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Autore: Pyxis_Minor    26/09/2014    2 recensioni
La pagina di Wiki Loves Monuments afferma che: "Esistono molte cause per cui una persona può trovarsi nella Friend Zone. [...]
I principali motivi sono:
- L'individuo A non è sufficientemente attratto dall'individuo B.
- L'individuo A non riconosce i tentativi dell'individuo B di approfondire il rapporto, credendoli gesti di amicizia.
[...]
- L'individuo A si fidanza con un'altra persona, relegando nella Friend Zone l'individuo B."
Jo Williams non ha dubbi. La Friend Zone è il suo posto, la sua casa, la sua prigione.
***
Dalla piccola introduzione: "I suoi problemi sono nati nel momento in cui un’altra certezza ha iniziato a nascere lentamente, a crescere dentro di lei e a mettere piccoli e rosei germogli.
Perché così come è certa che il suo nome è Johanna Williams, che è una nata babbana, che non prenderà mai una sufficienza in Erbologia, è altrettanto certa che non è, e non sarà mai il tipo di James Potter.
Allo stesso modo però, nonostante i suoi molteplici tentativi di ignorare la cosa, è assolutamente certa di essere innamorata di lui."
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, James Sirius Potter, Lorcan Scamandro, Lysander Scamandro | Coppie: Lily Luna/Lysander
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nuova generazione
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Prima di cominciare: In realtà non avevo intenzione di pubblicare un’altra Fanfiction sulla nuova generazione, ma la storia di dracoscupcake, “How long before you tell the truth?” (a proposito, è bellissima, vi consiglio vivamente di leggerla) e numerose e lunghissime conversazioni rigorosamente potteriane con l’autrice, hanno fatto nascere in me la voglia di scrivere su James Sirius Potter, ed è così che è nata quest’idea.
Spero vi piaccia. Buona lettura!
 
 
 
                                                       Una piccolissima introduzione.
 
