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Autore: startariot    23/09/2014    3 recensioni
In qualche modo, nonostante fosse tornato in Inghilterra, Harry si sentiva un estraneo in quella che un tempo era casa sua.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! 

Sono di nuovo qui con una OS, Larry per l’ennesima volta. 

Avete presente quel momento in cui ascoltate una canzone e non riuscite a non plottare qualcosa? Ecco, è quello che mi è successo con questa OS. E’ nata quando ho ascoltato Leaving California dei Maroon 5 per la prima volta, infatti ne troverete dei pezzi lungo la storia. Troverete, alternate a Leaving California, anche delle frasi di un’altra canzone, Flares dei The Script, che mi sembrava adatta per descrivere Harry e il suo stato d’animo. 

Beh, che altro dire…è una AU, ambientata a Holmes Chapel. Non dico nulla sulla trama perché se state leggendo questa introduzione vuol dire che state per iniziare a leggerla. Spero possa piacervi e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, qui su efp oppure mi trovate su twitter: @burningraynes :)

A presto

C.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Did you lose what won’t return?
Did you love but never learn?”

 

 

Ad Harry Styles mancava la sensazione di sentirsi a casa. Dopo un anno e mezzo di tour no-stop e un appartamento stabile a Los Angeles, Harry sentiva la nostalgia dell’Inghilterra, della sua Holmes Chapel. Essere catapultato, a soli vent’anni, nella vita frenetica da popstar non è semplice per un ragazzino di un piccolo paese britannico. Non si poteva dire che non l’avesse scelta, quella vita. Era il suo sogno: calcare i palchi più importanti al mondo, avere successo, scrivere la sua musica e guardare i suoi fans cantare le canzoni che lui aveva scritto. Forse, aveva immaginato quella vita in maniera diversa. Forse, l’aveva immaginata più felice di quanto in realtà non fosse. 

 

Era iniziato tutto quando aveva sei anni e sua madre, Anne, gli aveva comprato una piccola chitarra. Rimase così affascinato da quello strumento, Harry, che se ne separò solo quando le corde si spezzarono, qualche anno dopo. Sviluppò la passione per la musica ascoltando lo stereo di sua sorella, Gemma, e strimpellando qualche nota con la sua piccola chitarra. Fin quando, a sedici anni, decise che era arrivato il momento di fare sul serio, che la musica era quello di cui voleva vivere. Per questo, iniziò a prendere lezioni di chitarra e di pianoforte e comprò una piccola agenda sulla quale appuntava le canzoni che stava iniziando a comporre. Poi, un giorno, nell’anno del diploma, partecipò ad un audizione, e fu fortunato. Un talent scout lo notò e gli propose un contratto. E cinque mesi dopo vide il suo primo singolo, ‘One time’, debuttare in tutte le classifiche. Fu un enorme successo. Forse, quello per Harry fu il giorno più bello della sua vita: vide il suo sogno realizzarsi. Trascorse il resto dell’anno a lavorare, insieme ai suoi produttori, al suo album di debutto e il 12 Novembre 2013 il suo primo album, ‘Secrets’, uscì in tutto il mondo. Da quel momento fu come se avessero sganciato una bomba. Improvvisamente, per Harry Styles fu un susseguirsi di interviste, servizi fotografici e esibizioni live nei più importanti show del mondo. Solo due mesi dopo l’uscita dell’album, i fans acclamavano a gran voce un Tour della star appena diciannovenne. I manager non si lasciarono cogliere impreparati e il Secrets Tour partì, qualche mese dopo,  subito dopo il compleanno di Harry, la prima settimana di Febbraio. Girò le più importanti arene di tutto il mondo: America, Europa, Australia e Giappone in un anno e mezzo di tour. Comprò un’appartamento a LA, perché il management riteneva fosse più opportuno per lui, e lasciò Holmes Chapel, la sua cittadina d’origine, sua madre e sua sorella. Arriva un momento però in cui ti accorgi che forse la vita che stai vivendo non è come l’avevi immaginata. Arriva un momento in cui ti accorgi che forse, in tutto il tuo percorso, c’è qualcosa che hai sbagliato. C’è qualcosa che manca. E quel momento era arrivato per Harry Styles, proprio alla fine del suo primo tour internazionale. 

 

 

 

 

 

 

 

 

20 Settembre 2014, Holmes Chapel.

 

 

Era arrivato a Londra, quella stessa mattina e, senza troppi indugi, aveva pregato la sua guardia del corpo, nonché amico, Paul, di portarlo a Holmes Chapel. Non si sarebbe mai aspettato di sentire tutte quelle sensazioni Harry, nel tornare in Inghilterra. Era mancato un anno e mezzo e beh, non sapeva a cosa stava andando incontro. Non sapeva se avrebbe ritrovato tutto come lo aveva lasciato, o se era tutto cambiato radicalmente. Non sapeva se Anne e Gemma lo avrebbero abbracciato calorosamente o lo avrebbero salutato semplicemente, come si fa con un conoscente. Non sapeva se avrebbe ritrovato i suoi amici, e soprattutto, se lo avrebbero accolto di nuovo. Per tutti questi motivi, e tanti altri che non riesce ancora ad ammettere a se stesso, Harry non riusciva ad essere tranquillo, sentiva solo un enorme nodo allo stomaco e sperava solo che sua madre e sua sorella lo abbracciassero per tornare a sentirsi, anche se solo per un attimo, amato e a casa. 

