Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: Niall_James_Horan    22/09/2014    0 recensioni
Amelia e Mia sono due amiche d'infanzia e studentesse di Cambridge che si trovano a frequentare per un anno un college americano. Lì incontreranno persone speciali e stringeranno amicizie molto forti. Specialmente con cinque ragazzi molto particolari. Aspettatevi apparizioni da chiunque sia mai stato sul palco dei Grammy praticamente.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A/N: Avvertimento, per motivi tecnici e per un caso cronico di "All'Autrice Non Piace La Matematica" le età dei ragazzi sono state rese le stesse. In questa storia hanno tutti 21 anni (o stanno per compierli). Per la cronaca il Bard College esiste e la geografia della fanfiction è basata su quella del college, così come lo è l'offerta formativa. Ovviamente mi sono presa delle libertà, ma in linea di massima tutto ciò che viene descritto nella fic è accurato o almeno verosimile.
A/N2: Okay! Molto eccitata per questa storia! Non è la prima fanfiction che scrivo, ma è la prima che pubblico. Spero vi piaccia! 

-

“Ieri stavo guardando un film, quello su Lincoln, e ti giuro è stata un'esperienza trasformativa.”

“Secondo me esageri, Spielberg è bravo, ma 'Lincoln', per quanto visivamente molto buono, non è stato uno dei suoi lavori migliori.”

“Che c'entra Spielberg? Io sto parlando del film in cui Lincoln è un cacciatore di vampiri.”

“Tu mi preoccupi Amelia, ma sul serio.” disse Mia scuotendo la testa con fare abbattuto.

Amelia sorrise e non rispose. Si girò invece verso il finestrino dell'aereo. Ormai stavano viaggiando da quasi sette ore. Lei e Mia erano partite, insieme ad una manciata di altri studenti universitari, da Cambridge alle 3 del mattino per poter arrivare a Londra e da lì prendere l'aereo per New York. Mia si era lamentata ad oltranza per il fatto che fossero loro a dover raggiungere gli altri a Londra invece di far andare loro a Cambridge. Ad Amelia la cosa non era dispiaciuta più di tanto, viaggiare, anche se ad ore assurde, non la disturbava. Ora però, stanca, con ore ed ore di viaggio alle spalle ma troppo eccitata dalla prospettiva di ciò che stava per succedere per poter dormire, rimpiangeva quelle ore di sonno in più che avrebbe potuto accumulare. E purtroppo il loro viaggio non sarebbe finito una volta arrivate a New York. Da lì sarebbero dovute arrivare nella Hudson Valley, a circa 90 miglia dalla città, dove quello che per quell'anno sarebbe stato il loro college, il Bard College, si trovava.

Nessuno le aveva detto che fare un anno all'estero sarebbe stato così faticoso.

Amelia guardò Mia con la coda dell'occhio. La ragazza era tornata a leggere una rivista di moda comprata all'aeroporto e che ormai doveva sapere a memoria. I lunghi capelli biondi le ricadevano sulle spalle e lei continuava a spostarli dietro le orecchie, un tic nervoso che si portava avanti da quando era bambina. Amelia fu colta da un moto d'affetto e pensò per l'ennesima volta che non avrebbe fatto quest'esperienza con nessun altro al mondo. Lei e Mia si conoscevano da quando erano piccolissime, le loro mamme erano anche loro amiche d'infanzia e una volta adulte avevano deciso di continuare ad essere vicine di casa. La loro amicizia era stata inevitabile. Nate soltanto ad un paio di mesi di distanza le due erano cresciute come gemelle, conoscevano tutto l'una dell'altra ed erano inseparabili. Se non fosse stato per le prominenti distinzioni fisiche le avrebbero davvero scambiate per gemelle, o almeno per sorelle.

Il resto del viaggio in aereo e l'arrivo a New York City passarono in quello che ad Amelia sembrò un secondo, ma che al suo corpo stremato dal viaggio sembrò un'eternità. La città era fredda nonostante fosse appena iniziato Settembre, molto più di Londra data la sua prossimità con l'Oceano Atlantico. Sia lei che Mia si ritrovarono a desiderare di aver indossato vestiti più caldi mentre aspettavano il pullman che avrebbe portato gli studenti nella Hudson Valley. L'unica cosa che riusciva a tenerle in alti spiriti era la promessa che nella Valley le temperature sarebbero state più miti. Quello e l'idea che sarebbero state condotte immediatamente nelle loro stanze, in cui avrebbero potuto riposare per qualche ora prima del tour ufficiale del campus. Il pullman finalmente arrivò e gli studenti esultarono, bagagli in mano e pronti a partire di nuovo.