Le poche certezze che Jo Williams ha avuto in vita sua sono andate quasi tutte sgretolandosi man mano.
Ad esempio, quando aveva sette anni scoprì che la donna che aveva sempre chiamato “mamma” non era la sua vera madre.
Lo scoprì  quando mollò suo padre per fuggire con un ricco imprenditore italiano.
Allora, la piccola Jo chiese a suo padre perché la mamma non volesse più parlarle, e lui le confessò che, pur non essendo lei la sua madre biologica, le due donne si somigliavano incredibilmente.  
Infatti sua madre, poche settimane dopo aver partorito, si era trasferita in un’altra città perché “era troppo giovane per prendersi la responsabilità di crescere una bambina”.
Così aveva terminato la sua brillante carriera universitaria, dimenticandosi completamente del suo giovane ragazzo padre, e della sua piccola bambina bionda.
Un anno dopo suo padre aveva conosciuto Julia, che pareva essere l’amore della sua vita e che si era presa cura di Jo proprio come se fosse sua figlia.
Peccato però che quell’imprenditore italiano le aveva rubato completamente il cuore e la ragione.
Quello fu l’anno in cui il signor Williams tagliò definitivamente i ponti con il genere femminile.
Ed anche Jo.
Per fare un altro esempio, Jo Williams era convinta che avrebbe passato la vita a lavorare nell’officina di suo padre.
I motori sono sempre stati la sua vita. Avere i vestiti, le mani ed il viso macchiati di olio, ed una vecchia macchina da riparare o da riverniciare, erano esattamente il suo ideale di felicità.
Ma quando compì undici anni, scoprì che nel suo futuro l’officina non era prevista.
Quell’anno scoprì di essere una strega, e che invece di terminare gli studi (assolutamente controvoglia) nella scuola babbana vicino casa, avrebbe studiato alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, per imparare ad usare la magia.
Per le fu una vera sorpresa, e per suo padre un vero e proprio shock. Certo, in passato c’erano stati dei segnali, come quando l’armadio dove la sua matrigna aveva lasciato alcuni indumenti prese fuoco, o come quando una sua compagna di classe fece un volo di tre metri, senza che lei l’avesse assolutamente sfiorata, dopo averla presa in giro.
Ma prima di ricevere la lettera, consegnata da un uomo alto che indossava un’ assurda veste blu notte, Jo non avrebbe mai creduto possibile l’esistenza della magia.
Jo Williams era anche convinta di essere una completa sega in qualsiasi sport esistente al mondo, fino a quando non scoprì di avere una specie di talento naturale per il Quidditch.
Sono ormai tre anni che gioca come battitrice nella squadra di Quidditch dei Grifondoro, ed è l’unica ragazza a ricoprire quel ruolo in tutta la scuola.
Per essere un buon battitore occorrono delle braccia molto forti e muscolose e per questo, per le ragazze , sono consigliabili ruoli come cacciatrice o cercatrice, ma la verità è che Jo Williams assomiglia davvero poco ad una ragazza.
E sì, le sue braccia sono particolarmente forti e muscolose.
Tuttavia, Jo Williams ha una certezza, nella sua caotica ed imprevedibile vita: lei non è assolutamente il tipo di James Potter.
Nonostante passino la maggior parte del loro tempo insieme, in compagnia dei gemelli Scamandro, per lo più a combinare guai invece di seguire le lezioni più noiose, Jo Williams è assolutamente certa del fatto che tra lei e James Potter non potrà mai esserci nulla di più di un’amicizia.
Un’amicizia forte, un legame indissolubile. Ma nulla di più.
Probabilmente, James Potter non è nemmeno a conoscenza del fatto che Jo sia una ragazza.
D’altra parte, a volte lei stessa lo dimentica.  
Jo Williams ha davvero poco in comune con il resto dell’universo femminile, a cominciare dall’aspetto fisico: alta molto più della media, sfiora quasi il metro e ottanta. Ha delle spalle forti e larghe, braccia e gambe muscolose.
Inoltre, non ha la minima idea di che differenza ci sia tra un eyeliner ed un mascara, in diciassette anni non ha mai indossato una gonna, figuriamoci un vestito, e usa la spazzola giusto il minimo indispensabile.
Le curve non le mancano, ma riesce benissimo a non darlo a vedere.
Il suo seno è incredibilmente prosperoso, e cerca sempre di nasconderlo indossando magliette di tre o quattro taglie in più. Non per finta modestia, né per un senso di pudore che non le appartiene affatto, ma semplicemente perché si trova molto più a suo agio in vesti maschili.
Se molte ragazze invidiano la sua quarta abbondante, lei la scambierebbe volentieri per un più comodo e maneggevole petto piatto, in quanto trova le sue mammelle incredibilmente fastidiose, perché la limitano enormemente nei movimenti quando gioca a Quidditch.
Anche i suoi fianchi sono morbidi e pronunciati, ma sempre ben nascosti sotto la stoffa larga di maglie, preferibilmente di colore nero.
Ed è proprio per questo che sa di non essere assolutamente il tipo di James Potter.
Le ragazze che Jamie ha corteggiato negli anni sono più o meno tutte uguali, e tutte molto diverse da Jo.
Piccoline, magre, con i lineamenti dolci, con il sorrisetto innocente, con i capelli morbidi, profumati e preferibilmente rossi.
E magari anche con un’adorabile spruzzatina di lentiggini sul naso.
Insomma, a Potter piace il genere di ragazza che Jo proprio non riesce a sopportare.
I suoi problemi sono nati nel momento in cui un’altra certezza ha iniziato a nascere lentamente, a crescere dentro di lei e a mettere piccoli e rosei germogli.
Perché così come è certa che il suo nome è  Johanna Williams, che è una nata babbana, che non prenderà mai una sufficienza in Erbologia, è altrettanto certo che non è, e non sarà mai il tipo di James Potter.
Allo stesso modo però, nonostante i suoi molteplici  tentativi di ignorare la cosa, è assolutamente certa di essere innamorata di lui.
 
 
 
 
 
                                                                   ***
 
                                                   
 
