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Autore: httpjohnlock    28/09/2014    7 recensioni
“Ci sono persone con lo sguardo accattivante, quelle con lo sguardo dolce, quelle che danno l'impressione di stare sempre sulle nuvole, quelle con lo sguardo indifferente e... e poi ci sono quelle dallo sguardo infinito.”
 
* * *
 
“Non si fa toccare, Marco.
Non un bacio, non un abbraccio, non una carezza.
Parla poco, Marco.
Non mi dice più “Ti amo” né altre dolci o semplici parole ma comunica quasi solamente a gesti e a monosillabi.
Marco non è felice.
Si chiude in camera sua, a chiave, e inizia a singhiozzare. Lo sento tirare su col naso, fare delle piccole urla soffocate dai cuscini e piangere, piangere tanto.
Gli dico “Apri, te prego” ma lui non risponde.”
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XXVI


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Immergo la mano sinistra nella sabbia fredda e ne alzo un mucchietto.
La osservo. Osservo quei granuli giallognoli scivolare giù dal mio palmo, e confondersi tra i suoi simili.
Data l'ora, c'è solo un ragazzo intento a tirar su dei pesci, un uomo sulla trentina dal corpo massiccio e abbronzato che dovrebbe essere il bagnino, una giovane che osserva le onde e con maestrìa e precisione lascia che il pennello stretto nella mano crei la sua opera, un'anziana coppia che, l'uno tra le braccia dell'altro, contemplano il paesaggio di fronte ai loro occhi.
Una raffica di vento sibilante mi costringe - istintivamente - a tirar su le gambe al petto e appoggiarvici le braccia. E' novembre, non dovrei esser qui, ma il paesaggio marino è stata la prima idea che mi era saltata in mente per prendermi un giorno di relax. Il mare mi rilassa, e amo contemplare l'acqua infrangersi sugli scogli o semplicemente fare il suo viaggio in assoluta tranquillità.
C'è qualcosa di magico. C'è qualcosa di magico nella spiaggia.
Quel ragazzo è venuto qui per prepararsi una buona cena; la giovane dai lunghi capelli color mogano è qui per esternare il suo essere attraverso la pittura, mentre la coppia di sposi si è rifugiata in spiaggia per star tranquilli con il loro amore.
Il cielo, dalla tonalità arancio-oro emana una flebile luce sul manto azzurrino dell'acqua e un particolare senso di pace.
Sposto lo sguardo verso quei due innamorati e mi pare di rivedere me e Mika.
Spero ancora che lui venga accanto a me e mi abbracci, dicendomi con il suo buffo italiano e mostrandomi i suoi incisivi e quelle due fossette, che possiamo ritornare insieme. Per sempre.
Ma accanto a me c'è solo quel ragazzo con l'amo da pesca tra le mani.
«Non stai molto bene, vero?» mi chiede, guardandomi. Lentamente mi volto verso lo sconosciuto, per poi scrollare le spalle. Ha un viso molto dolce: la mascella abbastanza definita, il naso piccolo, le labbra sottili, una leggera barbetta e i capelli coperti da un cappello di lana grigio mentre un ciuffo castano è poggiato sulla sua fronte.
«Sai, vengo spesso qui; trovo sempre persone diverse: bambini, uomini, donne, ragazzi di cui adoro conoscere le storie. Ne hanno tutti - o quasi - una particolare, bella o brutta che sia, e credo che anche tu ne abbia una.» afferma con convinzione. Poggio il mento sull'avambraccio e sposto le pupille verso il basso. Non so cosa dire. «Io sono Federico, tu?» mi chiede, accennando un sorriso. «Marco» rispondo. Non lo guardo negli occhi, ho paura di sapere cosa ci sia dietro quel suo sorriso apparentemente allegro.
Incrocio le gambe sulla sabbia e inizio a torturarmi l'unghia dell'indice destro. Sono imbarazzato.
«Ti ha lasciato la persona che ami.» dice, d'un tratto, dopo qualche secondo di silenzio. Di scatto alzo la testa e mi volto verso di lui, il quale emette una leggera risatina, guardando di fronte a lui. «No, non sono un indovino. Ti si legge in faccia.» dice. Sono ridotto così male? A quanto pare sì.
