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Autore: difficileignorarti    29/09/2014    3 recensioni
Lui non c’era più da quasi un anno; se n’era andato, così, dal nulla.
Questo le aveva lacerato l’anima e distrutto il cuore.
Ma le mancava, da morire; ma aveva comunque paura, perché ora che stava cominciando a vivere di nuovo, cercando, comunque, di lasciarlo da parte, lui sarebbe ricomparso, lei lo sapeva, se lo sentiva.
Quello che lei non sapeva, era che lui era tornato, e che la stava osservando da lontano.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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23.







 
Sia i genitori di Emmeline e sia la madre di Tom, erano rimasti sorpresi alla notizia della gravidanza, ma alla fine erano più che felici di diventare nonni.

Erano rimasti da loro qualche giorno ed entrambe le madri avevano dato consigli a Emmeline, e oramai le uscivano dalle orecchie: “devi mangiare per due, dormire per due, non devi stancarti troppo, non fare sforzi eccessivi, non prendere su cose troppe pesanti, per quello c’è Tom” e poi continuavano con altre cose, ma lei aveva deciso di smettere di ascoltare, le scoppiava la testa.

Per non parlare di quando le avevano parlato del parto, del dolore, soprattutto parlando di un parto naturale, proprio come lo voleva la ragazza: anche se le stavano venendo i dubbi e una grossa quantità di paura aveva preso spazio all’interno del suo corpo; le era venuta addirittura voglia di prendersela con Tom per averla messa incinta, perché le sarebbe toccato soffrire.

Alla fine aveva realizzato che era una stronzata abnorme e che non vedeva l’ora di stringere suo figlio tra le braccia, perdersi nei suoi occhioni e piangere di gioia.

E non solo: avevano detto loro di cominciare a prendere le cose per il futuro bambino o bambina, di preparare la cameretta, di scegliere i colori, i vestitini, le tutine.

Le veniva da sorridere ripensando alle loro parole: non lo avevano fatto vedere a nessuno, ma già stavano lavorando alla cameretta; nel tempo libero, passavano ore in diversi negozi, o in casa a montare le varie cose, come il lettino.

Era divertente guardare Tom dipingere i muri della cameretta: avevano scelto un colore neutrale, che poteva andare bene con entrambi i sessi, un color tè verde chiaro; era piaciuto ad entrambi e ne erano contenti.

Tom era buffo nelle vesti d’imbianchino, si sporcava ogni due secondi, per questo si era convinto ad indossare qualcosa di vecchio ed estremamente usurato, mentre Emmeline, seduta su un cuscino sul pavimento, lo osservava, ridacchiando e facendo qualche battutina: alla fine finivano sporchi entrambi, più lei lo stuzzicava, più lui si divertiva a sporcarla; e ridevano, spensierati, felici, innamorati, come ogni coppia che viveva la loro stessa e identica situazione.

«Oggi è il dieci, hai fatto la foto?» le chiese Tom, ammirando il muro appena dipinto, notando, però, di averne dimenticato un piccolo pezzo.

La ragazza sorrise, avvolta in una delle maglie vecchie e larghissime del suo uomo: aveva scoperto di essere incinta il dieci di cinque mesi prima, e ogni mese, in quel giorno, si faceva una foto, di profilo, mostrando la pancia e il cambiamento; lo aveva visto fare da diverse star su Instagram, loro lo facevano per moda e per mostrarsi, lei lo faceva per ricordare e per attaccarle sull’album di fotografie dedicato al loro piccolo.

«Si» annuì raggiante, portando lo sguardo su Tom che, come immaginava, si era macchiato di nuovo. «Non ce la puoi proprio fare, eh?» chiese lei, alzandosi, avvicinandosi a lui, che la accolse tra le sue braccia, contento.

«No, ma tu mi ami anche se sono così pasticcione e maldestro» mormorò lui, poggiando le labbra su quelle della ragazza.

«Ti amo proprio perché sei così» confermò la ragazza, sorridendogli, baciandolo di nuovo. «Quando mi sono innamorata di te, mio caro Kaulitz, ho accettato di amare ogni tuo difetto e ogni tuo pregio, qualsiasi essi siano» sorrise dolcemente, stringendo le braccia intorno alla sua vita, abbracciandolo meglio che poteva: la pancia che cresceva stava diventando ingombrante.

