. David non aveva tutti i torti, ma ancora lei non ne era convinta. Non lo era per niente. C’erano sicuramente dei particolari che le erano sfuggiti, dall’ingresso di casa al letto, lei sapeva che mancava qualcosa.
Neve.
“Aspetta… David? Che cosa avevi detto prima?” il suo cuore aveva preso a battere così velocemente che dovette portarsi una mano al petto. La preoccupazione era in procinto di uscire da lì da un momento al’altro.
“Ho detto… che sei tornata indietro dopo la telefonata, e…”
“No, intendo appena sei entrato. Che cosa hai detto che c’era nel condominio?”
Un po’ confuso David iniziò a balbettare e a gesticolare. D’altronde era notte fonda e l’aveva passato bevendo assieme a degli amici, non era del tutto lucido, nonostante la sua buona tolleranza con l’alcol “Ho detto che c’era della neve nel condominio, ma che ora è solo acqua.”
“Però era pur sempre neve.”
“Che? Asp-… Laura.”


Sai, dopo essere ‘diventato’ il Dottore ho capito che la realtà non è mai quella che sembra. Insomma, voglio dire, qualsiasi cosa incontrassi era qualcosa di assurdo, di impossibile… di nuovo! Non puoi immaginare quanto fosse eccitante! Chissà, è probabile che un giorno persino in un mondo come il nostro io, te o chiunque altro potrebbe incontrare davvero qualcosa che possa stravolgere l’intero genere umano, come fa il Dottore.
 
Mentre mangiavano, Laura non aveva minimamente preso sul serio le parole del fratello, e solo ora si era resa conto di quanto invece fossero importanti. Gli occhi con cui le pronunciava, la serietà del suo tono, il sorriso malinconico che tirava ad ogni parola: erano chiari segni che Matt avesse veramente assistito a qualcosa di altrettanto assurdo, impossibile, ma soprattutto nuovo, e come una stupida lei non gli aveva creduto. Fin da quando erano piccoli.
 
Ma è vero! Lui mi parla nella mia testa! All’inizio mi faceva paura, adesso no! Lui mi insegna tante cose! E mi ha detto che da grande sarò ‘fantastico’!
 
“Oh, io sono davvero una stupida!” ricordando amaramente quei momenti, Laura imprecò più volte, dandosi della pessima sorella, e raggiunto l’ingresso di corsa uscì.
Come aveva detto David, il pavimento era completamente bagnato. Persino lo zerbino era zuppo.
“Laura, che ti prende tutto ad un tratto, eh? Vuoi che ti porti all’ospedale?”
“Questa è nuova.”
“Come, scusa?”
“Io non ricordo nessuna neve, e una cosa così assurda non la posso aver dimenticata.”
“Beh, in effetti non hai tutti i torti.”
“Neve in  un condominio. Andiamo, è totalmente folle e impossibile.”
“Ok, fin qui ci arrivo, ma qual è il punto?”
Laura si abbassò sullo zerbino e vi avvicinò lentamente la mano “Allora ciò significa, che quest’acqua mi saprà dire cos’è successo a me e dove sia andato Matt.”
 
“Laura!! Laura!! Oggi il Dottore mi ha insegnato una cosa nuova! La vuoi sentire?”
“Che cosa ti ha insegnato?”
“Mi ha insegnato che se non si vuole dimenticare chi si è o cosa si ha fatto, allora è meglio cercare ogni stranezza che si incontra e aspettare.”

“Stranezza? E perché?”
“ ‘Cosa c’è di meglio della stranezza per iniziare?’ così ha detto.”

