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Autore: Inathia Len    26/09/2014    8 recensioni
E se la storia della Bella e la Bestia non fosse come ve l'hanno sempre raccontata? E se i protagonisti fossero altri?
Leggete di John, che sacrificò se stesso per salvare la sorella Harry, ma finì col trovare l'amore.
Leggete di Sherlock, del principe senza cuore che la fata Irene trasformò in una Bestia orrenda e che riuscì a redimersi grazie all'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Together




Sherlock aveva fatto del suo meglio per indossare la camicia, quella sera, ma nessuna sembrava andargli bene, così ne aveva indossato una di quelle vecchie, che si era strappata sulla schiena, e poi aveva rimesso il solito mantello, per coprire lo squarcio. Quando aveva sentito il tessuto cedere, avrebbe voluto seppellirsi, ma gli bastò ripensare a quel pomeriggio paradossalmente normale e divertente per riprendersi.

Aveva fatto addobbare al meglio la sala da pranzo e sapeva di aver esagerato, ma John, in qualche modo, era riuscito a risvegliare il suo lato umano dopo tanto tempo. E così la sala era come illuminata a giorno dal grande candelabro, i piatti di porcellana erano stati puliti così tanto che ci si poteva specchiare e le posate brillavano, per non parlare dei bicchieri.

-Verrà, non è vero?- borbottò a un certo punto, mentre Mycroft gli aggiustava il colletto della camicia, l'unico che potesse davvero aiutarlo. Lestrade gli avrebbe dato fuoco e la signora Hudson, Molly e Clara non avevano più nemmeno l'ombra delle mani.

-Stia tranquillo e si rilassi- lo confortò la pendola.

-L'ultima volta non ha funzionato- lo rimbeccò Sherlock.

-L'ultima volta non gli aveva appena salvato la vita.-

-E se venisse solo per quello, perché si vuole sdebitare?-

-Avete trascorso un bellissimo pomeriggio insieme. Quello non l'ha fatto di certo perché si sentiva in debito- gli ricordò la signora Hudson, mentre controllava per l'ennesima volta che tutto fosse impeccabile.

-E non dimentichi che è salito prima per prepararsi. Evidentemente ci tiene a fare una bella figura- aggiunse Lestrade, accendendo le ultime candele.

-Voi dite?- chiese Sherlock, che seduto a tavola giocherellava con le posate, facendole tintinnare contro il bicchiere.

Ma i quattro non fecero in tempo a rispondergli che la porta si aprì piano e la testa di John -meno arruffata del solito, doveva essersi pettinato- fece capolino.

-E' qui la festa?- domandò, ridendo da solo alla sua battuta e sedendosi a capotavola, di fronte all'altro.

-Credevo non saresti venuto- ammise Sherlock, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Molly. -Ma sono felice che tu sia qui- aggiunse, forse un po' troppo piano perché John potesse sentirlo e tutti i servitori alzarono gli occhi al cielo. Di quel passo, sarebbero morti di vecchiaia prima che la maledizione fosse stata spezzata.

La cena, comunque, procedette senza intoppi fino al dessert. Non parlarono molto, perché John era davvero molto affamato, non avendo toccato cibo dalla sera precedente, Sherlock perché non aveva idea di come iniziare una conversazione civile con chi non era un suo servitore.

-Tutto ottimo- disse a un certo punto John, togliendolo dall'imbarazzo. -Hai cucinato tu anche adesso?- chiese e sembrava davvero interessato.

-No, è opera di Angelo, il cuoco. Ma riferirò i complimenti- rispose, il tono più civile possibile. Poi tornò a curvarsi sul piatto e a mangiare rumorosamente il dolce.

-E cosa fai di solito, qui? A parte semi-rapire la gente e poi salvarla dai lupi, intendo- insistette John, che, a quanto pareva, i bicchieri in più di vino avevano reso più loquace del solito.

-Non granché- borbottò.

-Il principe è un appassionato di chimica- intervenne Lestrade, lanciando un'occhiataccia a Sherlock, che reagì con un grugnito davvero poco elegante.

-E così il principe gioca al piccolo chimico- rise John, versandosi altro vino rosso. -E fai anche degli esprimenti? Io li amo, amo aggiungere una cosa qua, alzare il fuoco qua, girare, travasare... lo trovo davvero divertente! Ma non mi si deve chiedere cosa sto facendo, perché non ne avrei la più pallida idea. Mi piace la parte pratica, ecco.-

-Al momento sto analizzando la diversa coagulazione della saliva post mortem negli animali e nell'uomo. Ho qualche testa giù nella ghiacciaia...-

-Sembra molto interessante- lo interruppe John, prima che Sherlock proponesse un'inquietante ed imbarazzante gita nei freezer di palazzo. -E davvero non voglio sapere di chi fosse la testa.-

-Apparteneva a un...-

-No, davvero, sono a posto così. Vino?- chiese, allungandogli la bottiglia. Ne versò mezzo bicchiere e poi aspettò che bevesse. Fino a quel momento lo aveva visto perdere il controllo per colpa dell'ira. Ora, voleva vedere cosa combinava sotto l'effetto dell'alcol.