 

“Harry!”, esclamarono entrambe quando lo videro. La prima a corrergli incontro fu Gemma, e quando gli arrivò davanti non poté non abbracciarlo con forza. Harry chiuse gli occhi d’istinto, inspirando il profumo di sua sorella, che sapeva di vaniglia e lillà, sapeva di casa. Poi fu il turno di Anne di avvicinarsi al figlio, che abbracciò stretto a sua volta, sussurrandogli un ‘bentornato’ all’orecchio e facendolo sorridere. Passò due giorni nella sua stanza, o meglio nel suo letto, a recuperare lo stress del jet-lag coccolato dalle attenzioni di sua sorella Gemma che gli portava di tanto in tanto una tazza di tea caldo e qualche cioccolatino, come faceva quando era piccolo. Avevano sempre avuto un rapporto speciale lui e Gemma, nonostante lei fosse cinque anni più grande di lui. Non litigavano spesso, spesso passavano i pomeriggi nel giardino di casa loro a giocare e a rincorrersi, o in pieno inverno si chiudevano nella stanza di uno dei due, sotto le coperte, e passavano l’intera giornata a guardare film e chiacchierare; doveva essere Anne a richiamarli la sera per riportarli alla realtà. Non la vedeva come una seconda mamma, Gemma. Era sua sorella. In realtà, non avrebbe mai potuto spiegare l’importanza di Gemma nella sua vita, se glielo avessero chiesto. Era la persona da cui poteva andare se aveva bisogno di qualche consiglio, la persona con cui scherzare e giocare liberamente, era l’unica persona che lo aveva mai visto piangere, e da cui si era lasciato consolare. Quel pomeriggio, erano usciti a passeggiare per le strade di Holmes Chapel, per la prima volta da quando il riccio era tornato in Inghilterra. Camminava tra le strade delle sua cittadina con la stessa curiosità di un bambino, come se la vedesse per la prima volta. Scrutava ogni angolo di ogni strada cercando di cogliere un piccolo segno di cambiamento. E ad essere onesti, Holmes Chapel era cambiata parecchio in un anno e mezzo. 

 

“Hai più visto….gli altri, da quando sono andato via?”, chiese Harry a sua sorella, mentre percorrevano la strada per il parco a cui erano soliti andare da piccoli. 

 

“Uhm…si, fino alla fine dell’anno scolastico. Si sono diplomati tutti, poi io sono andata a Londra per iniziare l’Università e non li ho più visti. Sento Niall, ogni tanto, è all’università di Dublino. Liam e Zayn sono a Manchester, hanno preso un appartamento insieme. Zayn ha aperto un negozio di tatuaggi, Liam..fa il barista, mi ha detto Niall che voleva prendersi una pausa dagli studi, e Zayn beh..lo conosci..non ha mai dimostrato molto interesse per gli studi.”, concluse Gemma accennando un sorriso. Conosceva bene suo fratello, sapeva bene che lo scopo della domanda era un altro. Sapeva che voleva sapere di una persona in particolare, ma da quando Harry era andato via aveva smesso di sentirlo e di vederlo, perciò non aveva molto da dire a suo fratello. 

 

“Oh..uhm…sono contento per loro.”, concluse Harry, ricambiando il sorriso accennato di Gemma. 

 

“So cosa vuoi chiedermi, Haz”, disse lei mentre si posizionavano su una piccola coperta che avevano portato con loro, per terra. “Perchè non lo fai e basta?”, disse sincera. 

 

“Gem..uhm..”, iniziò a dire Harry, ma le parole gli morirono in gola.

 

“Vuoi sapere di Louis, non è vero?”, chiese sua sorella, comprensiva; Harry annuì. 

 

“Non so molto di lui, Haz. L’ho perso di vista..non appena tu..uhm..sei andato via.”, concluse. Harry sapeva bene che non aveva nessun diritto di chiedere, nessun diritto di sapere. O almeno non più. Lo aveva perso nel momento in cui aveva preso il suo primo volo privato per Los Angeles.

  

 

 

In qualche modo, nonostante fosse tornato in Inghilterra, Harry si sentiva un estraneo in quella che un tempo era casa sua. 

 

 

 

 

****

 

 

*You got in so late

It's Sunday morning

Said that you were leaving

Letting go of us

Where did we go wrong? Oh*

 

 

Non c’era un modo, o un tempo preciso, per stabilire l’inizio della relazione tra Harry e Louis. Era semplicemente stata sempre lì, sotto gli occhi di tutti. Si erano conosciuti tra i banchi di scuola. Louis era all’ultimo anno di scuola, Harry era al terzo anno. Lo aveva notato per primo Zayn, il migliore amico di Louis,  ma Harry non aveva occhi che per Louis. Fin dal loro primo incontro, era sempre stato così. Fin dal primo momento, c’era sempre stato qualcosa di speciale, qualcosa di più tra di loro. Diventarono amici fin dall’inizio, e da quel momento fu un naturale crescendo, un semplice scorrere degli eventi. Iniziarono a trascorrere sempre più spesso del tempo insieme, diventando inseparabili. La sera del diciassettesimo compleanno di Harry, si baciarono per la prima volta, sul piccolo divano della camera del riccio, mentre guardavano un dvd. Fu un semplice sfioramento di labbra, ma Harry avrebbe fermato quel momento, per riviverlo all’infinito. Da quel momento in poi, le cose presero una piega diversa per entrambi. Si resero conto che essere amici non bastava, che avevano bisogno l’uno dell’altro, ma in maniera diversa. Esattamente un mese dopo, fecero l’amore per la prima volta, questa volta nella soffitta di casa di Louis, che era la sua stanza. Questo non fece che avvicinarli maggiormente, e vissero la fine di quell’anno scolastico chiusi nella loro piccola bolla. Ma si sa, presto devi fare i conti con la realtà, e affrontare la vita vera. E questo significava per Louis prendere il diploma e scegliere cosa far della sua vita. Aveva sempre sognato, il più grande, di diventare il manager di qualche importante squadra di calcio. Per questo, pensò che studiare Management presso l’Università di Manchester fosse la cosa migliore. Si trasferì quello stesso Settembre, una settimana prima dell’inizio dei corsi, con la promessa di tornare il più possibile a casa, dal suo Harry. Ovviamente, le cose non andarono esattamente così. Mantenere una buona media, per il primo anno, si  rivelò più difficile del previsto per Louis, per questo le possibilità di tornare a Holmes Chapel, si ridussero notevolmente. Non che lui non volesse tornare, ma quell’anno aveva deciso di dedicarsi agli studi. Harry lo capiva, in parte; ma la voglia di vederlo e la sua mancanza si facevano sentire e il più piccolo aveva paura che, in qualche modo, Louis potesse dimenticarsi di lui, con la sua nuova vita a Manchester. E lo dicono spesso, a volte, la paura di perdere qualcuno ci fa commettere errori. A volte, la paura ci blocca. Entrambi sapevano bene che la loro relazione forse non stava andando nel verso giusto, ma si amavano troppo per ammettere che ci fossero dei problemi tra loro. 

