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Autore: B_Regal    26/09/2014    4 recensioni
[Raccolta di One Shot indipendenti]
Dall'ultimo capitolo:
Ormai è quasi certa che sia un effetto di quel posto, non poter essere sereni.
Non che la sensazione le sia nuova, ma gli eventi di quella giornata sono stati duri persino per una come lei e ora ne sente il peso tutto insieme, come un grosso macigno sul petto che le mozza il respiro.
E’ lì fuori già da un po’ quando avverte una presenza dietro di lei e per un momento si irrigidisce, ma poi una mano calda le sfiora la guancia e quel tocco lo riconoscerebbe ovunque.
E non sa bene come succede, ma un istante dopo sta singhiozzando contro il suo petto.

SPOILER 5x12!
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Henry Mills, Regina Mills, Robin Hood, Roland
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Cronologicamente, questa è una delle prime Shot che avevo abbozzato, e che poi avevo abbandonato per alcune incongruenze.  Avendola infatti progettata prima del finale di stagione, c’è un errore – vista la piega che hanno poi preso gli eventi, piuttosto rilevante – che riguarda la causa della morte di Marian e che alla fine ho deciso di lasciare, anche perché altrimenti la OS avrebbe perso buona parte del suo senso.
 Pazienza, vedere lo sneak peek della 4x01 mi ha devastata e avevo bisogno di tanto fluff OutlawQueen!
 
Ne approfitto per ringraziare chi legge, chi inserisce tra le storie preferite, o quelle seguite, e per chi recensisce, soprattutto.
Mi fate venire voglia di scrivere sempre!
 

 
 
