Capitolo 4
Lo scontro
Casside si avvicinò e tirò Arren per un braccio
verso l’uscita. Ariel lanciò
uno sguardo sconvolto verso Core
-“è
stata lei…”-
sussurrò –“ci avrà sentiti e
lo avrà portato qui.”- disse più a se
stessa che a
lui.
-“ti
giuro che se è così non la passerà
liscia questa volta”-
strinse un pugno il bruno.
Fuori
dall’ospedale c’era uno splendido parco verde, con
diverse fontane con sculture dedicate agli eroi storici, Casside teneva
stretto
Arren per un braccio poco dopo di loro camminavano Core e Ariel;
arrivati nei
pressi di uno spiazzo decisamente poco affollato i quattro si
fermarono. Arren
era a braccia conserte e non diceva una parola. Fu Core a rompere il
silenzio e
a sbloccare la situazione.
-“Dovete
parlare”- il ragazzo dagli occhi ametista si
allontanò da Ariel –“in
privato”- aggiunse.
-“non
ho niente da dirle”- scostò lo sguardo Arren
seccato.
Casside aspettava a braccia conserte accanto al biondo.
Core si
avvicinò a lui e lo tirò per un braccio
-“non fare
l’idiota”- gli disse a denti stretti a bassa voce,
dopodiché prese Casside per
un braccio. –“anche noi due dobbiamo
parlare”- detto questo la trascinò lontano
lasciando quei due da soli, in silenzio.
Ariel si
avvicinò ad Arren e lui la scansò facendosi
indietro, Ariel si sentì rifiutata, in imbarazzo
arretrò anche lei.
-“se
non l’avessi visto con i miei occhi non ci avrei mai
creduto.”- aggiunse poco dopo.
La tensione era
tangibile, il cuore di Ariel palpitava
violentemente in petto quasi potesse scoppiare da un momento
all’altro, aveva
bisogno del sostegno di Arren, non ce l’avrebbe mai fatta
senza la sua
presenza, aveva bisogno di lui ora più che mai.
-“non
hai capito niente”- cercò di sorridere ma quello
che ne
uscì fuori fu un’espressione abbattuta.
-“spiegami
tu allora… cosa ci facevi in ospedale con mio
fratello? Perché quel medico ha detto a Core che
diventerà padre? Non trattarmi
da stupido Ariel!”- le disse lui in tono amareggiato con una
punta di veleno.
-“se
fai lo stupido ti tratto da stupido! Non ti fidi di me?!
Perché se le cose stanno così potevamo anche
evitare di sposarci!”- adesso era
lei che aveva alzato la voce; aveva gli occhi arrossati e i pugni
stretti.
“NON
è QUESTIONE DI FIDUCIA Ariel!” – le
gridò risentito. –“
ma non posso negare quello che ho visto e sentito! Mi sento tradito e
preso in
giro!”- si sfogò con lei.
Ariel pianse
-“gli avevo solo chiesto di accompagnarmi perché
avevo paura della visita del dottore.”- ammise lei
allontanandosi, era arrivata
al suo punto limite, con quegli occhi verdi fissi su di lei che la
scrutavano
con severità non ce a fece più e
crollò in un pianto liberatore.
-“perché
non lo hai chiesto a me?”- le rispose seccato.
–“sono io tuo marito non lui”.
-“non
volevo illuderti… se il dottore avesse dato una
risposta negativa non volevo ci rimanessi male.”- gli rispose
tra i singhiozzi.
Come da un
brutto sogno Arren prese coscienza della
situazione, ma cosa stava facendo?
-“Ariel…”-
le sussurrò in tono mite rendendosi finalmente
conto di quello che era successo, sua moglie era a qualche metro da
lui, mai
come in quel momento le era sembrata così fragile e
vulnerabile, aveva promesso
a se stesso di difenderla da chiunque avesse osato farle del male e
adesso
aveva infranto la sua promessa; lui che doveva proteggerla
l’aveva ferita più
di tutti.
-“va
via”- lo scacciò lei voltandosi dalla parte
opposta
tentando di darsi un contegno.
Arren non
l’ascoltò e si avvicinò piano
accorciando le
distanze, come fosse un animale ferito, come se non volesse farla
fuggire. –“mi
dispiace… ho perso il controllo.”-
Cercò i suoi occhi azzurri terribilmente
sfuggenti e finalmente li trovò a specchiarsi nei suoi.
