Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: shewolf_    23/09/2014    2 recensioni
"-Sedetevi pure.- disse il professore di musica,con un sorriso accennato.
Ecco,per Kimberly,quell'uomo era la prova che la perfezione esisteva.
Non avevano mai avuto musica prima d'ora,era stata una riforma scolastica di settembre dell'inizio dell'anno. [...] Nessuno sporse lamentele,soprattutto dopo aver visto l'insegnante.
Le professoresse lo descrivevano come “un uomo piacente”,giusto per non sforare e mantenere quel decoro che viene loro richiesto in ambito lavorativo.
Tant'è che inizialmente nessuno ci credeva. Cosa potevano sapere delle donne abbastanza attempate,di cosa era ritenuto bello al giorno d'oggi?
E invece.. eccolo lì. Il professore di musica più affascinante che potesse esistere.
Si chiamava Jared Leto,e grazie a lui,musica era la materia più attesa della settimana."
Questa è la prima FF che pubblico su questo sito, spero vi attiri e vi piaccia come è piaciuto a me scriverla :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 75.
 
All this time I was wasting hoping you would come around
I’ve been giving out chances everytime and all you do is let me down
And it’s taking me this long , baby
But I figured you out
And you think it will be fine again but not this time around.
 
La campanella dell’intervallo era suonata da un minuto e Kim già non ce la faceva più. Era un giorno come un altro, in cui non tollerava quasi nulla che le facesse rendere conto che il suo petto continuava imperterrito a riempirsi di ossigeno, contro la sua volontà.
Ogni volta che qualcosa del mondo dei vivi la faceva uscire dalla sua bolla di vetro, era più forte di lei esalare un sospiro impaziente.
Voleva solo tornare a casa, infilarsi sotto le coperte e tentare di escogitare un piano per sopravvivere quell’ultimo mese di scuola. Nient’altro le importava, non più.
Ricordò di essersi già sentita così, molti mesi prima, e pensò che fosse proprio buffo che la colpa fosse sempre quella di un ragazzo.
Nella sua immaginazione non pensava di essere così patetica, si riteneva una ragazza forte, con la spina dorsale e in più occasioni l’aveva dimostrato.
Quando però si trattava del sesso maschile, non c’era niente che potesse fare: era, evidentemente, il suo punto debole.
C’era chi ci metteva una pietra sopra e ne cercava subito un altro; e poi c’erano quelle come lei che semplicemente smettevano di vivere.
Sopravviveva. C’era reazione più patetica al dolore?
Non poteva neanche essere considerata una “reazione”, il solo termine implicava un’azione, un cambiamento. Qualcosa, insomma.
Lei si lasciava morire lentamente, pur continuando a vivere. Continuava a fare tutto ciò che era comunemente ritenuto buono e giusto fare, come lavarsi, andare a scuola, chiedere scusa se si calpestavano i piedi di qualcuno. Tutto qui.
C’era sinceramente, cosa più patetica?
Non lo sapeva e neanche le interessava, concluse con la testa appoggiata sulle braccia incrociate, stesa sul banco.
Contava i secondi che creavano i minuti che costituivano le ore che la separavano dall’uscita da quell’edificio. Era l’unica azione costruttiva che si impegnava a fare: del resto nel giro di poco avrebbe avuto gli esami finali e non poteva certo presentarsi con il cervello atrofizzato.
Mentre scandiva i secondi tramite il battito delle tempie contro i polsi, un tonfo molto vicino la riportò nel mondo dei vivi per l’ennesima volta.
La bolla esplose in modo alquanto fastidioso e con insofferenza portò lo sguardo all’origine di quel distrurbo. Cosa osava interrompere la sua lenta agonia?
Riconobbe prima su tutto i capelli dorati e lunghi. Gwen.
La ragazza aveva sbattuto i palmi sul banco di Kimberly, e l’agitazione che aveva negli occhi le fece intendere che aveva provato più volte a riportarla alla realtà, e quello che Kim aveva percepito come un tonfo ovattato, in realtà era stata una bella botta.
