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Autore: Angelofnightmare    23/09/2014    2 recensioni
Erano solo loro due, le loro mani unite e le labbra che emettevano gemiti creando come una sinfonia.
-Non ci riesco, Calum. Non sono niente- sussurrò Luke.
-No, ci riuscirai. Perchè tu sei bello come il sole, ricordi?-
[Cake] Lievi accenni coppia het.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Calum Hood, Luke Hemmings
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                    Stay with me


-Ashton, apri la porta- la voce di Calum si confuse al rumore assordante dei clacson delle automobili.
Il ragazzo si allontanò dal portone di casa Irwin, e si sistemò nervosamente la camicia nera. Era lì da dieci minuti, e il freddo  che c'era quella mattina trafiggeva la pelle.
Imprecò sotto voce, quando notò che Ashton non era ancora sceso. Dovevano incontrarsi per parlare, e magari avrebbero anche pranzato insieme. C'era Gwen, la vicina di Ashton, che dalla casa accanto osservava Calum. Teneva in mano una sigaretta da chissà quante ore, e i suoi occhi si perdevano fra le nuvole. I capelli rossi le ricadevano sulle spalle, ed erano anche ben visibili i tatuaggi sul braccio. Certe volte farfugliava qualcosa, e poi riportava gli occhi sul ragazzo.  
Quest'ultimo non si scompose minimamente, e salutò Gwen con un cenno del capo, prima di ritornare a fissare il portone.
Dopo qualche minuto udì dei passi vicino la finestra, e in poco tempo fu visibile la madre di Ashton, che incerta osservava da dentro casa.
-Che ci fai qui fuori, Calum?- chiese, mentre un dolce sorriso si dipingeva sul suo viso.
-Stavo aspettando Ashton, questa mattina dobbiamo uscire-
-Oh- sussurrò la donna, voltandosi verso le scale. Avanzò di poco, passandosi una mano fra i capelli biondi e invitò Calum ad entrare dentro casa.
-Ashton verrà dopo, deve riposare. Questa notte è stato male, e non ha dormito molto. Ma prego,  accomodati dentro-
Calum sorrise, varcando la porta. Osservò l'interno della casa che conosceva fin troppo bene. Dormiva spesso da Ashton, ordinavano sempre le stesse pizze e c'era sempre la stessa musica nello stereo. I muri erano stati verniciati da poco, e c'era uno strano odore nell'aria. C'erano gli stessi quadri sempre al solito posto. Il divano color porpora donava un tocco di colore alla monotonia del soggiorno. C'era un tappeto nero a terra, e accanto ad esso vi era un tavolo con sei sedie.
Anne Marie, la madre di Ashton, si avvicinò a Calum, accennando un sorriso che delineò le rughe del viso.
Indossava una vestaglia di lana rosa, che dava l'impressione di essere ricoperta da migliaia di orchidee.
I suoi occhi azzurri osservarono Calum per una frazione di secondo, poi la donna parlò.
-Ci sono dei biscotti in cucina, ne vuoi qualcuno?-
-No, ma la ringrazio. Ho già fatto colazione a casa- rispose gentilmente Calum. Si strinse nella sua camicia e sospirò.
-Non darmi del lei, mi fai sentire troppo vecchia- scherzò Anne Marie, sistemandosi meglio sul divano.
Il ragazzo rise silenziosamente, curvando le labbra in un sorriso quasi infantile.  
La televisione era accesa, ma quella mattina nessun programma televisivo era interessante.
La donna si alzò subito dopo e si diresse in cucina. Dava l'impressione di essere una sedicenne, era piena di vita.
-Come sta ora Ashton?- chiese Calum, con un'inspiegabile imbarazzo. La risposta non arrivò, perché in tutto il salotto si espanse una voce maschile e rauca. -Mamma, c'è qualcuno?-   
Le finestre parvero vibrare.  
-Si, Ashton, c'è Calum- rispose Anne Marie, affacciandosi dalla porta della cucina.
Calum girò la testa in direzione della voce, che proveniva dal piano superiore della casa. Si avviò verso le scale.
Salì lentamente, senza fare troppo rumore.
-Sono qui!- esclamò, appena entrò nella stanza di Ashton. C'era un'inebriante profumo di sapone. Le pareti blu risplendevano alla luce solare, e il letto era ancora disfatto.
