L’intrusione
“Rosie
è pronto a tavol-”
Entrando
di prepotenza nella camera della sua adorata primogenita, come anni vissuti con
tutti quegli uomini alla Tana prima a Hogwarts poi e come il suo lavoro da
Auror gli permetteva ancora di continuare a fare, Ron Weasley si sarebbe
aspettato di trovare la piccola Rosie
seduta alla scrivania a finire un qualche compito prima del rientro a scuola
dopo quel break natalizio.
Il
che sarebbe stato piuttosto normale considerando che la sua bambina da sette
anni a quella parte si ostinava – fortunatamente tra l’altro – a seguire le
orme materne in fatto di diligenza scolastica.
Invece
con suo sommo stupore la ormai diciassettenne era sì al tavolo della scrivania
ma in piedi e con un’aria talmente stravolta che se non l’avesse beccata a
chiudere di fretta e furia uno di quei cassetti si sarebbe domandato se per
caso non avesse riscontrato l’influenza il giorno precedente, a Diagon Alley
con Albus.
Anzi
di fronte alla realtà dei fatti, Ron, che riusciva a vederci chiaramente,
poteva ben dire che sua figlia aveva la stessa espressione di un malfattore
acciuffato in pieno reato e con le mani nel sacco.
“Oh,
papà!” Azzardò un sorriso di circostanza lei, ma all’uomo ormai sulla via del
sospetto parve a ragione piuttosto forzato.
“Che
stavi facendo?” Domandò Ron, a rischio e pericolo di risultare brusco e persino
all’antica.
Come
il suo lavoro gli aveva insegnato, di fronte al nemico non si doveva in alcun
modo abbassare la guardia. Vigilanza costante! Il buon vecchio Alastor Moody
sarebbe stato orgoglioso della sua cultura in materia.
“N-
Niente!” Si affrettò a rispondere Rose, salvo darsi poi immediatamente della
stupida per la velocità con cui aveva parlato.
Suo
padre glielo ripeteva spesso al punto da essersene convinta, ma a quanto pareva
non era così brava come pensava a non lasciarsi sfuggire le parole troppo in
fretta. Perciò era facile immaginare gli ingranaggi del cervello dell’uomo
mentre si azionavano e si concentrava sulla spia che segnava l’allarme, dopo
aver riconosciuto un punto cruciale a tutti i furfanti nella sua reazione.
Parlare veloce equivaleva a nascondere qualcosa, e nascondere qualcosa era
sinonimo di guaio; come aveva fatto a dimenticarlo?
“N-
Non era p- pronto?” Tentò di cambiare repentinamente discorso lei, facendosi
incontro al padre per convincerlo a seguirla fuori da lì all’istante.
Ron
la scrutò per un istante e non sentì di sbagliare nel giudicarle il viso troppo
rosso per i soliti standard. Superava di gran lunga persino il ramato dei suoi
capelli inanellati, il che era tutto dire. E si morsicava il labbro inferiore
con i canini, come sua madre, rivelando un’inquietudine che non gli piaceva per
niente.
“Dai
che la mamma si arrabbia se facciamo tardi!” Continuò Rose poco dopo, vedendo
che nonostante le spinte il padre non si schiodava dalla porta, sfoderando la
sua migliore espressione da cucciola indifesa per convincerlo.
L’uomo,
lo sguardo attento e vigile verso un punto indefinito dietro di lei, sembrò
considerare la cosa e poi, appurando che in effetti Hermione sapeva essere
alquanto intransigente in fatto di puntualità, decise di fare marcia indietro.
“Hai
ragione. Andiamo.” Annuì con fare pensieroso, quasi grave, ma a Rose bastarono
le sue parole e il fatto che adesso la seguisse di sua iniziativa per
risollevarle il morale.
Tempo
una mangiata e se ne sarebbe dimenticato, poco ma sicuro. La mamma amava
ripeterlo in continuazione che il papà era una testa di legno e che nemmeno una
Ricordella avrebbe funzionato con quella sua testaccia. E la mamma, come
risaputo, aveva sempre ragione.
Secondo
cassetto della scrivania, quello in basso.
Ron
lo individuò immediatamente entrando nella camera della figlia di soppiatto e
senza farsi scoprire. Grazie al cielo era venuto James che, pregando la cugina
di accompagnarlo ad acquistare chissà quale diavoleria, gli aveva senza saperlo
consentito di scoprire il segreto celato in quel cassetto. Senza contare che
Hermione aveva abboccato all’istante alla scusa che andava a riposare,
altrimenti addio occasione propizia.
Stando
bene attento ad emettere quanto meno rumore possibile, il rosso aprì il
cassetto e, trattenendo il fiato, si accinse a valutarne il contenuto.
Di
certo qualcosa doveva essergli rimasta incastrata in gola, forse il galletto
che aveva cucinato Hermione, perché guardando la scatolina rosa Ron fu
abbastanza sicuro che quello che stava provando si avvicinava molto ad un
inizio di asfissia.
Perché
poteva non capire parecchie cose soprattutto in fatto di donne, ma aveva visto
troppe volte quella roba nelle mani
di sua moglie per non sapere cosa avesse tra le dita.
