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Autore: Shadow writer    22/09/2014    4 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
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Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Will mi afferra per un polso e mi tira verso uno stanzino.
Anche se non fossi così attonita dubito che riuscirei a liberarmi.
Mi spinge all'interno e i due ragazzi mi seguono.
Appena mi rendo conto di ciò che è successo comincio ad agitarmi nel buio più completo.
«Fammi uscire di qui!» esclamo tastando la porta.
Due mani mi afferrano saldamente i polsi.
«Stai calma» dice la voce di Will, davanti a me.
«Calma?!»
«Vuoi risposte? Se stai buona te ne daremo» ribatte pacato.
«Lui ha cercato di uccidermi!» sbotto divincolandomi.
La presa del ragazzo è forte.
«Prima di tutto, lui ha un nome e si chiama Greg» comincia Will. Scommetto che sta sorridendo ora.
«Non me ne frega di chi è o di come si chiama! Resta il fatto che mi ha puntato una pistola alla testa! Anzi...» prendo fiato «L'hai mandato tu, vero?»
Will ride sottovoce.
Meno una ginocchiata e dal gemito che segue capisco con soddisfazione di aver fatto centro.
«Luna...» si lamenta lui con voce strozzata «Per favore, ti spiegherò, ma tu cerca di collaborare...»
«Collaborare con dei criminali?» sputo.
«Sapevi che ero un criminale anche ieri, ma non ti comportavi così» replica Will palesemente seccato.
Resto in silenzio.
«Okay, credo che starà buona» dice l'altro ragazzo parlando per la prima volta.
«Organizziamo le idee. Tu credi che io abbia mandato Greg alla consegna delle borse di studio.» fa Will.
«Questo lo so già» dico «Tuo zio è il mio benefattore!»
«Sì» ammette lui, quasi allegro.
«Perché non me lo hai detto?» chiedo esasperata.
«Perché non lo sapevo, o almeno non ne ero certo. Avevo il sospetto che fossi tu la ragazza, ma non ne ero certo»
«Sinceramente non sei molto normale, ragazza. Mi hai attaccato mentre avevi una pistola sulla tempia» commenta Greg.
«C'era solo un proiettile» sbuffo.
«E tu come fai a saperlo?» chiede Will.
«Non è la cosa importante!»
«E cosa lo è?» domanda Will ridendo.
Quanto vorrei mollargli uno schiaffo sul suo volto ridente.
Peccato che mi tenga ancora i polsi e ci sia buio pesto.
«Il fatto che hai mandato un tuo complice ad assalirmi, che avevi dei dubbi e non mi hai detto nulla...»
«Seriamente Luna, cosa avrei potuto rivelarti?»
Sento la rabbia gonfiarmi il petto, ma lui continua:
«Prima dovevo assicurarmi che fossi veramente tu la ragazza della borsa di studio»
Fisso con odio il punto ipotetico dove potrebbe essere il suo volto:
«Quindi tutte quelle belle parole, quei bei discorsi intriganti avevano solo il fine di capire se ero quella giusta, eh?!»
Will prende fiato, ma non gli do tempo di rispondere:
«Non m'importa, tanto conosco già la risposta. Adesso lasciami!»
Con uno strattone secco mi libero e poggio le mani sulla porta con forza.
Questa si apre con uno schiocco secco.
Non ho né il tempo né la voglia di esserne stupita.
Esco a grandi passi, ma mi blocco subito.
Nel corridoio c'è Marcelo.
Mi fissa, poi sposta gli occhi alle mie spalle, dove saranno sbucati Will e il suo amico.
Le sopracciglia di Marcelo raggiungono l'attaccatura dei capelli da tanto sono sollevate.
«Pensavo ti interessasse solo Lennox...» commenta.
Mi sento avvampare:
«Non è come sembra, ma sono abbastanza arrabbiata e non ho voglia di spiegare»
Lui stringe le spalle e strizza gli occhi:
«Ti credo, non m'importa»
«Luna...» sento la voce di Will alle mie spalle.
Decido che è arrivato il momento di andarsene davvero.
Faccio per allontanarmi, ma qualcuno mi afferra il polso.
Mi volto di scatto e incontro gli occhi scuri di Greg.
Sottraggo la mano tentando di allontanarlo con quella rimasta libera.
Senza rendermene conto ci metto troppa forza e lo faccio sbattere contro il muro.
Lui mi guarda sorpreso.
Finalmente riesco a correre via, veloce come il vento.
 