Sembrava distrutta, ma
non poteva credere di essere stato solo lui la causa di quel suo crollo.
No c’era
anche dell’altro.
–“noi”-
iniziò –“io e
te”- rettificò a scanso di equivoci;
Ariel lo fissò dritto negli occhi, avrebbe voluto nuotare
verso di lui,
stringerlo forte e piangere, perché non poteva colmare quel
metro che li
separava e cercare conforto nelle sue braccia? Cosa aveva fatto per far
si che
ciò succedesse? Non riusciva a darsi una risposta e da
quando quelle tre parole
erano entrate nella sua vita quella mattina si era sentita ancora
più
sprofondare nell’ignoto. Non si sentiva pronta a diventare
madre, c’erano
ancora molte cose che voleva fare, un figlio non rientrava nelle sue
priorità,
era ancora troppo presto… si era cacciata in una situazione
più grande di lei e
questa volta non c’era via di scampo.
Nemmeno Arren
avrebbe potuto salvarla. Non questa volta.
-“aspettiamo
un bambino”- proferì infine aspettando una sua
reazione.
Arren la
guardò meravigliato, lei tentò di abbozzare un
sorriso ancora incerta.
–“io…”- iniziò lei.
-“noi…
tu sei … cioè”- Si portò una
mano fra i capelli
–“avremo un figlio…?”-
incapace di rispondere Ariel annuì semplicemente.
Arren
azzerò la
distanza che c’era tra di loro e la strinse forte a
sé. –“come ho potuto anche
solo pensare che…”- sussurrò lui non
terminando la frase.
–“io
amo solo te, mi
ferisce il fatto che tu abbia avuto dei dubbi”- disse
stringendolo di più,
chiudendo forte gli occhi. Sentiva dentro una tempesta di emozioni e
sentimenti, adesso Arren lo sapeva, non doveva più sostenere
la situazione da
sola. Finalmente quel contatto tanto agognato era
arrivato.–“Arren ho paura”-
sussurrò
dalla sua spalla. Il ragazzo le accarezzò la schiena
cercando di calmarla. –“Ti
giuro che non ti sentirai più sola nemmeno un istante,
affronteremo questa cosa
insieme”– detto
questo baciò la
ragazza sulle labbra, avrebbe voluto cancellare quello che aveva fatto,
avrebbe
voluto farle capire che ci sarebbe stato sempre per lei, chiederle
scusa per
essere stato così geloso da non vedere l’evidenza,
ma in quel momento le parole
erano futili le avrebbe dimostrato ancora una volta con i suoi gesti
quanto
l’amava.
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-“perché l’hai fatto?”- Core
era molto arrabbiato.
-“fatto
cosa?”- negò la ragazza con aria innocente.
-“avanti
Cassy, non venire a raccontarmi che Arren si è
trovato nell’ospedale in cui siamo venuti oggi per pura
coincidenza perché non
ci credo”.-
-“è
una coincidenza infatti”- la ragazza dai capelli
arancioni alzò le spalle incurante. Core la fissò
severamente.
-“tu
non hai idea dei guai che le stai procurando”-
A Cassy
scappò un sorrisino. –“lei lo conosce da
troppo poco
tempo, non è colpa mia se non sa gestire la
situazione”- la schernì.
-“Sono
affari loro Casside! Non puoi e non devi intrometterti
nella loro vita. Sono sposati e si amano! Non sei nessuno per
giudicarli!”- le
gridò arrabbiato. La ragazza si offese.
–“lui non me ne ha fatto parola! Non mi
ha detto nulla, è tornato con quella lì, non puoi
pretendere che io non faccia
niente!”-
-“ma
tu non DEVI fare niente!”- perché quella ragazza
si era
messa in testa di creare problemi alla moglie di suo fratello?
–“perché anziché
ostacolare Ariel non ti congratuli con lei? È una brava
ragazza e se volessi
davvero bene ad Arren saresti felice per lui!”- finalmente le
disse quello che
pensava veramente, fu la risposta che lei gli diede che lo
lasciò basito.