Ron
entrò a passo marziale nella cucina, il volto corrucciato in una rimembranza di
quell’impulsività mai scomparsa che aveva caratterizzato la sua adolescenza.
Hermione
stava finendo di riassettare le stoviglie utilizzate per il pranzo quando il
marito le si fece incontro, minaccioso, brandendo uno scatolino rosa.
“Cos’è
questo?” Tuonò, deciso ad ottenere chiare risposte in merito.
Lei
per tutta risposta inarcò un sopracciglio, stupita. Beh, certo, suo marito non
era mai stato un esempio di delicatezza ma da qui a ululare ce ne passava di
acqua sotto i ponti. Perciò, sorvolando sul desiderio di fargli notare che lei
non stava ai suoi ordini e che lui sarebbe dovuto stare nel letto a riposare,
posò lo sguardo sulla confezione per verificarne il contenuto e mettere a
tacere le pazzie dell’uomo che aveva scelto per tutta la vita.
Ovviamente
era troppo intelligente per non capire all’istante di cosa si trattasse, ma
quello che al momento le sfuggiva era il motivo per cui suo marito ne sembrava
tanto scandalizzato; come se non l’avesse mai visto prima di allora…
“Sono
pillole anticoncezionali, Ron. Credevo lo sapessi.” Rispose, paziente, parlando
con lentezza estrema quasi si fosse trovata di fronte ad un bimbetto di pochi
anni.
Ron
sbuffò, impaziente.
“Lo
so cos’è!”
Al
che Hermione inarcò ancora di più le sopracciglia.
“Se
lo sapevi, perché me l’hai chiesto? E soprattutto: perché frughi tra le mie
cose?” Stavolta non riuscì a non lanciargli uno sguardo infuriato: aveva appena
fatto caso che lui aveva messo zampino nei suoi cassetti per cercare chissà
quale diavoleria.
Lui
all’illazione avvampò per tutte le orecchie, ma non demorse, testardo com’era.
“Non
ho frugato tra le tue cose, è di Rosie!” Sbraitò, come se la cosa potesse
giustificare tutto il suo bizzarro comportamento.
A
quel punto si sarebbe aspettato uno sguardo scandalizzato da parte della
moglie, o quanto meno allibito, o allarmato. Insomma andava bene qualsiasi
cosa, men che meno la reazione che lei gli regalò. Sollievo. Un fottuto sospiro
di sollievo. Merlino, che c’era di
cui sollevarsi?
Poi
la lampadina che si accendeva con un sonoro click.
“Tu!”
La additò, rosso, incollerito e sconvolto insieme. “Tu lo sapevi!”
Hermione
lo fissò, stralunata, non riuscendo a capire il motivo di tanto scalpore.
“Ma
certo che lo sapevo, visto che ho accompagnato io Rosie al consultorio. E
comunque non dovresti frugare tra le cose di nostra figlia.”
La
reazione di Ron a quell’ulteriore informazione, che rischiava di mettere in
crisi tutta la propria sicurezza circa la personalità della moglie, fu tanto
cangiante come il clima autunnale. L’uomo di fatti prima virò in un acceso
cremisi, quindi sbiancò manco fosse stato un fantasma e infine tentò di aprir
bocca più e più volte, senza successo. Il tutto si concluse con un’espressione
talmente sdegnata da risultare persino comica.
“Questo
da te non me lo sarei mai aspettato.” Confessò, come se l’avesse scoperta a
rubare un manufatto di un’antica magia nera e ignorando volutamente l’ultima
accusa. “Insomma: lei è… Rosie è una bambina! Tu sei un’irresponsabile, parola
mia!”
All’accusa
Hermione sospirò, ben conscia dell’aria di tempesta in arrivo.
“Ron,
Rosie ha diciassette anni, è normale alla sua età…”
“Cosa,
pensare a…a…a cose sconce?” Avvampò ancora di più lui,
ormai paonazzo e sull’orlo di una crisi cardio-vascolare.
“Cerca
di calmarti, tesoro, così ti scoppiano le coronarie.” Tentò di farlo ragionare
lei, paziente.
Col
tempo e a forza di viverci assieme, Hermione aveva dovuto affinare di parecchio
quella sua parte caratteriale, onde evitare una discussione con lui ogni due
per tre.
“Al
diavolo le coronarie!”
Saltò
invece su Ron, passandosi una mano tra i capelli in un chiaro sintomo di
spossatezza mentre retrocedeva di qualche passo per poggiarsi allo schienale
della prima sedia a tiro.
“Hermione,
ti rendi conto o no che mia figlia
prende queste cose?” Domandò,
sconvolto, accentuando una o due parole per dare enfasi al discorso.
La
più brillante della sua classe, dopo aver sospirato e implorato Morgana di
darle una mano, scivolò di fianco al marito e, sottrattagli la scatolina dalla
presa artigliata delle sue mani prima che divenisse un involucro non meglio
indistinto, gli poggiò dolcemente una mano sul braccio in segno di
rassicurazione.
“Ron,
te l’ho detto: è una cosa più che normale per una donna. Io stessa le prendo.”
