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Autore: A Swiftie Life    24/09/2014    4 recensioni
California è una ragazza davvero particolare. E’ bella, con due occhi azzurri, capelli color dell’oro e un carattere espansivo. Una vera bambolina; che non fa fatica ad attirare molta attenzione nel gruppo del suo migliore amico Rich, composto da Calum, Michael, Ashton e Luke. Non se ne cura molto, se non fosse per il fatto che quel maledetto Hemmings, che ha completamente e pericolosamente attratto Cali, non la degnasse nemmeno di uno sguardo. Presa da improvvise (e comiche) ansie da sedicenne depressa e pazzamente infatuata, decide di conquistare a modo suo l’impermeabile cuore di Luke.
Discussioni, feste, alcol, tanti amici, situazioni spaventosamente coincidenti e imbarazzanti.
California Pierce. Luke Hemmings.
Che il gioco abbia inizio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II.


Il modo più raccapricciante per cominciare la settimana scolastica è ritrovarsi l’ora di quella prostituta della Dawson alla prima. Può sembrare una cosa idiota, ma per me è da suicidio.
Come prima cosa, entra in classe con quel suo corpicino da donna ventenne non sposata, senza figli e con un lavoro indecente per la sua faccia. La cosa più strabiliante è che Jenna Dawson non è una ventenne, ma i suoi anni sono avviati verso i sessanta. Già. 
Per questo la prima volta che la vidi fu veramente traumatico. Tolgo la mano a pungo da sotto il mento mentre guardo la mia professoressa di algebra e biologia (purtroppo) vaneggiare alla lavagna con la sua solita parlantina flash. Il suo modo di spiegare è questo: scrive un esercizio alla lavagna, lo risolve in 0.0000000000001 secondi e lo cancella non dando il tempo nemmeno di prendere la penna per appuntare. Indovinate? E’ anche bionda! La mia scuola è un buco di battone bionde, solo io e la mia ingenua testa gialla ci salviamo.
Distolgo lo sguardo da quella troietta che sbatte il suo sedere in faccia a Rich, che sta al primo banco, e lo porto sulla mia manicure. 
Non riesco a seguire questa lezione, e l’unica cosa a cui sto pensando è che voglio tornare a casa e sprofondare nel tepore delle mie lenzuola.
Vedo un altro amico di Rich, Tyler, seduto al primo banco vicino al mio migliore amico, che mi lancia un’occhiata divertita per poi iniziare a picchiettare la matita sul banco.
Lo guardo interrogativa, alzando un sopracciglio. Ma ritorno a contemplare le mie unghie laccate di rosso.
Ho la mente troppo affollata per dedicare i miei pensieri a quel moretto con gli occhi verdi. 
«Pierce, ha capito cos’ho appena detto?» pronuncia la voce di Jenna-sono-una-sessantenne-con-facebook. Alzo lo sguardo, annoiata.
Noto che non è arrabbiata, ovvero non ha i suoi canini da vampiro esposti e il registro a mo’ di freesby per lanciarmelo addosso, ma è semplicemente neutra. Cerco di sembrare calma e pacata, per cui apro un po’ più gli occhi socchiusi e annuisco vivacemente col capo. 
Ottengo uno sguardo soddisfatto da parte sua. Che abbia scoperto gli antidepressivi?
Comunque, do un’occhiata veloce al cellulare che ho nascosto nell’astuccio e noto tristemente che sono passati solo dieci minuti dall’inizio della lezione. Lascio andare la schiena contro lo schienale di metallo della sedia. 
Non faccio caso al rumore che echeggia nella classe qualche secondo dopo. Sarà sicuramente il bidello Geronimo, cinquantenne e obeso, che spalanca la porta dell’aula col solito affanno per aver fatto due passi senza l’aiuto di una sedia girevole con le rotelle e si lamenta del fatto che noi ragazze fumiamo nei bagni della scuola.
Macché, non ci riduciamo a questo per fumare una sigaretta. Io ad esempio mi affaccio dalla finestra della classe per farlo.
Scherzo, io non fumo in classe. E neanche a scuola. E neanche a casa. E neanche da qualche altra parte.
Diciamo che ho un certo terrore di fare un tiro e affogarmi con la mia stessa lingua, dato che non sono molto abile nell’arte di fumare solo per finire sul giornalino della scuola.
La voce della Dawson mi distrae dal mio flusso di pensieri. 
Quando alzo lo sguardo noto che è effettivamente il nostro caro Geronimo, ansimante e sudato come al solito, con un foglio bianco in mano e un’espressione scocciata.