A differenza di ciò che pensavano suo padre, i suoi professori e la maggior parte dei suoi compagni di scuola, James Potter non era affatto un imbecille.
Certo, aveva sempre la battuta pronta, e molto spesso erano battute stupide. Rideva spesso, e raramente riusciva a rimanere serio per più di qualche minuto.
Non aveva una mente brillante come quella di Albus, né tantomeno la voglia di studiare di Lily, ma James Potter non era uno stupido.
Era solo incredibilmente pigro.
Di una pigrizia che sfiora l’assurdo.
La sua filosofia di vita è “se il mio braccio non ci arriva, non è importante prenderlo.”
E questa massima può essere estesa a tutto, dal libro di Difesa Contro le Arti Oscure, alla Gazzetta del Profeta, dai suoi risultati scolastici alle sue relazioni sociali.
Ceto, l’unica eccezione è il boccino d’oro.
È proprio a causa della sua pigrizia che quel giorno, il suo ultimo primo giorno di scuola, alle nove meno cinque era ancora in pigiama, con il viso affondato nel cuscino, e un rivoletto di bava sulla guancia.
- JAMES! È l’ultima volta che ti chiamo! Le lezioni iniziano tra CINQUE MINUTI! ALZATI!
- mh, ga bah
Lorcan Scamadro uscì esasperato, sbattendo la porta del dormitorio e dirigendosi di corsa nei sotterranei.
Era più difficile convincere James ad alzarsi dal letto al mattino, che prendere una sufficienza in Pozioni.
Gli dispiaceva che il suo migliore amico dovesse prendere una punizione il primo giorno di scuola, ma non aveva voglia di condividere con lui quell’esperienza.
Raggiunse suo fratello in un corridoio, ed entrambi riuscirono ad arrivare alla lezione, puntuali per un soffio.
Intanto, nel dormitorio dei Grifondoro, James Potter stava aprendo i suoi occhi nocciola.
Si asciugò la bava con il polso, e si mise a sedere con estrema calma.
Fino a quando non guardò l’orologio.
-MERDA!
Si alzò così velocemente che inciampò nelle coperte, che si erano attorcigliate intorno alle sue gambe.
Si liberò a fatica, togliendosi i pantaloni del pigiama, indossò la divisa scolastica saltellando, e dimenticandosi persino di mettere le scarpe, uscì correndo dal dormitorio.
Esattamente nel momento in cui si chiuse la porta alle spalle, intravide un’altra figura precipitarsi giù dalle scale, saltando tre o quattro gradini alla volta.
James scoppiò a ridere. – Credi che siamo in ritardo?
-Corri e sta zitto – rispose Jo, precedendolo fuori dal ritratto della Signora Grassa.
Corsero per il castello come se un branco di lupi mannari li stesse inseguendo per sbranarli. Più volte inciamparono nei loro stessi piedi, e fu quando James calpestò una cioccorana che si rese conto di non avere le scarpe.
Ma in quel momento un altro dubbio si affacciò timido nella sua mente.
-Jo? – disse, fermandosi di scatto. La bionda non rispose, continuando a correre.
-Jo, fer-mati – ansimò ancora lui, appoggiandosi al muro, e mettendosi una mano sul petto, cercando di far arrivare quanta più aria possibile ai polmoni.
-Cosa c’è? – gli chiese lei, un paio di metri più avanti di lui.
-Tu hai la minima idea di che cosa abbiamo alla prima ora? – chiese.
Silenzio.
Si guardarono l’un l’altro perplessi per qualche secondo.
Poi James scoppiò a ridere.
Lei si sfilò un elastico dal polso, e si legò i lunghi capelli in una coda disordinata.
Odiava farlo, perché questo metteva in evidenza le sue orecchie a sventola, ma in quel momento aveva così caldo che se li sarebbe volentieri rasati a zero.
-Devono aver dato l’orario stamattina a colazione. – rifletté lei, lasciandosi cadere sul pavimento.
-Ottimo.
-Che facciamo?
-Io pensavo di progettare l’omicidio degli Scamandro, visto che non si sono affatto preoccupati di svegliarmi.
-Perché non andiamo a fare colazione, e li cerchiamo con calma sulla mappa?
- Effettivamente sto morendo di fame.
Fu così che marinarono la loro prima lezione, per andarsi ad abbuffare di torta al cioccolato nelle cucine della scuola, circondati da piccoli ed adoranti elfi domestici.
-Che fine hanno fatto le tue scarpe? – chiese Jo, prendendo un abbondante sorso di succo di zucca.
-Le ho dimenticate.
-Hai dimenticato di mettere le scarpe?
James annuì, mordendosi il labbro inferiore.
Jo lo trovò incredibilmente tenero.
Sullo zigomo destro, poco sotto l’occhio, aveva ancora il segno rosso lasciatogli dal cuscino.
I suoi occhi nocciola erano lucidi ed assonnati, ed i capelli corvini più in disordine del solito.
La divisa che indossava era spiegacciata in più punti, e la cravatta rosso oro era legata male.
-Perché mi guardi in quel modo?
Jo arrossì, e tornò a prestare la sua attenzione al piatto.
-Niente – rispose. – Li hai trovati? – chiese, in un evidente tentativo di cambiare discorso.
James stava osservando la mappa del Malandrino da un quarto d’ora buono.
-Sì, sono nei sotterranei.
-Quindi avremmo dovuto fare Pozioni?
James annuì.
- Merda. -  
Carteny, il professore di Pozioni, era tra i più severi lì ad Hogwarts. Un grandissimo stronzo, con una nota antipatia nei confronti dei due ragazzi.
- Avrebbe trovato un pretesto per metterci in punizione anche se ci fossimo presentati alla sua lezione. – commentò il ragazzo, scrollando le spalle.
Jo inghiottì l’ultimo grande boccone di torta, e si pulì la bocca con il dorso della mano.
Poi si lasciò sfuggire un sonoro rutto, accasciandosi sulla sedia.
James rise, si picchiò il petto con un pugno, ed emise un rutto ancora più lungo e sonoro di quello di Jo. – Rutti come una ragazza.
-Io sono una ragazza, James.
-Vado a recuperare le mie scarpe, e ti raggiungo fuori i sotterranei. Poi ci facciamo dare l’orario da quei due imbecilli, dopodiché li prendiamo a pugni.
-Ci sto. – rispose Jo alzandosi, e mettendosi lo zaino in spalla.
Si salutarono fuori dalle cucine, e imboccarono due direzioni opposte.
 