Tell me you believe
 
 
Fece gli scalini a due a due e un attimo dopo la sua mano, l’intero palmo, pigiava con forza sul campanello d’ottone. Due, tre volte, consapevole che la persona all’interno della casa poteva già star dormendo – vista l’ora tarda - ma quella era un emergenza e sapeva che non gli avrebbe voltato le spalle.
La mano destra, stretta a pugno, era già pronta a bussare sul legno della porta, quando questa si spalancò mostrando chi lo accoglieva. Regina era  davanti a lui, il corpo avvolto in una vestaglia blu, le sopracciglia aggrottate e gli occhi un po’ stanchi, che si spalancarono di colpo quando mise a fuoco la persona che aveva davanti e che non si aspettava di trovare “Cosa ci fai qui?”
Robin parlò tutto d’un fiato, gli occhi spalancati e il viso contratto in una smorfia visibilmente preoccupata “Lo so che è tardi e non ti ho avvisata, ma sei la prima persona a cui ho pensato.. io non cosa fare e tu.. tu hai cresciuto un figlio.. e .. devo portarlo in ospedale?”
Regina lo fissò  prima sorpresa – la mente ancora un po’ offuscata dallo stato di dormiveglia in cui versava fino a pochi secondi prima - poi confusa e infine preoccupata quando si rese conto che stava stringendo una specie di fagotto tra le braccia, quello che riconobbe subito essere Roland avvolto in una serie di coperte.
“Che è successo?” Domandò, mentre gli faceva spazio per entrare; Si richiuse la porta alle spalle e lo seguì.
“Ha la febbre!” Robin camminò nella grande casa che ormai conosceva bene e che era immersa quasi nel buio, a eccezione di una lampada accesa, e arrivò fino al divano bianco del salone, dove depositò un Roland sonnecchiante e decisamente accaldato, a giudicare dal colorito roseo delle sue guance.
Regina gettò uno sguardo a Robin, quegli occhi chiari completamente spalancati e i lineamenti tirati, non l’aveva mai visto così spaventato, nemmeno quando avevano dovuto fronteggiare i più temibili nemici.
Un po’ lo capiva, era madre anche lei e sapeva bene che nulla ti terrorizza tanto quanto vedere il proprio figlio star male. Si avvicinò al bambino e gli tastò la fronte con la mano “Si, ha la febbre, ma non c’è motivo di spaventarsi, ora ce ne occupiamo!” Esclamò ostentando un tono il più rassicurante possibile.
 “E se invece fosse qualcosa di più grave?”  Robin si passò una mano tra i capelli, camminando avanti e indietro, quasi come un animale in gabbia “Forse dovremmo andare in ospedale, forse lì sapranno cosa fare!”
 “Anche io so cosa fare, è solo febbre!” Regina si era seduta sul divano ma aveva ancora lo sguardo rivolto a lui “Non ha senso portarlo fuori con il freddo che c’è!”
L’ uomo la guardò, incerto. Non che non si fidasse di lei, tutt’altro, ma da quando si trovava in quel nuovo mondo era stato in ospedale più volte e lì dentro gli erano sembrati tutti perfettamente addestrati per fronteggiare qualsiasi emergenza “Tu pensi.. ti potertene occupare?”
“Ovviamente. Ci sono passata con Henry, sai?” Accennò un sorriso, sperando che mostrarsi calma potesse tranquillizzare anche lui  “Per prima cosa dobbiamo spogliarlo, i bambini non vanno mai coperti quando hanno la febbre alta, altrimenti non possono disperdere il calore..” ..” Spiegò, iniziando a sfilare uno alla volta gli indumenti al bambino, che si lasciò andare a qualche lamento strozzato per i movimenti a cui stava venendo costretto “Resta qui, vicino a lui.. vado un attimo di sopra!”
Regina si allontanò e Robin prese posto accanto al figlio, esattamente dove Regina era stata seduta fino a pochi secondi prima.  Gli accarezzò il viso e lo vide aprire gli occhi, un po’ infastidito “Va tutto bene Roland, papà è qui!” Sussurrò portandosi alla bocca una manina del bambino e baciandogliela.  Non riusciva proprio a sopportare di vederlo così,  era stato già abbastanza difficile con sua moglie, ma il suo bambino.. era decisamente troppo. Quei pochi istanti in cui restò solo con lui gli sembrarono infiniti e quando Regina tornò con degli oggetti tra le mani, tra cui una bacinella piena d’acqua, tirò un sospiro di sollievo.