 
 
Matt aveva la faccia affondata nelle mani. Gli occhi erano chiusi e intenti a scacciare le parole di Asia, ripetendo dentro di sé più volte che non poteva essere vero.
Era evidente la preoccupazione di Asia, poiché trafelava dai suoi occhi lucidi e carichi di lacrime, ma che con tutta la forza che aveva, le tratteneva.
Subito lui rimpianse amaramente la sua insistenza “Asia, io… mi dispiace… non volevo…”
“No, Matt” lo interruppe Asia sorridendogli “Hai il diritto di sapere.”
 “Ma non e così facile, Matt Smith,” Dalila  colse l’occasione per avvicinarsi ad Asia con una coperte celeste. Appoggiatola sulle sue spalle, le si sedette accanto, stringendole le spalle “ha appena finito di rigenerarsi. Non puoi pretendere che ti dica proprio tutto ora. Devi lasciarla riposare.”
“Ma Dalila, io sto bene.”
“Senti, scricciolo, tuo padre mi ha detto di farti riposare appena ti saresti rigenerata. Se non faccio come mi ha ordinato passerò dei guai.”
“Come se papà fosse capace di punire.”
“Ti porto qualcosa da bere. E tu?” si rivolse con lo sguardo truce verso Matt “Vuoi qualcosa?”
L’umano scosse la testa impaurito “N-no. Io sono a posto.”
“Bene.” Ringhiò con le sue branchie fretianiane. Erano piccole fessure giallastre, che Matt notò ingrossarsi un paio di secondi per poi ritornare piatte.
Dato l’ordine ad Astrid, davanti all’aliena si aprì dal nulla una portale dalla forma rettangolare, da cui uscì un buon profumo di carne arrosto e rosmarino.
Matt inspirò a pieni polmoni, fino alla chiusura del portale.
“Quello che senti è la nostra cena. Penso sia quasi pronto.” Gli sorrise Asia timidamente.
“Oh, come ho detto sono a posto. Ho già mangiato due bei cheeseburger.” Disse più rilassato.
“Allora lo mangerai domani.”
“Giuro che dopo questa non ti chiederò più nulla.”
“Tranquillo, parla pure. L’ho mandata via apposta, così che potessimo parlare in santa pace.” Asia tirò fuori lentamente uno strumento metallico dalla punta verde. Subito Matt lo riconobbe e allargò un sorriso: era il piccolo cacciavite sonico costruito da lei stessa “ Ora il mio cacciavite sonicizza anche ad una distanza molto elevata. Avrà qualche problema con il frigorifero.”
Matt si concesse un momento per immaginarsi la scena, e ritornò serio, lasciando che il sorriso scomparisse spontaneamente.
“Tu ci servi ancora, Matt.”
Il cuore del giovane attore perse un battito.
“Non esserne così sorpreso. Ti ha detto papà in che rapporti sei con lui, no?”
“Ma io sono un essere umano. Non sono nessuno” rispose lui con lo sguardo perso nell’erbamela.
“Devo per caso riprendere il discorso?”
“Asia, tu non capisci! Io sono un semplice attore che fa cose da… attori!”
“In parole povere cose noiose.”
“Oi!”
“Non volevo offenderti, scusa, ma una cosa è certa, Matt. Un semplice attore non sognerebbe in prima persona la mia prima rigenerazione.”
Matt aprì bocca per parlare, o meglio, così voleva fare. Accortosi che non usciva una parola, la richiuse in silenzio.
“Sì, Matt. So che tu hai sognato la mia rigenerazione. E lo sai perché?”
Scosse la testa.
“Perché io invece ho sognato il giorno in cui tu ti perdesti in montagna quando aveva sette anni.”
Matt spalancò gli occhi incredulo, e con la bocca che cercava invano di dire qualcosa di sensato.
“Mentre stavo morer-… mi stavo rigenerando, prima pensai all’equipaggio e a come sarei venuta fuori, ma poi vidi solo neve. Dopo il tepore che mi accompagnò fino alla sala comandi, sentii dei brividi di freddo mai provati. Nonostante fossi coperta dalla tuta spaziale, era come se in realtà indossassi solo un paio di jeans e una maglietta a maniche corte. Finché poi non realizzai che ero finita nel sogno di qualcun altro, ovvero il tuo.”
“La gita in Trentino in Italia,” si ricordò Matt “ ci ero andato con la mia famiglia da piccolo.”
“Hai visto? Alla fine anche io e te siamo legati. Dopotutto, anche se non eri propriamente tu, mi hai liberata dall’energia rigenerativa.”
Lui aggrottò la fronte quasi arrabbiato senza farsi notare. Ricordava bene anche lui, l’uomo, se lo poteva definire tale, che gli prese il posto poco dopo aver liberato il Dottore dalla capsula. Era riuscito a malapena a salutarlo, che subito si era sentita tirare indietro per poi ritrovarsi in un’enorme stanza buia e infinita, e sentiva tutto ciò che succedeva nel mentre, senza che lui potesse avvisare dell’impostore.