-Finalmente ti fai vivo. Che fine hai fatto?- chiese Ashton, mentre indossava una maglietta del medesimo colore delle pareti. Il suo tono di voce sembrava essere quasi un rimprovero.
-Sono stato impegnato in questi giorni, scusami-
Ci furono attimi interminabili di silenzio, e Calum si sentì stranamente a disagio davanti ad Ashton.  Il contatto visivo fra i due ragazzi era minimo, e c'era troppo caldo in quella stanza.
-Okay. Comunque, ultimamente mi hai inviato molti messaggi, che succede?- chiese Ashton.
Calum era assorto nei suoi pensieri, e i suoi occhi si chiusero per un attimo. Luke Hemmings occupava la sua mente, i suoi pensieri e il suo umore. Era triste senza un motivo, preoccupato e spaventato per quello che aveva visto solo pochi giorni prima.
“Non posso scendere, vattene via”
Ed era uno di quei momenti dove il passato si vorrebbe dimenticare, anche se solo lontano di tre giorni.
Calum si portò una mano al braccio sinistro e abbassò la testa, ridendo.
“Il suicidio non ti avrebbe aiutato” aveva scritto in chat a Luke, ma lui non aveva risposto.
Sapeva di stare male per un qualcosa che ormai era passato, ma Luke c'era ancora. E come stava? E se avesse tentato di nuovo il suicidio?
Una strana sensazione si impadronì di Calum, fino a mozzargli il fiato.
Ashton lo osservò dal riflesso dello specchio con la fronte corrugata.
-Calum, stai bene?- chiese quasi in un sussurro.
Il ragazzo chiuse gli occhi e si rilassò, prima di rispondere alla domanda dell'amico. Ma la risposta non arrivò subito, passarono altri due minuti, mentre Ashton richiamava Calum innumerevoli volte. I due ragazzi si fissarono per un tempo che parve essere un'eternità, e nessuno dei due diceva niente.
-Sto bene- disse finalmente Calum.
Si sedette sul letto, e con le dita si sfregò gli occhi. Essi erano contornati da lievi occhiaie, e le sue labbra si muovevano cercando di dire qualcosa.
-Dimmi che ti succede- disse Ashton, freddamente.
-Niente. Sono solo stanco e troppo pensieroso. Merda, non ho niente-
Il silenzio ricadde nella stanza, e il rumore delle lancette dell'orologio appeso alla parete era fastidioso.
Ashton scosse la testa ridendo, ricordando quanto Calum fosse irascibile. Osservò l'amico per un'altra volta, poi cercò di parlare con più calma.
-Okay, tranquillo. Anch'io in questo periodo sono sempre sotto stress e terribilmente stanco. Se vuoi puoi andare a casa, possiamo uscire un altro giorno-
-No!- esclamò Calum. I suoi zigomi erano più visibili, e pian piano i lineamenti del suo viso si addolcirono. Scosse la testa ripetute vuote, cercando di far uscire tutti i pensieri.
-Usciamo oggi, devo raccontarti tante cose- Ma nuovamente si sentì turbato da qualcosa. Le parole gli morirono il gola e non poteva dire niente ad Ashton, niente! Non poteva raccontargli di Luke, anche se era la cosa che voleva fare. Ashton era il suo migliore amico, condividevano tutto, anche il più stupido segreto. Ma lui non conosceva nulla. Provò pena verso Luke, e strinse di denti quando ricordò i suoi occhi azzurri come il mare, ma rossi per colpa delle lacrime.
-Chi hai conosciuto?- chiese tranquillamente Ashton, mentre si infilava le scarpe.
Calum sobbalzò e osservò spaesato la stanza. La risposta alla domanda dell'amico gli girava in testa, ma era lì che doveva restare. Se avesse detto la verità, probabilmente, si sarebbe sentito uno stupido. Ma Luke non c'era, e Calum era sicuro che Ashton avrebbe ascoltato la risposta e tutto quello che la susseguiva, senza dire niente.
-Luke Hemmings- rispose Calum, riluttante.
Ashton assunse un'espressione indecifrabile, e osservò Calum che teneva la testa bassa. Capì subito che qualcosa non andava: Luke era un ragazzo totalmente diverso da loro. Era silenzioso e pacato. Il sabato sera usciva sempre con Michael Clifford e tornava a casa troppo presto, per i gusti di Ashton.
Calum era caotico, confusionario e ribelle. Ashton non riusciva proprio a capire perché lui aveva  conosciuto Luke.