«Buongiorno, professoressa Dawson. Ho accompagnato il ragazzo che ha cambiato corso, ehm…» si sporge verso l’uscio e afferra qualcosa. 
Quel qualcosa è la spalla di un ragazzo, che è stato quasi scaraventato all’interno dell’aula. Geronimo gli chiede qualcosa nell’orecchio per poi annuire.
«Hemmings» annuncia dopo aver ascoltato la risposta. Alzo di scatto il volto che avevo abbassato per totale disinteressamento, quasi sento che le vertebre della mia schiena si sono staccate e stanno ballando la macarena. Il mio cuore fa un balzo quando riconosco i suoi capelli biondi sparati in aria così perfettamente e i suoi bellissimi occhi perlustrare la zona seccamente. 
La Dawson lo squadra dalla testa ai piedi, togliendo gli occhiali da troia vista dal naso. Si avvicina a lui mentre Geronimo le consegna la circolare che deve firmare per l'ammissione al corso. Mentre la prof è impegnata e tutta la classe è piombata in un silenzio tombale (cosa relativamente rara nell'ora di algebra/biologia), non posso fare a meno di osservare il profilo del ragazzo che è lì in piedi e che un mese fa era definito dal mio cervello “Hemmings l'asociale total black”. 
Ovviamente ho in serbo altri nomignoli per i componenti del gruppo, ovvero “Michael lo strambo”, “Clifford my little pony”, “Calum l'afgano”, e molti altri. Purtroppo l'ultimo non mi viene concesso di utilizzarlo in casa poiché mia sorella quindicenne Page è fortemente convinta che i tratti di Hood siano meravigliosamente asiatici, essendo nato però in Australia. Grazie a quella ragazzina conosco tutta l'anatomia di Calum Hood, la sua fedina penale, ergo la sua biografia e anche il giorno fisso in cui lava i capelli. Martedì. 
Sono talmente assorta dai miei pensieri folli, riguardanti quell'essere moro e la mia assurda e imbarazzante sorella, che non mi accorgo che il bidello ha già chiuso la porta facendola sbattere. 
Alzo gli occhi e vedo che quel drago viola aka Samara-tra-sette-giorni-morirai sta indicando con un ampio gesto del braccio l'aula. Corrugo la fronte nel tentativo di capire cosa sta blaterando. Quando vedo Hemmings camminare verso i nostri banchi disposti per due capisco che gli ha indicato di sedersi in uno di quelli vuoti. Con un sussulto mi accorgo che il banco affianco al mio è uno di quelli vuoti e subito lo stomaco mi si chiude. Probabilmente ho già la bava alla bocca, gli occhi spalancati e l’espressione di una in procinto di avere un attacco di diarrea. Se non avete capito la mia metafora, ho una faccia da censurare in questo momento, sul serio. Cerco di non guardare la scena di lui, bellissimo anche se in total black, che cammina in modo figo verso la sua meta. 
Stringo gli occhi: ecco, tra poco lo sentirò accanto a me, aprirò gli occhi e vedrò il suo splendido sorriso. Mi porgerà una mano e dirà un molto sexy “Piacere, sono Luke”: dopo di che potremo sposarci e partire per la Grecia per la luna di miele. Apro solo un occhio, terrorizzata al pensiero che possa sul serio trovarsi affianco a me. Lo dicevo io che avrei dovuto frequentare quel corso di respirazione per donne incinte, nel periodo in cui mia zia Shelly aspettava la piccola Lexy. Mi ci aveva trascinato solo una volta, perché diceva che si sentiva idiota in mezzo a una decina di donne sovrappeso. 
Mi sarebbe d'aiuto in questo momento; ho dimenticato come si espira, e credo di non possedere la capacità dei detentori del record di rimanere in apnea per un'ora. Ovvero fino alla fine di questa straziante lezione. Sto ancora divagando con la mente, ma mi accorgo lo stesso che tra i due banchi vuoti che c'erano in classe (il mio e quello di Mary, un’altra in fissa col total black che io personalmente definisco “Bloody Mary”) lui sceglie proprio quello della emo-guardo-film-horror-e-la-notte-non-dormo. Ho un occhio aperto quaranta centimetri mentre l'altro è completamente chiuso. 
COSA?! 
Mi giro completamente verso di loro, in stile non-mi-faccio-notare. Il banco di Bloody Mary è all’ultima fila, e la vedo guardare con sufficienza quella fusione tra Brad Pitt, Matt Bomer e Johnny Depp, i miei idoli nonché uomini più belli sulla faccia della terra. Lui le lancia un’occhiatina, ma poi si concentra sul cellulare che inizia subito a maneggiare. Strabuzzo gli occhi: quella ragazza è completamente fuori. E non lo dico solo perché credo che io e Kirk siamo le uniche persone decenti in questa scuola, ma perché ha al suo fianco l’arcangelo Gabriele e non si degna neppure di guardarlo negli occhi. Non che io sappia se l’arcangelo Gabriele sia un figaccione paragonabile a Hemmings, ma il punto è quello.