 

Amelia era incredibilmente felice di aver resistito alla tentazione e di aver portato semplicemente una valigia, sebbene enorme, con sé mentre attraversava il bellissimo campus del Bard College a piedi. L'università aveva deciso di raggruppare tutti gli studenti dello scambio con Cambridge in un'unica residenza che apparentemente era al limite Nord del campus. In genere c'erano degli autobus che aiutavano studenti, professori e membri dello staff a spostarsi all'interno dell'università, ma gli organizzatori avevano pensato sarebbe stato carino mostrare ai nuovi arrivati la strada cosicché potessero anche farsi un'idea delle dimensioni del college. Quello di cui gli organizzatori non avevano tenuto conto era che trenta studenti stremati da quasi dodici ore di viaggio non sono un audience particolarmente entusiasta. Specialmente se si stanno trascinando dietro valigie con tutte le cose che potrebbero servire in un anno.

Amelia era così presa dal trascinarsi dietro chili e chili condensati in un unico trolley e a desiderare di essere stata meno materialista nella sua vita, che si rese conto che gli altri si erano fermati solo quando Mia le prese un braccio prima che potesse andare a sbattere contro un ragazzo dai capelli scuri. Amelia alzò lo sguardo e vide sorpresa e meraviglia dipinte sul volto di Mia. Seguì lo sguardo della sua amica e quasi lasciò cadere la valigia dallo stupore. Erano davanti alla loro residenza ed era la cosa più incredibilmente bella che avessero visto finora. Era un gruppo di residenze, troppo grandi per essere chiamate ville e troppo piccole per essere chiamati palazzi, costruite nel tipico stile del Nord-Est Americano. Mattoni a vista, tetto spiovente, grandi finestre su tutti i lati e edera che si attaccava rigogliosa ad ogni superficie che riuscisse a trovare. Sembrava di essere in uno di quei libri che sua madre adorava tanto, quelli che parlano di giovani per bene ma di origini modeste che hanno l'opportunità di frequentare un college prestigioso e vengono corrotti dai loro nuovi amici ricchi e dai loro dubbi principi morali. Poteva già sentirla in lontananza dirle di stare lontana da chiunque possedesse uno yacht dato che tutti gli omicidi che concludevano queste storie venivano in genere commessi su uno yacht. Anche a Cambridge c'erano edifici del genere, ma praticamente nessuno riusciva a permettersi di vivere nel campus. La maggior parte delle persone preferiva affittare appartamenti e case vicino all'università per l'anno accademico.

I pensieri di Amelia furono interrotti dalla loro guida.

“Benvenuti a Ward Manor!” esordì con entusiasmo, “Questa è l'entrata posteriore, al limite Nord del campus, come potete vedere alle vostre spalle ci sono dei boschi e più avanti il fiume Hudson. Siamo anche vicini alla catena montuosa delle Catskill.” concluse la donna indicando un punto alle spalle degli studenti.

Amelia si voltò, i capelli rossi che erano riusciti a sfuggire allo chignon che aveva fatto prima di partire agitati dal vento. Quello che vide la fece rimanere a bocca aperta. Erano al limite di un enorme campo d'erba tagliata da poco, ma a qualche centinaia di metri di distanza un bosco fitto aveva preso possesso del panorama. Amelia non era mai stata un tipo atletico o che amasse l'aria aperta, ma in quel momento sentiva l'urgenza di esplorare quei luoghi così pittoreschi. Nella sua sorpresa si era solo in quel momento accorta che la guida aveva iniziato a parlare di nuovo.

“Siete tutti incoraggiati ad esplorare la natura in cui il campus è immerso, ma per favore siate cauti, specialmente dato che la stagione fredda sta per iniziare portando con sé strade gelate e buio pesto.” disse con un entusiasmo decisamente poco appropriato per il soggetto della discussione. Americani.

Dopo la piccola introduzione i ragazzi furono portati all'interno della residenza e ad ognuno fu assegnata una stanza. Come prestabilito Mia ed Amelia erano compagne.