Erano completamente opposti, come il giorno e la notte. Erano come il polo nord e il polo sud, non avevano niente in comune.
-Come mai hai conosciuto Luke?-
Calum non rispose, e si avvicinò alla finestra per osservare il panorama. Si vedeva il giardino e Harry, il fratellino di Ashton, che giocava a calcio. Alcuni alberi erano spogli, in altri erano rimaste alcune foglie, che al contatto col vento si disperdevano in cielo.
-Dovresti sistemare la tua stanza- esultò Calum, cambiando discorso. Rideva apparentemente senza un motivo.
-Non hai risposto alla mia domanda- disse Ashton. I suoi capelli erano ancora umidi per la doccia, e i suoi occhi risplendevano di un colore particolare e diverso.
-L'ho aiutato-
-A fare cosa?- chiese nuovamente Ashton.  
Calum si fermò di botto e si sentì frastornato.
-Usciamo, ti dirò tutto strada facendo- disse semplicemente. Si spostò da Ashton, che, malamente, cercava di sistemare il suo letto. I due ragazzi uscirono velocemente dalla stanza.
-Mamma stiamo uscendo, ci vediamo dopo- urlò Ashton, appena aprì alla porta d'ingresso. La donna non ebbe il tempo di rispondere, perché la porta si chiuse velocemente causando moltissimo rumore. 


Le automobili sfrecciavano velocemente a solo pochi metri da Calum ed Ashton. I due ragazzi camminavano sul marciapiede quasi affiancati e a passo lesto. Avevano già superato il centro della città, ed erano fuori di casa da tre ore. I negozi erano stracolmi di gente, ma le strade erano vuote. Del resto, nessuno sarebbe uscito con il freddo che c'era. Calum raccontò tutto ad Ashton, il quale si limitò ad ascoltare silenziosamente, senza spiccicare parola.
Qualche volta si fermava per cercare di scaldarsi, ma poi riprendeva a camminare. Fin quando una domanda gli sorse spontanea.
-Perché Luke avrebbe voluto suicidarsi?-
Calum lo ammutolì velocemente, e girò ripetute volte la testa all'indietro, assicurandosi che nessuno avesse udito la domanda di Ashton.
-Ti ho detto di parlare a bassa voce. E non so perché Luke volesse farlo, cioè l'ho trovato su quel ponte quando stavo tornando a casa. Era impaurito e piangeva- sussurrò il ragazzo.
Ashton accennò un piccolo sorriso, come per rassicurare Calum e per fargli capire che di lui poteva fidarsi.
-Gli ho scritto in chat, ma non ha risposto. Ho paura che abbia di nuovo tentato il suicidio-
-No, Calum. Sicuramente è ancora sconvolto e ha paura della tua reazione- rispose Ashton. Si avvicinò all'amico, e gli poggiò una mano sulla spalla in senso di conforto.
-E invece avrà di nuovo tentato il suicidio- replicò Calum.
Ashton si sentì frustato dalla testardaggine del ragazzo,  e pensò ad un possibile rimedio. Anche lui era  curioso, voleva saperne di più.
Uno spiraglio di luce squarciò le nuvole grigie che ricoprivano il cielo, e lontanamente fu visibile il sole. Calum si strofinò l'occhio destro con il palmo della mano, per colpa della polvere proveniente dalla strada, e scrutò Ashton. Quest'ultimo si spostò di poco e cominciò a pensare, massaggiandosi velocemente le tempie.
-Ho avuto un'idea: perché non inviti Luke alla festa di sabato?- esultò sorridendo.
Calum rimase sorpreso dalla proposta di Ashton, e mostrò tutti i denti creando un sorriso perfetto.
-Potrebbe essere un'idea, ma non ho il suo numero di cellulare. Come posso contattarlo?-
Ashton afferrò il suo cellulare, osservò di sfuggita l'orario e lo porse a Calum.
-Contattalo di nuovo in chat, questa volta dovrà risponderti-
Passarono dieci minuti, ed Ashton andò a comprare in una panetteria due panini da consumare come pranzo. Erano 14.00 e la temperatura era aumentata di qualche grado, creando così molta umidità. C'erano delle ragazze che passeggiavano, osservando ogni tanto Calum, il quale era concentrato. Teneva gli occhi sul display del cellulare di Ashton, ma non disse nulla. Rimase muto per altri cinque minuti, e nel frattempo l'amico consumava il suo pranzo.