La mora sbuffò con indifferenza, decisa a tornare nella sua bolla. –Sto bene, non preoccuparti.- si limitò a dirle per rassicurarla: Gwen si sprecava in almeno un tentativo giornaliero di interrompere il lento declino patetico dell’amica, spesso solo per accertarsi che fosse viva, più sporadicamente per informarla di qualche pettegolezzo di cui Kimberly poteva perfettamente fare a meno; ma il codice comportamentale dell’essere umano diceva che per essere tale bisognava che ci fosse uno scambio verbale con un proprio simile. Quindi Kim solitamente si concentrava il minimo per ascoltarla, dimostrarle che non era impazzita e tornare nella sua dimensione apatica.
Ma questa volta il disturbo di Gwen sembrava avere uno scopo. Kim non fece a tempo a riposizionare la testa sulle braccia incrociate che la bionda la interruppe subito.  –Kim è importante, devi venire.-
Come se le stessero chiedendo di fare un’acrobazia un secondo dopo averla svegliata dalla fase REM, Kimberly la guardò scocciata e senza troppo impegno. –Gwen, non mi interessa se Shelley e Logan sono stati sorpresi per l’ottantesima volta nei bagni. Io non vengo da nessuna parte e lo sai bene. Fino alla fine dell’anno il mio scopo è di rimanere zitta e immobile al mio posto e non c’è niente che mi possa..-
-E’ per Jared.- la interruppe con negli occhi una gravità tale, da non farle neppure prendere in considerazione per un istante che la stesse burlando.
Improvvisamente sveglissima, si ritrovò fuori dalla porta dell’aula in un batter d’occhio.
 
*
 
La confusione che trovò nei corridoi la spaventò e la confuse.
C’era una massa di ragazzi e ragazze accalcati e disposti in cerchio, intenti ad osservare qualcosa che ancora sfuggiva alla vista di Kimberly.
Se non fosse stato per la certezza che lo spettacolo di turno coinvolgesse Jared, in quel mucchio non ci si sarebbe infilata nemmeno per tutto l’oro del mondo, anzi se ne sarebbe tenuta il più alla larga possibile.
Certe cose non erano da lei, lei era per i margini, per gli angoli; non per il palcoscenico, l’attenzione e i riflettori.
C’erano urla, tifo, e applausi.
Si voltò verso Gwen. –Ma cosa sta succedendo?- chiese con sgomento, senza essere tanto sicura del motivo.
La ragazza in risposta si morse il labbro inferiore. Provò ad aprire la bocca, a dire qualcosa, ma era come se fosse troppo scioccata per spiegarsi.
Kimberly non aspettò neppure che si riprendesse e si infilò in quella massa, spintonando tra i corpi dei suoi compagni, cercando di farsi strada fino al centro del ciclone.
Quello che vide le tolse qualche anno di vita.
Due persone, accerchiate dagli alunni agitati, si stavano prendendo a pugni. Due portatori sani di testosterone, per essere più esatti.
In uno riconobbe immediatamente Jared, il quale sembrava avere la meglio sull’altro, ma Kim non fece a tempo a tirare un sospiro di sollievo che la situazione si capovolse, portando il rivale in vantaggio a cavalcioni sul professore e a tirargli qualche gancio destro ben ponderato.
E quello era Christopher.
La ragazza si portò le mani alla bocca, in preda allo stupore che però non durò troppo. Doveva assolutamente intervenire.
-Chris, no!!- esclamò immediatamente, lanciandosi verso di loro.
Dal canto suo il ragazzo, sentendosi chiamare, distolse l’attenzione da Jared, il quale ne approfittò per ribaltare nuovamente la situazione sferrandogli un ultimo e diretto pugno che gli spaccò un sopracciglio.
Prima che potesse duplicare la mossa, il professore si sentì afferrare con forza da dietro il gomito e si voltò. Riconoscendo gli occhi terrorizzati di Kimberly si placò immediatamente.
-Kim..- mormorò forse nel lieve tentativo di scusarsi. La ragazza rabbrividì nell’osservare il volto tumefatto dell’uomo: Chris l’aveva pestato per bene.