 

Amelia stava trascinando il suo bagaglio su per l'ennesima rampa di scale quando si dovette fermare e sedere su uno dei grandi scalini di pietra.

“No, non ce la faccio, vai avanti senza di me Mia, salvati tu che puoi” disse Amelia portandosi una mano al cuore e asciugandosi la fronte con l'altra. Voleva sapere chi fosse stato il genio che le aveva sistemate al terzo piano senza ascensore. E non un terzo piano qualsiasi, ma un terzo piano con rampe dagli enormi scalini di pietra. Facevano molto romanzo gotico, ma erano un incubo se avevi con te una valigia più pesante di te.

“Quanto sei drammatica” rispose l'amica che sembrava soltanto vagamente affannata e non un relitto umano come Amelia si sentiva. Mia era visibilmente eccitata ora nonostante le 12 ore di viaggio, la scarpinata e ora le scale. Ma Mia era così. Un momento sembrava stesse per morire di noia e apatia e quello dopo sembrava fosse pronta a conquistare il mondo usando solo dello smalto per unghie rosa Barbie e una spazzola per capelli. Mia sospirò, si assicurò che la valigia non sarebbe collassata se l'avesse lasciata e scese gli scalini che la separavano da Amelia, tendendole una mano che Amelia prese. Rimasero così per qualche secondo, Amelia che riprendeva il fiato e Mia pronta ad aiutarla quando avrebbe deciso di alzarsi.

Amelia scattò in piedi, o meglio, barcollò in piedi, riprese la sua valigia e fece un cenno con la mano verso le scale, “Fammi strada” disse poi a Mia.

Dopo un altro paio di minuti di sudore, parolacce rivolte alle scale, i bagagli e l'architetto della residenza, le due arrivarono alla loro destinazione. L'ultimo piano aveva soltanto quattro stanze che occupavano i quattro angoli della residenza e se il numero sulla porta non mentiva, la loro era quella a destra delle scale.

Le ragazze si guardarono senza dire una parola. Volevano assaporare i secondi prima di vedere la loro stanza, sapendo in cuor loro che nessuna delle due avrebbe mai fatto questa esperienza senza l'altra. Mia prese dalla tasca la chiave che la guida le aveva dato soltanto qualche minuto prima ed aprì la porta. Quello che vide una volta entrata la sconvolse.

“Non ci posso credere!” quasi urlò la ragazza.

“Cosa succede? È orribile? Ti prego dimmi che non è orribile. C'è una colonia di scarafaggi sul mio letto? Dimmelo piano” disse Amelia tutto d'un fiato. La sua visuale era sbarrata dalla porta socchiusa, dalla sua amica quasi pietrificata sullo stipite e dalla sua valigia di proporzioni bibliche.

Mia non rispose, ma entrò nella stanza, seguita da Amelia il cui stomaco era ormai piagato da stretti nodi gelidi di ansia. Una volta entrata Amelia rimase a bocca aperta.

La stanza era grande, molto più grande di quando si aspettassero, c'entravano comodamente due letti singoli, due armadi, due comodini, due scrivanie e delle mensole sparse in giro per la stanza. Tutto in legno chiaro che, nonostante non sembrasse particolarmente pregiato, sembrava resistente. Opposto ai letti c'era anche un camino costruito nel muro. Amelia si avvicinò per ispezionarlo e notò che la bocca era coperta da un pannello isolante, probabilmente per proteggere la stanza dal freddo pungente dell'esterno. La ragazza si fece un appunto mentale di chiedere a qualcuno se fosse possibile accenderlo.

Mia nel frattempo aveva notato due porte opposte alla porta d'ingresso. Una era una porta a vetri, l'altra una porta bianca. Aprì prima quella bianca, che portava ad un bagno privato. Mia lanciò un grazie silenzioso al santo che ovviamente aveva in Paradiso. Prima di partire aveva sentito storie dell'orrore sui college Americani e i loro bagni condivisi tra più studenti. Il bagno in questione era piccolo, grande abbastanza per una cabina doccia, servizi igienici, lavandino e un paio di scaffali molto stretti. Le dimensioni ridotte avrebbero giocato a loro vantaggio quando sarebbe arrivato il momento di pulire.