«Bene Hemmings, ci vuole dire perché ha cambiato corso?» chiede amorevolmente la prof., sorridendo. Ho ancora gli occhi spalancati, ma riesco a girarmi nuovamente verso di loro, questa volta senza rischiare di spezzarmi la schiena. Luke mette il cellulare sotto il banco e allunga le gambe. Sono tentata dal chiedergli di rifarlo, perché è veramente sexy mentre allunga le gambe fasciate dagli skinny neri. 
«A quanto pare io e la Holmes non andavamo d’accordo» risponde lui pacato. Sento Richard e Tyler ridacchiare nella direzione dell’amico, che subito fa un sorrisino complice.
La Dawson arriccia il naso. «Sul serio? Qual era il problema?»
«Divergenze di opinioni, niente di eclatante» taglia corto infine, tirandosi con l’indice e il pollice quel fantastico piercing nero che ha al labbro. 
Mi volto mooolto lentamente verso la lavagna, cercando di non sembrare una maniaca con il mio sguardo poco formale. 
Quando la prof. riprende la sua spiegazione, cerco di seguire il più possibile. Ma è praticamente un’impresa da titani dal momento che la parte deficiente del mio cervello ha constatato che la presenza di Luke Hemmings in questa classe rende difficile anche la respirazione. 
«Pierce, le dispiacerebbe venire alla lavagna per risolvere questo esercizio?» domanda lei, con il gessetto in mano mentre fa segno di alzarmi e afferrarlo. 
Ora la parte intelligente del mio cervello mi ricorda che sono una schiappa in algebra e che farò una figura di merda apocalittica non solo davanti a tutta la classe, ma davanti a lui.
Mi muovo a disagio sulla sedia. «Veramente mi dispiac-»
«Venga
Sbuffando impercettibilmente mi alzo per afferrare quel gesso bianco dalle sue mani (che sicuramente afferrano cose più grandi). Mi piazzo davanti alla lavagna nel tentativo di capire cos’è quel segno che somiglia vagamente ad un triangolo e cosa c’azzecca una y tra tutti quei numeri. 
Lancio un’occhiata a Rich, la cui innata indole di matematico potrebbe essermi utile in questo momento. Nella speranza che possa suggerirmi qualcosa, gesticolo senza farmi notare dalla prof., fino a quando lui non si accorge del mio SOS e annuisce. Inizia a dettarmi il procedimento dell’esercizio sottovoce ma, grazie stavolta alla mia rarissima abilità di percepire anche il suggerimento più silenzioso, riesco a concluderlo in fretta. Mi giro verso il resto degli alunni, notando che, chi attentamente, chi distrattamente, mi sta fissando. Tranne uno.
Sta disegnando ghirigori sul banco con la punta del dito, completamente e malvagiamente disinteressato. 
Ma perché non mi guarda? Nemmeno un’occhiatina lanciata di sfuggita, un dito medio, uno sguardo di disgusto, qualcosa!
Mi sento così idiota.
Dopo aver ricevuto un sorriso soddisfatto da parte della professoressa ritorno al mio posto a grandi falcate. 
Ho il morale a terra da giorni, persino Slav si è accorta che sto soffrendo. E la domanda che mi sorge spontanea è questa: perché? Perché mi comporto come una depressa socialmente apatica in stile Hemmings? Dev’essere colpa sua, con tutta quella sua stramaledetta indifferenza. Almeno nei miei confronti. 
E la cosa più scomoda, è che non capisco cos’ho di male. Non so, forse quando mi ha vista per la prima volta mi stava colando il naso, o gli ho bestemmiato in faccia senza neppure conoscerlo, o gli ho investito il cane con il mio imbarazzante maggiolino. 
Non capisco davvero. 
Sento gli occhi pizzicarmi: ora, non pensate a me come una che incassa tutto facendo finta di niente, anzi. Semplicemente è così frustrante il fatto che i suoi amici mi trovino “carina”, mentre lui non mi guarda neanche in faccia. Un momento…
Ma io non so ancora quello che lui dice su di me nel gruppetto!
Volto il capo istintivamente verso Rich. Lo sorprendo mentre sta già guardando nella mia direzione, e gli faccio segno che dopo avremmo parlato.
Annuisce con un ghigno divertito per poi continuare a seguire la lezione.
Qualcosa mi dice che scoprirò un bel po’ di cose sul biondino di nome Luke.

