Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: merak23    24/09/2014    1 recensioni
Chi meglio potrebbe descrivere Oberyn Martell se non le madri delle sue figlie? In questa storia, divisa in tanti capitoli quanti le figlie, capirete come appariva Oberyn alle sue varie concubine, e di come lui le abbia sedotte, una ad una, lasciandole tutte in dolce attesa...
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oberyn Martell
Note: Lemon, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La septa
 
Svegliarsi. Pregare. Aiutare al tempio. Pregare. Pranzare. Pregare. Raccogliere le offerte. Pregare. Cenare. Pregare. Andare a dormire. Ripetere.
Questo era il ciclo della giornata di septa Elinor. Un tremendo ripetersi di attività a lei stupide e inutili. Odiava quella vita e di certo non se l’era scelta lei. Era la nona figlia di una piccola famiglia nobiliare, e mentre le altre sorelle erano state destinate a diventare mogli di altri giovani lord, per lei era stata scelta la vita da septa. Quando il padre le disse che l’avrebbe confinata al tempio dei sette sul Mander, Elinor andò su tutte le furie. Aveva sempre odiato pregare e soprattutto credere. Insomma, se davvero ci fossero stati i Sette nell’alto di lassù probabilmente avrebbero ascoltato le sue prime vere preghiere quando chiese loro di risparmiarle quella vita di astensione dai vizi. Ma, ovviamente, non successe nulla, ed Elinor cominciò a credere agli dei, ma non a quelli misericordiosi descritti nella Stella a Sette Punte, bensì a degli esseri crudelmente sadici che godevano delle sofferenze delle vite degli uomini. Così, a soli dodici anni, prese le vesti bianche. Lei odiava quel colore immacolato, la faceva sembrare così… pura. Odiava tutto di quelle mura opprimenti costruite attorno a sé, che la separavano dal mondo intero. Odiava il padre e la famiglia intera per averla costretta a quella vita e odiava soprattutto quegli orribili cicli, che si ripetevano nella stessa maniera ogni giorno, e che l’avrebbero oppressa fino al giorno della sua morte.
Ma Elinor aveva trovato un modo per rendere un po’ più eccitanti le sue giornate…
 
Al tempio c’era un ragazzetto, non più di quindici anni, a cui era stata tagliata la lingua e fu costretto a lavorare nello stesso tempio in cui due anni prima venne sorpreso a rubare dalla cesta delle offerte. Un anno prima Elinor doveva rimanere di guardia all’altare del Guerriero, però quel giorno nessuno arrivò nella stanza, ed Elinor rimase sola con quel ragazzo, intento a spazzare i pavimenti. Era stufa di rimanere seduta a non far nulla, così si avvicinò al ragazzo e si mise a baciarlo, afferrando il suo cazzo con la mano, cercando di fargli capire quello che voleva. Così, sotto gli occhi del Guerriero, Elinor perse la sua verginità, con il ragazzo più brutto che avesse mai visto. La septa non dava importanza alla cosa, per lei le loro sveltine casuali al tempio erano un atto di liberazione e ribellione, l’unica cosa che non la faceva sentire così inutilmente costretta a risparmiarsi dai piaceri della vita. Nessuno li scoprì mai, tutti troppo vecchi e troppo ciechi per vedere cosa stava succedendo in quelle stesse mura. Elinor infatti, con i suoi diciannove anni, era la più giovane al tempio, escluso il ragazzo bruttino di cui non aveva mai sentito il nome. Al tempio lo si appellava semplicemente con ‘ragazzo’ o ‘ladro’. Da un po’ di giorni però Elinor si asteneva alle richieste del ragazzino muto, non perché non volesse più saziare i suoi appetiti, ma perché aveva trovato qualcuno più bello e disposto a scoparla senza curarsi delle conseguenze se li avessero scoperti, e per giunta era un principe…
 