La ragazza uscì dal bagno ed aprì la porta a vetri. La prima cosa che notò fu il vento freddo che la colpì. Era su un balcone, un balcone privato che si affacciava sui boschi dietro la residenza. Lo spazio era quasi interamente occupato da un tavolino in ferro battuto che aveva visto giorni migliori e due sedie in legno pieghevoli.

“Amelia corri vieni qui!” disse Mia facendole cenno con una mano. Amelia si precipitò fuori e rimase ancora una volta a bocca aperta. La vista era magnifica.

Le due amiche rimasero qualche minuto fuori a contemplare la bellezza di quel luogo. L'idillio fu spezzato da uno starnuto di Amelia e le due rientrarono. Chiudendosi la porta alle spalle.

“Okay. Questa stanza è ufficialmente meravigliosa” disse Amelia ancora vagamente sconvolta. Le due amiche erano state pronte a darsi all'avventura e per qualche motivo avevano immaginato che avrebbero vissuto in qualche squallida stanza in un dormitorio di cemento, non in una stanza che avrebbe fatto invidia a quella di un hotel e situata in una residenza degna di un libro di Jane Austen.

“Concordo in pieno. Non so perché ma avevo immaginato una stanza minuscola e sporca, questa è decisamente tutto il contrario” rispose Mia stendendosi sul materasso ancora completamente vestita. In una stanza in un piano alto, come in questo caso, Mia prendeva il letto vicino alla finestra ed Amelia quello vicino alla porta. Nel caso di una stanza su un piano basso, accadeva il contrario. Era una tradizione nata decine di anni prima, e ad essere sincere nessuna delle due ricordava esattamente come fosse iniziata.

Non c'erano lenzuola o federe, soltanto un materasso, due cuscini ed un piumone per ogni letto. Fortunatamente le ragazze erano arrivate premunite.

“Ugh non ti stendere sul materasso, per prima cosa è poco igienico e seconda cosa ti conosco, se rimani lì ti addormenterai e abbiamo ancora duemila cose da fare” disse Amelia aprendo lo scompartimento più esterno della sua valigia e tirando fuori lenzuoli, federe e copri-piumini. Mia si alzò controvoglia, alzando gli occhi al cielo come faceva spesso quando pensava Amelia stesse esagerando. La ragazza vagò verso la scrivania dove due cartelline con il logo e i colori del college erano state posizionate da qualcuno prima del loro arrivo. Mia ne aprì una e dentro trovò il suo tesserino dell'università, il suo orario dei corsi, una mappa dell'università, una lista dei numeri telefonici da chiamare in caso di una qualsiasi emergenza, un libretto con le regole di condotta dell'università ed una lettera di benvenuto firmata dal preside.

Una volta che Amelia aveva finito di preparare entrambi i letti con le sue lenzuola si avvicinò alla sua amica e prese l'altra cartellina. La prima cosa che fece fu mettere il cartellino nel portafogli e l'orario nell'agenda. Poi cominciò a studiare la mappa.

“Sto per darti una brutta notizia. Mentre è vero che al piano terra di questa residenza c'è il Manor House Cafè, che immagino venda anche cose tipo snack e panini, l'unica mensa è abbastanza lontana da qui. È vero che qui c'è anche una cucina comune, ma comunque” esordì la ragazza.

“Sai cosa ci servirebbe?” chiese Mia.

“Una vita?” rispose la sua amica di riflesso senza alzare gli occhi dalla mappa.

“A te sicuramente. No, pensavo ad un mini-frigo. C'è spazio tra i nostri letti”

“Per quanto detesti ammetterlo non è una pessima idea. Ci servirebbero anche delle luci da tavolo. Il problema però è la logistica. Dovremmo comprare questa roba a Poughkeepsie, come minimo il trasporto sarebbe un incubo” disse Amelia guardando con occhio critico la stanza, avrebbero avuto bisogno di un paio di cose. Sicuramente di un paio di tende da mettere alle finestre. Apparentemente gli Americani non avevano il concetto di privacy perché alle finestre non c'erano né tende né persiane.

“Potremmo affittare una macchina per una giornata, quanto mai potrebbe costare?”