«Tu sei stata la mia benedizione del cielo, piccola, non mi stancherò mai di dirtelo» mormorò piano, baciandole la fronte teneramente. «Non smetterò mai di amarti, di proteggerti, di cercare di renderti felice» le disse, spostando i baci sulle sue guance, facendola ridacchiare.

«Sei tutto quello che voglio» disse nuovamente lei. «Non so quante volte io debba ripetertelo, Tom» sorrise lei, portando le braccia intorno al suo collo, mettendosi sulle punte, per arrivare a sfiorare il naso del ragazzo. «La mia vita mi piace così com’è, e sono contenta che tu ne faccia parte» sorrise dolcemente e lui ricambiò, prima di intrappolare, di nuovo, le labbra della ragazza in un bacio.


 
***


«Ma li hai i soldi per comprarle un anello di fidanzamento?» chiese curioso Georg, intento a mangiare un panino con dentro mezzo frigorifero di casa Kaulitz.

Tom alzò lo sguardo su di lui e fece una smorfia disgustata: gli veniva da vomitare solo a guardarlo.

«Gli ultimi quattro mesi di stipendio li ho risparmiati, spero siano sufficienti» mormorò, passandosi le mani sul viso. «Non voglio prenderle qualcosa di poco valore come ho fatto con le fedine, voglio qualcosa di bello e raffinato come lei, qualcosa di duraturo come la nostra relazione» disse sorridendo e poi sbadigliò poco elegantemente, appoggiando la testa sul tavolo.

Era stanco morto, aveva bisogno di dormire, tanto bisogno di dormire.

«Ti accompagnerò, se vuoi» si offrì Georg sorridendogli. «Hai delle occhiaie assurde, fai paura Tom, hai dormito?» chiese, ridacchiando.

Il moro alzò la testa, lanciandogli uno sguardo assassino: era vero, si era guardato allo specchio e aveva un aspetto pessimo.

«Emmeline è rimasta sveglia gran parte della notte, si girava continuamente, mi parlava, non mi ha lasciato stare un attimo, e poi le è presa una voglia assurda di qualcosa che non mi ha detto, ordinandomi di andare a prenderlo» Georg scoppiò a ridere, ricevendo un calcio da parte dell’amico che lo fece tacere. «Non c’è niente da ridere, voglio vedere quando toccherà a te e a Ellen, poi riderò io» borbottò Tom, facendo arrossire l’amico. «Comunque a un certo punto è crollata su di me, addormentata come una bambina di cinque anni» sorrise teneramente nel ricordare il viso della ragazza, rilassato e addormentato. «Mi era passato il sonno e così ho deciso di finire di dipingere la cameretta» sorrise trionfante e lanciò uno sguardo a Georg. «Ecco il perché del mio aspetto» fece una smorfia.

«Perché mi sembra così traumatico?» chiese Georg, guardandolo attentamente.

«Nah» disse Tom, facendo un gesto con la mano. «Non lo è, Georg, proprio per niente» ammise seriamente. «Sapere di diventare padre è un’emozione indescrivibile, vedere la pancia della ragazza che ami lievitare di giorno in giorno ti riempie di gioia» sorrise dolcemente. «Quando la sento agitata, durante la notte, cerco di rimanere sveglio per rassicurarla e prendermi cura di lei nel momento del bisogno» aggiunse. «Probabilmente il giorno del parto morirò d’infarto o mi verranno i capelli bianchi e le rughe, ma non è traumatico» ridacchiò.

Georg vide l’amico così cambiato, sereno e maturato: era bello vederlo così, con una famiglia, in una città bellissima, con una nuova vita da portare avanti.

«E quindi cosa hai intenzione di fare per la proposta?» chiese cambiando discorso: non voleva pensare a un figlio, gli sembrava presto, e se per Tom non era un trauma, per lui lo era eccome.

«Perché, secondo te, te lo vengo a dire?» mormorò Tom alzando un sopracciglio. «È una sorpresa, non dirò nulla a nessuno» borbottò, incrociando le braccia al petto.

Al sol pensiero tremò, emozionato.

Sarebbe stata una proposta da ricordare: uno dei tanti giorni più belli da ricordare e da rivivere.


 
***


Emmeline stava sistemando i vari vestitini che Ellen le aveva portato: avevano riempito un piccolo armadio con tutto quello che le avevano regalato e che avevano comprato.

«Avete deciso i nomi?» le chiese la bionda curiosa, guardando la futura mamma con affetto. «Certo che la gravidanza ti dona, sei bellissima, più del solito» commentò, facendo arrossire notevolmente Emmeline.