Le salirono le lacrime agli occhi ma non fece a tempo a rispondere nulla che Christopher si sollevò e gli sferrò una ginocchiata nello stomaco.
-No!- urlò la ragazza con panico puro nella voce. –Chris, smettila!- continuò mettendosi in mezzo e piegandosi sul professore, il quale si era accasciato su se stesso con un rantolo sofferto.
Improvvisamente, come se vedere Kimberly intenta a fermare la rissa gli avesse ricordato cosa fosse giusto fare, intervennero altri compagni maschi a trattenere Christopher, nel tentativo di sventare una ripresa della rissa.
Kim si trattenne dal esclamare un “Finalmente” trovandoli spiacevoli e ridicoli.
Tornò a concentrarsi su Jared, il quale era stato per mezzo minuto con la bocca spalancata nel tentativo di riprendere aria che però sembrava a non riuscire ad inalare.
-Jared, Jared mi senti? Riesci a respirare?- gli chiese lei con gravità non essendo preparata in caso di una risposta negativa.
Fortunatamente non ce ne fu bisogno perché entro la fine del minuto il professore aveva preso a produrre profondi respiri.
-Ma si può sapere che problema hai?!- sbraitò la ragazza all’indirizzo di Chris, sollevata che l’uomo stesse bene.
Il ragazzo si divincolò dalla presa di altri due alunni che cercavano di placarlo, sebbene avesse smesso di fare a botte da un minuto pieno.
-E’ lui che ha cominciato!- si difese subito, scovolto.
Aveva il labbro inferiore e il sopracciglio sinistro spaccati, e lei se la stava prendendo con lui? Che schifo.
Quando altre persone più qualificate cominciarono ad occuparsi di controllare che il professore stesse bene, Kim ne approfittò per avvicinarsi a Christopher. –Cosa sei venuto a fare qui??- domandò quasi urlando.
-Volevo parlarti, sono settimane che mi eviti!-
-Perché non avevo nessuna voglia di vederti! È così che funziona quando non vuoi discutere con una persona di cose inutili, la si evita il più possibile.- spiegò lei sarcastica. –Me lo hai insegnato tu.-
Christopher alzò gli occhi al cielo. –Ancora con questa storia?- chiese esasperato. –Per quanto tempo mi torturerai per quello che è successo mesi fa?-
Kimberly sgranò gli occhi per lo stupore di fronte a tutta quell’arroganza. –Non smetterò mai, Chris. Ti sei approfittato di me, mi hai spezzato il cuore e poi mi hai ancora ridicolizzata non prendendomi sul serio. L’hai gestita talmente di merda che non sono più stata capace di mettere una pietra sopra a quello che c’è stato tra di noi! Hai idea dell’inferno che è stato per me? Hai la minima idea di quanto è stato doloroso imparare a vivere senza di te? Eri tutto per me, Chris. Tutto.-
Il ragazzo scosse il capo, quasi non si rendesse conto di cosa lei si stesse riferendo. –Stavamo insieme Kimberly, ma non ha funzionato! Succede, e riconosco che sia stata mia la colpa. Sono venuto qui oggi per chiederti di riprovarci. Dammi un’altra chance.-
Si avvicinò a lei e le prese le mani. Kim guardò la scena come se non la riguardasse, vedeva le mani che toccavano le sue, ma quasi non le sentiva.
-Tu non ti rendi conto..- mormorò con le lacrime agli occhi. –Hai idea di quante volte ho sognato questa scena? Hai la minima idea?- c’era una nota di disperazione in quella domanda che intimorì Chris.
-Sono qui ora.- disse lui, tutto d’un pezzo. Come se bastasse, convinto che bastasse.
Lei si lasciò scappare una lieve risata. –Rinunciare a te è stato come rinunciare ad una parte del mio corpo, ma non una parte qualsiasi come l’apprendice o un pezzo di fegato, senza il quale è faticoso ma piano, piano torni a vivere come se niente fosse successo e il ricovero diventa solo un ricordo lontano.