 

Forse fu quello, l’inizio della fine. 

 

Passarono mesi, Louis ed Harry erano sempre più distanti, Louis riusciva a stento a tornare a casa ed Harry era impegnato per la sua audizione che si sarebbe tenuta di lì a poco. Arrivò l’audizione, in un battito di ciglia, arrivò il primo singolo, il primo album, e con esso arrivò il primo volo di Harry per Los Angeles. Harry partì, quel 12 Febbraio, senza voltarsi indietro. Senza salutare Louis. 

 

Non ci fu una vera e propria separazione, e forse questo fece ancor a più male.

 

 

****

 

 

 

Niall tornò a Holmes Chapel a Novembre, pronto a festeggiare il suo compleanno, come era sua abitudine. Aveva sempre amato le feste, e quando arrivava il suo compleanno non perdeva mai l’occasione di organizzarne una tutta sua. Lui ed Harry si rincontrarono qualche giorno dopo il suo rientro, ed ovviamente anche il riccio fu invitato al suo compleanno. Come se nulla fosse cambiato negli anni, come se lui non avesse mollato tutto e tutti, per andare incontro al suo sogno. In fondo, Niall lo capiva, e spesso si domandava se avesse fatto la stessa cosa al posto del riccio. Se avesse mollato tutto per inseguire il suo sogno. Molto spesso, la sua risposta era si. 

 

Era una serata fredda e nevosa a Holmes Chapel, la sera della festa di Niall. Aveva iniziato a nevicare quella mattina, intorno alle otto, e non aveva smesso nemmeno un secondo. I parchi erano ormai avvolti dalla neve, le strade ormai vuote e nella piccola cittadina c’era uno strano silenzio, quasi ovattato. Harry arrivò alla festa in netto anticipo, optando per il total black, quella sera, indossava un paio di skinny jeans neri, un paio di stivaletti, e una camicia, ovviamente, nera semitrasparente. 

 

Seguì Niall nell’ingresso di quella casa, in cui era stato infinite volte, diretti verso la cucina quando udì delle voci a lui fin troppo familiari. Voltato l’angolo del corridoio infatti, trovò le figure di Zayn e Liam davanti ai suoi occhi. Se avesse spostato leggermente lo sguardo, avrebbe notato anche quella di Louis. Fu il più grande, a far notare la sua presenza, proprio mentre Liam e Zayn si stavano avvicinando al riccio per riabbracciarlo. 

 

“Cosa ci fa lui qui?”, aveva sbottato Louis sbuffando. Fu allora che Harry lo vide, per la prima volta dopo un anno e mezzo. Lo guardò per qualche minuto, dalla testa ai piedi, scrutandolo attentamente per cercare di notare nei cambiamenti nella persona che, fino ad un anno prima, gli apparteneva. Non era cambiato poi molto, Louis,  era solo cresciuto. Aveva i lineamenti di un uomo adesso, un bellissimo uomo di quasi 23 anni, pensò Harry. Troppo impegnato a perdersi nelle iridi di ghiaccio del più grande, Harry non rispose alla sua domanda. Liam lo fece al posto suo. 

 

“Louis!”, esclamò Liam, quasi rimproverandolo. “E’ il mio compleanno, Louis. Ed è Harry è un mio amico.”, disse poi Niall serio. 

 

“E’ stato via un anno e mezzo, a fare la vita da popstar, lasciandovi alle sue spalle e adesso lo accogliete di nuovo, come se nulla fosse?”, ribatté Louis serio. Era arrabbiato, lo si intuiva dalle piccole vene sporgenti lungo il palmo della sua mano, chiuso a pugno. 

 

“Ha inseguito i suoi sogni, e io sono felice per lui. Avremmo fatto tutti la stessa cosa, al suo posto…lo sai anche tu”, rispose Niall pacato. 

 

“Inseguire i suoi sogni, dimenticandosi delle persone a cui ‘diceva’ di tenere?”, disse Louis, quasi sarcastico. Quello, per Harry, fu il punto di rottura. Sapeva di aver sbagliato, sapeva che aveva sbagliato nel mollare tutti in quel modo, ma davvero Louis pensava che non teneva a lui?  Che non lo amasse?

 

“Riesci ad ascoltare gli altri senza che il tuo fottuto ego ti sovrasti, eh Louis? E’ il compleanno di uno dei tuoi migliori amici e tu stai mettendo su un dramma per niente.”, sbottò Harry. 

 

“Tu non sai niente. Niente.”, sibilò Louis in risposta. 

“E non fare la vittima. E’ il suo compleanno, sii maturo per una volta.”, esclamò Harry. 

 

“Per una volta? Dovrei restare qui e fare cosa? Fingere di essere contento del tuo ritorno? Beh, no non lo sono.”

 

“Non devi fingere. Non devi tantomeno parlarmi, non devi fare nulla.”, sbottò Harry, alzando la voce. Gli altri tre nella stanza erano rimasti in silenzio ad osservare la scena.

 

“Niall vado via, non è il caso che io resti qui..voglio che tu ti goda la tua festa di compleanno”, sussurrò Harry, deluso. Amareggiato da se stesso. Amareggiato dalla situazione. Amareggiato da Louis, che aveva dimostrato di non aver mai avuto fiducia in lui, quando avrebbe dovuto.. 

 

“No! Vado via io….divertitevi con la pop star!”, sbottò Louis, alzando la voce, e uscendo, in un battito di ciglia  dalla stanza, senza dar tempo a nessuno di ribattere. 

 

“Harry…io..”, iniziò a dire Liam, dopo qualche minuto di silenzio assoluto.

 

“No Lì, lasciamo stare…”

 

“Harry, dagli del tempo. Non si aspettava di vederti qui.”, sussurrò Zayn, dandogli una piccola pacca sulla spalla. Harry annuì, da un lato voleva credere alle parole del moro, dall’altro conosceva bene il carattere di Louis. Da quel momento, la festa non fu molto divertente per nessuno dei cinque. 