«Non proprio, a dir la verità» disse la mora, portando lo sguardo sulla bionda: era bello averla intorno. «Abbiamo deciso per “l’effetto sorpresa” e non siamo molto d’accordo con i nomi, così abbiamo deciso di aspettare il giorno del parto» aggiunse, sedendosi sulla poltrona che avevano messo nella cameretta. «Non appena guarderemo in faccia il nostro piccolo, o la nostra piccola, il nome ci verrà spontaneo» sorrise teneramente, poggiando una mano sulla pancia. «E comunque non è vero che sono bellissima, sono una balena, e diventerò ancora più grossa nei prossimi mesi, ma sono felice» le strizzò l’occhio, facendo ridere la bionda.

«Sarete dei genitori fantastici, giovani, con la mente aperta, che sapranno mettere delle regole, che gli, o le, daranno tutto quello di cui avrà bisogno» sorrise. «Non vedo l’ora di vederlo e stringerlo tra le braccia» mormorò emozionata.

Emmeline ricambiò il sorriso: lei era la prima a voler vedere suo figlio.

«Tom ha molta paura» mormorò Emmeline, ricordando una vecchia conversazione. «Sai, la storia di suo padre, è una ferita aperta e teme di diventare come lui» spiegò, anche se l’amica sapeva già tutto.

«Tom farà di tutto per non essere come suo padre, Emmeline» le sorrise rassicurante Ellen. «Con te al suo fianco, sarà il padre dell’anno!» entrambe scoppiarono a ridere.

In realtà non era molto divertente, non lo pensava in quel momento, magari lo avrebbe pensato in passato: Tom non sarebbe stato il papà dell’anno, sarebbe stato il papà del suo bambino, e basta.

Con la gravidanza era diventata molto più gelosa di quanto non l’era già, anzi, aveva davvero fatto un cambiamento assurdo: il minuto prima piangeva, quello dopo rideva da sola, quello dopo ancora riprendeva a piangere, quello dopo ancora si arrabbiava con tutti, quello dopo ancora era in cerca di coccole, amore e affetto.

Non osava immaginare come sarebbe stata negli ultimi due mesi: si spaventava e rabbrividiva al sol pensiero.

E Tom le stava affianco, la confortava e si prendeva cura di lei, assecondandola in tutto.

Tom era davvero paziente, davvero tanto.

Ellen la guardava, vedeva la sua espressione assente, e aveva paura di aver detto qualcosa d’inappropriato: insomma, prima rideva della sua battuta e poi la vedeva così.

Era così che ci si sentiva in gravidanza? Con l’umore sballato?

«Tutto okay?» chiese Ellen, avvicinandosi a lei, preoccupata. «Mi dispiace, non volevo offenderti o altro» disse e la mora le sorrise rassicurante.

«Non preoccuparti, Ellen» disse Emmeline, scuotendo piano la testa. «Non è successo niente, solo che il mio umore cambia di minuto in minuto, non badare a me» mormorò.


 
***


Tom e Georg giravano per le varie gioiellerie di Los Angeles, in cerca dell’anello giusto per la sua donna, ma ancora non avevano trovato niente.

Georg si sentiva svenire ogni volta che una commessa diceva il prezzo dell’anello all’amico, che sembrava non scomporsi più di tanto: e si chiedeva se era solo una tattica o se anche lui si sentiva morire.

Non poteva permettersi un anello così costoso, nemmeno se avessero lavorato e messo da parte soldi per dieci anni.

Tom si fermò davanti a Cartier e Georg spalancò la bocca, incredulo, scioccato, sconvolto, turbato.

«Non è una buona idea» mormorò, attirando la sua attenzione. «Non hai tutti quei soldi per permetterti un anello qui» continuò, sorridendo tristemente e alzando le spalle.

«Georg, ho intenzione di chiederle di sposarmi questo fine settimana, e mancano due giorni, e io non ho ancora uno straccio di anello!» sbottò, appoggiandosi ad una panchina col bacino. «Sono settimane che cerco e niente!» continuò, osservandolo. «Non posso agitarmi, incazzarmi, stare sulle mie, se no Emmeline si sente in colpa, anche se non ha fatto niente, e si agita, e non deve!» gli veniva da piangere.

«Tom, calmati, o ti verrà un infarto» si preoccupò Georg: capiva i problemi di Tom, capiva come si sentiva, ma non capiva perché doveva spendere un capitale in un anello di fidanzamento.