Cedette di nuovo il posto alla donna e rimase in piedi a guardarla, mentre tirava fuori un oggetto di vetro da un astuccio e lo sistemava sotto l’ascella del bambino. Roland si lamentò avvertendo il contatto con il vetro freddo e tentò di ribellarsi.  Regina lo prese in braccio e dovette stringerlo per mantenerglielo al proprio posto. Alzò lo sguardo su Robin mentre si dondolava cercando di calmare il piagnucolio “E’ un termometro, cosi possiamo misurargli la temperatura..”
Robin la guardò fare,  sembrava così sicura di ciò che diceva e faceva e questo iniziò a farlo sentire meglio. Regina si muoveva con sicurezza e praticità, come se avesse compiuto quei gesti un milione di volte e probabilmente era così. Era stata una delle prime cose che le aveva detto, quando erano ancora nella Foresta Incantata. Avete il tocco di una madre.  Era vero. Regina si prendeva cura di Roland come solo una madre avrebbe potuto fare. Come nemmeno lui, in realtà, era riuscito a fare.
Roland non si era mai ammalato da quando sua madre era morta, fatta eccezione per dei banali raffreddori e trovarlo così, nel suo lettino con il corpo bollente e sudato era stato veramente un colpo. Lui non era uno che si faceva prendere dal panico e di solito sapeva cavarsela in ogni situazione, ma in quel momento si era sentito maledettamente impotente e inutile. Per la seconda volta, nella sua vita.
“Cosa facciamo se è alta?” domandò, la voce incrinata dall'ansia.
“Facciamo in modo che scenda..” Esclamò secca Regina mentre sfilava via il termometro e se lo portava a pochi centimetri dagli occhi “39 e mezzo..”
“Che significa?” Da dove veniva lui la febbre c’era e basta. Nessuno sapeva dirti il perché e se sarebbe mai andata via, portandoti via con lei “E’ alta?”
“Niente di irrisolvibile!” Posò il termometro sul tavolino in vetro e sfiorò con l’indice le labbra secche del bambino “Puoi andare in cucina e prendere un bicchiere d’acqua? Non fredda e meglio se con un po’ di zucchero!”
Robin obbedì senza fiatare e corse in cucina svolgendo come un automa il compito che gli era stato affidato. Quando tornò in salone Roland era di nuovo sul divano ma era sveglio, la testa poggiata su un cuscino e gli occhi semi aperti, a fissare la donna che gli parlava con dolcezza mentre passava un asciugamano bagnata sulle sue piccole braccia nude, delicatamente “Va tutto bene tesoro, tra un po’ ti sentirai meglio..” la sentì sussurrare mentre con il telo bianco scendeva sulle gambe del bimbo “Hai ancora molto caldo?”
Roland scosse piano la testa e si stropicciò un occhio con la mano. Non sapeva se si stesse semplicemente lasciando condizionare, ma a Robin sembrava già di vederlo più in forma rispetto a pochi secondi prima.
Sentì la tensione scivolare via lentamente dal suo corpo, il terrore di poter perdere suo figlio scemare con la stessa velocità con la quale era arrivato. Si avvicinò e porse il bicchiere a Regina, che lo avvicinò lentamente alla bocca del bambino. Questo subito storse il naso e girò il viso, contrariato.
“Ti serve per stare meglio, tesoro.. coraggio, solo un sorso!” Provò ad insistere, fino a quando, con un po’ di pazienza e l’intervento di Robin non riuscì a somministrare a Roland almeno metà del bicchiere,  prima che il bambino cadesse di nuovo in uno stato di sonno, stavolta meno agitato “Tra pochi minuti dovrebbe abbassarsi, sembra stia già meglio!” Osservò,  tastando piano la fronte del bambino.