 

Esattamente due settimane dopo, Harry era seduto su una panchina, al piccolo parco in cui era solito andare fino ad un anno e mezzo prima. Guardava il laghetto davanti a lui, fissando le lievi increspature che la brezza leggera, creava sulla superficie dell’acqua, e pensava a come il suo ritorno a Londra fosse stata forse l’ennesimo errore della sua vita. Dal giorno della festa di Niall, i rapporti con i suoi amici erano tornati pressoché normali, ma l’imbarazzo di Harry non era certo svanito. L’unico che sembrava non aver ancora accettato il suo ritorno, era Louis. Le uniche volte in cui il gruppo si riuniva, Louis non gli rivolgeva la parola, e se lo faceva era solo perché era costretto da qualcuno e, per lo più, si trattava di monosillabi. Di certo non si aspettava un caloroso abbraccio al suo ritorno, ma non si aspettava nemmeno il trattamento freddo che invece il più grande gli aveva riservato. Non ricordava di aver mai visto Louis così arrabbiato nei suoi confronti, o forse si. L’ultima volta in cui l’aveva visto. 

 

“Lose your heart but don't know when

And no one cares, there's no one there”

 

 

 

***

 

1 anno e sette mesi prima

 

 

Urla e imprecazioni erano gli unici rumori udibili dall’esterno della camera di Harry, quella sera. 

 

“Avevi pensato di dirmi che avevi fatto una maledetta audizione Harry? O pensavi di partire verso la tua nuova vita da popstar senza dirmi nulla?”, disse Louis, gesticolando nervosamente. 

 

“Quando dovevo dirtelo Louis, mh? Quando è l’ultima volta che abbiamo parlato?”, sbuffò Harry, alzando il tono di voce, come il più grande. 

 

“Che stai dicendo Harry? Non è una giustificazione questa, maledizione!”, ribatté l’altro. 

 

“NON LO E’?! Il mio ragazzo mi parla a malapena perché è troppo impegnato nella sua corsa al posto da manager che non ha nemmeno tempo per fermarsi e dedicarmi un attimo della sua vita, e quella non sarebbe una giustificazione?!”

 

“Non è vero! E’ la tua gelosia verso quello che sto facendo io nella mia vita che sta rovinando tutto.”

 

“Cosa?!”, esclamò Harry, sconvolto. Non avrebbe mai immaginato che Louis potesse pensare quelle cose di lui. Lui era orgoglioso di ciò che Louis stava facendo, avrebbe solo voluto sentirsi amato. Di nuovo. “Rivedi le priorità nella tua vita Louis, perché evidentemente io non sono tra quelle.”

 

“Mi stai lasciando Harry?”, sussurrò Louis, insicuro. Avevano sempre discusso, lui ed Harry, ma in quel momento sembrò come se ci fosse qualcosa di più sotto. Qualcosa di cui Louis aveva tremendamente paura. 

 

“Lo hai già fatto tu Lou, e non te ne sei nemmeno accorto.”, sussurrò Harry, chiudendo quella discussione. E anche la loro storia. 

 

 

 

****

 

 

 

 

Ripensare a quella giornata, per Harry, era difficile. Ricordava il volto di Louis, triste e deluso, che usciva dalla sua camera, e dalla sua vita. Ricordava di aver fatto le valigie, tra lacrime e singhiozzi, perché aveva un volo per Los Angeles che lo attendeva. Ricordava di aver pensato che avrebbe voluto avere Louis accanto in quell’avventura ma forse non erano stati abbastanza bravi. Forse non si erano amati abbastanza. Ripensare a quella giornata, in quel parco, fu come ricevere un pugno in pieno stomaco.  Era il parco in cui Louis aveva detto ‘ti amo’ ad Harry per la prima volta. Era il parco in cui avevano deciso di essere Harry e Louis. Era il loro parco.  

 

Non pensavo potessi essere qui..”, fu una voce a ridestarlo dai ricordi. Quella voce. La voce dolce e carezzevole che gli era mancata tanto. Non gli servì voltarsi per sapere a chi appartenesse. 

 

“Louis..”, sussurrò il riccio, accennando un sorriso, che il più grande non vide. Per fortuna, pensò Harry. 

 

“Io…ti lascio solo…è meglio se vado via…”, disse il più grande in risposta. 

 

“No Louis. Resta..”, rispose Harry, voltandosi verso di lui. “Per favore..”, disse il più piccolo alzando lo sguardo verso Louis. In quel momento, forse per la prima volta dopo un anno e mezzo di lontananza, i loro occhi si incontrarono di nuovo. Verde nel blu. Se avesse deciso di ascoltare la sua testa, Louis sarebbe andato via in un battito di ciglia. Ma quando si trattava di Harry, Louis non era così forte da combattere contro il suo cuore. Era una battaglia persa in partenza. Per questo, annuì debolmente e si avvicinò lentamente a quella panchina, sedendosi accanto ad Harry e mantenendo una certa distanza tra i loro corpi. 

 

“Ricordi questo parco, Louis?”, sussurrò Harry, tornando a fissare il laghetto.

 

“Harry..io non credo che..”, rispose Louis, incerto. Sapeva che rievocare quei ricordi fosse sbagliato, in qualche modo.

 

“Rispondimi, Lou.”, causando un brivido lungo la spina dorsale del più grande nel sentire il soprannome che aveva usato. 

 

“Non chiamarmi così.”, ribatté fermamente Louis. 

 

“Rispondimi…ti prego.”, sussurrò Harry, con voce dolce, quasi supplichevole.  Louis si ritrovò ad annuire, senza trovare il coraggio di rispondergli davvero. 