 
 
 
 
                                                                 ***
 
-Siete in punizione, dovete andare alle quattro nell’ufficio di Carteny. – Li informò Lorcan, quando uscì dall’aula.
-Non avevamo dubbi. – rispose Jo annoiata.
-Perché non mi avete svegliato? – chiese James, picchiando con un pugno la spalla dell’amico.
-Vuoi che ti prenda a schiaffi? Ti ho chiamato per due ore!
-Oh.
-Scusa Jo, con te non ci ho provato. Ma non posso salire nei dormitori femminili.
-Figurati.
-Che abbiamo ora?
-Trasfigurazione.
-La mia materia preferita! – Sbottò Lysander sarcastico.
Una volta aveva trasfigurato la sua penna in uno scarafaggio e lo aveva fatto scivolare nella divisa di una Serpeverde, che aveva iniziato a dimenarsi come se fosse posseduta, urlando e piangendo senza alcun ritegno.
Da allora la professoressa gli aveva dichiarato guerra, e non perdeva occasione per dargli il tormento.
-Perché non hai smesso di seguirla?
-Perché mi serve per diventare un Auror. 
-Ma l’anno scorso volevi andare a lavorare al Ministero! – commentò James.
-E l’anno prima volevi giocare negli Appleby Arrows! – continuò Lorcan
-E l’anno prima ancora volevi diventare un cantante pop. – intervenne Jo.
-Questo non deve saperlo nessuno. – rispose Lysander.
-E l’anno prima…
-Okay, okay… ho capito. Ma ormai ho deciso, voglio diventare un Auror, d’accordo?
-Tanto tra un mese hai cambiato idea.
-Questa volta no.
-Ti ricordi quando non facevi altro che cantare, usando la bacchetta come microfono?
-Vorrei dimenticare.
-Una volta ti sparasti da solo una fattura.
Lysander rivolse a James uno sguardo assassino, e lui tacque.
Rivolse però un’occhiata complice a Jo, che sorrise, e improvvisò un’imitazione di Lysander cantante- ballerino, che gli costò un violento schiaffo dietro la nuca.
Al quale rispose con una gomitata ben assestata nello stomaco.
Intanto erano arrivati nell’aula di Trasfigurazione, e avevano preso posto agli ultimi banchi.
Jo lanciò con poca grazia il suo zaino sul pavimento,  e si sedette  iniziando a dondolarsi sulla sedia.
Due banchi più avanti, sulla sinistra, vide l’inconfondibile chioma ramata di Rebecca Rashner, una Corvonero per cui James aveva una cotta fin dal terzo anno.
Incenerì con lo sguardo la sua nuca, e tornò a prestare la sua attenzione a James.
-… già  la settimana prossima, sei d’accordo?
-Cosa?
-Gli allenamenti… hai presente il Quidditch? Scope volanti, pluffe, bolidi…
-Sì sì, ma non dovresti fare prima le selezioni?
-La squadra dell’anno scorso funziona bene, non ho bisogno di nuovi giocatori. Farò le selezioni solo per il portiere, visto che Paciock ormai si è diplomato.
-Come vuoi, capitano.
La professoressa Cooper entrò in aula in quel momento, facendo svolazzare il suo mantello viola.
Era magrissima, tant’è che le clavicole spuntavano spigolose dalla veste scollata.
La sua pelle era bianca come la neve, ma con non poche sfumature violacee, lì dove le vene erano più evidenti.
Jo appoggiò la testa alla mano, e spense il cervello.
No, non riusciva proprio a stare attenta durante le lezioni. “ Pigra, menefreghista e maleducata” erano gli aggettivi preferiti dai professori che volevano descriverla.
Jo non aveva voglia di studiare, eppure la sua mente brillante aveva fatto in modo che riuscisse a non prendere mai un’insufficienza.