Robin annuì, soddisfatto e felice “Ho fatto bene a portarlo da te, io non avrei saputo davvero cosa fare!”
“Sono i vantaggi del mondo moderno, da dove veniamo noi certe cose non si sanno!” Rispose lei, sorridendogli. Poi  tornò seria e gli accarezzò il viso ricoperto da un sottile strato di barba “Eri davvero terrorizzato..”
“Da dove veniamo noi certe cose possono essere fatali!” Si giustificò lui, usando volutamente le stesse parole di lei, il pensiero rivolto di nuovo a Marian  “Pensavo fosse davvero grave!”
“Ma non lo era, i bambini si ammalano spesso. Le prime volte con Henry ero terrorizzata anche io, credo che Whale sia stata la persona che ha passato più tempo con mio figlio, dopo di me.. poi con gli anni ho imparato a gestire le emergenze!” Sorrisero entrambi prima di spostare lo sguardo su Roland, il respiro regolare e il petto che si abbassava e si alzava ritmicamente “Portalo su in camera di Henry, per stanotte è meglio se restate qui e su un letto vero starà più comodo!”
L’uomo annuì, le braccia già tese verso il corpicino addormentato del figlio. Lo sollevò con naturalezza e si avviò in direzione delle scale, Regina pochi passi dietro di lui. Entrarono nella cameretta di Henry e mentre Robin adagiava Roland sul letto, Regina si mise a frugare dentro un cassetto, fino a tirarne una maglietta a maniche corte “Cosi dovrebbe stare bene..” Osservò dopo averla fatta indossare al bambino, tirandogliela per bene fino alle ginocchia. Lo coprì con un lenzuolo leggero e accese la piccola lucina sul comodino. Fu un sollievo per entrambi notare il sonno tranquillo in cui versava il piccolo.
“Resto io un altro po’ con lui, tu va a letto..” Esclamò Regina appoggiando una mano sul ginocchio di Robin “Hai bisogno di riprenderti dallo spavento!” Aggiunse, provando a smorzare un po’ la tensione.
Robin scosse la testa, nonostante si sentisse veramente esausto. La tensione di quelle ultime ore doveva averlo sfinito “No, sto bene, resto a farti compagnia!”
Lei infatti non credette a quelle parole e continuò a insistere “Se la febbre risale non avrai molto tempo per riposare, approfittane ora!”  Per quanto riguardava se stessa, quel trambusto, che mancava in casa sua da tempo, l’aveva risvegliata completamente e avrebbe potuto rimanere sveglia accanto al bambino per l’intera nottata, anche se dubitava ce ne sarebbe stato bisogno.
L’uomo tentennò, spostando lo sguardo da Regina a Roland, restio non certo per mancanza di fiducia nei confronti di Regina, quanto perché si sentiva in colpa a lasciare solo lei a vegliare su suo figlio “Sei sicura che..”
“Sta bene!” Lo rassicurò invece lei “Guardalo, è tranquillo. Gli misuro di nuovo la temperatura e poi ti raggiungo!”
Robin si arrese e dopo essersi chinato a baciare la fronte del figlio si alzò, pronto a lasciare la camera.
 Prima di allontanarsi rimase qualche secondo fermo sull’ uscio, incerto.  Regina aveva preso di nuovo l’asciugamano, ancora umida, e la stava passando sulle braccia scoperte del bambino, con movimenti lenti e delicati. Robin la osservò e per un attimo desiderò che potessero vederla tutti, quella scena. Gli abitanti che ancora la guardavano con sospetto quando la incrociavano per strada, quelli che bisbigliavano seduti ai tavolini del Granny’s, i suoi stessi uomini che gli domandavano se si sentisse al sicuro, con lei. Avrebbe voluto che la vedessero adesso e che si rendessero conto di quanto di bello e buono c’era in quella donna.
Regina una volta gli aveva detto che lui riusciva a vedere in lei qualcosa che gli altri non vedevano, ma a lui non sembrava poi questo grande talento. Qualsiasi cosa fosse, quel qualcosa era lì, evidente.
Lanciò loro un ultimo sguardo carico d’amore e chiuse piano la porta.
 