-Verrà alla festa- annunciò Calum vittorioso, stringendo fra le mani il cellulare. Ashton rischiò di sputare l'acqua che stava bevendo, e si girò verso l'amico, pulendosi con le dite le labbra bagnate.
-Davvero?-
Calum annuì e riportò lo sguardo sul display del cellulare. Rimase fermo, immobile davanti ad Ashton che faceva troppe domande. Gli occhi del ragazzo moro si socchiusero, quando notò che Luke non aveva più scritto nulla in chat.
-Invece non verrà- affermò Calum. Prese il suo panino, e nervosamente lo estrasse dalla busta per poi morderlo. Nonostante Luke avesse accettato l'invito, c'era qualcosa che turbava Calum. Una sensazione insolita per uno come lui.
-Hai tenuto il cellulare per più di venti minuti, che gli hai scritto?- chiese Ashton, bevendo un altro sorso d'acqua.
-Non ha risposto subito, sono passati cinque minuti. Poi gli ho chiesto come stava e ha risposto semplicemente “bene”. È normale, credo che sia in imbarazzo, ma io ho fatto quel che dovevo fare. L'ho invitato alla festa, scrivendogli che era un'opportunità per poter parlare e sistemare tutto. Speriamo solo che sabato si faccia vivo-
-Verrà sicuramente, del resto alla festa ci sarà anche Evan, e lui e Luke sono amici- dichiarò Ashton.
Calum sorrise e si sentì sollevato,  nonostante quella strana sensazione fosse ancora viva dentro di lui.
-Si, forse hai ragione- rispose, accennando una risata.


Michael Clifford era disteso sul letto di Luke, e osservava il soffitto. I suoi capelli rossi tinti creavano un particolare contrasto con la sua pelle chiara. Le sue mani, posate sull'addome,  andavo a ritmo del suo respiro. Socchiuse gli occhi, e osservò di sfuggita l'orologio appeso alla parete di fianco a lui: erano le 21:55.
Riportò gli occhi al soffitto, mentre canticchiava le canzoni trasmesse alla radio.
Attendeva Luke da un'ora, e la sua pazienza era quasi al limite.
Il ragazzo era in bagno, sotto la doccia. L'acqua fredda scivolava su tutto il suo corpo lentamente, facendogli accapponare la pelle.  
Delle goccioline gli rigarono il volto arrivando fino alle sue labbra. Luke era particolarmente nervoso quella sera. Solo pochi giorni prima aveva ricevuto un altro messaggio da Calum, a cui alla fine aveva risposto. Era stato invitato ad una festa a casa di Ashton, e aveva pensato a tante di quelle scuse per non andarci, che ormai si sentiva soltanto ridicolo.
Luke avrebbe preferito incontrare Calum in una situazione differente.
Chiuse il getto d'acqua, e rimase fermo per qualche altro minuto, in silenzio.
-È un'ora che sei chiuso in bagno. Sbrigati ad uscire- urlò Michael da dietro la porta.
-Si, ho capito. E non c'è bisogno che urli- rispose Luke
Uscì dalla doccia, con i capelli ancora gocciolanti, e afferrò l'asciugamano bianco che era posato sul lavandino.
Luke udì Michael farfugliare qualcosa mentre si allontanava dalla porta, e prese lo spazzolino per lavare i denti.
-Se non esci subito dal bagno, ti lascio qui, vado alla festa da solo- Michael scandì bene l'ultima parola, e accennò una risata.
Dopo cinque minuti Luke uscì dal bagno, con solo l'asciugamano stretto in vita e si lamentò.
-Sono qui, fammi solo vestire-
Il ragazzo si avvicinò all'armadio, cercando disperatamente qualcosa da mettere.
I suoi occhi si muovevano a destra e sinistra, alla ricerca di qualche indumento. Michael non riuscì a trattenere una risata a causa della situazione imbarazzante che si era creata in quella stanza.
Alla fine Luke opto per una pantalone nero e una maglietta dei Nirvana, anch'essa del medesimo colore dei pantaloni.
-Non fa un po' troppo freddo per metterti quelli?- chiese Michael, indicando gli indumenti che Luke teneva in mano.
