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Autore: Shetani Bonaparte    27/09/2014    0 recensioni
“Logan…”
Indica qualcosa ai miei piedi: la spada.
“…promessa. Logan, pro…messa”
Mi alzo in piedi, sbatto un pugno sul muro e lo mando a fanculo senza motivo.
Promettimi che se diventerò come loro mi ammazzerai e che andrai avanti. Che ricomincierai.
Loki, te lo prometto. E ti prometto anche che la mia spada non si macchierà del tuo sangue.
Oh, bene. Ho fallito con tutte e tre le promesse perché non l’ho protetto e la mia lama rimarrà pulita e senza di lui non andrò da nessuna parte.
“Logan”
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è un mio piccolo esperimento. Spero vi piaccia.
Un bacione,
Shetani
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La specie umana non è in via d’estinzione a causa della Peste Nera, né per la Tubercolosi e nemmeno per l’Ebola.
La colpa è della Rabbia.
Sì sì, ridete pure. So già cosa pensate: ma la Rabbia è una malattia conosciuta, ma ci sono i vaccini. Cazzate.
Quella fottuta malattia si è evoluta sotto gli occhi degli scienziati e loro non se ne sono nemmeno accorti, gente!
Quindi ora gli infetti hanno il cervello danneggiato, il meta-talamo è andato a farsi friggere, tanto a quei bastardi non serve più la vista, e quei bastardi hanno fame, okay? Non fanno altro che mangiare.
Sapete, era bello quando il talamo era corrotto: rendeva i movimenti lenti e difficoltosi. Ma ora il genoma della Rabbia si è evoluto ancora, e i bastardi corrono e saltano.
Voi idioti li definireste ‘zombie’ e sapete che vi dico? Va bene, che zombie siano.
Non sperate di cavarvela solo perché avete visto ‘The Walking Dead’: certo, il cervello è il loro punto debole, ma si muovono in branchi, gli stronzi, quindi non è facile eliminarli.
Però magari potrete esser fortunati e incontrare i primi zombie, quelli ‘di vecchia generazione’: quelli sono i miei preferiti, lenti e idioti, facili da ammazzare e che vagano da soli, inciampando su se stessi.
No, se ve lo state chiedendo, no, non sono mezzi putrefatti e non perdono pezzi: un corpo deve essere intero per esser vivo. Lo so, lo so, ho detto che il loro punto debole è la loro testa di cazzo, ma, beh, se uno zombie ad esempio è senza cuore non circola – pessima battuta.
Non sono un dottore o uno scienziato, ma in fatto di zombie sono un esperto. E poi dicono che essere nerd non serve a niente.
Avevo con me un gruppo di superstiti. A loro ho insegnato tutti i trucchi del mestiere, ho dato loro un tetto sopra la testa, cibo, armi e protezione. Proprio qui, in questo piccolo bunker in mezzo ad una città fantasma. E loro come mi hanno ringraziato? Due settimane fa hanno preso l’uomo che amo, hanno lasciato che venisse morso dagli zombie attraverso la recinzione attorno al bunker, mentre dormivo lo hanno riportato in casa, hanno svaligiato la cucina e l’armeria e se ne sono andati.
Spero che siano stati sbranati, quei bastardi.
E ora il mio ragazzo è incatenato al tavolo della piccola infermeria che mi sono costruito, mentre soffre come un cane, e mi chiama per nome, e io non so cosa fare, non so come curarlo perché non ho né gli strumenti né le conoscenze esatte per una cura e lo so… lo so che dovrei sparargli in testa perché la cura non esiste, lo so che dovrei farlo morire e seppellirlo con onore, però… però lo amo e sono debole, e probabilmente lo terrò chiuso in quella stanza, e lo nutrirò come posso…
Abbiate pietà… vi prego, abbiate pietà… ho solo diciassette anni e sono disperato…
“Logan”
No, ti prego, no… no…
“Logan”
Invocherei Dio, se solo esistesse.
Oh, che sorpresa: Dio non esiste!
E non guardatemi così: lo ha detto Stephen Hawking, e se lui si fosse sbagliato a dire che prima del Big Bang non v’era né un tempo né uno spazio perché potesse esistere, basta che vi guardiate attorno! Quale Dio lascerebbe che i morti camminino sulla Terra? Quale Dio lascia l’Umanità in balia di se stessa?