 

“Ti ricordi quando mi hai detto per la prima volta ‘ti amo’?”, sussurrò Harry, la voce improvvisamente flebile e assente, come se si fosse perso nei ricordi mentre pronunciava quelle parole. Louis rimase in silenzio, incapace di parlare. Incapace di muoversi. I ricordi lo investirono come un fiume in piena, e istintivamente socchiuse gli occhi. “Io me lo ricordo sai. Ricordo tutto…ogni parole, ogni abbraccio, ogni bacio, ogni stupida e bella cosa che abbiamo passato insieme. Ricordo amore, dolcezza e tutto ciò che di bello mi sei stato in grado di darmi. Ricordo anche sofferenza, però. Tanta. Ricordo solitudine, notti insonni a piangere nella mia stanza, ricordo di aver avuto bisogno di te, ma tu non c’eri perché eri due passi avanti a me, come sempre.”, concluse Harry, aspettando una risposta da Louis che non arrivò. Così sospirò, quasi sconfitto e riprese a parlare, perché no, non aveva concluso il suo discorso. “Non penso di aver fatto tutto nel modo giusto con te. Non avrei dovuto lasciarti andare, questo sicuramente l’ho sbagliato. Avrei dovuto dirti che mi mancavi, che non mi sentivo amato come avrei dovuto, forse. Ma che senso aveva? Se non eri tu il primo ad accorgertene?”

 

“Avrebbe avuto senso per me, Harry.”, si ritrovò a rispondere flebile Louis. 

 

“Ero così orgoglioso di te, e della tua vita a Manchester”, sussurrò il riccio, come se stesse riflettendo.

 

“Non me lo hai mai detto..”

 

“Non ti ho detto parecchie cose, è stato un altro dei miei errori. L’ennesimo”, disse Harry in risposta. E in quel momento pensò che forse, quella conversazione poteva terminare lì. Restare sotto lo sguardo fermo, immobile, degli occhi azzurrini di Louis, era diventato pressoché impossibile. Per questo si alzò, lentamente e sussurrando a denti stretti uno “scusami”, si allontanò da quella panchina e da tutti i ricordi racchiusi nella sua mente e nel suo cuore.  

 

 

 

“Cause I don't need a reason

Just to hold ya”

 

 

 

 

Passò qualche settimana da quella chiacchierata e la situazione non cambiò. Louis non era più così freddo nei suoi confronti, ma il più grandi non si era di certo deciso a rivolgergli la parola. Capitava spesso che si ritrovavano a casa di Niall o di Liam per una partita alla play o per una serata tra una pizza e qualche birre, e se non era chiamato in causa esplicitamente, era raro sentire qualche parola uscire dalla bocca di Louis. Stessa cosa valeva per Harry. Erano lì entrambi, con i loro amici, ma senza esserci davvero. Harry spesso immaginava cosa sarebbe successo se non avesse mai fatto quell’audizione, se lui e Louis sarebbero rimasti insieme, se le cose sarebbero andate in modo diverso. 

 

E spesso si chiedeva, se Louis pensava le stesse cose. Se anche Louis pensava alla loro vita in modo diverso. 

 

Quel sabato Liam aveva organizzato una festa, con tanto di musica e alcolici a non finire. Quel sabato Harry decise che si sarebbe divertito. Solo che scelse il modo peggiore, probabilmente. Arrivò verso le dieci di sera, in ritardo per i suoi standard. Era sempre quello che ‘apriva’ la festa. Ma quella sera decise che non se ne sarebbe curato. Quella sera doveva curarsi di se stesso, di nessun altro. A quanto pare, quello pareva essere anche lo scopo di Louis, quella sera. 

 

E a quanto pare, entrambi scelsero il modo sbagliato per divertirsi. Buttarono giù quantità infinite di birra e di shots, e nel giro di un paio d’ore si ritrovarono entrambi piuttosto brilli; Harry seduto su un piccolo divanetto del salotto di Liam, Louis dall’altro lato della casa, in giardino a chiacchierare con Zayn e Niall. 

 

Si scontrarono esattamente un’ora dopo, alla fine delle scale che portarono al piano di sopra. Louis, con un bicchiere in mano, finì con la camicia completamente macchiata di rosso, il colore del cocktail che stava finendo di bere. 

 

“Oops!”, esclamò Harry, sorridendo. Sorriso che svanì quando si accorse che la persona davanti a lui era proprio Louis. “oh…Scusami”, disse tentennando.

 

“Non fa niente, non…”

 

“No!”, esclamò di nuovo Harry. “Vieni con me, ti aiuto a pulire la camicia e mettere qualcos’altro. So dove trovare una maglia nuova”, disse Harry accennando un passo verso il primo scalino. Louis si arrese, Harry era testardo quando voleva.

 

“Sei sicuro di farcela? Non credo tu stia bene Harry”, disse Louis, nonostante nemmeno lui fosse l’immagine della sobrietà. Il riccio non gli rispose, si rimise diritto e proseguì lungo le scale. Arrivati al piano di sopra, Harry si diresse direttamente verso quella che Louis conosceva come la camera degli ospiti di Liam. Entrò cautamente nella stanza, come se non volesse fare rumore e si diresse direttamente al grande armadio, che troneggiava sul lato destro della camera. Harry si mise, con qualche difficoltà, a cercare qualcosa nell’armadio e dopo qualche minuto estrasse una maglia grigia a maniche corte, porgendola al più grande. “Metti questa”, si limitò a dire, e fece per girarsi dall’altro lato per lasciare al più grande un po' di privacy quando un giramento di testa e un conato di vomito lo colpirono in pieno, facendolo scattare verso il bagno privato della stanza. Louis, colto alla sprovvista, ci mise qualche secondo a realizzare quello che stava succedendo. Arrivò nel bagno qualche secondo dopo, trovando il più piccolo riverso sulla tavoletta del bagno, una mano a sorreggersi i ricci. Si inginocchiò accanto a lui, e sostituì la mano di Harry con la propria e “tutto ok, Harry?” gli sussurrò lentamente. 

 

“Uhm…potrei stare meglio..”, rispose l’altro. Qualche minuto dopo, Harry era seduto sul pavimento, con un panno bagnato sulla fronte e Louis che cercava di asciugargli il sudore. 

 

“Non c’è bisogno che fai tutto questo….posso cavarmela da solo”, sussurrò Harry, con voce flebile. 