-“…ma
io l’amo”- sussurrò sciogliendo le
braccia lasciandole
ricadere lungo i fianchi. –“non potrò
mai perdonarglielo”- continuò serrando i
pugni.
-“cassy”-
Core era sconvolto dalla rivelazione, come aveva
fatto a non accorgersene? –“quei due si amano
è un dato di fatto, non puoi far
niente per separarli.”- tentò di farla ragionare.
-“ non
importa io farò di tutto per”- non la fece
terminare.
–“Se le cose stanno così, se farai
veramente qualcosa che possa nuocere a Ariel
o Arren farai a meno della mia amicizia, perché sappi che
non te lo perdonerò
mai.”-
-“Core
ma”- obbiettò lei.
-“no
Casside, tu non hai idea di cosa abbiano passato quei
due, non ti permetterò di immischiarti nelle loro vite per
la tua stupida gelosia”.
–
-“a te
sta bene la situazione vero?”- sbottò di rabbia
lei.
–“ pensa se fossi stato innamorato di una persona
che conosci da molto tempo e
poi ad un tratto scopri di non essere mai stato niente per lei! Come ti
sentiresti?!”-
-“probabilmente
come mi sento adesso”- aggiunse sottovoce.
Non poteva cadere nei suoi trabocchetti, capiva esattamente cosa stava
passando
Casside, perché anche lui era innamorato di una persona che
non lo ricambiava.
–“Arren”- riprese convinto di non voler
perdere quella partita –“l’ha seguita
fin sulla terra per conquistare il suo amore”-
parlò sottovoce perché persino
per lui risultava assurdo tramutarsi in un umano
e andare sulla terra ferma. –“pure io
l’avrei fatto!”- esclamò convinta la
ragazza. –“sulla terrà Ariel contratte
una malattia mortale e lui la salvò
rischiando la sua.”-
-“per
amore si fa tutto!”- scherzò lei prendendo tutto
quello
che Core le diceva come un gioco.
Ormai gli era
rimasta un ultima carta da giocare, sperava
ardentemente che Casside non fosse così sfrontata da
rispondergli anche questa
volta. –“ti metteresti in mezzo ad una coppia anche
se sapessi che aspettano un
bambino?”- Questa volta Core centrò
l’obiettivo, Casside trasalì.
–“Ariel
è…incinta?”-
-“si,”-
annuì lui.
Da lontano Core
anche se non sentiva potè comunque vedere la
scena, loro che litigavano, Ariel piangere, Arren sgomento e poi un
abbraccio,
un sorriso, un bacio. Avevano fatto pace. Quella ragazza era
l’unica che
potesse essere adatta a suo fratello, in qualunque situazione si
trovasse
sapeva sempre come prenderlo per il verso giusto, per non parlare che
da quando
si erano rincontrati era molto maturato e cresciuto.
Ariel e Arren
adesso stavano venendo verso di loro, le mani
intrecciate quasi non volessero staccarsi più, sembrava
quasi assurdo, a dir
poco impossibile, lui stesso stentava a credere ai propri occhi; pareva
proprio
che quei due s’amassero ancora più di prima.
-“non
ti salverò”- gli disse lui.
-“cosa
intendi dire?”- rispose Cassy
-“non
ho intenzione di giustificare i tuoi errori dato che
non ti rendi nemmeno conto di commetterli!”-
Arren e Ariel
s’avvicinarono e finalmente il quartetto fu di nuovo
al completo.
-“avete
risolto?”- chiese Core in tono tranquillo, era
evidente che l’avessero fatto.
-“si”
– Attirò dolcemente a se la moglie e la
circondò con un
braccio con fare protettivo. –“ti avrei volentieri
strangolato Cornelius ,
riconosco che non sono proprio stato in me per i primi 10 minuti. Ma
adesso è
tutto risolto.”-
-“Fratellino,
per quanto tua moglie possa essere bella e
dolce non mi sarei sognato mai di fare qualcosa che potesse farti
infuriare.”-
Arren rise –“Certo ovviamente se l’avessi
conosciuta prima io dubito si sarebbe
messa con te…”- continuò ironico il
corvino provocando le risa di tutti eccetto
una.
Arren rivolse un
altro sguardo ad Ariel, -“non succederà mai
più”- scandì a voce alta fissandola
dritta nelle iridi celesti ancora un po’
arrossate per il pianto.