“Ma
tu hai quarantadue anni e Rosie diciassette!” Puntualizzò Ron, sempre più in
prossimità di scoppiare.
Tralasciando
il fatto che lui avesse appena osato ricordarle l’età e cercando di non
prenderlo a pugni per la fantastica mancanza d’intelligenza appena dimostrata,
Hermione cercò di sorridergli affettuosa.
Ginny
le ripeteva spesso che la gentilezza riusciva talvolta a sortire maggior
effetto di uno schiaffo e lei aveva deciso, per amor suo e della sua famiglia,
che valeva la pena di provare.
“Proprio
perché Rosie ha diciassette anni e non uno, che si preoccupa del suo futuro.”
Provò a deviare la conversazione verso altre vie d’uscita, sperando così di
convincerlo.
Ma
Ron, testardo com’era, non si lasciò abbindolare tanto facilmente da un
preventivo cambio di visuale.
“Hermione,
forse non ti rendi conto della gravità della cosa. Mia figlia prende delle
pillole anticoncezionali – e lo disse
schifato, senza celare il proprio dissenso in merito – e, almeno nel mio mondo,
questo significa che ha qualcosa da
prevenire. Merlino, non voglio nemmeno pensare a questo qualcosa!”
L’uomo
sembrava sinceramente sconvolto, quasi sul punto di rimettere il pranzo o peggio
di svenire, e la cosa in un certo senso diede da che sorridere ad Hermione.
Suo
marito sapeva essere davvero ingenuo alle volte, quarantadue anni di vita
vissuta a parte.
“Per
quanto possa sembrarti sconvolgente adesso, ti vorrei ricordare che anche tu alla
sua età avevi di certi pensieri e di sicuro non te ne preoccupavi tanto. O
sbaglio?” Sottolineò, invasiva, accennando implicitamente ad un certo incidente
con un certo profilattico consunto dopo la vittoria su
Colui-che-per-abitudine-si-continua-a-non-nominare.
Ron
avvampò.
“M-
Ma che c’entra adesso! Erano altri tempi e comunque è diverso!”
“Perché
sei un uomo?” Alzò un sopracciglio con aria critica Hermione, già sulla
difensiva per salvaguardare i suoi diritti in quanto membro orgoglioso del
gentil sesso.
Intuendo
al volo la possibilità di una nuova guerra domestica che si sarebbe conclusa,
quasi certamente, con l’ennesima notte insonne sul divano, Ron pensò bene di calmare
i toni della discussione.
“Non
è questo, tesoro.” Scosse il capo, poggiandole affettuoso e furbesco un bacio
sulla fronte. “È solo che mi sembra ieri che l’infermiera me la mostrava per la
prima volta, con tutti quei riccioli rossi, e adesso… Pensare a lei e a certe
cose, insieme…”
Hermione
non poteva giurarci, ma era abbastanza certa che gli occhi del marito fossero
divenuti incredibilmente più azzurri del solito: stava forse per mettersi a
piangere?
“Il
mio sentimentale!” Ci scherzò su, tirandogli un pizzicotto alquanto doloroso –
a detta di lui – sulle guance piene di efelidi. “Rosie è una ragazza matura,
vedrai che saprà bene valutare il momento opportuno per un simile passo.”
L’affermazione
anziché tranquillizzarlo, come avrebbe voluto Hermione, parve turbarlo
ulteriormente.
“Dici
che ci pensa?” Chiese a bruciapelo, gli occhi sbarrati dal timore, stupore e
qualcosa d’indefinibile.
Lei
ridacchiò, divertita, pensando meravigliata al modo in cui lui riuscisse sempre
a cadere nel banale.
“Che
scemo!”
Per
tutta risposta Ron le lanciò un’occhiataccia inceneritore ma prima che potesse
obiettare qualcos’altro, Hermione gli aveva già tappato la bocca con un bacio
per niente male.
Quella
sera, a cena, i Weasley erano riuniti tutti e quattro attorno al tavolo.
Hugo
aveva come al solito capitalizzato l’attenzione generale sull’ultima scopa magica
appena uscita e su come James avesse convinto lo zio Harry a regalargliela per
il prossimo compleanno. Rose, invece, mangiava con la solita calma e sembrava
sinceramente contenta, segno evidente che l’uscita col cugino era stata
piuttosto divertente. Anche Hermione sembrava piuttosto di buon umore mentre
Ron ostentava un’aria pensierosa già da qualche ora.
Ovviamente
la moglie sapeva fin troppo bene cosa ancora non gli fosse andato giù, ma
provava una certa curiosità verso la forma tipologica che avevano assunto i
suoi pensieri dopo il loro confronto.
Alla
fine, proprio mentre Hugo passava alla rassegna tutte le qualità della suddetta
scopa, Ron alzò lo sguardo dal fondo del suo piatto e lo piantò in quello del
figlio con aria critica.
“Hugo,
fammi un piacere: non frugare mai tra le robe delle donne, okay?”
[Disclaimer: Harry Potter © J. K. Rowling.]
N/A
Piccolo cameo post-DH. Mi farebbe piacere sapere cosa ne
pensate. Commentino?
Memi J