Ho rinunciato a te come se avessi rinunciato ad un arto.
Come puoi fare qualsiasi cosa senza che il pensiero voli lì, dove adesso non c’è più nulla?
Perdere te è stato come perdere un braccio intero: l’amputazione mi ha lasciata pietrificata, incredula, confusa e mi ha colta impreparata.
Per un periodo molto lungo ho creduto che la mia vita non sarebbe mai più tornata ad essere la stessa, che io non sarei mai più stata la stessa.
Inizialmente sembrava impossibile sopportare il prurito che sentivo pulsare lì, dove c’era quella mano fantasma, e qualsiasi cosa facessi mi ricordava quella mancanza, che ora non potevo più farla, che mi mancava qualcosa.
Ma nella vita ci si abitua a tutto, ci si adatta e si tira avanti.
Io mi sono adattata, con un arto in meno, senza di te.
Ho imparato a vivere senza quella parte di me e ho accettato che mi mettessero una protesi che ho imparato a conoscere e ad amare.
Sebbene una protesi non potesse rimpiazzare le sensazioni che ti da la sensibilità di un braccio vero e proprio, non c’era più la totale assenza e senso di incompletezza che mi torturava.
Rinunciare a te è stata la cosa più difficile che potessi fare, ma ormai è passata, non ho più un braccio e, ora lo so, non lo rivorrei indietro neanche se me lo offrissero, neanche se me lo pagassero, neanche se me lo ricucissero.
Vivrei sempre nella costante angoscia di riperderlo.-
Christopher seguì il discorso capendo, parola dopo parola, quanto il suo tentativo si trovasse di fronte ad un muro. Quel discorso era un arzigogolato e poetico modo di rifiutarlo, e l’impegno che ci aveva messo per formularlo, gli aveva fatto intendere quanto sarebbe stata inutile qualsiasi richiesta di ripensamento. L’aveva paragonato ad un’amputazione.
Ci rimase male, le lasciò le mani e i suoi occhi finirono dritti in quelli di Jared, il quale era seduto su un gradino poco distante.
Erano solo loro tre nel corridoio, ora. Nonostante le proteste, gli alunni erano stati rispediti nelle classi e a loro era stato dato il permesso di chiarirsi, solo perché dopo il professore e l’alunna sarebbero stati ricevuti per l’ennesima volta dalla preside.
L’uomo aveva uno zigomo rosso, un occhio gonfio e si stava tenendo un fazzoletto per fermare il sangue dal naso. Gli tornò improvvisamente in mente la rissa e il dolore sparso in tutto il volto lo sorprese, d’un tratto.
Gliele aveva suonate di santa ragione, ma doveva ammettere che anche il vecchietto si era dato da fare. Non osava immaginare come fosse ridotta la sua di faccia, non avendo ancora avuto possibilità di specchiarsi.
Mantenne lo sguardo su Jared, fermo a fissarli. Sembrava pronto al secondo round, era sicuro che se avesse anche solo sfiorato Kimberly nel modo sbagliato, se lo sarebbe ritrovato addosso nel giro di un secondo, col gomito alto, pronto a infierire su di lui.
No, grazie.
Poteva tenersela.
-E quindi..- sospirò, dopo quel breve silenzio. –Ora preferisci una protesi.-
Kim sorrise debolmente. –E’ una gran bella protesi. Io la amo e non la cambierei per niente al mondo.- si voltò rapidamente verso il professore, per poi tornare su di lui. –Ora vattene e non cercarmi più, Chris. Non tornare, questa volta.-
Pronunciare quelle parole fu più facile di quanto si aspettasse. Lui era il suo conto in sospeso, ed era tornato ogni volta, probabilmente perché in fondo neanche lei si sentiva pronta.
Ora lo sapeva, doveva lasciarlo andare.
Sconfitto, il ragazzo annuì. –Sii felice, Kim.- disse accarezzandole il volto e facendo un gesto di saluto col capo a Jared, il quale ricambiò suo malgrado.