 

“Non credo tu sia in grado di farlo”, ribatté serio Louis. “Hai bevuto parecchio mh?”, sussurrò poi, scostando il panno dalla sua fronte, quando ebbe finito quel che stava facendo. 

 

“Cercavo di divertirmi”, rispose Harry, sincero. Louis rimase quasi deluso da quelle parole. Possibile che Harry avesse bisogno dell’alcool per stare bene? per divertirsi?

 

“Non hai bisogno di distruggerti così, Harry.”, Harry restò in silenzio dopo quella frase. Il loro scambio di battute finì così, con Harry che fu accompagnato sul letto di quella camera da letto dal più grande e chiuse gli occhi, addormentandosi sotto gli occhi di Louis, poco dopo. Louis rimase a guardarlo dormire per qualche minuto ancora, poggiò lo sguardo sulle ciglia corte, ma folte, del più piccolo, si soffermò sul suono del respiro rilassato del più piccolo e sul movimento del petto di Harry che, si alzava e si abbassava, insieme al ritmo del suo respiro. In quel momento, realizzò di non aver mai odiato Harry, davvero. Era solo il tempo di cui aveva avuto bisogno per ricucire una ferita, di cui ancora portava i segni e che, forse, solo Harry avrebbe potuto guarire del tutto. 

 

 

 

“Wipe all of your tears and

Look you in the eyes

Baby please don't go”

 

 

 

Da quella sera, passò un’altra settimana e il rapporto tra i due cambiò. Iniziarono a conversare più spesso, ad uscire molto più volentieri con il gruppo e talvolta, erano proprio loro due ad organizzare le riunioni con Zayn, Liam e Niall. Quella sera erano tutti e cinque riuniti nella casa in campagna del padre di Harry, a qualche chilometro da Holmes Chapel. Tutti amavano quella casa, era il loro piccolo rifugio quando erano ancora tutti a scuola. Molto spesso si riunivano tutti e cinque in quella casa per il fine settimana; Liam Niall e Zayn dormivano in una stanza e Louis ed Harry solitamente, occupavano la stanza matrimoniale dei genitori di Harry. Tutti e cinque comodamente seduti sui grandi divani del salotto, guardavano la televisione, sorseggiando di tanto in tanto, del tea caldo. Erano tutti immersi tra le risate quando un fulmine illuminò il cielo, all’esterno, e senza che loro se ne accorgessero rimasero completamente al buio. 

 

“Ma che diavolo?!”, esclamò Louis, sbuffando improvvisamente.

 

“Proprio adesso che avevan trovato qualcosa che piaceva a tutti in televisione”, si lamento Niall. 

 

“Deve essere andata via la corrente del tutto”, commentò Liam, ricevendo l’occhiata sarcastica di Louis, che graziato dal buio, nemmeno la notò. “Harry, avete una luce d’emergenza o delle candele in casa?”, chiese poi al più piccolo. 

 

“Uhm…si..si..però ho bisogno che qualcuno venga con me ad aiutarmi”, rispose Harry tranquillo. 

 

“Può venire Louis.”, commentò Zayn dall’altro capo del divano. Se le luci fossero state accese, avrebbe sicuramente visto lo sguardo omicida che il più grande gli aveva riservato in quell’esatto momento. Non disse nulla però, si limitò a sospirare ed alzarsi dal divano, cercando di seguire Harry. Salirono al piano di sopra, diretti verso una piccola mansarda, con la sola luce dei loro telefoni a illuminargli la strada. Entrarono cauti nella stanza ed Harry si mise subito a cercare quante più fonti luminose possibili. 

 

Forse, Harry era troppo concentrato nel cercare torce e candele, che non si accorse dello spostamento di Louis. Forse, non senti il rumore dei suoi passi. 

 

“Non credo che qui ci si-”, non fece in tempo a finire la frase che si scontrò contro Louis e finirono entrambi per terra. Louis quasi interamente addosso ad Harry. E, in quel momento, non servivano luci per guardarsi; nel buio Harry riusciva a vedere il bagliore degli occhi azzurri di Louis, e viceversa. Louis sapeva che avrebbe dovuto alzarsi e correre via, ma qualche strana forza lo teneva ancorato al corpo di Harry, sul petto su cui aveva dormito un numero infinito di notti. Per qualche motivo, il suo cuore gli diceva che andava bene così, che era così che doveva andare. Harry si sollevò impercettibilmente, per avvicinarsi al viso di Louis; avrebbe voluto dirgli qualcosa ma aveva paura che qualsiasi cosa avrebbe fatto scappare il più grande, interrompendo la magia. Contrariamente a quanto pensava, Louis si abbassò leggermente, e la distanza tra i loro visi fu un soffio. Si sarebbero sfiorati, di certo. Si sarebbero accarezzati, di nuovo. Si sarebbero baciati…se solo la luce non avesse deciso di tornare in quel preciso istante, accecandoli totalmente. “Lou”, sussurrò il riccio, ma Louis si allontanò quasi scottato da Harry,  e scese velocemente al piano di sotto, tornando dagli altri. 

Harry scese al piano di sotto dopo qualche minuto, lanciando una leggera occhiata a Louis, che sembrava intenzionato a non degnarlo d’attenzioni. Sospirò, senza farsi sentire dagli altri, e tornò alla sua postazione sul divano, accanto a Liam. 

 

“NO!”, esclamò Niall,dopo qualche minuto di silenzio. “Guardate! Nevica!”, disse poi, indicando la finestra, che lasciava intravedere ciò che accadeva all’esterno. 

 

“Non possiamo tornare a Holmes Chapel se nevica così.”, aggiunse Zayn. 

 

“Potete restare qui, ci sono posti a sufficienza, lo sapete.”, disse Harry, confortandolo. 

 

“Se partiamo adesso arriveremo in tempo….ha appena iniziato.”, disse Louis, lo sguardo ancora fissato sulla finestra, Se Harry lo conosceva bene, sapeva che non voleva restare a causa sua. Stava per ribattere quando Liam prese la parola.

 

“No Louis, non possiamo rischiare. E’ quasi mezzanotte, ci sono due gradi e guidare con questa neve non è il caso. La strada si ghiaccerà nel giro di qualche minuto”, a quelle parole, Harry tirò un sospirò di sollievo. Louis non rispose e tornò a guardare la tv. 