Quando un anno e mezzo prima le due ragazze avevano deciso di partire e fare l'esperienza di un anno all'estero sapevano che avrebbero dovuto lavorare parecchio per poterselo permettere. I loro genitori avevano accettato di pagare il volo e le spese domestiche, come avevano fatto durante il loro percorso accademico a Cambridge, ma tutto il resto avrebbero dovuto pagarlo loro. Così si erano rimboccate le maniche. Avevano fatto di tutto, lavorato giorno, notte e weekend, ed alla fine avevano guadagnato quasi il doppio del loro goal iniziale. Era stata una bella soddisfazione ed ora sentivano di poter spendere con più libertà, cosa che avrebbe reso la loro permanenza più piacevole.

“Potremmo se avessimo già 21 anni”

“Mi stai prendendo in giro? Oltre a non poter bere non puoi neanche affittare una macchine? Onestamente Amelia, non l'abbiamo pensata bene questa cosa” concluse Mia con sarcasmo.

Amelia fu salvata dal dover rispondere da un improvviso tonfo fuori dalla loro porta. Nella foga del momento la porta era rimasta socchiusa e dalle scale provenivano voci e rumori di cose che cadevano.

Le ragazze uscirono dalla camera e si appostarono sulla fine delle scale, guardando la scena di fronte a loro. C'erano cinque ragazzi e sembravano avere problemi con i loro bagagli. Amelia ne riconosceva uno, avevano frequentato un paio di corsi insieme a Cambridge. Gli altri pensava di averli visti in giro, ma Cambridge era grande e non poteva esserne sicura. Mia dal canto suo ne conosceva un paio di fama. Sembrava chiaro dai loro accenti che anche i ragazzi fossero studenti Inglesi (o coinvolti in una sessione estrema di method acting alla Daniel Day Lewis).

Due dei ragazzi dai capelli castani stavano cercando di trascinare una valigia enorme su per le scale, ma evidentemente era rotta perché cose continuavano a cadere e gli altri tre avevano già le braccia piene di libri, vestiti ed anche quello che sembrava un robot.

“Ti giuro la prossima volta che partiamo tu non verrai con noi” disse uno dei ragazzi con la valigia. Aveva i capelli castano scuro, perfettamente acconciati, e tatuaggi sulle parti delle sue braccia non coperti da un giacchetto di jeans che portava con le maniche arrotolate fino ai gomiti. Era chiaro dal suo tono che questa non era la prima volta che l'aveva detto e Amelia non se la sentiva di biasimarlo, se quello era lo stato in cui si era fatto tutti e tre i piani di scale. Aveva frequentato con lei un corso sulla letteratura vittoriana ed uno sul trascendentalismo Americano. Si chiamava Zayn qualcosa, e anche se non interveniva spesso, quando lo faceva era sempre per dire qualcosa di tremendamente intelligente e coinciso. Tutte le ragazze, e qualche ragazzo, del corso erano rimasti incredibilmente affascinati.

“Dici sempre così, ma lo sai che senza di me sareste persi” replicò il ragazzo con il robot e quello che sembrava un armadio intero di vestiti tra le braccia. Aveva i capelli castani, più chiari di quelli di Zayn, ma non meno perfetti. Aveva anche un accenno di barba e sembrava vestito per una sfilata di moda piuttosto che per un trasloco. Apparentemente la valigia era la sua.

Dietro di lui, portando ciascuno abbastanza vestiti per coprire un villaggio intero, c'erano i due ragazzi che Mia conosceva di fama. Il primo, che camminava con lo stesso ritmo del possessore della valigia, mantenendo sempre un solo scalino di distanza, era Harry Styles. Aveva i capelli castani e lunghi che sembravano vivere di vita propria. Nessuna delle due ragazze si sentiva di giudicare lo stato dei suoi capelli, non avevano ancora avuto modo di guardarsi allo specchio, ma Amelia sapeva che il milione e mezzo di forcine per capelli che aveva sistemato con cura quella mattina stavano per cedere al peso della sua criniera, mentre Mia stava seriamente rimpiangendo la scelta di tenere i capelli sciolti, sicura ormai di aver sviluppato un nido di rondini dove prima c'erano dei capelli lisci e ben curati. Anche Harry, come il possessore della valigia, era vestito fin troppo bene per un trasloco.