 
 
 
 
 
Guardava il soffitto immacolato, immerso nel flusso di pensieri in cui si era perso da quando si era steso su quel letto e il profumo familiare dello shampoo di Regina gli aveva invaso le narici. Aveva preso l’abitudine, quando passava le notti con lei, di svegliarsi all’alba e perdersi per qualche minuto nel silenzio di quella grande camera, a godere di quell’ odore di avena e di quelle labbra ancora dipinte del rosso della sera prima. Restava a guardarle incantato - si soffermava su quella cicatrice deliziosa - fino a quando non resisteva più e le baciava, Regina apriva gli occhi e lui le dava il buongiorno,  la baciava di nuovo e poi scivolava via dalle coperte, per tornare all’ accampamento prima che Roland si svegliasse. Era diventata una routine, ma lui sapeva bene quanto poco di scontato ci fosse in quei momenti che poteva concedersi. Aveva creduto di aver perso per sempre quel tipo di felicità, di non averne più  diritto . E poi era arrivata lei, così inaspettata, l’ultima persona di cui avrebbe pensato di potersi innamorare. L’aveva travolto come un uragano.
Avvertì una presenza a pochi passi da lui che lo fece voltare. Regina era lì, in piedi accanto a letto, e lo fissava, un sorriso delicato dipinto sul volto “Inizio quasi ad abituarmi a vederti nel mio letto, sai?”
Robin le sorrise di rimando e si puntellò su un gomito. La osservò, le maniche del pigiama ancora arrotolate e le dita un po’ arrossate, probabilmente per essere state immerse a lungo nell’ acqua “Come sta?”
“Dorme, la febbre c’è ancora ma è scesa. Con questo possiamo sentire se si sveglia!” La donna gli mostrò un apparecchio elettronico colorato che teneva nella mano destra, quello che per anni aveva usato con Henry, quando si svegliava nel cuore della notte e prendeva a chiamarla singhiozzando “Tu? Sei ancora sveglio..”
“Non riesco a dormire..” Si giustificò, prima di allungare un braccio verso di lei e facendole un cenno con il capo “Vieni qui..”
Regina si andò a sedere accanto all’uomo e si lasciò afferrare la mano fredda  “Sei ancora preoccupato?”
“No, grazie a te non più!” Iniziò a giocherellare con le dita di lei “Pensavo a noi. Pensavo a quanto sia bello averti nelle nostre vite, quella mia e di Roland dico, e non mi riferisco solo a quello che è successo stasera. Io non credevo di potermi sentire ancora così..”
La donna sorrise, il cuore le batteva forte come ogni volta che Robin le diceva frasi del genere. Si frequentavano da così poco e lei non ci era ancora abituata “Lo sai che è lo stesso per me..”
Robin le baciò il dorso della mano prima di stringergliela “Vuoi sapere perché ero così preoccupato?”  Regina annuì e si sistemò meglio sul letto, aderendo al corpo di lui “Con Marian è iniziata così. I primi segnali di malessere, poi la febbre altissima e nel giro di pochi giorni è morta. Non ho avuto il tempo di capire, di provare a trovare una soluzione, mi sono sentito così inutile..” Fece una pausa prima di riprendere “Vedere Roland in quelle condizioni è stato.. come tornare indietro.. ho avuto così paura..  ho creduto che stavo per perdere tutto, proprio adesso che iniziavo ad essere di nuovo felice, che mi sentivo di nuovo in pace con la vita.. come se non fosse giusto che provassi tutta questa felicità, che avessi tutto ciò che desideravo.. non so se riesco a spiegarmi..”
 “Conosco questa sensazione..” Annuì Regina, accarezzandogli il viso “Ma tu non devi mai più provarla perché non c’è nessuno più di te che si meriti di essere felice..”
Lui sollevò un po’ la testa dal cuscino “Mentre tu no? E’ questo che vuoi dire? Regina ne abbiamo già parlato e..”
“No, no!” Gli posò un dito sulle labbra, sorridendogli gentile. Robin era sempre pronto a rassicurarla quando si faceva prendere dalle insicurezze, stavolta voleva invertire i ruoli, voleva essere lei a tranquillizzare lui “Volevo solo dire quello che ho detto. Che non succederà niente, che Roland sta bene e che noi possiamo essere felici. Me l’hai detto tante volte e adesso inizio a crederci sul serio, quindi non puoi dubitarne tu, ok?”
“E’ solo che qualche volta mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi proprio te..”
A Regina venne quasi spontanea una risata a quelle parole “Come puoi pensarlo? Sappiamo bene chi sono stata e cosa ho fatto, non c’è nulla in me che tu debba meritarti!”
“Perché dici questo? Avrei voluto che ti vedessi prima, mentre ti prendevi cura di Roland. C’è così tanto amore dentro di te..”
Regina si limitò a fissarlo senza però dire nulla. Avrebbe voluto crederci, ma non era sicura che bastassero poche semplici azioni quotidiane, a oscurare chi era stata per tanto tempo. Comunque non disse nulla, non voleva passare per quella che faceva la vittima e poi quella sera Robin non sembrava la persona forte e ottimista di sempre. Forse  lo  spavento per la febbre di Roland l’aveva abbattuto o forse era semplicemente normale che ogni tanto cedesse anche lui a qualche debolezza, alla fine – per quanto apparisse sempre come un uomo tutto d’un pezzo – era un essere umano come gli altri.
Così gli baciò piano le labbra e gli accarezzò il viso, restando qualche secondo in più a guardarlo negli occhi.
Lui represse un brivido a quel tocco freddo – Regina aveva sempre le mani gelate – e posò il palmo della sua mano contro quella che Regina aveva sulla sua guancia, stringendola “Sai, credo che dovremmo iniziare a crederci davvero..”
“A che cosa?” domandò mentre si stendeva accanto a lui, la testa appoggiata alla sua spalla.
“Alla storia della seconda possibilità. Ce lo siamo detti un sacco di volte ma forse nessuno di noi due se ne è convinto davvero. Io ho paura di perderla di nuovo, tu di non esserne degna.”
“Dici che siamo un po’ carenti di autostima, ultimamente? Credevo che proprio quella non mi mancasse..” Lasciò andare una risatina a cui lui rispose allo stesso modo “E nemmeno a te!”
“Infatti non è un problema di autostima!” Concordò “E’ che non siamo più abituati ad essere felici. .”
“Ma io sono felice, con te..”
“Anche io lo sono. Ti amo. E sai una cosa? Credo che ce lo meritiamo, che è giusto, e che dobbiamo crederci. E’ la nostra seconda possibilità, la nostra vera seconda possibilità!” Si mosse facendo in modo di trovarsi con il viso sopra quello di lei “Dimmi che ci credi!”
 Ed eccolo, il suo Robin Hood, era già tornato. Arricciò le labbra nascondendo un sorriso “Ci credo!”
“Nah, non sei convinta..” Commentò l’uomo, decisamente poco soddisfatto dalla risposta ricevuta. Chinò la testa per schioccarle un bacio sulle labbra “Dimmi che ci credi davvero!”
La voce di lei fu un sussurro, stavolta serio “tu ci credi?”
“Io si!” Non c’era più ombra di insicurezza nella sua voce “Tu ci credi?”
Regina nascose un sorriso malizioso e sollevò una mano che infilò dritta nella maglia di lui “Sai, forse se tu fossi più convincente..”
Non se lo fece ripetere due volte. Le catturò di nuovo la bocca, in un bacio più lungo mentre si lasciava sfilare la maglietta e con le mani cercava di fare altrettanto con quella di lei.
La radiolina sul comodino non emetteva alcun suono. Roland riposava nella stanza accanto, senza accorgersi di nulla.
 
  
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