Il moro posò lo sguardo sugli anelli in vetrina e sospirò, abbassandolo, poi, sulle sue scarpe.

Era vero, non poteva permettersi un anello di Cartier, ed era uno degli ultimi negozi rimasti.

«Tiffany» mormorò improvvisamente, come colto da un’illuminazione. «È la mia ultima opportunità, Georg» sussurrò, voltandosi verso l’amico, che annuì.

Doveva trovarlo, e avrebbe anche risparmiato, altrimenti, tutto quello che aveva organizzato, sarebbe andato a puttane e lui non voleva questo, perché si stava scervellando da mesi, pur di organizzare una serata perfetta e indimenticabile.


 
***


Era stanca morta, le mancavano ancora poche settimane di lavoro poi sarebbe entrata ufficialmente in maternità, e allora sarebbe potuta rimanere nel letto tutto il giorno, sul divano a mangiare schifezze o quello che le andava in quel momento.

Era vero, non le piaceva stare ferma, ma i mesi aumentavano, così come la sua pancia cresceva, ed era ingombrante, e lei era sempre stanca e affaticata.

Emmeline entrò in casa, felice di essere in quel posto così caldo, confortevole e amorevole, e non vedeva l’ora di abbracciare e baciare il suo uomo: le mancava ogni santo minuto.

Cominciava a pensare di essere pazza del tutto: infondo lo era, stava con Tom.

Appoggiò la borsa sul divano e chiamò il suo ragazzo a gran voce.

«Tom, amore, sono io, dove sei?» urlò per farsi sentire, ma l’unica cosa che ottenne fu il silenzio e questo la stranì: insomma, doveva essere in casa, dato che aveva chiesto un pomeriggio libero, e lei nemmeno sapeva perché.

Andò in cucina, intenzionata a bere un bicchiere d’acqua e mangiare qualcosa: stava letteralmente morendo di fame.

Rimase imbambolata sulla soglia della cucina: c’era una candela profumata, rosa, accesa e una rosa rossa, assieme ad un biglietto.

Sorrise intenerita e si avvicinò, curiosa, molto curiosa.


 
Al piano di sopra c’è una sorpresa che ti aspetta. T.

 
Prese il bigliettino e ridacchiando andò nella loro stanza, dove trovò un mazzo di rose bianche, adagiate al centro del letto matrimoniale, e due scatole, una grande e una più piccola, mentre sul comò trovò un’altra candela, questa volta di colore arancione tenue, sempre profumata e accesa: e ovviamente un altro bigliettino.

 
Indossalo, amore mio, fatti bella per me: ho pensato a tutto, al vestito, alle scarpe, troverai tutto. Ti amo, T.


Cosa stai architettando?, si chiese la ragazza, piegando con cura anche quel bigliettino.

Aprì la prima scatola, quella più grande, e ne trovò un abito elegante, lungo, bianco, ricamato in oro ed era adatto alle sue condizioni: era bellissimo, non aveva dubbi a riguardo e ne rimase davvero sorpresa.

Nell’altra scatola, lievemente più piccola, trovò un paio di scarpe col tacco, non eccessivamente alte, visto che non poteva indossarli, faceva male al bambino, e trovò anche una pochette argentata.

Vicino ai fiori trovò un altro biglietto, così si sedette sul letto e lo lesse.


 
Più tardi ti manderò l’indirizzo. Raggiungimi e non preoccuparti, è una sorpresa, piccola. Ti amo, T.


 
***


Si guardò allo specchio e sospirò: non si piaceva, si vedeva grossa come una mongolfiera, quel vestito era aderente, forse troppo.

Sospirò e si sistemò i capelli su una spalla, prima di afferrare la pochette e le chiavi della macchina: avrebbe raggiunto Tom a Malibu e, davvero, non vedeva l’ora di vederlo, di stringerlo, di ringraziarlo e di rimproverarlo per averle preso un abito troppo attillato, perché odiava vedersi così.

Probabilmente si sarebbe persa, perché non conosceva la strada, ma si promise di arrivare da lui sana e salva.

Era emozionata, non sapeva cosa aspettarsi: le sembrava di essere come al primo appuntamento in età adolescenziale e si sentiva un po’ stupidina.

Dall’altra parte della città, in una casa sulla spiaggia c’era Tom, con le ginocchia molli e tremolanti e il battito cardiaco accelerato: gli sarebbe venuto un infarto, ne era più che sicuro.

Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato così difficile, ed Emmeline non era ancora li!

Sarebbe morto sicuramente.