L'altro ragazzo era rimasto un po' più indietro, anche se non sembrava essere affatto affaticato. Niall Horan, almeno questo era il nome che Mia ricordava, a differenza di tutti gli altri ragazzi aveva i capelli biondi. Indossava soltanto una maglietta bianca semplice e posati sul suo naso c'erano un paio di occhiali da sole vecchio modello. La prima impressione di Amelia fu che sembrava appena uscito da un libro di Kerouac, o forse da un film con James Dean.

Mia li conosceva perché frequentavano gli stessi ambienti, principalmente feste e locali vicino all'università. Potevi contare di trovare Niall intento a farsi nuovi amici in ogni festa, tutti sembravano adorarlo all'istante, e Harry accanto a lui a chiacchierare con una bella ragazza. Mia dal canto suo in genere restava con i suoi amici a quel tipo di festa e non avendo molti amici in comune con i due ragazzi le loro strade non si erano mai davvero incrociate.

Il quintetto era concluso dall'altro ragazzo che trascinava la valigia. Aveva i capelli corti e castani, più o meno sulla stesso colore di quelli del possessore della valigia. Indossava una maglietta nera che lasciava intravedere dei tatuaggi e i muscoli delle sue braccia. Nonostante la valigia dovesse pesare parecchio e gli scalini fossero numerosi, lui non sembrava particolarmente provato.

Improvvisamente dalla valigia cadde una cartellina e i cinque ragazzi si fermarono, guardandosi a vicenda cercando di individuare quello con le braccia meno piene. Sembrò immediatamente chiaro a tutti i presenti che se qualcuno avesse tentato di recuperarla quel qualcuno avrebbe probabilmente fatto cadere il proprio carico.

Anche Amelia e Mia nel frattempo stavano avendo una conversazione silenziosa riguardo la cartellina nascoste dietro un muro. Amelia aveva, come al solito, il terribile bisogno di rendersi utile e la voglia di essere gentile, ma d'altro canto era stanca, impigrita e non particolarmente incline alle chiacchiere che sarebbero seguite. Mia invece, nonostante fosse sempre interessata a fare nuove amicizie, specialmente in situazioni particolari, non era molto incline al presentarsi a dei bei ragazzi sembrando appena uscita da un uragano. Le due si guardarono, sospirarono e si spostarono davanti alle scale.

“Aspetta ti do una mano” disse Amelia quasi correndo giù per le scale, seguita subito dopo da Mia.

Amelia indossava un paio di jeans, delle converse consumate, una t-shirt stampata ed un cardigan leggero. Non c'era un solo articolo che non facesse a pugni con il resto. I capelli, un tempo ordinati in uno chignon quasi perfetto data l'ora a cui era stato realizzato, ora svolazzavano in ciocche disordinate intorno al suo viso. Il velo di fondotinta applicato quella mattina ormai l'aveva abbandonata, e l'eyeliner, già messo con poca cura, ormai era diventato una sfumatura nera intorno ai suoi occhi verdi. Mia dal canto suo indossava un paio di jeans destinati soltanto ai lunghi viaggi perché particolarmente comodi, una camicetta ed un paio di scarpe da ginnastica. Data la situazione, aveva anche deciso di non truccarsi affatto, una rarità per lei. I suoi occhi castani, sottolineati da occhiaie scure, le davano un'aria stremata.

Insomma, un look a dir poco tremendo per un incontro del genere. In altre occasioni Mia sarebbe rimasta inorridita, ma al momento era troppo stanca per essere imbarazzata.

Dal canto loro, ai ragazzi sembrava di aver appena visto degli angeli data la loro situazione spinosa.  Impressione accentuata quando oltre a recuperare la cartellina le ragazze si offrirono anche di prendere parte del carico. I ragazzi all'inizio protestarono, ma quando fu chiaro che sarebbe stato impossibile trasportare tutto su senza ulteriori incidenti, le braccia delle due ragazze furono riempite di abiti e vari oggetti. Grazie all'aiuto delle giovani, i sette ragazzi riuscirono a portare tutto di fronte alla camera del proprietario della valigia.

Il ragazzo in questione tirò un sospiro di sollievo quando finalmente posò tutto nella valigia aperta e si rivolse alle due ragazze “Grazie mille dolcezze. Senza di voi questa impresa non sarebbe mai riuscita.” Detto da altri quel “dolcezze” sarebbe sembrato viscido, ma pronunciato dal ragazzo invece assumeva un tono leggero e naturale.

