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Autore: Niji Akarui    29/09/2014    2 recensioni
Vivere?
Che cosa vuol dire?
Chi può spigare il significato di questo verbo?
È un termine così complesso che ha mille sfaccettature, il vivere si reincarna nell’amicizia, nell’amore, nel poter constatare attraverso questi sentimenti di essere reale e di appartenere a questo mondo, per quanto deteriorato e corrotto esso sia.
Vivere è camminare su questa terra, che la natura ci ha gentilmente concesso.
Ma se alla nascita la vita stessa ci precludesse la possibilità di esistere?
E se divenissimo col tempo uno spettro di ciò che saremmo potuti essere?
E se finissimo in un mondo fatto di dolore e oscurità?
E se poi trovassimo la luce?
And if we back to life?
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’isteria, per chi non la conoscesse, è la più sensuale delle lascive arti, in possesso alla pazzia.

Squarcia come se fosse nebbia il tuo corpo, giocando con la tua mente, fino a lasciarti privo di coscienza, in uno stato di depravazione che violenta senza sosta ,con macabro piacere, la tua anima, ormai piegata alla leggi dell’insanità mentale.

Era quella la condizione nella quale Yongguk, si era ritrovato a vertere i primi due mesi, trascorsi all’interno della sezione d’igene mentale.

Il nauseabondo fetore della follia regnava nella sua stanza, surclassato dall’ancor più spregevole essenza dei sedativi e dei medicinali che avrebbero dovuto dominare la sua disperazione.

Ma quale degli uomini, che lo avevano legato a quel letto, avrebbe mai potuto comprendere e risanare le ferite del  suo cuore, con una semplice se pur infinita lista di pillole colorate?

Le fibbie di cuoio che avevano avvolto i suoi polsi e le sue caviglie a lungo, tornarono a far sentire su di lui la loro fantomatica presenza, anche se ben sapeva di essere orami libero da tali impedimenti e che se avesse ancora desiderato togliersi la vita, adesso avrebbe potuto, essendo già a conoscenza del movimento da compiere per porre fine a quella tortura, senza incorrere ancora una volta, nello spiacevole inconveniente di rimanere in vita.

La sensazione dei lacci che stringevano i suoi arti, da un lieve torpore si fece pressoché insopportabile, il gorgoglio di un urlo, dettato dal terrore di essere tornato a qui tormentosi giorni, lo portò a rendere quel suono appena percettibile un tonante grido d’orrore, che lo risvegliò, facendolo mettere a sedere  sul letto nel quale lo avevano disposto.

Comprese velocemente perche quei dolorosi ricordi erano tornati ad emergere nella sua memoria, il giaciglio sul quale sedeva, completamente ricoperto di sudore, era quello di un ospedale.

Annaspò per qualche secondo in cerca di aria, portandosi una mano intorno al collo, poichè la paura di un ritorno al passato era stata grande.

Pensò per un attimo di essersi svegliato da un sogno, nel quale gli avevano fatto credere di aver già terminato quei lunghi mesi nel manicomio.

Lasciò vagare il suo sguardo su ciò che lo circondava, poi contro voglia fu costretto a respirare l’aria permeata dall’odore del disinfettante ospedaliero.

Immediatamente una fitta dolorosa gli attanagliò la spalla destra facendolo gemere, fu allora che si accorse di avere una fasciatura all’altezza di quest’ultima, in quel momento come un fulmine a ciel sereno, nella sua mente si successero gli avvenimenti degli ultimi giorni, dall’incontro con Junhong a quando Himchan all’esterno dello stadio glielo avesse tolto da sopra le spalle, trovando solo allora un buco nelle sue memorie.

Continuò a far indugiare il suo sguardo fra quelle pareti, ormai certo e rincuorato dalla consapevolezza di essere in quel luogo per tutt’altro motivo, in seguito avvertì le sue gambe addormentate e quando vi posò sopra le mani venne a contatto con una moltitudine di capelli, che sofficemente gli avvolsero l’arto.

Abbassò gli occhi proprio nel punto in cui la sua mano aveva incontrato quell’ostacolo,  per nulla spiacevole, accorgendosi che Junhong dormiva sulle sue gambe con le braccia conserte poggiate sotto il capo, alla vana ricerca di un po’ di comodità, dal respiro leggero pareva essersi addormentato da poco.

Yongguk continuò ad accarezzare l’indomita chioma del minore, che a contatto con la mano del maggiore parve accennare ad un sorriso, sta volta una fitta ben peggiore da quella provocata dal dolore fisico, avviluppò come un amante in astinenza il corpo del proprio compagno,  la mente di Yongguk.

Tornarono a galla i ricordi dei pomeriggi trascorsi in compagnia di Hyoseong, intenta a prendersi cura di lui ogni qual volta non fosse stato bene, e proprio come Junhong in quel momento, se  la ritrovava addormentata sulle sue gambe sfinita dalla preoccupazione che la febbre gli si alzasse.

Quanti altre memorie di quel genere avrebbero ancora dovuto assillarlo?

-Hy…hyun…HYUNG!- esclamò Junhong contento nel vedere che il maggiore si fosse finalmente svegliato.

Immediatamente cercò di buttarsi addosso a Yongguk, fermato solo dal terrore di poterlo ferire.

Così si limitò a sorridergli con quell’espressione paragonabile solo a quella di un angelo , riscaldando il cuore del maggiore tormentato dal suo passato.

-Grazie!- disse poi il più piccolo, allontanandosi dal letto di qualche centimetro, per tentare un inchino sgraziato seduto sulla sedia a rotelle che lo sorreggeva.