Dopo aver inforcato la bicicletta pedalo con furore verso la scuola.
Sento l'aria impetuoso intorno a me, ma più che soffiarmi contro sembra aiutarmi.
Appena avvisto il campus schizzo nel viale e lascio la bicicletta dove l'ho trovata.
Cammino rapida verso la mia casetta.
C'è un pallone in mezzo alla strada e lo calcio per allontanarlo.
Ancora una volta non riesco a dosare la mia forza e quello finisce talmente lontano sul prato che non riesco più a vederlo.
Ora però, sola nel campus deserto, comincio a stupirmi a farmi delle domande.
La confusione generale che aleggia nella mia testa non aiuta di certo a chiarire le idee, ma la nebbia si sta diradando sempre di più.
«Serve una mano con il vento?»
Mi volto di scatto, spaventata.
Sulla soglia della sua graziosa dimora, con un sorriso enigmatico, c'è Jim.
 
L'uomo mi sorride, fa un cenno col capo, si volta e si avvia verso casa sua con lentezza.
Mi ritrovo a seguirlo in fretta.
Nonostante il passo tranquillo, raggiunge lui per primo l'ingresso e scompare oltre la porta.
Lo imito velocemente.
Jim è ritornato nel salottino dove mi aveva accolta ieri e se ne sta seduto sulla sua poltrona.
«Cosa significa?» chiedo frastornata.
Lui ha un volto così pacifico.
«Sapevo che prima o poi te ne saresti accorta. Che ne dici di sederti?»
Annuisco e mi lascio cadere sulla poltrona di fronte.
«Il vento» sussurro.
Fa un cenno di assenso col capo e continua a fissarmi.
«Cosa significa?» ripeto.
Si fa pensieroso:
«Probabilmente tu l'hai sempre denominato con il termine "magia"» comincia «In realtà si tratta di qualcosa di molto più semplice, almeno per noi»
Sento il cuore scalciare nel petto, i pensieri frullano come ali frenetiche.
Jim sembra cercare le parole giuste.
«Hai presente la legge di Lavoiser?» domanda con occhi vigili.
Annuisco e con voce fioca dico:
«Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma?»
Fa un cenno del capo:
«Esatto. Quello che mi serve è la spiegazione che hai usato ora, non quella scientifica delle masse. Ciò che voglio dire, Luna, è che al mondo esistono persone in grado di trasformare un determinato tipo di energia in forza fisica.»
Lo guardo frastornata per qualche istante, poi mi esce una sorta di gorgoglio:
«Il vento...»
«Esatto» ripete ancora Jim «A quanto pare tu riesci a trasformare l'energia del vento in forza fisica. Questo è ciò che gli ignorante chiamerebbero "magia"»
Vorrei gridare che mi sta prendendo in giro, alzarmi in piedi e correre via, di nuovo con la bicicletta che ho rubato.
Ma il fatto è che il 100% della mia essenza crede al 100% delle sue parole.
«Perché?» domando senza neanche rendermene conto.
Si stringe nelle spalle:
«Siamo sempre stati pochi e le unioni con chi non apparteneva alla nostra razza ci hanno indeboliti»
«I miei genitori...»
Scuote il capo:
«Nessuno, nella tua famiglia, è come te. O almeno nessuno di quelli che conosci. Se uno di noi si sposa con un asthenés, il figlio non ha le nostre abilità, ma le erediterà uno dei discendenti»
«Significa che uno dei miei antenati era come voi?»
Non so più dove mi stia portando la mente. 
L'unica cosa che riesco a pensare è che provo l'impellente necessità di vomitare.
Jim sorride.
«Quel "noi", Luna, comprende anche te»
 
Guardo l'uomo con occhi vacui.
«Cosa significa quella parola che hai detto prima?» biascico.
«Quale?» mi chiede lui con gentilezza.
«Quella greca, non...» la mia voce sfuma.
«Conosci il greco?» domanda con un certo divertimento nella voce.
«Poche cose per cultura» rispondo automaticamente senza rendermi conto che non ha niente a che vedere con il nostro discorso.
Jim riprende la spiegazione:
«Asthenés significa "debole", "incapace". È come da sempre vengono chiamati coloro che non sono in grado di trasformare l'energia»
«I miei genitori sono asthenai?»
«Esatto» l'uomo sembra compiaciuto.
«Stai bene, Luna?»
Annuisco, poi scuoto il capo e infine annuisco ancora, ma quando parlo le parole mi contraddicono:
«Sono successe tante cose oggi, è...difficile, assimilarle tutte. Più che altro è difficile rendermi conto che sono realmente accadute»
Jim mi guarda serafico:
«È dalla prima volta che ti ripeto che io sono sempre qui disposto ad aiutarti»
Faccio un sorriso debole e alzo gli occhi su di lui:
«Però solo ora ho capito il significato delle tue parole»
Sorride ancora, per nulla imbarazzato.
«Che ne dici di un tè?»


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 Ciao a tutti!
Questo capitolo è breve, ma credo piuttosto intenso! Finalmente entriamo nel vivo nella storia! Ecco comparso l'elemento "magico" della storia. Cosa ne pensate? Delusi o soddisfatti? Fatemelo sapere con una recensione anche minuscola! Spero di aggiornare presto,
alla prossima, 
Lux
   
 
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