Amelia sorrise e rispose “Nessun problema, anche noi abbiamo avuto i nostri problemi a trascinare le nostre valige fino a qui. Io comunque sono Amelia, sembra che saremo compagni di piano.”

“Piacere di conoscerti, io sono Louis” rispose il ragazzo estendendole una mano che la ragazza accettò rapidamente, mano che poi offrì anche a Mia.

“Mia” disse semplicemente la ragazza ricambiando la stretta.

Era un gesto vagamente arcaico, che si sposava male con il tono scherzoso che il ragazzo sembrava assumere perennemente, ma come i vezzi linguistici del giovane, gli si addiceva.

Gli altri quattro nel frattempo avevano posato nella valigia i loro carichi ed ora erano interessati alla conversazione.

“Piacere, Zayn.” disse il ragazzo facendo un cenno con il capo “Sbaglio o tu eri in un paio delle mie stesse classi di letteratura?” chiese poi rivolto ad Amelia.

La ragazza era alquanto sorpresa che il giovane si ricordasse di lei. I due non avevano mai interagito direttamente in quanto entrambe persone abbastanza riservate in situazioni sociali non relative alle lezioni e lei non pensava che lui l'avesse notata.

“Sì!” esclamò la ragazza con fin troppo entusiasmo “Letteratura Vittoriana con Tennant e Trascendentalismo Americano con Johansson!” Amelia ormai era arrivata allo stato maniacale della deprivazione di sonno. Era stanca morta, ma era anche pervasa da una certa energia che l'incontro con i ragazzi aveva scatenato.

“Piacere, sono Liam Payne.” si presentò poi l'altro ragazzo che aveva trasportato su per le scale la valigia. Anche lui, come Louis, porse la mano alle ragazze che la strinsero. Al contrario dell'amico però la sua stretta era ferma e decisa.

“E voi se non sbaglio siete Harry e Niall.” disse Mia indicando prima il ragazzo dai capelli castani e poi quello dai capelli biondi. I due ghignarono ed Harry rispose “Vedo che la nostra fama ci precede.”

Improvvisamente Amelia si rese conto che l'unica valigia sul piano sembrava essere quella di Louis. Sapeva che stereotipicamente i ragazzi avevano bisogno di meno cose, ma addirittura una valigia in cinque, per quanto piena questa fosse, sembrava eccessivo.

“Ma avete solo questa valigia?” chiese Amelia curiosa. Lei e Mia erano riuscite a cavarsela con una valigia ciascuno, ma solo dopo essersi separate da parecchia della loro roba.

I ragazzi si guardarono l'uno con l'altro per qualche secondo per poi precipitarsi tutti, tranne Louis, giù per le scale.

Louis sospirò. “Sono sempre i soliti.” sentenziò prima di aprire la porta della sua stanza con la chiave. “Grazie ancora ragazze, se avete bisogno di qualsiasi cosa non esitate a chiedere!” concluse prima di trascinare la valigia dentro.

“Nessun problema.” rispose Mia.

“È stato un piacere!” continuò Amelia prima di afferrare Mia per un braccio e indirizzandola gentilmente verso la loro stanza. “Se avete bisogno di qualsiasi cosa noi siamo nella stanza alla vostra destra.” concluse con un sorriso.

Una volta in stanza le ragazze collassarono sui rispettivi letti.

“Questa è una pessima idea” disse Amelia qualche secondo dopo, girandosi verso Mia con uno sforzo che a lei parve disumano. “Se ci addormentiamo adesso il jet lag ci distruggerà per giorni e giorni.”

“Non riesco a sentirti sopra al rumore delle quattro ore di sonno della scorsa notte e le quattordici ore di viaggio” rispose Mia, la voce smorzata dal cuscino.

Amelia sbadigliò. Sapeva che dormire adesso era la cosa peggiore che potesse fare, dato che erano solo le dieci e mezza, ma le si stavano chiudendo gli occhi e sapeva che ormai ogni resistenza era futile.

“Okay, nuovo piano. Sveglia a mezzogiorno e mezza, pranzo veloce, e decidiamo cosa fare di questa stanza e della nostra vita” disse impostando la sveglia sul suo telefono.

Mia mugugnò il suo assenso, ormai persa tra le braccia di Morfeo, e le due si addormentarono.

-

twitter Amelia

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Niall_James_Horan