Ora che ci pensava, Matt ricordò chiaramente cosa lo avesse spinto ad uscire dal bungalow quella notte.
“E’ stato lui.” Disse a bassa voce.
“Di che parli, Matt?” chiese Asia preoccupata.
“E’ stato lui ha farmi uscire dal bungalow. Mi aveva detto che sarebbe andato tutto bene, e che in maniche corte sarebbe stato più facile”
“Sì. Ricordo anche io una voce. Ma… non so se fosse…”
 “Ma dopo venti minuti ritornò la voce del Dottore, che  tutto spaventato mi disse che dovevo tornare indietro.”
“Un momento… io non l’ho mai incontrato, quindi non posso sapere che voce fosse, mentre tu…”
“Era identica a John Simm.” disse tutto ad un fiato Matt  “Sì, era lui. Era la voce del…”
Taci.
“Ahi!”
“Dalila, ma che fai!”
La giovane aliena ritorno con in mano un paio di lattine di cola, quando non le lasciò cadere a terra per prendere per il collo Matt. Quest’ultimo si sollevò di almeno dieci centimetri, col volto prossimo al porpora.  La sua vista iniziò ad offuscarsi per la troppa pressione e boccheggiò alla ricerca di aria.
“A-aiuto… non… respiro.”
“Dalila, smettila!”
“Tranquilla, scricciolo. So fin troppo bene che questo pidocchio ci serve. Tu vai a riposarti.”
“Dalila!”
“Astrid. Teletrasporta Asia nella sua stanza.”
Ricevuto.”
“No, un momento!” cercò di ribellarsi la ragazza.
Scusami, Asia.”
Inutile fu per la giovane gallifreyana alzarsi e correre verso Dalila. Tutto il suo corpo svanì in una colonna di luce, prima ancora che potesse raggiungerla.
Ora sono morto, pensò Matt ormai arresosi.
“Bene. Ora possiamo parlare in santa pace.”
Senza la minima delicatezza, Dalila lasciò andare l’attore.
Tra un tossicchio e l’altro Matt prese avide boccate d’arie, seguite da un sospiro di sollievo. Era vivo. “Grazie… al cielo… cof…”
“Per essere un essere umano, non hai il minimo tatto, eh?” ringhiò l’aliena irritata “Gli assomigli davvero troppo per i miei gusti.”
“Che… vuoi dire?”
“Che voglio dire? Hai il coraggio pure di chiedermelo?! Non ti sono bastati i suoni dei tamburi per capire che era a disagio?”
“Ecco… io… m-mi dispiace…”
Da come fissava il vuoto, Dalila capì che Matt era sinceramente pentito e cercò quindi di calmarsi respirando a pieni polmoni. Raccolte le lattine, gli si sedette accanto e gliene porse una “Lei li ha visti.” Lo schiocco della lattina fece alzare la testa dell’uomo.
“Visti? Chi?”
“Stava aiutando un’astronave per conto di sua madre ad atterrare senza problemi su Adipose 3. Andava tutto bene, finché non successe.”
Matt sorseggiò la cola, lasciando che le bollicine le saltassero sulla lingua “Cosa… successe?”
“Alcuni passeggeri li sentirono. I tamburi.
Il sangue raggelò nelle vene di Matt, mentre Dalila stringeva lentamente la sua lattina già vuota “Una cinquantina, o forse una settantina su due mila, iniziarono ad impazzire, tenendo la loro testa con entrambe le mani – o più – e ad uccidere involontariamente. Asia cercò in tutti i modi di aiutare, e così fece. Fece salire i passeggeri ancora sani di mente in tutte le navi di salvataggio, ma purtroppo per lei fu ferita e si rigenerò.”
“Ma aspetta un attimo. Detti così sembrano gli stessi sintomi delle…”
“Voci dell’illusione? Non credere che nessuno ci abbia pensato, tutti avevano temuto un possibile ritorno dell’epidemia del Dottore, ma non sono quelle.”
“E cosa vi ha fatto credere che sia ritornato? Insomma, dovrebbe essere morto, no? Nella mia dimensione lui è apparentemente morto e…”
Apparentemente non significa che non sia morto. Eppure ero convinta che ti avessero spiegato come funzioni qui.”
“Sì, certo che lo so.”
“Anche se per certi versi, la sua cosiddetta morte coincide con entrambe le dimensioni.”
“Vuoi dire che…”
“Sì. Ma non è questo il problema. Astrid, apri l’ologramma numero ventisette.”
Ricevuto. Ricerca in corso.
Per mostrare gli ologrammi, Astrid dovette ridurre il cielo amazzonico in un’enorme cupola a specchi. Su di essi si formò il profilo di un uomo in giacca e cravatta, entrambi neri, e una camicia bianca.
“Ascolta con molta attenzione. Questo ologramma, diversamente degli altri, è assai importante.”
“Altri?”
“Dopo la prima massa impazzita, ovvero di tre anni fa, Ogni giorno girarono in ogni angolo dell’Universo diversi ologrammi con diversi messaggi.”
“E perché questo è il più importante?”