-Allevo anche api- disse a un certo punto Sherlock. -E sono un appassionato di delitti, di casi irrisolti.-

-Entri dentro le menti dei criminali. Chissà perché, ma non sono sorpreso- commentò John, ma stava sorridendo.

E Sherlock si lasciò andare al primo e vero sorriso in tutta la serata.

 

 

 

 

 

Qualche pomeriggio più tardi, Sherlock venne a bussare alla sua porta che stava rileggendo, per l'ennesima volta, il suo romanzo preferito, copia che aveva trovato sul comodino dopo averne accennato distrattamente a tavola, la sera prima.

-Salve, raggio di sole- lo prese in giro John, in maniche di camicia e i capelli arruffati. -Oggi bussi?-

-Piaciuto il libro?- chiese Sherlock saltando, come sempre, i convenevoli.

-Molto. E' il mio preferito, potrei rileggerlo una volta terminatolo e trovarlo comunque appassionante- commentò, scrollando le spalle. -Hai bisogno?-

-Di che parla?-

John lo guardò sorridendo.

-Vuoi entrare?- domandò, indicando il divanetto davanti al camino di camera sua. Sherlock sbarrò gli occhi.

-OK, forse no. Magari un altro giorno. Avevi bisogno?-

-Perché?- fece Sherlock, confuso. -Cosa te lo fa credere?-

-Hai bussato alla mia porta.-

-Oh. Giusto. In realtà no, non ho bisogno di niente. Tu?-

-Sto bene, grazie- disse John, facendo per richiudere, ma Sherlock infilò una zampa in mezzo.

-Questa notte ha nevicato.-

-Stiamo seriamente facendo conversazione sul tempo in mezzo al corridoio, con la porta di camera mia mezza chiusa e la tua... ehm... il tuo piede che la blocca?- esclamò, sarcastico. Ma Sherlock sembrò non afferrarlo. -Sì, ho visto che ha nevicato. Per quello non sono uscito questa mattina, troppa neve che bloccava il vialetto...-

-L'ho fatta spalare- disse prontamente l'altro. -E mi chiedevo se...-

-Sì?-

-L'altro giorno, mi sei sembrato un pattinatore esperto.-

-Già.-

-Hai pattinato spesso nella tua vita. E anche ieri. Ti ho visto dalla mia finestra.-

-Precisamente.-

-E mi hai sopportato anche abbastanza a lungo, non credi? Anche le cene, dopo...-

-Abbastanza.-

-Ti andrebbe di sopportarmi ancora un po'?-

-Oh sì- ghignò John, recuperando i pattini e lasciando cadere il libro sul pavimento.

 

 

Alla fine non pattinarono, venne fuori che Sherlock -del tutto casualmente, giurò lui- aveva lasciato i pattini al castello e andarli a recuperare o mandare qualcuno sarebbe stato troppo lungo. Così l'unico a fare due piroette fu John, mentre l'altro si limitò a guardarlo, seduto nelle neve, e a fargli qualche domanda di fisica legata al pattinaggio. Alla terza, John gli frenò qualche centimetro di neve in faccia e Sherlock capì che era ora di farla finita.

Era incredibile quanto il poco tempo passato con John gli facesse venir voglia di passarne ancora. Voleva scoprire tutto di lui, imparare a conoscerlo così bene da poter dire di saperne con esattezza l'umore da come si era allacciato le scarpe alla mattina. Voleva che fosse sempre inverno, per poterlo osservare incantato volteggiare sul ghiaccio, persino facendosi schizzare la neve in faccia se diceva qualche idiozia. Ma voleva anche che venisse l'estate, per mostrargli i suoi allevamenti di api, andare a cavallo insieme -anche se forse lui si sarebbe limitato a corrergli dietro- e guardare il sole che tramontava la sera tardi oltre il lago. Voleva passare con lui le brutte giornate, quelle buone solo da stare davanti al camino a scherzare e a dire sciocchezze, magari mangiando qualcosa qua e là. Voleva stare con lui quando il sole splendeva così tanto da bruciarsi e quando buttarsi in acqua era l'unica soluzione.

Ma, soprattutto, voleva dirgli della maledizione, di come il suo aspetto non fosse sempre stato quello, di come la sua stupidità e la sua superbia lo avessero condannato alla più dolce della assoluzioni. Attraverso l'amore. E ora, nonostante conoscesse John da sole due settimane, poteva dire di sentire con lui un legame così profondo quali non ne aveva mai sentiti.

Con nessuno.