-“
però tutto questo malinteso non sarebbe successo se tu non
fossi stato condotto qui casualmente”-
disse Ariel guardando Casside,
non gliel’aveva perdonato era solo colpa sua se si era
ritrovata a litigare con
Arren. –“tu ci hai spiati l’atra notte in
cucina!”- l’accusò lei risentita.
-“no
non vi ho spiati! Ma dopo che ti sei presa la libertà di
gridare nel bel mezzo della notte, non sono riuscita a prendere sonno
tanto
facilmente!”- la ragazza fulva reagì, sicuramente
era in minoranza, era
evidente che avesse torto, ma ciò non le impediva di
combattere ugualmente,
anche se la causa sembrava persa
in partenza bisognava sempre dare il massimo; così le era
stato insegnato.
-“Arren
come avrai capito era solo un malinteso, Ariel voleva
solo essere accompagnata da qualcuno”- iniziò Core.
-“qualcuno…che
non fossi tu!”- punzecchiò Casside poco prima
di ricevere un sguardo truce da parte del moro.
Ariel teneva
stretta la mano di Arren, gli rivolse uno
sguardo interrogativo ma lui era certo ormai di quello che stava per
fare –“non
sta a te intrometterti nelle nostre questioni, Casside. Sono faccende
che
riguardano me e Ariel, sei pregata d’ora in poi di starne
fuori.”- Dopodiché
rivolse la sua
attenzione nuovamente
verso il fratello.
-“Credevo
di essere la tua migliore amica! Credevo volessi
sempre la sincerità dalla persone che ti stavano intorno, a
quanto pare Ariel
ti ha ben abituato a non fare caso alle bugie che ti
racconta!”- gli gridò
contro.
-“Ora
basta CASSIDE!”- contro ogni aspettativa fu Core ad
intervenire. –“sono stanco di questa tua continua
gelosia nei confronti di
Ariel, se non sei in grado di gioire con noi è meglio per te
che non ti faccia
più vedere!”-
Il silenzio
piombò fra i quattro. La ragazza dai capelli
arancio guardò piena di risentimento Core, credeva che fosse
suo amico, ma un
amico non l’avrebbe trattata così, non le avrebbe
detto quelle cose…
Ariel intervenne
in un sussurro. –“non volevo causare
così
tanti problemi, mi dispiace sia andata così”- con
un gesto istintivo si portò
la mano sul ventre, quasi a voler proteggere il suo bambino da tutta
quella
cattiveria. –“forse sarebbe stato meglio se non
fossimo venuti…”-
-“no
Ariel, non lo pensare nemmeno; è una gioia per tutta la
famiglia averti qui, specialmente adesso che sapranno di avere un
nipotino…”-
-“hai
ragione”- riprese a parlare Casside
–“sarebbe stato
meglio che tu non fossi mai venuta!”-
Sotto gli occhi
sgomenti di tutti la fulva continuò –“
io non faccio parte della famiglia, né mai
lo sarò; perché io non
sono in grado di
mentire; non sono in grado di fingere di essere felice per
voi.”- detto
questo la ragazza dalla coda fiammeggiante voltò spalle e
nuotò velocemente
via, lasciando da soli i tre ragazzi ancora stupiti per la reazione
eccessiva
della ragazza, un tempo loro amica.
Ariel si
avvicinò a Core. –“grazie per avermi
difeso”- fece
una pausa e lo osservò, era impossibile non notare la sua
espressione, era
impossibile non capire che quel ragazzo provava qualcosa per Casside.
–“Spero che
un giorno lei lo capisca”-.
Ariel e Arren
nuotarono via, avevano un bel po’ di cose di
cui parlare perlopiù riguardanti il bambino.
Udite quelle
ultime parole sul volto del ragazzo si dipinse
un’espressione acerba, era convinto di averlo celato al
meglio, era convito di
essere stato cauto e invece a quanto pare Ariel l’aveva
intuito. Anche lui si
allontanò dallo spiazzo ritornando verso casa, con una fitta
al cuore, da solo.
Dove prima c’erano
quattro ragazzi adesso non c’era più
nessuno; da qualche parte per le strade della città vagava
una sirena con lo
sguardo assente, anche lei rimasta da sola non per scelta questa volta,
ma per
orgoglio.