Dopo quel piccolo scambio di battute, tornarono tutti in silenzio, concentrati a guardare la tv. Quando arrivo l’una, Niall, Zayn e Liam decisero di andare a letto. Harry decise di tenersi impegnato sistemando tutte le tazze del tea che avevano utilizzato, improvvisamente a disagio dal silenzio che calò tra lui e Louis quando gli altri tre si erano ritirati nella loro stanza. Ripensò a come si era sentito, prima, con il corpo di Louis di nuovo a contatto con il suo. Con gli occhi di Louis di nuovo nei suoi, come un tempo. Con le loro labbra così vicine, e ancora troppo lontane. 

 

“Harry…”, il suo flusso di pensieri fu interrotto dalla voce bassa e soave di Louis. Il più piccolo non rispose, si girò semplicemente verso l’altro facendo scontrare di nuovo i loro occhi. “Volevo..chiederti scusa per prima..so che non è stato carino andare via così…”, sussurrò Louis, imbarazzato. Harry non rispose, si limitò ad accennare un sorriso. 

 

“Che stai facendo?”, chiese poi il più grande, avvicinandosi a lui. 

 

“Uhm…mi tengo…si ecco..impegnato.”, rispose Harry, imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli. 

 

“Oh”, si limitò a dire Louis, accorciando ancora di più le distanze tra loro. 

 

“Louis.”, disse Harry, quando lo sentì improvvisamente troppo vicino. “Che hai intenzione di fare?”

 

“Uhm…voglio..solo”, sussurrò Louis. Era come se stesse ancora cercando le parole giuste. Come se non fosse sicuro di quel che doveva dire, o fare. Alzò di nuovo lo sguardo verso gli occhi di Harry e forse fu quello il momento in cui prese la sua decisione. Poggiò il palmo della sua mano sul petto di Harry, e alzandosi sulle punte, chiuse le distanze tra loro, baciandolo. Il più piccolo rimase fermo, per qualche secondo, cercando di elaborare ciò che stava succedendo. Ma quando si riprese, e ricambio il bacio, fu come tornare a respirare. 

Fu come riaccendere la luce dopo un black out di giorni interi. Fu come tornare a respirare. In quel momento, il più piccolo smise di essere Harry Styles, la popstar, e tornò ad essere Harry, il ragazzino tutto riccioli e fossette di Holmes Chapel.  Harry portò una mano sul fianco destro di Louis per avvicinarlo a sé, l’altra tra i suoi capelli, accarezzandoli leggermente. Louis si sentì incendiare al solo tocco, era l’effetto che Harry gli faceva. Era sempre stato così, e nulla l’avrebbe cambiato. Louis portò le mani tra i capelli di Harry, tirandoglieli appena e “sono cresciuti”, sussurrò sulle labbra di Harry, staccandosi leggermente da lui. Harry non rispose, si limitò a sorridere appena. 

 

“Louis fermati..aspetta..”, iniziò a dire il più piccolo, non appena Louis prese a lasciare una lunga scia di baci lungo il suo collo. 

 

“Cosa..?”, esclamò l’altro. 

 

“Che stiamo facendo?”, chiese Harry, cercando ancora di riprendere fiato dal bacio precedente. 

 

“Ti sto perdonando Haz”, sussurrò Louis lasciando un leggero bacio sulle labbra dell’altro. Ad Harry non servì sentire altro. Cancellò di nuovo le distanze tra loro, unendo di nuovo le loro labbra. Con più forza, questa volta. Con la consapevolezza che Louis lo aveva perdonato e che poteva ancora averlo, nonostante tutto. 

 

“Mi sei mancato così tanto..”, sussurrò Harry sulle labbra dell’altro, facendo nascere un sorriso sulle sue labbra. Il sorriso di cui Harry si era innamorato. E che lo faceva innamorare sempre di più di Louis, giorno dopo giorno. Louis annuì, continuando a baciarlo e fece per sollevare i bordi della maglia del più piccolo, sfilandogliela poi del tutto dopo qualche secondo. Se possibile, Harry era diventato ancora più bello dopo un anno e mezzo, pensò Louis. Iniziò a lasciare una scia di baci lungo la lunghezza del suo collo e scendendo sempre più in basso, sul suo petto fino ad arrivare alla linea ben definita dei suoi addominali. Harry sospirò leggermente, riabituandosi al calore della pelle di Louis a contatto sulla sua. Improvvisamente, qualcosa cambiò. La dolcezza dei loro baci, delle loro carezze si trasformò in urgenza, in un bisogno di sentirsi e di appartenersi di nuovo, dopo troppo tempo. Così senza dire una parola, si spostarono al piano di sopra, nella mansarda. Appena arrivati nella stanza, Louis notò un enorme letto matrimoniale al suo centro. 

 

“Non…non l’avevo notato prima..”, sussurrò Louis, sorpreso. 

 

“Uhm…abbiamo fatto qualche lavoro e si, questa è diventata la mia stanza ormai”, rispose Harry, abbozzando un sorriso. 

 

“Oh..wow…è bella.”, commentò l’altro. La loro conversazione terminò in quell’esatto momento, perché Harry aveva trascinato Louis sull’enorme letto, facendolo crollare su di lui. Gli sfilò velocemente la maglia che volò presto sul pavimento. Il più grande si abbassò velocemente sul più piccolo, riprendendo a baciarlo e a lasciare piccoli morsi e baci sul suo collo. “Non immagini quanto mi sia mancato farlo..”, disse Louis continuando a baciare ogni centimetro della pelle di Harry. 

 

“Lou….ti amo”, rispose il più piccolo. “non ho mai smesso”, continuò poi. Avrebbe voluto fare le cose con calma, riappropriarsi del corpo di Harry lentamente, un pò per volta, ma sentire quelle parole dopo un anno e mezza fu come accendergli una miccia in pieno petto. 