Avrebbe voluto accendere un fuoco sulla spiaggia e mettere su una tenda improvvisata e farle lì la proposta, ma poi aveva cambiato idea; così aveva preso in affitto, per una giornata intera, notte compresa, quell’appartamentino sulla spiaggia e l’aveva trasformato totalmente: probabilmente non aveva mai fatto una cosa così romantica in tutta la sua vita.

C’erano candele profumate e colorate ovunque, le luci soffuse che davano ancora più calore a quella casa, i petali di rosa sparsi un po’ ovunque, mazzi di rose rosse in ogni angolo.

Georg ed Ellen lo avevano aiutato e si erano occupati del catering: sembrava tutto così lussuoso, e invece era riuscito a permetterselo benissimo, anello compreso.

Si, l’aveva trovato, e la scatolina scura giaceva tranquilla all’interno della tasca della sua giacca scura., pronta a stupire la ragazza che amava.
Sarebbe stato indimenticabile, o almeno lui lo sperava.


 
***


Come aveva pensato, si era persa per ben due volte, così era stata costretta a tornare a casa e chiamare un taxi, e una volta salita su quella macchina gialla, si rilassò contro il sedile, con una mano sulla pancia e il cuore in gola: sì, era così fottutamente agitata e ansiosa.

Che cosa aveva organizzato quel pazzo del suo uomo?

Davvero, non riusciva a immaginare proprio niente: non era il suo compleanno, non era un anniversario e non era nemmeno San Valentino!

Decise di smettere di pensarci, tanto non sarebbe mai arrivata alla conclusione, almeno finché non sarebbe arrivata a Malibu.

Ma poi perché proprio Malibu? Oddio, sì, era bellissima, le spiagge, i paesaggi, ma Los Angeles e tutti i suoi quartieri e le sue spiagge erano bellissimi e mozzafiato, dal primo all’ultimo metro quadro, in fin dei conti.
 
Era persino in ritardo, a Tom sarebbe venuto, come minimo, un infarto: ridacchiò divertita, mentre l’autista la guardava con uno strano sorrisino divertito.

Si fermò poco dopo, davanti all’appartamento, e dopo aver pagato la corsa ed essere scesa, guardò con un sorriso l’entrata di quella casa: il vialetto era ricoperto di petali di rosa; come inizio prometteva bene.

Non aveva molta voglia di calpestare quel meraviglioso tappetto, ma dato che non aveva, ancora, la capacità di volare, si convinse a muovere i primi passi verso la porta, socchiusa.

La aprì lentamente, curiosa come una bambina di cinque anni, e all’interno trovò un Tom preoccupato che camminava avanti e indietro.

Candele profumate e petali di rosa anche all’interno: sorrise divertita ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle, spaventandolo a morte.

Si voltò verso di lei, bianco in volto, e lo vide rilassarsi visibilmente e poi sorrise dolcemente, guardandola, avvolta in quell’abito che aveva scelto con Ellen e si portò entrambe le mani alla bocca, vedendo quanto il grembo della ragazza fosse in evidenza.

Era così bella.

«Non ridere, sono orribile» si lamentò la ragazza, facendo ridere Tom, che si avvicinò a lei e la strinse in un abbraccio, prima di baciarla sulle labbra, con amore.

«Non è vero niente, Em» mormorò sulle sue labbra, prendendole il viso tra le mani. «Sei bellissima, piccola» le disse, imbarazzandola a morte. «Non l’ho fatto apposta, ho scelto questo vestito con cura, volevo che il nostro bambino fosse in bella vista» ridacchiarono divertiti e si baciarono di nuovo.

La ragazza scosse la testa divertita nel momento in cui si staccò dalle sue labbra.

Lo osservò attentamente: indossava una giacca scura, sotto una camicia chiara e i jeans, chiari e sfumati e strappati in più punti; era bellissimo, non aveva dubbi.

«Wow» soffiò, come incantata e lui alzò gli occhi al cielo.

«Non sono “wow” e lo sai benissimo» commentò lui. «Tu lo sei» aggiunse sorridendo.

«Se continuiamo così, passeremo tutta la sera a dire “no, lo sei tu”, lo sai come siamo fatti» gli ricordò prima di scoppiare a ridere e lasciarsi stringere di nuovo. «Casa nostra o un ristorante non andavano bene? Mi sono persa e ho dovuto chiamare un taxi» gli raccontò brevemente e lui si preoccupò un attimo.

