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Autore: nat1982    07/10/2008    1 recensioni
Una storia di rapimenti, di amori perduti e amori trovati, un segreto mondiale che potrebbe portare all'estinzione totale dell'umanità. Anthony Seller si ritroverà senza volerlo in un'avventura senza precedenti che lo costringerà a prendere decisioni pesanti, a volte contro la propria volontà.. insomma da leggere tutto d'un fiato!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il cielo piange
Erano le 17.56, dopo un'estenuante giornata di lavoro, anthony parcheggiò davanti casa la sua mini cooper S e scese dalla macchina inserendo l’allarme tramite il telecomando. Quando si apprestò ad infilare la chiave nella serratura della sua porta notò che era già aperta. La cosa lo insospettì molto. Lentamente, entrò in casa, si accorse di un’insolita atmosfera.
    «Christen!» chiamò la moglie a voce alta.
«Christen, tesoro come mai hai lasciato la porta aperta?» Silenzio.
«Dai amore non farmi questi scherzi lo sai che sono una persona apprensiva».
Anche questa volta nessuna risposta. Si recò in cucina, era come l'aveva lasciata, in bagno, nulla e in salotto era tutto normale, tutto tranquillo, troppo tranquillo. Salì al piano di sopra dove si trovava la stanza da letto, la camera degli ospiti e un altro bagno. Il cuore gli batteva a mille, sentiva che c'era qualcosa di strano. Spinse delicatamente e come fosse intimorito la porta della camera da letto. Gli occhi perlustrarono la stanza in pochi attimi finché la sua attenzione non fu catturata da un oggetto scuro dietro il letto, sembrava essere un piede che spuntava. Si precipitò in direzione del piede e sentiva che stava per piangere. Dietro il letto la visione che ebbe fu davvero atroce. Un corpo, senza vita, carbonizzato dalle fiamme, disteso, a tratti consumato atrocemente dal calore, brandelli di vestiti ormai bruciati coprivano poche zone del corpo, il suo sguardo si posò subito sull'anello portato all'anulare della mano sinistra. Anthony lo sfilò piano, già con le lacrime agli occhi, guardò verso l'alto quasi ad invocare un intervento divino.
«Dio ti prego, fa che non sia lei, non può essere, non può essere..»
La sua voce era strozzata dalla sofferenza. Guardò in controluce nelle pareti interne dell'anello, c'era una scritta “Anthony 1980”. Il dolore era talmente forte che strozzava il suo pianto, inizialmente il respiro diventò affannoso, gli occhi grandi e la bocca spalancata dallo stupore. Si avvicinò le prese la testa e se la strinse al petto. La scosse, la chiamò, urlò il suo nome con tutta la voce che aveva in corpo, quasi speranzoso di poter ancora salvare la sua amata in un disperato tentativo anche se era ormai evidente che lei non potesse mai più riaprire gli occhi. Anthony desiderava morire, non voleva credere che tutto fosse vero, sperava di svegliarsi all’improvviso dal peggiore dei suoi incubi e trovare sua moglie accanto a lui, addormentata o che lo guardava sorridendo, come faceva sempre, quando si svegliava prima di lui. Purtroppo era la cruda realtà. Si fiondò verso l’uscita quasi come voler sfuggire da un incubo, uscì da casa sbattendo la porta alle sue spalle senza neanche preoccuparsi di chiudere o di mettersi in contatto con la polizia. Prese la macchina e iniziò a girovagare, senza una meta, incurante della minima regola del codice stradale. Lo scroscio incessante della pioggia sul tettuccio della macchina rendeva la serata ancor più angosciante. Piangeva dalla disperazione e dalla rabbia, aveva gli occhi appannati dalle lacrime e vedeva solo i fari delle automobili che incrociavano il suo amaro percorso e che spesso suonavano perché invadeva la corsia opposta. Un grosso tir si presentò davanti alla sua corsa, molto probabilmente fu Anthony ad invadere la corsia opposta, lo vide all’ultimo, frenò, l'asfalto bagnato non aiutò la frenata e la macchina scivolava versò il tir di sbieco. Anthony pensò che fosse la sua fine, pensò che forse così avrebbe rivisto sua moglie, pensò che forse doveva proprio finire così. Chiuse gli occhi per un millesimo di secondo e senti la voce di sua moglie che lo chiamava, ma non era calma, urlava.
    «..ANTHONY!»
La sua lucidità lo pervase proprio un millesimo di secondo prima dell'impatto. Gli ultimi tre, quattro secondi sembravano durare un'eternità, sembrava una scena al rallenty di quelle che si vedono nei film. Sterzò violentemente cercando di evitare il camion e riuscì nel suo intento ma perse il controllo dell’autovettura e inevitabilmente finì contro un albero ai margini della carreggiata. Scese dall’automobile, il labbro inferiore gli sanguinava ma, nonostante tutto, era uscito incolume dall’incidente. Il camionista si fermò e scese per sincerarsi delle condizioni di Anthony, si stava avvicinando quando lui cominciò a correre in direzione del bosco, versando lacrime amare, lacrime di un uomo ferito, quelle lacrime che prima d’ora non aveva mai provato a versare. Quando iniziò a mancare l’ossigeno, si accasciò per terra, in ginocchio sull’erba bagnata dalla pioggia che non accennava a smettere. Sembrava che anche il cielo stesse piangendo la perdita di Christen. Urlava, piangeva e singhiozzava e intanto batteva i pugni per terra. Era distrutto dalla fatica, sdraiato a faccia in su, vedeva le goccie di pioggia che cadevano dal cielo, un cielo scuro, cupo che andava schiarirsi, diventava sempre più chiaro, stava diventando tutto bianco e ad un certo punto, il buio. Senza fiato e disperato, i sensi, lentamente, lo abbandonarono in mezzo ad un prato zeppo di erba fradicia e svenì.
..resterai sempre uno stupido, fragile, fifone.. stupido, fragile, fifone.. stupido, fragile, fifone..
Un bagliore di fioca luce gli accarezzava il viso e lo svegliò dal profondo sonno. Aveva ancora avuto gli incubi. Era indolenzito per aver dormito su una dura superficie e aveva il labbro molto gonfio a causa della botta della sera prima. Guardò l’orologio, erano le dieci e quarantacinque. Ci volle qualche minuto per realizzare la particolare situazione e rendersi conto di quello che gli era capitato il giorno precedente. L’incazzatura del suo capo per l’ennesimo ritardo era l’ultima delle sue preoccupazioni in quel momento. Quando riprese conoscenza e iniziò a distinguere tra sogno e realtà, si accorse che non era nello stesso luogo dove la sera prima si era addormentato. Si trovava in una stanza piena di marchingegni strani e di luci che continuavano ad accendersi e spegnersi simultaneamente. Pensava di essere finito in un magazzino vuoto e abbandonato di qualche laboratorio o industria. Uno scricchiolio lo riportò alla realtà, l’unica porta presente nel locale si stava aprendo ed Anthony, che non si era ancora alzato in piedi, ma giaceva sul pavimento, ebbe un riflesso incondizionato, quasi involontario. Si nascose dietro ad uno di quei macchinari. Fece in tempo a distinguere uno stivale. Si rigirò di scatto, e portò la testa fuori dal raggio di visione dell'individuo temendo che potesse essere visto. Una voce echeggiò nella stanza:
    «Anthony, vieni fuori!»
  
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