“Logan”
Appena finisco di mettere una porta a grate di ferro al posto di quella dell’infermeria, mi avvicino a colui che mi chiama.
È pallido, sudato, trema ed ha la febbre. Carezzo i suoi lunghi capelli corvini, la sua pallida pelle e lui mi guarda e i suoi occhi… i suoi occhi. Erano così belli, un tempo, fino ad una settimana fa, d’un grigio delicato, ma ora sono ciechi. Bianchi come gli occhi della Morte.
Poggio una mano sul suo petto nudo e sento il suo cuore scalpitante come quando facevamo l’amore e lo facevo mio con forza e dolcezza assieme.
Poi il suo cuore fa un sussulto e smette di battere, il suo respiro si spezza e si spegne. Gli tolgo le manette dai polsi e glieli medico, dato che sono feriti dagli spasmi e dalle manette. Riempio il piccolo lavandino d’acqua, metto il coniglio che ho cacciato poco fa sul carrellino degli attrezzi medici che ora sono nell’altra stanza e gli poso un leggero bacio sulla fronte.
“Ti amo” gli dico.
Poi esco dall’infermeria, e chiudo la grata, e mi siedo a terra, attendo che ritorni e respirare. E che si alzi. Osservo mentre annusa l’aria attorno a se e me ne vado quando inizia a mangiare il coniglio come nemmeno le bestie fanno, grugnendo e gemendo.
Alcuni zombie ripetono qualche parola – una volta ne ho visto uno mentre canticchiava la sigla di Peppa Pig -, e questo, sfortunatamente, è il suo caso.
“Logan. Lo… gan”
Vado nel piccolissimo bagno e mi faccio una doccia fredda e mi guardo allo specchio: il mio fisico è stremato, oltre che muscoloso, e la mia è la faccia di chi non ha più motivo di vivere. I miei occhi azzurri sono cerchiati dalle occhiaie, quello destro è segnato da tre tagli oramai cicatrizzati che, fortunatamente, non lo hanno accecato e i miei corti e castano capelli sono scompigliati.
Con ancora l’accappatoio addosso, mi siedo nel liso divano rosso. È strano star seduto qui senza che Loki – no, non il Dio nordico, ma l’uomo che ora sta sbranando un coniglio – mi si accoccoli addosso mentre narro delle storie ai figli di coloro che ci hanno traditi e che lo hanno reso così.
“Lo…ga…n… Logan…”
Cazzo, cazzo, cazzo!!!
Mi prendo la testa tra le mani e piango, piango come un poppante. Non posso… non voglio ascoltarlo, quindi accendo la televisione – che, con le luci e quei pochi elettrodomestici che ho, funziona grazie ad un generatore elettrico appena fuori dalla porta – e inizio a guardare i DVD della serie classica di Star Trek, senza nemmeno seguire attentamente, tanto li so a memoria.
“LOGAN”
No…
Magari… magari mi sbaglio. Forse Dio esiste e questo è tutto uno scherzo, tutto un fottuto scherzo del Diavolo perché forse il Diavolo ha sconfitto Dio. Oppure è Dio perché il mondo è divenuto un Inferno.
 
È passata una settimana.
Non mangio da tre giorni. So che dovrei farlo, ma non ci riesco.
Cacciai per due giorni di fila ed riempii un borsone di conigli, topi e e qualche fringuello, curai l’orticello che mi son fatto, addirittura ripulii il centro commerciale qua accanto nonostante abbia come arma solo una spada simile a quella dell’elfo Legolas ed azzardai tanto solo per prendere tutti i fumetti presenti. Tutto per non tornare a ‘casa’ presto.
Apro il frigo e prendo il sacchetto delle patatine fritte che cucinai ieri, in mano ho anche una lattina calda e sgasata di Coca Cola. Mi siedo a terra accanto alla grata e osservo Loki camminare a destra e a manca. Probabilmente cerca una via di fuga.
I suoi movimenti sono frettolosi, agitati, ma mantiene sempre la sua grazia, la sua delicatezza, come se nulla fosse successo. Poi si avvicina a me, si accuccia e si siede a sua volta accanto alla grata e appunta i suoi ciechi oggi sulle patatine – che, così fredde e con la Coca Cola sgasata a cui le accompagno, fanno proprio schifo. Normalmente, me ne avrebbe rubata una e se la sarebbe mangiata sorridendo, facendo risplendere di divertimento quel suo bel viso femmineo.
