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Autore: Majakovskij    24/09/2014    1 recensioni
Premetto che non sono un grandissimo fan delle Fan Fiction. Scrivo questa solo per allenarmi nella scrittura di un romanzo mio.
La storia si ambienta nel futuro rispetto alla trama canonica Adventure Time: Finn è adulto e non vede suo fratello da anni. Il cane vive ormai in compagnia di Lady Iridella, mentre l'umano vive nel Regno di Fuoco, che però lascerà quando verrà a sapere della morte del Signor Maiale: allora si riunirà a Jake, alla ricerca del Lich, primo sospettato. Non ci sono sottotrame romantiche, non fanno per me: se sei qui per vedere i risvolti della relazione tra Finn e la Principessa Fiamma puoi lasciar stare, non ne troverai.
Due indicazioni importanti: 1) Io Adventure Time lo guardo in americano e in contemporanea con l'America: ho iniziato a scrivere dopo aver visto la puntata "Something Big", così, se non sei già arrivato lì, non leggere questa storia, rischi degli spoiler (anche se in generale non credo ce ne saranno molti della sesta stagione);
2) Per lo stesso motivo, ho un po' di difficoltà con i nomi italiani. Li ho tradotti cercando sulla Wiki italiana e ho fatto quel che ho potuto.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finn, Jake, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. Davvero. Ho combattuto il Lich, più volte. Ho ucciso nemici che avevano le mani grandi quanto il mio braccio. Sono stato di fronte alle più grandi divinità, ho fronteggiato la morte a una gara di musica, ma nulla mi ha mai spaventato quanto questo: entrare nel regno della donna che una volta amavo, che forse amo ancora, per salvarla. O per ucciderla. Non lo so. E nel frattempo, scoprire che fine ha fatto il Maggiormenta.

La città, già da fuori, è molto diversa da come era una volta: ricostruita da capo. I Guardiani Portagomme sono scomparsi, e le mura sono molto basse. No, non è questa la città che conoscevo io: non ci sono più i vialetti di selciato, le casette, i dolciumi in terra. Ci sono palazzi. Alti. Rattleballs aveva ragione: questa città urla “moltitudine”, “massa”. Non c'è più il posto allegro che conoscevo. Entriamo dall'entrata principale: non c'è nessuno a fare da guardia. Ci sono così tante cose nuove... vorrei additarle tutte a Jake, ma mi mancano le parole. In cielo ci sono degli aerei. Molti. Volano diligentemente lungo il confine della città, probabilmente sono di ricognizione. Ricordo quando Bonnie, felicissima, mi fece vedere il primo prototipo di aereo che aveva costruito. Ma era grosso e impacciato, volava lentamente, e consumava carburante come se ne fosse ingordo. Questi aerei, invece... sono agili e veloci. Mi viene da sorridere. Brava Bonnie, sei riuscita a fare quello che volevi fare. Jake mi tira la barba. Lo guardo, e lui in silenzio indica avanti. Alzo lo sguardo. Dolcibotti, con aria sconvolta, con dei telefoni in mano, ci fissano dissimulando la loro attenzione. Realizzo solo allora, abbiamo fatto un grosso errore nell'entrare così, con assoluta nonchalance. Come se niente fosse, senza nemmeno camuffarci! Guardo verso le porte della città: sono piene di telecamere. Ecco perché non c'erano guardie. Oh Glob, siamo stati così stupidi.

Il cancello si chiude, la gente inizia a fuggire, e in un attimo siamo circondati di guardie. Per un secondo rimpiango le vecchie guardie banana, dalle quale fuggire sarebbe state semplicissimo. E invece attorno a noi ci sono guardie ananas. Sono massicce, corazzate, hanno le facce cattive. Le vecchie lance delle guardie banana sono state rimpiazzate da fucili bianchi e rossi. Vedo Jake che si prepara a lottare: -Lascia stare, è inutile. Sono troppi, e sono armati. Non opporre resistenza.

-Che diamine dici, Finn?

-Fidati. Se lottiamo ci ammazzano. Se non lottiamo ci ammazzano dopo. Almeno avremo il tempo di vedere il Maggiormenta e magari potremmo anche trovare una soluzione.

Quattro guardie si avvicinano. Due puntano i fucili rispettivamente contro me e Jake, le altre ci ammanettano. Jake urla: -Fermi! Non capite! Siamo amici della principessa Gommarosa! Portateci da lei, non potete arrestarci come criminali comuni! Siamo amici della principessa!

Le guardie sghignazzano e ci deridono: -Ahahah! Amici della Regina! Siete solo pattume. I dolcibotti non legano con la carne.