-John- chiamò quindi, alzandosi a spazzandosi la neve di dosso, che aveva ricominciato a cadere lieve ma decisa. –John, c'è una cosa che voglio mostrarti.-

Il ragazzo gli venne in contro, allarmato dal tono improvvisamente serio. Credeva stesse andando tutto bene ...

-E' successo qualcosa?- chiese, toltosi i pattini e camminandogli a fianco mentre tornavano al castello.

-No, no. Va tutto bene. Solo ...- cominciò Sherlock, prendendo un gran respiro. -Ricordi la tua prima sera qui? Quando sei andato nell'Ala Ovest?-

-Difficile dimenticare una giornata come quella. Notte movimentata, se non sbaglio- rise, cercando di stemperare la tensione con una battuta.

Non funzionò, Sherlock era ancora più scuro in viso.

-Tu l'hai sempre saputo che in questo castello c'era qualcosa di strano, no? Sai che non è un posto come gli altri. I miei servitori sono oggetti che parlano e si muovono e io stesso non ho proprio l'aspetto di un principe ...-

-Sherlock, va tutto bene. Lo so che è successo qualcosa. Un incantesimo, una maledizione ... qualcosa. E mi sta bene. Ero solo spaventato, per quello scappai. Ora non lo farei, mai più- confessò, piantando i suoi occhi in quelli di Sherlock e sorridendo apertamente della sua confusione.

-Maledizione.-

-Come scusa?- si riscosse John, credendo si trattasse di un'esclamazione per qualcosa che aveva detto o fatto.

-E' stata una maledizione. Ed è tutta colpa mia- ammise, guidandolo, senza più parlare fino alla stanza della rosa, ma fermandosi davanti al ritratto.

-Questo ero io- disse, riparando il quadro con una mano, come aveva fatto John la sera in cui era entrato lì per la prima volta. -Prima che una fata di nome Irene non mi trasformasse in questo orrore per lo sgarbo che le avevo fatto. Ero ingenuo e maleducato, peggio di quando mi hai conosciuto tu. E la sua vendetta è lo sfacelo che stai osservando. Perché non si vendicò solo su di me, ma anche sui miei fedeli servitori. Un attimo prima erano uomini, donne o bambini, un attimo dopo erano oggetti che assistevano impotenti all'autodistruzione di quella bestia che era diventato il loro padrone.-

John fissò incantato il quadro e poi Sherlock.

-Gli occhi sono rimasti gli stessi- disse alla fine John. -Sempre assurdi e magnetici. Come te.-

Sherlock incassò il complimento in silenzio e sarebbe sicuramente arrossito, se non fosse stato per tutto quel pelo.

-E la rosa è lì per ricordarmi tutto ciò, come se il mio aspetto e quello dei miei servitori, la distruzione di tutto ciò che ero non fosse un monito abbastanza eloquente. E' rimasta così come la prima volta che la vidi, solo ora ha cominciato a perdere i petali, perché il mio ventunesimo compleanno si sta avvicinando. E' il mio termine ultimo, il mio punto di non ritorno.-

John rimase in silenzio, guardandosi intorno come se fosse la prima volta. E infatti era così, perché della Bestia che lo aveva terrorizzato il suo primo giorno al castello non era rimasto nulla. Forse solo l'aspetto esteriore, ma anche quello stava mutando. Era più umano, in tutto quello che faceva o diceva, e John sapeva che era soprattutto merito suo. E non poté fare a meno di sentirsi orgoglioso per essere il fautore di quella trasformazione. Se la maledizione si fosse spezzata, sarebbe anche stato merito suo, come aveva pensato dal primo momento.

-Non hai nulla da dire?- chiese Sherlock dopo un po', male interpretando il suo silenzio e il suo sguardo in giro.

-Non credi che questo posto avrebbe bisogno di una sistematina? Insomma, non è proprio quello che uno si aspetterebbe dalla camera di un principe ...- disse a un certo punto John, sorridendo e rimboccandosi le maniche. -Quando vogliamo cominciare?-












Inathia's Nook:

ed eccoci al nuovo capitolo. Direi che le cose tra i futuri piccioncini procedono a gonfie vele. Mi avevate detto che eravate curiose di sapere come il rapporto tra i due si sarebbe evolto, un poco alla volta... be', che ne dite? 
So che non dovrebbe essere così, ma io sono piuttosto soddisfatta di questo capitolo... spero di non essere l'unica ;)
fermo subito il mio blablablare, anche perchè divento piuttosto prolissa quando mi ci metto, e vi aspetto nelle recensioni. 
Ho notato che si sono letteralmente dimezzate dallo scorso capitolo... e sinceramente mi è dispiaciuto. Spero che la storia continui a piacervi e sia solo calato il vostro tempo per dirmelo (comprendo perfettamente che siano ricominciate le scuole) e non il vostro interesse. 
bene, un mega bacione e alla settimana prossima <3

  
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