Era arrivato circa un ciclo di luna fa, la prima volta che si incontrarono era una giornata torrida, ed Elinor era stata mandata al fiume per prendere dell’acqua. Ogni volta che la mandavano al Mander la ragazza approfittava per farsi un bagno nell’acqua fresca, e quel giorno Elinor ne aveva proprio bisogno. Arrivò sulla sponda, si tolse le odiate vesti e si immerse nel fiume.
Poco dopo sull’altra riva arrivò una figura in sella ad una cavallo. Un cavaliere, a giudicare dall’armatura che indossava. Sulla piastra pettorale presentava un sole rosso trafitto da una lancia in campo arancione. “Dorne” pensò Elinor, che riconobbe subito l’emblema. La ragazza infatti era stata costretta dal padre a studiare araldica nella sua breve e misera infanzia.
Il cavaliere sembrò notare la ragazza, con la sola testa emersa dall’acqua. Smontò dal cavallo e si avvicinò alle acque.
Era bello. Davvero bello. Alto, capelli neri come la barba e i baffi, e gli occhi azzurri, di una tonalità che Elinor non aveva mai visto prima d’allora. Il cavaliere sorrise maliziosamente alla ragazza.
“Gli piace quello che vede,” intuì lei “vediamo se gli piace anche questo…”
Elinor sorrise di rimando e, lentamente, si alzò in piedi. Il cavaliere ammirò interessato il modo in cui l’acqua scivolava sulle forme di lei. Rimase in piedi continuando a sorridere al giovane uomo. “Vediamo come reagisce ora”. La ragazza si voltò, raggiunse le vesti da septa e se le infilò. Una volta girata verso il dorniano questi si mise a ridere di gusto. Anche a Elinor sfuggì una risatina.
“Guardatemi, sono la septa puttana! Chissà cosa penseranno di me.” Ma a Elinor non interessava più di tanto. Raccolse il secchio pieno d’acqua, rivolse un ultimo sorriso al cavaliere e si diresse al tempio.
 
Arrivata a destinazione si accorse di non esserci arrivata da sola. Il cavaliere sembrava infatti essere tornato in sella e averla seguita. Elinor rimase piacevolmente colpita della cosa, così decise che magari poteva anche non andare in cerca del ragazzetto muto quel giorno. Ammiccò al dorniano per fargli capire che voleva farsi seguire ancora. Lo scortò fino alla sala della Vergine, che, come previsto, era deserta. Arrivato il cavaliere chiuse le porte, facendo attenzione a non essere vista da nessuno.
«Non m’importa quello che sei,» disse il cavaliere «sarebbe un crimine contro gli dei sprecare tutta questa bellezza»
Il cavaliere baciò la ragazza, la prese per i fianchi e la sollevò per portarla sull’altare. Elinor si fermò un attimo per osservare gli occhi dello straniero. La ragazza credeva di non aver mai visto nulla di più bello. Due distese azzurre, del colore di quelle acque lontane che Elinor aveva sentito solo in storia, la invitavano dolcemente con quei riflessi cangianti a tuffarcisi dentro, per poi annegare in quei dolci mari.
Una volta che ebbero finito di divertirsi, il cavaliere disse a Elinor che sarebbe rimasto nelle vicinanze del tempio per un po’ di tempo, e che sarebbe passato spesso a farle visita.
Elinor rimase stupita quando, il giovane, dopo aver finito un orgasmo le disse che era realmente un principe di Dorne. Quasi ogni volta dopo i loro incontri si raccontavano piccole parti della loro vita.
 