Jake ammutolisce, e noi veniamo condotti (meglio dire spintonati) verso un furgone. Il retro si divide in quattro piccole celle: per primo Jake viene incatenato in quella più a destra, poi io in quella a sinistra. Ho pochissima libertà di movimento, essendo lo spazio stretto e la catena decisamente corta. Come se non bastasse, manca qualsiasi fonte di illuminazione, e ovviamente non posso guardare fuori. Devo concentrarmi per capire dove stiamo andando. Sarà utile per fuggire. Li sento girare a destra, poi a sinistra, proseguiamo dritto a lungo, altre curve, così che dopo una buona mezz'ora perdo il conto degli spostamenti. Perfetto, mi sono perso.

Dopo un tempo indefinibile il furgone si ferma. Senza che nessuno parli le porte si aprono, e la luce mi ferisce gli occhi, mentre una guardia mi slega e mi conduce verso l'entrata principale. Mi aspettavo che ci avrebbero portati nelle segrete del castello di Bonnibel, ma sono stato un ingenuo. In mezzo a tutta questa tecnologia, il castello sarà anche stato smantellato. Le spade sguainate, le guardie ci fanno segno di entrare. Mi chiedo se siano in grado di parlare. Nella sala principale ci sono un semplice tavolo, un distributore di merendine e bibite e alcune sedie dall'aspetto estremamente scomodo. Ci troviamo in mezzo a un gruppo di criminali che devono essere condotti nelle loro prigioni, a quanto pare. Una parte di me, il guerriero, è affascinata: queste guardie sembrano essere macchine di guerra, coraggiose quanto efficienti; lo stratega che è in me guarda ammirato la struttura della prigione: ananas ovunque, e dalla sala principale si diramano cinque corridoi, per non parlare di diverse scale che portano su e giù. Questo luogo sembra un labirinto, e se anche qualcuno riuscisse a fuggire dalla propria cella, troverebbe difficilissimo scappare. Accompagnati da loro, prendiamo uno dei corridoi. Alcuni carcerati vengono condotti negli altri corridoi, altri giù per le scale. Studio con attenzione il luogo: non vedo punto di riferimento alcuno. I corridoi si alternano a stanze delle guardie, e ogni stanza è uguale alla stanza principale, persino nei distributori ci sono sempre le stesse identiche merendine, nella stessa quantità: questo luogo è progettato per confondere chi non lo conosce alla perfezione. So che la situazione è tragica, ma mi viene da sorridere: mi piacerebbe davvero tanto, lavorare qui dentro.

Io sono il primo a trovare alloggio: vengo malamente buttato, d'improvviso, dentro una cella. A malapena mi accorgo del fatto che prima di gettarmi mi hanno tolto le manette. Poi se ne vanno, conducendo Jake e un altro prigioniero. Lasciano la porta aperta. Possibile che io sia stato così fortunato e loro così stupidi? Aspetto che siano lontani, poi mi alzo e faccio per uscire, ma il mio viso sbatte contro il nulla. Fantastico: chiudono i prigionieri con dei campi di energia. Guardo gli altri corridoi e noto che anche le altre stanze sono, invariabilmente, aperte.

Passo la mano su tutta la superficie del campo, cercando un punto debole, una falla nella struttura, ma non trovo niente. Allora passo al setaccio le altre pareti cercando il meccanismo di attivazione. Ovviamente non è dentro la cella, me lo aspettavo, ma un tentativo bisognava pur farlo. Guardo fuori, sulla parete di fronte a me, cercando i meccanismi di attivazione delle altre celle. Niente. Allora mi inginocchio in terra, a un centimetro dal campo di forza, attendendo qualcosa. Riflettendo. Sperando di percepire il punto debole di questo luogo. Dopo più di mezz'ora vedo le guardie tornare indietro. Mi superano, mentre io urlo che devo vedere il Maggiormenta. Mi guardano, senza rispondere. Passano altre ore. Non ho idea di cosa fare, e ogni secondo che perdo qui è un secondo in meno che ho per salvare Jake. Dannazione. Quando arriva l'ora di pranzo, le guardie si presentano con dei vassoi di cibo. Non è possibile uscire di qui nemmeno per mangiare, diamine. Però noto che i vassoi vengono poggiati in terra senza problemi, all'interno delle celle. Pensando abbiano disattivato i campi di forza, provo a schizzare in avanti: sbatto. Il mio vassoio viene poggiato davanti alla “porta” e strusciato in avanti. Allora provo a passare la mano nel punto il cui il vassoio ha attraversato il campo di forza, ma ancora niente. Mangio, recupero forze, rifletto.

Quando sto per perdere le speranze e lasciarmi morire in terra arrivano due guardie ananas. Entrano nella mia stanza, la prima tiene in mano dei moduli, la seconda mi ammanetta. Sono entrate senza problemi. Formiamo una fila indiana, io al centro. La prima guardia si pone di fronte all'uscita e impartisce un ordine che non capisco. Poi riprende a camminare, io dietro, e in fondo il secondo ananas. Passiamo attraverso il campo come non ci fosse.