Salve a tutti, abitanti dell’Universo.
 
Una voce sarcastica rimbombò per tutta la foresta, e fu allora che Matt alzò lo sguardo verso l’enorme immagine dell’uomo finalmente ben visibile. Eccolo. Con la sua corporatura minuta, gli occhi piccoli e scuri, un sorrisetto accennato e i capelli corti e castani: il Maestro.
 
Come ben sapete, io sono il Maestro. Il vostro caro Maestro.
Sono così felice di vedervi tutti con gli sguardi rivolti verso di me, sapete? Mi rende davvero molto, molto felice! Ma bando alle ciance! Quest’oggi ho un importante annuncio da fare, diverso da solito conquisterò l’intero Universo e di conseguenza le vostre menti, no! Questa volta io mi rivolgo ad una sola persona. Anzi, due.
La prima: Dottore. Dopo molti giorni passati a parlare con questa feccia inutile, finalmente mi decido a chiamarti. Da quanto tempo, eh? Spero che tu non abbia seriamente pensato che io fossi morto, mi offenderei profondamente! Sai fin troppo bene che non ti libererai facilmente di me.
Propongo una sfida a te e alla tua cara Lega. Ho avuto modo di assistere al magnifico salvataggio che hai fatto. CBM2? Così li chiamavi? Davvero un ottimo lavoro. Mi congratulo.
 
Il Signore del Tempo batté le mani lentamente quattro volte con un sorriso palesemente falso.
 
Ma ormai si sa, dico bene? Le voci dell’illusione se gestite bene sono facili da controllare. Sono davvero curioso di vedere come farai con i miei cari e vecchi tamburi, Dottore. Stessa situazione, ma esiti, secondo me, totalmente diversi. Sai perché? Sono sicuro che in questo round non vincerai. Perché lo faccio, ti starai chiedendo? Beh, è ovvio!! Mi diverte!
 
Il modo in cui rideva era così sadico e rivoltante, che Matt digrignò i denti indignato. Veder morire degli innocenti lo divertiva veramente? Vederli soffrire? Era davvero, pensava Matt, un amico del Dottore?
 
E ora vorrei rivolgermi alla seconda persona. Vorrei parlare con il mio amichetto… Matt Smith!
 
Matt cercò di mantenere la calma serrando entrambe le mani a pugno, gli occhi fissi su quelli da serpe del Maestro e rimase in ascolto.
 
Prima di tutto… mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. Ma ti ho mentito, sai? Non sempre il buon vecchio Dottore ti raccontava la favola della buonanotte. Temo… di aver interferito un paio di volte.
   
 
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