Certo, non aveva ottimi voti, ma non le importava affatto. Voleva solo arrivare alla fine di quel maledetto anno scolastico, prendersi il diploma e trovarsi un lavoro umile.
Esattamente come James.
La professoressa iniziò un lungo monologo sui M.A.G.O., sull’impegno che si aspettava da loro, che doveva essere costante, sulla difficoltà di quelle prove, e un’altra ampia gamma di baggianate che fecero sbadigliare Jo sonoramente.
-Signorina Williams, trova così noioso il mio discorso?
-Francamente sì, professoressa.
James soffocò una risata.
-E allora perché non si accomoda fuori dall’aula, signorina?
-Perché le sedie sono più comode del pavimento nel corridoio, professoressa.
-Bene, signorina Williams. Ha appena fatto perdere venti punti alla casa dei Grifondoro per la sua maleducazione.
Jo aveva la sua rispostaccia acida pronta sulla punta della lingua, ma Lysander si voltò per guardarla in cagnesco, così si costrinse ad inghiottirla.
La professoressa concluse il suo monologo, ed iniziò una spiegazione che Jo era pronta ad ignorare.
Iniziò a scarabocchiare sulla pergamena, fingendo di prendere appunti, mentre si grattava la nuca distrattamente.
Rivolse un’occhiata veloce a James al suo fianco.
Stava mordicchiando nervosamente le pellicine del suo pollice, con gli occhi puntati sulla nuca ramata di Rebecca.
Jo alzò gli occhi al cielo, e represse l’istinto di tirargli un pugno.
-Credo che le chiederò di uscire, quest’anno. – sussurrò James, senza distogliere lo sguardo.
Jo tentò di assumere un’aria indifferente. – Fallo.
-L’anno scorso usciva con quel Tassorosso, Michael Nonmiricordocosa, ma pare che lo abbia scoperto ad infilare la lingua nella gola di mia cugina.
-Ottimo ,significa che è di nuovo sul mercato.
-Non lo so, magari ha iniziato a uscire con qualcuno durante l’estate. Non è che indagheresti per me?
-Indagare?
-Beh, sei una ragazza. Dormi insieme ad altre quattro ragazze. Le ragazze amano i pettegolezzi, no?
Jo avrebbe voluto fargli presente che le quattro ragazze con cui divideva il dormitorio a stento le rivolgevano un frettoloso saluto quando la vedevano, e che lei non era assolutamente il tipo da mettersi a fare pettegolezzi, ma tacque.
-Annie Jackson sa tutto su tutti in questa scuola, potresti chiedere a lei.
-Perché non glielo chiedi tu?
-Perché se lo faccio io, si capisce che è perché sono interessato a Becca, e non al pettegolezzo in sé. Mentre tu potresti riuscire a mascherare la cosa.
Jo represse il conato di vomito che le aveva scosso lo stomaco nel momento in cui aveva sentito pronunciato il nome di Annie Jackson, e sbuffò.
La odiava. Rappresentava esattamente tutto quello che Jo odiava delle ragazze: frivola, pettegola, falsa, ipocrita, approfittatrice, manipolatrice, femmina.
Fottutamente femmina.
-… Ti prego. – sussurrò ancora James al suo orecchio.
-D’accordo. -  rispose lei, evidentemente infastidita. Non aveva realmente intenzione di farlo, ma voleva chiudere quella spiacevole conversazione.
In quel momento, si accorse con vergogna che, tra gli scarabocchi fatti sulla pergamena, vicino alla testa mozzata della professoressa Cooper, tra il boccino d’oro e un uomo con baffi e cappello a cilindro, distrattamente e senza accorgersene nemmeno, aveva scarabocchiato anche il nome di James.
Appallottolò la pergamena velocemente, temendo che lui potesse accorgersene, e la gettò nello zaino.
Solo amici, pensò.
Sempre e solo amici. 
   
 
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