Questa volta camminiamo molto meno: dopo pochi minuti siamo finalmente in una sala diversa da tutte le altre. Stretta e bassa, ci sono solamente un tavolo di metallo e due sedie. Suppongo debbano interrogarmi.

Mi fanno sedere, mi ammanettano al tavolo e mi lasciano lì da solo. A modo suo anche questa è una forma di tortura: prendono i prigionieri per esasperazione. Dopo quasi quaranta minuti che aspetto in silenzio entra nella stanza un dolcibotto estremamente alto, tanto che deve chinarsi per passare attraverso la porta. Mi guarda senza salutare e prende posto di fronte a me. Sembra una pulce: mentre il corpo è piccolo e tondo, gli arti sono tanto lunghi quanto sottili. Un piccolo verme gli esce dal taschino. Ci fissiamo per un tempo che sembra interminabile. Poi finalmente proferisce parola: -Nome.- Lo dice così, come se nemmeno fosse una domanda. Con il tono duro e meccanico di chi è abituato a interrogare.

-Finn.

-Cognome.

-Non porto un cognome.

-Sa perché è qui.

-Probabilmente perché non sono un dolce.

-Sì. Secondo la legge della Repubblica Militare di Dolcelandia lei è un prigioniero con l'accusa di essere di razza inferiore e di aver fatto accesso nel quinto regno della Morte e nella Nottesfera. Conosce i suoi diritti?

Oh, bene. Razza inferiore? Repubblica Militare? Questo è troppo. Riderei, se non fossi troppo spaventato nel sapere che conoscono i miei spostamenti. -No, non conosco i miei diritti.

-Come essere di razza inferiore, lei non ha alcun diritto se non con una riserva speciale della Regina Gommarosa. Non ha diritto a un avvocato. Non ha diritti sulla sua vita. Non ha diritto di scegliere quando e come morire. Non ha diritto di protestare nel caso venisse scelto come candidato per eventuali esperimenti scientifici. Non-

-Non faresti prima a dirmi quali diritti ho?- Avrei dovuto stare zitto. Questa pulce ha il coltello dalla parte del manico. Ma tanto non ho probabilmente molto da vivere in ogni caso, quindi tanto vale dare il peggio di me: -Tra l'altro, ho una curiosità: se io sono di razza inferiore, tu cosa saresti? Sembri una pulce.

-Ripeto: non ha diritto alcuno.

Non si lascia irritare. Meglio, da un lato.

-Ho diritto almeno a ricevere una visita?

-No.

-Ti prego. È un messaggio di vita o di morte, che devo consegnare personalmente.

-La richiesta è negata. Ora si limiti a rispondere alle domande. Per quale motivo si è recato nella Repubblica Militare di Dolcelandia?

-Per un messaggio di vita o di morte. Che devo consegnare personalmente.

-Che messaggio?

-Sono affari privati.

-A chi va consegnato?

-Al Maggiormenta.

Continua a interrogarmi per parecchio. Con domande del tutto inutili, alcune divertenti, altre che non hanno senso. Ma dopotutto, da una pulce che si finge un dolce e che trova normale il fatto che una repubblica sia guidata da una regina, cosa posso aspettarmi?

Alla fine si alza e se ne va. Io mi trovo di nuovo solo, incatenato, stanco, e inizio anche a aver fame. Quella cosa che mi hanno portato a difficoltà poteva esser definita “pranzo”. Mi guardo intorno: la stanza ha pareti lisce, il tavolo è fissato al pavimento, così come la sedia. C'è poco da fare, non trovo modi per fuggire. Le manette sono strettissime e non vedo nemmeno una loro eventuale serratura. Di bene in meglio. Inizio a convincermi di essere stato dimenticato qui quando finalmente la pulce torna. Nuovamente siede di fronte a me: questa volta il tono è più garbato: -Ho discusso del suo caso con il capitano delle guardie. Le è stata concessa una visita del cittadino Maggiormenta, alle condizioni che non siate mai lasciati soli nella stanza; il colloquio non potrà durare più di dieci minuti; l'intero colloquio sarà registrato; se dal colloquio risultasse qualcosa di illegale, lei e il cittadino Maggiormenta potrete essere giustiziati sul posto, a discrezione delle guardie. Domande?

-No, tutto chiaro. Quando avverrà il colloquio?

-Se il cittadino Maggiormenta accetterà di visitarla, il colloquio avverrà entro tre ore.

Bene. Alla fine sono riuscito a ottenere ciò che desidero. Mentre le guardie mi portano indietro alla mia cella, continuo a guardare i corridoi. Sono stato così stupido! Potrei provare a fuggire di qui ricorrendo a un varco per il regno della morte. Tenterò non appena avrò parlato con il Maggiormenta.

   
 
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