«No, erano troppo scontati e banali, non è una cena normale e semplice, Emmeline» le disse, senza lasciar trapelare altro.

La ragazza alzò un sopracciglio, sempre più curiosa: era bravo a tenerla sulle spine accidenti!

Aveva fame e tutto quell’odore di cibo non aiutava affatto, e lui, oh maledizione, lui la stava facendo morire, totalmente.

La vedeva così curiosa e sapeva che stava attendendo con pazienza.

Tom era combattuto: non sapeva se chiederglielo ora, durante la cena o dopo, ma vista la curiosità della giovane Emmeline, decise di accontentarla, d’altronde quello era il suo compito principale; renderla felice e assecondarla in tutto.

Si schiarì la voce e si morse il labbro inferiore, prima di prenderle entrambe le mani e guardarla negli occhi, intensamente.

Il cuore della ragazza smise di battere e le si bloccò il respiro: non poteva credere a quello che la sua mente stava partorendo, non poteva credere davvero che lui stesse per fare una cosa simile.

Ricambiò lo sguardo del ragazzo, agitata e con il cuore a tremila.

«Non sono bravo con le parole, Emmeline, non lo sono mai stato e lo sai» cominciò, facendola ridacchiare piano. «Quando ti ho conosciuto non avrei mai pensato che saremmo arrivati fino a qui, insieme da anni e con un figlio in arrivo» sorrise teneramente. «Ma fin da subito avevo capito che tu eri diversa dalle altre, mi apprezzavi per quello che ero e per quello che avevo, non hai mai ascoltato le parole che gli altri dicevano, mi hai sempre difeso e ti sei presa cura di me» Emmeline si commosse: non sapeva se era colpa sua, se era troppo emotiva o se era colpa degli ormoni. «Ho capito che senza di te non sono niente, non mi sento né felice né vivo» si morse il labbro inferiore prima di continuare: se la stava facendo addosso. «Sei la mia luce nei momenti bui, il mio fuoco quando è freddo e quando non ci sei, mi sento vuoto» le lasciò le mani, solo per cercare la scatolina all’interno della sua giacca.

La ragazza si portò le mani alla bocca, con gli occhi pieni di lacrime e una gioia incolmabile dentro al cuore: lo stava facendo davvero?

Il ragazzo s’inginocchiò, un po’ goffamente, davanti a lei, con un sorriso dolce e timido sulle labbra.

Sì, lo stava facendo davvero.

«Ti amo come non ho mai amato nessun altro nella mia vita» riprese, aprendo la scatolina e mostrandole l’anello: un diamante a forma di cuore, il simbolo dell’amore, incastonato su una semplice fedina di oro bianco. «Ti adoro da sempre e quest’amore che sento aumenta ogni giorno» continuò, sentendo le lacrime annebbiargli gli occhi: si era ripromesso di non piangere, ma come non poteva? «Voglio che tu sia mia moglie, ora e per sempre» aggiunse piano, vedendola ridere tra le lacrime. «Sei la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto» mormorò, chiudendo gli occhi, per aprirli subito dopo. «Emmeline Evans, vuoi sposarmi?».



 
*****

Hooooola! Sono tornata e ho un sacco di giorni di ritardo, lo so, scusatemi tanto!
Ma ho avuto un pò di impegni, e anche questp capitolo mi ha dato il suo bel da fare e devo dire che mi è mancata anche l'ispirazione e questo mi ha mandato un pò giù di morale.
Non so di preciso come sia venuto il capitolo, a me piace abbastanza, soprattutto la parte iniziale e quella finale, voi che ne dite? :D
Per il prossimo capitolo, l'ultimo, non so quanto dobbiate aspettare: ho in mente diverse cose, e spero di riuscire a farlo lungo, molto lungo, prima di concludere e iniziare il sequel, che NON so quando potrà arrivare, mi dispiace.
Vorrei prendermi anche una mezza pausa, insomma, forse mi ci vuole e tornerò solo quando avrò scritto un pò di capitoli, non voglio ridurmi come adesso u.u

Detto questo, come sempre, aspetto le vostre  recensioni che tanto adoro!
Nel frattempo ringrazio tutte quelle persone che leggono questa storia, che la commentano e che l'hanno inserita tra le preferite/ricordate/seguite.
Oh, e voglio ringraziare anche quelle persone che mi hanno inserito tra i loro autori preferiti: uao, questo si che è un onore!

Un bacio e un abbraccio,

difficileignorarti.

 
 
   
 
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