Il suo sguardo si sposta sul mio viso, gli angoli delle sue labbra screpolate si sollevano appena.
“Lo-gan” dice, e poggia una mano sulla grata. “Logan…” e mi guarda. Mi guarda con insistenza.
E io ci provo, cavolo. Ci provo a non illudermi che m’abbia riconosciuto… ho visto madri divorare i loro stessi figli mentre li chiamavano per nome, ho visto di tutto, là fuori, e nulla che indicasse un minimo di coscienza negli zombie. Eppure…
“Logan”
Poggia solo due dita sulla grata – il medio e l’indice – e io faccio lo stesso, sovrapponendo le mie sulle sue. Lui guarda le nostre dita a contatto, quel bacio vulcaniano che ci scambiavamo per scherzo solitamente, da bravi trekker, percependolo però come reale. Non fa nulla, non prova nemmeno a mordermi.
“Lo…g…an…”
Sarebbe così facile infilare il braccio nella fessuro che uso per nutrirlo, farmi mordere e poter star con lui per sempre. Così dannatamente facile dimenticare tutto e tutti.
Ma non lo farò: voglio conservare il bel ricordo che ho di lui. Voglio vivere e poter raccontare a dei bambini sopravvissuti di com’era il mondo una volta, di come il mio migliore amico mi aiutò ad invitare a cena la più gnocca della classe e di come, alla fine, io abbia baciato lui.
“Logan…”
Indica qualcosa ai miei piedi: la spada.
“…promessa. Logan, pro…messa”
Mi alzo in piedi, sbatto un pugno sul muro e lo mando a fanculo senza motivo.
Promettimi che se diventerò come loro mi ammazzerai e che andrai avanti. Che ricomincierai.
Loki, te lo prometto. E ti prometto anche che la mia spada non si macchierà del tuo sangue.
Oh, bene. Ho fallito con tutte e tre le promesse perché non l’ho protetto e la mia lama rimarrà pulita e senza di lui non andrò da nessuna parte.
“Logan”
Apro la porta del bunker, è quasi l’alba.
“Logan”
Sospiro e prendo una decisione: se voglio vivere devo andarmene da qui per un po’ e cercare aiuto, ora che la maggior parte degli zombie è morta di fame o è stata uccisa dai sopravvissuti. Devo andare avanti. Devo mantenere le mie promesse e onorare la sua memoria.
Riempio un borsone con tutto ciò che mi potrà esser utile per il breve viaggio e tra le mani mi capita una pistola. È carica, ma non la uso perché il rumore li attira.
Però è efficace, veloce.
Con gli occhi lucidi, apro la grata ed entro nell’infermeria.
Loki si avvicina, sembra che stia mormorando qualcosa, forse una preghiera. Ma me lo sto di sicuro immaginando.
Potrebbe attaccarmi in qualsiasi istante, così punto la pistola verso la sua fronte.
“Logan”
“Mi dispiace, mi dispiace”
“Lo…gan…”
Premo il grilletto.
Blam.
E lui cade a terra, con il fantasma di un sorriso sulle labbra. Lo prendo in braccio e lo trascino sull’uscio. Mi siedo a terra, stringendomelo contro.
Lo cullo lentamente mentre sorge il sole, mentre piango.
E non è un pianto di disperazione, il mio, bensì di sollievo: è stata soddisfatta la mia necessità di una conclusione. Non m’ero accorto che averlo vivo ma non in se fosse così doloroso.
Lo seppellisco come posso, mi metto il borsone in spalla, impugno la mia spada ed esco dalla sicurezza del mio rifugio.
Il sole mi carezza la pelle ed è strano, sapete, mi sembra che sia Loki a carezzarmi. Mi sembra di riaverlo accanto, ora che la sua anima è libera da un corpo corrotto.
E le sue parole mi ritornano in mente: La vita dell’Araba Fenice risorge da una drastica morte.
Beh, amore, ti prometto che risorgerò.
Sorrido, come non facevo da giorni, godendomi l’alba.
L’alba di un nuovo inizio.
  
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