-No, semmai metterò una giacca. Ma credo proprio di no, dato che la festa sarà dentro casa-
-Io non ci giurerei, Luke. E poi ricorda che non abbiamo alcun tipo di passaggio, e dovremo tornare a casa a piedi alle quattro del mattino. E ricorda ancora che è solo per colpa tua, avresti dovuto dire prima a tua madre della festa-
Luke alzò la testa, osservando duramente per un attimo l'amico che, nel frattempo, aveva ripreso posto sul letto.
Storse il naso, e chiuse l'armadio alle sue spalle con violenza.
-Sai che io non volevo andare a questa festa, sei stato tu a costringermi- puntualizzò.
Finì di vestirsi, e già percepiva il freddo sulla sua pelle.
-L'ultima volta che sei andato alla festa è stato un mese fa, e poi si tratta di Calum- esultò Michael, cercando di suscitare una qualsiasi reazione da parte di Luke.
-E con questo cosa vorresti dire?- chiese quest'ultimo, con tono autoritario.
-Che avresti dovuto risolvere con lui molto prima. Calum è diverso da noi, conduce un altro genere di vita-
I due ragazzi si osservarono avvicenda, e mantennero una certa distanza. Michael era molto diverso da Luke. Loro erano simili, avevano molto in comune. Si conoscevano da più di dieci anni, erano praticamente cresciuti insieme. Condividevano ogni singolo momento, anche la passione per la musica. Ma Michael era migliore rispetto a Luke. Era proprio quest'ultimo a sostenerlo, perché lui era incapace di essere se stesso, delle volte. Michael era più spontaneo e divertente, lui era un ragazzo eccezionale.
E Luke invece era soltanto troppo problematico.
-Sei pronto?- chiese Michael, attirando l'attenzione dell'amico.
Luke annuì e osservò per un'ultima volta il suo riflesso nello specchio, prima di precipitarsi verso la porta.


-La musica è troppo forte, non riesco a sentirti- urlò Michael, avvicinandosi a Luke.
I due ragazzi erano arrivati alla festa intorno le 22:20, stremati dalla fame e dal freddo pungente di quella sera.
Intorno a loro c'era moltissima gente, ed era quasi impossibile riuscire a muoversi. L'odore del fumo invase i sensi di Luke, facendolo tossire. Michael alzò gli occhi verso la folla, scrutando bene l'ambiente.
Casa Irwin era abbastanza grande, le pareti erano state verniciate da poco, il divano della cucina era occupato da cinque ragazze, e il pavimento era sporco di birra

-Spostiamoci verso il portone- suggerì Luke, afferrando il polso di Michael. La gente ballava a ritmo della musica assordante e tutto sembrava vibrare.
-Non ho ancora visto Calum- dichiarò il ragazzo, appostandosi vicino la porta. Guardò fuori, verso il giardino: c'erano ragazzi già ubriachi che ridevano, e altre ragazze che fumavano avidamente le loro sigarette. Luke assunse un'espressione di disgusto, e portò gli occhi su Michael.
-Lo so, c'è troppa confusione- disse quest'ultimo, girando la testa a destra e sinistra.
Luke osservava il suo migliore amico nella speranza di rilassarsi, e magari anche di divertirsi. Stranamente era più calmo quando c'era Michael.
 La confusione aumentava sempre di più, e fra la folla i due ragazzi individuarono Evan, un loro carissimo amico. Ma era già ubriacato e non si accorse della loro presenza.
Il silenzio fra di loro era imbarazzante in una festa del genere.
-Come va con Amelia?- chiese Michael, prendendo discorso.
-Male, non abbiamo chiarito. È ancora arrabbiata con me, lo so. Ma le ho lasciato dodici messaggi e non ha mai risposto-
Luke si avvicinò talmente tanto a Michael, da sentirne il respiro.
-È normale che Amelia sia arrabbiata con te, io ti avrei ucciso quando mi hai detto che volevi suicidarti-
Quella stanza troppo affollata dava la nausea, e Luke sospirò, incamminandosi verso la folla.
-Vado a prendere qualcosa da bere- annunciò, lasciando da solo Michael.
Cercò un bicchiere pulito e versò della vodka all'interno di esso. Voleva essere se stesso, per una volta.
Percepì il liquido freddo scivolargli in gola, e il sapore gli rimase sulle labbra.
-Luke- disse una voce fra la folla. Il ragazzo di girò, con ancora il bicchiere in mano, e perse il fiato.