Che tipo, quel Christopher.
 
*
 
-Mi sembrava di essere stata chiara.- disse la donna con un tono contenuto ma chiaramente sconvolta da quello che aveva permesso accadesse all’interno della sua scuola.
-Quel ragazzo mi importunava.- si affrettò subito a giustificare Kimberly, in difesa delle azioni sconsiderate del professore, il quale le era seduto accanto, abbandonato indifferentemente al suo destino.
Dava l’idea di aver compiuto il suo scopo nella vita e ora non gli sarebbe interessato nulla delle conseguenze; si sentiva realizzato, il resto non contava più.
-Non mi importa il motivo, il professor Leto non doveva agire così, anzi SOPRATTUTTO il professor Leto non era per niente tenuto a.. malmenare un adolescente!- la preside non sapeva se era più scioccata per la rissa o per i protagonisti della rissa. –E se ci denunciasse? Hai pensato per un solo secondo a questa eventualità?- esclamò lei inorridita, all’indirizzo di Jared.
L’uomo, dal canto suo, si limitò a fare spallucce. –Non lo farà.-
Kimberly cercava di apparire il più distaccata possibile, ma avrebbe disperatamente voluto toccarlo, difenderlo fino a che non avesse più fiato in corpo, assicurarsi che stesse bene e medicarlo lei stessa.
Non era stato un gesto eroico, ma era stata lei a spingerlo a farlo e avrebbe dato qualsiasi cosa pur di prendersi tutta la responsabilità.
Purtroppo però, non sapeva davvero cosa inventarsi per salvargli il posto per la terza volta.
-No, non lo farà.- confermò la ragazza, dando una rapida occhiata al professore.
La preside la captò. –Non vi avevo detto di chiudere qualsiasi cosa ci fosse tra voi due?-
Entrambi annuirono con decisione. –Non c’è niente tra noi, infatti.- fece Leto annoiato. Sembrava davvero che non gli importasse nulla della ragazza, sebbene fino a prova contraria lui era appena uscito da una scazzotata in suo nome.
-Allora questa urgenza di proteggerla da dove ti è uscita?- chiese la donna assottigliando gli occhi, credendo poco a quella facciata indifferente. –Anzi, sapete cosa?- cambiò rapidamente idea. –Non lo voglio sapere. Jared, hai dimostrato di non essere fatto per stare a contatto con i ragazzi, sarà che sei giovane dentro, sarà che ti rispecchi in loro.. in ogni caso questa sarà la tua ultima settimana.-
-No!- esclamò Kimberly, presa dal panico. –La prego professoressa, non lo licenzi. È un uomo istintivo, sa come sono primitivi!-
-Kimberly..- mormorò il professore, con calma.
-No!- Ripeté lei, come se fosse stata data a lei la notizia. –Non può farlo!-
La preside le lanciò un’occhiata di sufficienza. –Veramente, posso.- chissà perché ci tenne a precisarlo.
-Kim..- riprovò Jared, dato che questa non accennava a contenersi.
-No, Jared, no! Non permetterò che tu perda il posto a causa mia.- gli disse con uno sguardo pieno di sentimento negli occhi al punto che la preside distolse lo sguardo, rassegnata.
Era la cosa giusta da fare. Espellere lei ormai non avrebbe avuto senso, non l’ultimo mese di scuola.
E poi era stato lui ad esagerare, ed era tempo che lei trattasse la situazione come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio.
-Kimberly, mi dispiace ma è quello che ritengo giusto fare.-
-La prego, professoressa.- la implorò. –Non gli faccia questo.-
-Kim..- l’uomo allungò un braccio afferrando quello di lei, mostrando finalmente quell’interesse che l’aveva spinto a compiere quella serie di sciocchezze, ma che aveva represso davanti alla ragazza per non darle false speranze di una possibile ripresa.
Lei fissò quel contatto fisico, calmandosi finalmente. Quando portò gli occhi in quelli celesti di lui, si rise conto da quanto tempo non lo faceva e quanto le mancava farlo.