 
***


Infilo la chiave della macchina nella toppa per poi girare e aprire lo sportello. Un grido alquanto stridulo e fastidioso riempie le mie orecchie, ma lo ignoro.
Sistemo i libri tra le mie braccia mentre cerco di poggiare lo zaino sul sedile dell’auto. Auto si fa per dire; trappola di ferro è più specifico.
«Cali!» urla Slav dietro di me, facendomi sobbalzare, con il risultato che i libri e gli appunti che prima avevo in mano cadono per terra. Inspiro molto lentamente e cerco di ricordare che non voglio finire in un riformatorio femminile dove degli idioti costringono pazze isteriche ad indossare un’orrenda tuta grigia e attribuiscono la loro rabbia repressa a dei problemi familiari. Beh, la rabbia repressa ce l’ho, ma purtroppo non posso sfogarla su Slav tutti i santi giorni. Per rispetto delle mie mani che entrano a contatto con la sua ehm… pelle profanata.
Quindi mi limito ad abbassarmi per raccogliere le mie cose, maledicendo tutti questi capelli biondi che mi coprono gli occhi. Li mando indietro con uno scatto della mano e alzo il busto.
Guardo la bionda di fronte a me seccata. «Qual buon vento, Slav?» 
Scuote leggermente il sedere facendo sventolare la gonna, segno che è entusiasta di quello che sta per dire. «Torno a casa con te» annuncia sghignazzante mentre fa il giro della macchina per raggiungere il posto del passeggero. Reprimo l’istinto di far cadere di nuovo i libri.
Con uno sbuffo entro, chiudendo lo sportello alla mia sinistra. Accendendo il motore penso che non ho visto nemmeno di sfuggita Rich dopo l’ora di algebra. L’ho cercato dappertutto alla fine delle lezioni; neanche durante l’intervallo si è fatto vedere. 
Slav mette i piedi sul cruscotto e prende un pacco di sigarette estraendone una.
«Prova solo ad accendere quella sigaretta nella mia macchina e giuro che qualcosa prenderà fuoco comunque» la avverto ingranando la marcia. Lei sbuffa e rimette la sigaretta nel pacchetto. Sì, lei è una di quelle che ha imparato a fumare a dodici anni solo per farsi notare dai ragazzi. Ma questo non è un motivo valido per farmi intossicare.
Sa che se mi disobbedisce la sua faccina verrà sbattuta contro il vetro, quindi non prova nemmeno a contrariarmi.
Il viaggio è più che silenzioso (se per silenzio si intende una furiosa California che preme il clacson contro un idiota che le ha tagliato la strada). Fermo il maggiolino sotto casa di Slav.
«Aspetta qui» dice uscendo di fretta dall’auto per entrare in casa sua. 
Passano minuti, ore, anni, secoli, e Slav ancora non c’è. Potrei crepare.
Quando ritorna ha in mano un borsone gigante che carica nel cofano. Ho la mascella che ha raggiunto la Cina.
«Si può sapere cosa diavolo stai facendo?» chiedo alquanto stridula una volta che lei si è seduta in macchina. 
Mi sorride vittoriosa. «Non lo sai? I miei sono in Nebraska dai miei zii, quindi rimango da te per due settimane» spiega allegra. 
Oh, porca vacca.











SIMMER DOWN, SIMMER DOWN!

Loool, ben trovate ragazze! So, eccomi qui, scusate per l'attesa ma la scuola è una tortura.
Comos vas(?).
C'è una cosa che ho dimenticato di dirvi, anche se è praticamente irrilevante, è giusto per informarvi.
Questa storia è tratta da un episodio reale, ergo qualcosa che sta succedendo a me in questo periodo.
Ovviamente l'unica sfigata a cui poteva capitare una cosa del genere potevo essere solo io, no?
Quindi, immaginate California nei miei panni. Poverina, eh? 
Luke che non la caga di striscio e i suoi amici che le sbavano dietro. Ennò, non ci siamo.
Ma vabè, afferrato questo, passiamo ad altro.
Ieri è stato il mio compleanno, yee. Anche questo è irrilevante, ma vabbè.
Avevo intenzione di postare ieri ma ho studiato fino a tardi e il capitolo non era ancora pronto del tutto, sooo... niente ahaha
Dedico questo capitolo a Laura che lo aspettava con ansia e bulabulabula. Saluto tiedyemichael, spero che possa passare di qui <3
Sentite, corro perché devo andare a lavarmi i capelli ed è già tardissimos.
Baci!

p.s. aggiorno a 3 recensioni!
p.p.s. vi avevo detto che avrei messo una descrizione di Cali, sorry ma il 2° doveva essere così muahah

Au.



  
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