 
La statua della Vergine si ergeva solitaria nella stanza vuota. Elinor ed il principe si erano dati appuntamento nello stesso luogo della loro prima scopata per quella sera. Elinor lo attendeva seduta sull’altare. L’aria pesante era appestata dall’odore di cera e di incenso. Tutti, al tempio, erano andati a dormire, così, se anche i due amanti avessero fatto un po’ di rumore nessuno li avrebbe sentiti. Una porta, lontana, si chiuse con un piccolo tonfo. Elinor aveva lasciato aperta la porta sul retro dell’edificio per il principe. Poco dopo anche la porta della sala si aprì, lasciando entrare il dorniano. Elinor scese dall’altare e lui la raggiunse a passo svelto. Non si dissero nulla, i loro baci valevano più delle semplici parole. Le labbra di lui si chiusero avidamente su quelle di lei, le loro lingue si fusero in una sola, avvolgendosi e torcendosi prima nella bocca di uno, poi in quella dell’altro. Il principe infilò la sua mano destra sotto la veste di lei, alla ricerca dei seni. Giocò con i capezzoli mentre le loro bocche continuavano a esprimere la loro passione.
Elinor cominciò a slacciare i pantaloni di lui infilandoci poi una mano all’interno. Afferrò la sua virilità non del tutto eretta e cominciò a lavorarsela fra le dita.
Lui le sfilò la veste, e lei fece altrettanto con gli indumenti di lui, poi i due si issarono sull’altare e il principe la fece stendere. Il dorniano le baciò il collo, mordicchiando la sua pelle bianca. Elinor cominciò a gemere. Il principe scese a baciarle i seni, l’ombelico, poi si soffermò sul sesso. La sua lingua cominciò ad entrare in lei, leccando tutta la sua cavità.
La sua barba. Ogni volta che lui apriva la mascella per muovere la lingua, Elinor gemeva al contatto con la sua barba. Ogni volta che i suoi peli corti strusciavano di contropelo dentro di lei avvertiva un leggero dolore, come un lieve bruciore, ma che in fondo rendeva ancora più eccitante il momento.
Spostò la lingua sul clitoride, conciando a disegnare piccoli cerchi attorno ad esso, facendo sfuggire alla septa dei piccoli gridolini di piacere. Senza preavviso, il principe fece entrare in lei il suo indice destro, facendo increspare il corpo di Elinor. Lei tornò a stendersi afferrando con la mano sinistra il bordo dell’altare. La destra la mise sui capelli neri di lui, ancora intento a leccarla, afferrandoli, stringendoli, tirandoli dolcemente. Lui, divertito dell’orgasmo di lei, le infilò anche il medio, aumentando la spinta delle dita. Elinor incarnò ancora la schiena, lanciando un grido estasiato per un ultima volta, prima di venire copiosamente sulla faccia di lui. Il principe si staccò da lei e si concentrò sul suo entro coscia, dove era rimasto ancora un po’ del liquido di lei. Succhiò delicatamente la sua pelle, lasciandola leggermente arrossata quando si staccò. Il dorniano le rivolse uno sguardo, passandosi la lingua sulle labbra, sorridendo. Lei gli afferrò la faccia con entrambe le mani e la portò di fronte alla sua, cominciando a leccargli la punta dei baffi, ancora bagnati. Mentre con la mano sinistra avvolse il collo del principe, con la destra afferrò la sua virilità e lo condusse dentro di lei. Il principe cominciò a dare spinte, sempre più veloci, mentre con la bocca tornò a morderle e baciarle il collo. Elinor gli afferrò i glutei, ansimante, cercando di farlo entrare il più possibile in lei. Il principe continuò a spingere sempre più forte, fino a quando anche lui gridò e cominciò a rallentare.
Il dorniano uscì da lei e si stese al suo fianco. Elinor poggiò la testa sul suo petto, percependone il battito cardiaco, veloce e potente.
«Quando potremmo rivederci?» chiese lei.
«Non lo so» rispose lui.
«Mi prometti che ci rincontreremo?»
Lui le sorrise e le baciò la fronte, sussurrando: «E’ una promessa»
Elinor però non sapeva che si sarebbero rivisti solo tre anni dopo quella sera.
Dopo la nascita della piccola Tyene…
   
 
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