Jared la fissava trasmettendole tutto l’amore che provava per lei e che non era scemato neppure un po’. –Va tutto bene.- le disse infondendole quella calma che soltanto la sua voce sapeva darle. –Va tutto bene, è giusto così. La preside è stata fin troppo clemente con me, è ora che mi prenda la responsabilità delle mie azioni.-
Le lacrime le appannarono completamente la vista, ma si aggrappò alla sensazione del contatto fisico che persisteva tra loro, per non lasciarsi andare in pianti.
Annuì debolmente, assaporando il gusto amaro del fallimento. Aveva tentato di salvarlo fino alla fine, gli aveva dimostrato qualcosa fino alla fine e avrebbe sopportato tutto il dolore del mondo, per quel piccolo momento di considerazione che le stava mostrando.
La preside nel frattempo cercava di tenere gli occhi puntati sulla cattedra. Assistere a questa scena senza dire niente in qualsiasi altro contesto avrebbe significato appoggiarli.
Ma era una donna molto empatica e ormai aveva capito che tra i due ci fosse o c’era stato qualcosa di serio. Sospirò, catturando finalmente l’attenzione di entrambi.
-Grazie per la comprensione, Jared. E per quello che vale, mi dispiace.- concluse, rivolta ad entrambi per poi fargli segno di aver finito.
I due si alzarono all’unisono e si avviarono lentamente verso la rispettiva meta, in silenzio.
-Sei stata carina là dentro.. io l’ho picchiato, non dovevi difendermi.- proruppe l’uomo a metà strada.
Lei fece spallucce. –E’ stata mia la colpa, Jared. Qualsiasi stupidaggine tu abbia fatto qua dentro, la colpa è sempre stata mia.-
-Vero.- constatò lui, senza aggiungere altro.
-E così.. cosa farai?-
Il professore inspirò profondamente. –Mi arrangerò come ho sempre fatto. Troverò altro, magari ne approfitterò per trasferirmi di nuovo, cambiare aria.-
Il cuore di Kimberly si bloccò e così fecero anche i suoi piedi.
Jared si voltò dopo qualche passo per vedere cosa le prendesse, e trovandola immobile a fissarlo con quegli occhi pieni di lacrime, intese perfettamente.
-Non ti vedrò più.- la voce spezzata le tolse il fiato in fondo alla frase. Era tutto quello che riusciva a pensare. Fino a dieci minuti fa le rimaneva ancora un mese, ora le rimanevano sette giorni.
-Kim..- sbuffò lui. –Pensavo che l’avessi immaginato da sola. Del resto non è mai stato il lavoro dei miei sogni. Era destino che non rimanessi qua a lungo.-
La ragazza non aveva la capacità di rispondere, pensare e articolare un pensiero apparivano azioni troppo complesse.
Lo guardò con la speranza che capisse. Che capisse che se fosse riuscita ad aprir bocca gli avrebbe detto di aspettarla per quel mese, che insieme avrebbero ricominciato da capo in un altro posto, si sarebbero fatti una nuova vita; lui era tutto quello che desiderava, di non lasciarla e che lo amava più di qualsiasi altro sogno avesse mai amato in tutta la sua vita.
L’uomo le sorrise debolmente, il cuore di Kim si alleggerì appena vedendo che stava prendendo aria per dire qualcosa. Che avesse capito?
-E’ ora che ti trovi un’altra protesi.- disse semplicemente per poi darle le spalle e proseguire.
 
You don’t have to call anymore
I won’t pick up the phone
This is the last straw
Don’t wanna hurt anymore
And you can tell me that you’re sorry
But I don’t believe you baby like I did before
You’re not sorry, no more.


 
Note finali: Sono viva, sono viva!
Perdonate l'incredibile ritardo, ogni volta sembro voler battere il mio record precedente, ma credetemi non è mia intenzione.
Grazie per la pazienza e grazie per richiamarmi al rapporto.

Spero vi sia piaciuto, e anche se no fatemi sapere che ne pensate.

Alla prossima (se tutto va bene) 
xoxo
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: shewolf_