-Calum, ciao-
La bellezza del ragazzo dinanzi a lui  lo sconvolse, tanto da provocargli del mal di testa.  
-Sono felice che tu sia venuto alla festa- sussurrò Calum, salutando alcuni ragazzi.
Luke annuì semplicemente e versò altra vodka nel bicchiere. Era a poca distanza da Calum Hood, il ragazzo che gli aveva salvato la vita.  
Un'insieme di emozioni lo travolse e si sentì in imbarazzo.
-Andiamo fuori?- chiese, senza guardare Calum negli occhi. Quest'ultimo non ebbe il tempo di dire nulla, e fu trascinato fra la folla da Luke.
In giardino stranamente c'era meno confusione, e la musica era meno assordante. Luke aveva perso di vista Michael, e si sentiva spaesato.
Calum era particolarmente ansioso, e, se avesse potuto, sarebbe sprofondato sotto terra per il troppo imbarazzo.
-Voglio solo chiarire con te- puntualizzò Luke, con un'espressione indecifrabile.
-Lo so, anch'io voglio chiarire. Se questa sera sei alla festa è solo merito di Ashton. È stato lui a dirmi di invitarti, davvero. E mi dispiace, ma ho dovuto dirgli tutto, perché ormai stavo male al solo pensiero-
Luke sentì una fitta al cuore: il suo peggior incubo era diventato realtà. Ashton Irwin sapeva tutto.
Cercò di dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì alcuna parola. Si morse violentemente il labbro inferiore, e i suoi occhi pieni di paura osservavano Calum.
-Mi dispiace, ma sono felice che tu stia bene- disse quest'ultimo, sorridendo.
Quel sorriso era come una pugnalata: provocava un dolore lancinante. Gli occhi di Calum erano lucidi e rossi, e le sue mani si muovevano velocemente.
Luke rimase in silenzio, con gli occhi rivolti verso la strada e le labbra che tremavano. Deglutì nervosamente e si allontanò.
-Okay, va tutto bene. Mi ha fatto piacere rivederti- disse, compiendo qualche passo.
Voleva andare più lontano possibile, voleva scomparire. Provava vergogna, rabbia e stanchezza. A stento riuscì a trattenere le lacrime, mentre pensava a Calum.
Lui era lì, fermo sul prato, circondato da ragazzi e ragazze. Il suo sguardo era fisso su Luke, sui suoi occhi. Quegli occhi azzurri, che alla luce fioca di quella sera apparivano grigi.
-Luke scusami, ti prego. Cerca di capirmi, Ashton è il mio migliore amico. Lui può mantenere quel segreto, anche se non ti conosce- la voce di Calum era simile ad una supplica, e si sentiva talmente stupido che voleva andarsene e dimenticare tutto. Strinse i suoi capelli in un pungo ed osservò intensamente il ragazzo dinanzi a lui, come si osserva la cosa più preziosa del mondo.
-Ci rivedremo- disse Luke, senza aggiungere nulla. E così stava nuovamente lasciando Calum da solo, proprio come quella fredda notte su quel ponte. Proprio quando voleva suicidarsi.
Luke voleva chiarire, ma si sentiva tradito e deluso. Voleva abbracciare Calum, nonostante non fossero amici. Voleva sentire il calore di qualcuno, provare nuove emozioni. Forse perché era semplicemente attratto, o perché la vodka che era in circolo nel suo corpo lo stava stordendo. Il ragazzo che gli aveva salvato la vita era dietro di lui, nel più completo silenzio.
E nonostante tutto, Luke avrebbe voluto dire soltanto un'altra cosa a Calum: “Resta con me, perché mi hai salvato la vita, ed io ho bisogno di te”.




Finalmente eccomi qui!
E credetemi, non è stato facile scrivere questo capitolo. È comparso Michael e la storia si fa sempre più complicata, anche perché Luke e Calum non hanno ancora chiarito.
Comunque, vi chiedo scusa per il ritardo, e spero che anche questo capitolo possa essere stato di vostro gradimento :)
I miei adorati cake ci accompagneranno per molto altro tempo.
E vorrei ringraziare chi ha messo fra le preferite/seguite/ricordate questa storia. Un ringraziamento va anche anche alle ragazze che lasciano delle recensioni, davvero grazie <3
Non so quando posterò il prossimo capitolo, perché fra la scuola e i vari impegni non è facile.
Perciò, vi mando un bacio e ci vediamo alla prossima!

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