«Una persona ha minacciato di uccidere il mio ragazzo, se non l'avessi lasciato.» confesso, mentre un brivido mi percorre la schiena. «Lo amavo... anzi, no, che dico: io lo amo ancora. Cazzo se ne sono innamorato. Se solo quel bastardo non si fosse intromesso nella nostra vita...» mi blocco. Sento un fastidioso nodo alla gola e deglutisco scacciando via le lacrime che forzano la loro fuoriuscita.
«Mia moglie è morta, un anno fa. L'hanno buttata sotto un'auto.»
Un gabbiano si libra in aria maestoso, sfiorando con le zampe il pelo d'acqua. Si possono udire i suoi versi acuti. Si rialza, volteggia nell'aria e si allontana verso l'immensità del cielo.
«Mi spiace tanto» sussurro. «Sai, litigavamo spesso, anche se amorevolmente, perché lei desiderava tanto avere una femminuccia mentre io un maschietto. Le piacevano tanto i cadevani e venivamo ogni tanto qui a cercarli; sono pesci che si acciuffano difficilmente, perciò lei iniziava a lamentarsi come una bambina. Si chiamava Rosa, ma si faceva chiamare da tutti Rose. Era bellissima, era una vera e propria dea. Quei suoi capelli color cioccolato lisci come seta, quei suoi occhietti vispi e quelle sue labbra delicate mi facevano impazzire. Mi faceva sempre ridere, ed era di una dolcezza e fragilità molto rara. Per sette anni mi ha fatto sentire l'uomo più fortunato del mondo. Sai perché ti sto dicendo questo? Guardami: sono ancora qui, sereno, per quanto sia possibile esserlo. Sono convinto che lei sia qui, a vegliare su di me e sui miei sogni, aspettando il mio arrivo, lì, dove non esiste sofferenza né dolore. So come ti senti: solo, perso in un vicolo buio pieno di muri che ti impediscono di passare; ma tu sei più forte di loro, devi abbatterli. Ti senti frantumato in piccoli pezzetti di valore nullo. Sono sicuro che il ragazzo di cui sei innamorato ti starà pensando, anche se si farà una nuova vita. Il mondo è ingiusto, ragazzo mio. La vita spesso è una merda, ma dobbiamo cercare di continuare il nostro viaggio, con o senza le persone che amiamo.» Il mio corpo è ormai scosso dagli spasmi e le mie guance sono appiccicose dalle lacrime che sono scivolate giù, ma che restano impresse sulla pelle bruciando come ferite aperte e ricordandomi i motivi per cui sono scese. Federico si alza, per poi tornare dopo qualche secondo. «Tieni, prendi, ti aiuteranno.» Mi mostra una bottiglia di vetro dal collo stretto, un foglio di carta e una penna sottile. Con la manica della felpa verde mi strofino gli occhi e guardo confuso quegli oggetti, «Cosa sono?» chiedo. «Una mazza da scopa. Secondo te? Scrivi una lettera, infilala nella bottiglia e gettala nel mare. Lui saprà dove trasportare i tuoi pensieri. Scrivo spesso a Rose, quando sento particolarmente la sua mancanza.» dice, sorridendomi. Questa volta il mio sguardo è nel suo, e mi basta un attimo per vedere cosa nasconde: tristezza, paura del futuro, ma anche speranza, è questo quello che riesco a leggere in quelle due iridi color nocciola, improvvisamente quasi neri come il carbone. Guardo quei tre oggetti indeciso sul da farsi. «Su, forza» insiste il ragazzo. Prendo dalle sue mani quelle valvole di sfogo e le poggio sulle gambe. «G-grazie» sussurro alzando un angolo della bocca. Lui alza le spalle e sorride formando delle simpatiche rughe d'espressione ai lati degli occhi.
 
* * *
 
#spaceofthewriter
No, non mi hanno rapito gli alieni.
So che non aggiorno da una vita,
ma per colpa della scuola non sono riuscito a trovare un'oretta per scrivere ç.ç
Questo dovrebbe essere l'ultimo capitolo, e lo è; è solo la prima parte.
Ho deciso di dividerlo in due parti perché era davvero troppo lungo.
Spero vi piaccia, anche se è un po' corto.
Alla prossima c:
xo
  
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