 

“Fai l’amore con me, Haz”, sussurrò Louis sulle sue labbra. Harry in risposta gli morse leggermente il labbro inferiore, per poi sorridere e annuire. I pantaloni raggiunsero ben presto la maglia di Harry sul pavimento. Louis tornò a cavalcioni su Harry e fu in quel momento che il più grande si accorse di quanto entrambi avessero aspettato quel momento. Ripresero a baciarsi con urgenza mentre Louis sfregava il suo bacino su quello di Harry, facendo entrare le loro erezioni, quasi completamente formate ormai. 

 

“Lou…” soffiò Harry sulle labbra di Louis. “ti prego..”, sussurrò poi, in balia dei baci e dei morsi del più grande e della frizione delle loro erezioni a contato. L’istante successivo,  Louis si stese completamente su Harry intrecciando per un attimo le loro mani prima di soffiargli all’orecchio “voglio essere tuo stanotte, Harry”. Il tempo per il più piccolo di guardarlo un attimo negli occhi, annuire, strusciando la punta del naso contro il collo del più grande, e poi ribaltò le posizioni e portando il corpo di Louis sotto il suo. E Louis ancora stenta a crederci, come tutto questo sembri giusto. Come se non si fossero mai allontanati. Come i loro corpi si intreccino alla perfezione, come il suo corpo sembra essere stato creato per essere protetto da quello di Harry. Louis portò le sue braccia a circondare la schiena di Harry, per portarselo ancora più vicino, come se avesse bisogno di sentirselo addosso, come se non fossero mai abbastanza vicini. 

 

“Dimmi che sei stato solo mio…”, sussurrò Louis, cercando le labbra di Harry. “Non potrei essere di nessun altro.”, rispose Harry, cercando le mani del più grande e intrecciando le loro dita. Continuarono a sfiorarsi ed accarezzarsi per un pò, fin quando Harry non si mise in ginocchio, e si sporse vero il cassetto del comodino, dal quale estrasse del lubrificante. Preparò Louis per un pò, penetrandolo con una e poi due dita, lentamente per farlo riabituare a quelle sensazioni e quando Louis gli fece capire di essere pronto per lui, il più piccolo estrasse le dita, si posizionò nuovamente su di Louis e intrecciando le loro dita, entrò in lui. Da quel momento in poi, non staccarono più gli occhi l’uno dall’altro. Harry stabilì un ritmo deciso, ma dolce allo stesso tempo, che alternava a momenti in cui si fermava totalmente per guardare gli occhi lucidi di Louis e baciarlo dolcemente e sussurrargli ‘ti amo’. Gli unici rumori nella stanza il suono delle loro pelli che venivano in contatto e i loro gemiti, continuarono con quel ritmo fin quando, stremati, raggiunsero l’orgasmo insieme. 

 

“No…resta qui”, aveva sussurrato Louis quando Harry aveva fatto per muoversi ed uscire da lui. 

 

“Non ho intenzione di andare da nessuna parte. Sono qui, Lou.”, aveva risposto l’altro rassicurandolo. Si erano poi alzati, ripuliti entrambi, ed Harry aveva preso Louis tra le braccia soffiandogli all’orecchio che sarebbe stato accanto a lui al suo risveglio, che non sarebbe più andato via. 

 

La mattina dopo, infatti, si svegliarono insieme in quel letto stretti l’uno all’altro. 

 

 

 

 

“Fight to hold on

Put them back together, do it all for love

Never let it go”

 


Da quel giorno passò esattamente un mese, in cui Harry e Louis continuarono a vedersi, segretamente avevano deciso. Volevano ricominciare, darsi quella seconda opportunità che avevano deciso di meritare entrambi. Si raccontarono tutto quello che non avevano vissuto insieme in quell’anno e mezzo. Harry raccontò a Louis della sua vita a Los Angeles, del suo contratto discografico e del suo primo Tour. Louis raccontò ad Harry di essersi trasferito a Londra, perché Manchester non gli offriva quello di cui aveva bisogno. Si raccontarono di quanto si erano mancati, e degli errori che avevano commesso, lasciandosi andare quel lontano giorno di un anno e mezzo prima. 

 

E proprio un mese dopo, si presentarono insieme, mano nella mano, alla porta di casa Styles, per annunciare ad Anne e Gemma di essere tornati insieme. Non appena li videro, rimasero entrambe sorprese. Gemma, in particolare, non si sarebbe mai aspettata che Louis potesse perdonare il fratello. L’amore è davvero imprevedibile, pensò poi, sorridendo tra sé e sé. Anne riaccolse Louis  a braccia aperte, dicendogli quanto gli fosse mancato averlo in giro per casa con il proprio figlio.  

 

Li guardò seduti sul divano l’uno tra le braccia dell’altro a ridere e scherzare con Gemma, e sembrò come se il tempo non fosse passato. Come se fossero ancora i ragazzini di Holmes Chapel che non ancora sapevano cosa fosse la vita vera. Invece, la vita vera, l’avevano affrontata ed erano ancora insieme. E questa era la cosa più bella. 

 

“Bentornati a casa.”, sussurrò, poi, Anne all’orecchio del figlio. 

 

 

 

Una cosa di cui Harry è certo, è che non ama i luoghi comuni. 

 

Molti dicono che sei tu a scegliere chi amare, ed Harry non ne è sinceramente convinto. Harry è convinto che, spesso, sia l’amore a sceglierti. A farti incontrare quell’unica persona che amerai con tutto te stesso, la persona che sai che è quella giusta nel primo momento in cui la incontri, anche se forse non te ne rendi conto immediatamente.

 

Molti dicono che la lontananza fa male. Ed Harry non è convinto nemmeno di questo. In fin dei conti, Harry pensa che passare lontani un anno e mezzo, sia stata la loro cura, che sia servita a curare ferite che nemmeno loro pensavano di avere. Ere servita a far crescere Harry. A fargli capire che non aveva bisogno di una casa, che ‘casa’, era dove si trovava il suo cuore. 

Casa era con Louis, era il suo posto nel mondo.

 

Louis sarebbe sempre stato il posto nel mondo che avrebbe sempre chiamato casa

 

 

“And I can be your light

Stay with me tonight

I won't let go, I won't let go”

   
 
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