-Se non fosse stato per te di sicuro non sarei qui- Yongguk mostrò il suo tenero sorriso gengivale e quando l’altro gli si riavvicinò, gli prese la mano e se la portò sulla ferita.

-L’importante è che tu stia bene- disse con tutta la sincerità che avrebbe mai potuto ostentare, poi allentò la presa fino a lasciarlo libero, ma l’altro non si mosse, mentre la pelle calda del maggiore pareva scottargli il palmo e i loro occhi si unirono in uno sguardo colmo di sentimenti.

In quell’istante qualcuno bussò alla porta e il biondo ritirò l’arto come se si fosse realmente bruciato.

-Finalmente ti sei svegliato!!- Himchan, Jongup e Daehyun varcarono in quel momento la soia della porta.

I loro volti erano l’espressione stessa dell’ansia, Himchan corse verso l’amico e lo strinse forte fra le sue braccia, realizzando in seguito che fosse ferito e a torso nudo, così lo lasciò immediatamente, arrossendo e chiedendo perdono per la poca attenzione fatta.

Non seppe identificare quale di preciso degli istanti, che si stavano succedendo l’uno dopo l’altro, gli aveva dimostrato ora più che mai che i suoi compagni tenessero realmente a lui.

Sarà stato il sorriso che aveva illuminato i volti dei quattro ragazzi li presenti nel sapere che stava bene , o forse l’eccitazione d’Himchan che gli si era letteralmente gettato addosso o finalmente il potersi risvegliare con qualcuno affianco che si preoccupava per lui?

Adesso sarebbe stato inutile temere la solitudine, con tutto l’amore che lo circondava di certo la pazzia non avrebbe potuto più renderlo suo schiavo, adesso c’era qualcuno che si sarebbe occupato di lui, guardò Junhong mentre pigramente si stiracchiava e ringraziò il cielo per aver guidato quella palla da baseball attraverso la finestra del minore.

-Dov’è Yongjae?- chiese infine il più grande, dopo che ebbe rassicurato tutti sulle sue condizioni, e sulla sua intenzione di andare via da li il prima possibile, mascherando a fatica l’ansia che gli procurava essere in quel luogo.

-Tornerà fra poco a darmi il cambio, è andato a dormire, stava poco bene ieri mattina- rispose prontamente Daehyun  –Jongup è arrivato solo qualche minuto fa, per sostituirmi,  dormi da ben due giorni, a scuola ci faranno una ramanzina tale che le tue sembreranno dolci parole- disse Himchan facendo scoppiare a ridere tutti quanti.

Casa Yoo per Youngjae non era mai stata così vuota , come in quella sera.

Dopo due anni non sentire le risate di Daehyun, non potersi beare del suo profumo o del suo viso angelico era per lui quasi angosciante.

Il mal di testa scaturito a causa della paura di poter perdere un caro amico come Yongguk lo aveva provato a tal punto dal dover lasciare Daehyun in ospedale da solo.

Svogliatamente quasi come se spaventato dal vedere la loro camera vuota, salì le scale di quell’enorme casa deserta, i suoi genitori erano via per lavoro, ma dopo avergli dato la notizia di ciò che era accaduto al figlio del signor Bang avevano promesso di sbrigare velocemente i loro impegni lavorativi per far visita al ragazzo.

Giunto al piano superiore il ragazzo si fece coraggio ed entrò nella loro camera da letto.

Come da previsto lo shock di non trovarci Daehyun lo sconvolse, mentre a sollecitare il suo dolore era già giunta la solitudine che inibiva le corde più lacrimose dell’animo di Youngjae.

La solitudine era stata l’unica compagna che lo avesse seguito sin da quando innamorarsi, per lui, si era rivelato il peggiore dei peccati; la sola che lo stringesse a se soffocandolo e derubandolo della gioia di vivere, facendogli desiderare ardentemente una silenziosa dissolvenza nel vuoto, nello stesso vuoto in cui l’ammirazione e i sentimenti che aveva provato per Taemin erano scomparsi.

Affranto e con una mano poggiata sul petto, nella speranza di mettere a tacere il battito del suo cuore impazzito per il dolore, si lasciò cadere inconsciamente sul letto Daehyun.

La pioggia bussava miseramente alla finestra della loro camera, ma a cosa serviva se Daehyun non era lì con lui, a cosa serviva il mondo se quello che era diventato incestuosamente l’oggetto delle sue brame non era con lui?

Questi erano i milioni d’interrogativi che il ragazzo si pose in preda allo sgomento del non potersi del sorrido del compagno.

Si lasciò affascinare dal dolce profumo delle lenzuola e del cuscino, nel quale aveva affondato il viso, che avevano accompagnato le notti di Daehyun, il suo squisito sapore era ovunque, che come una sapiente prostituta, gli accarezzò con gesti lascivi ogni parte del suo corpo, inondando le sue narici e soffocandolo con la sua perfezione.

Fu avvolto da quell’essenza tentatrice e per un attimo il mal di testa si attenuò, quando poi si voltò sulla schiena, in maniera da poter fissare il soffitto, nell’aprire gli occhi notò di non essere più solo.

Nell’oscurità della camera si stagliò un ombra, ma non ebbe paura di ciò che già conosceva, quei contorni non potevano che appartenere a Daehyun, a cosa serviva avere paura dell’amore in un momento di sconforto come quello?

-Daehyun…- sussurrò piano, per paura che l’altro lo abbandonasse, non era affatto pronto a rispondere alle domande riguardanti il motivo per il quale non stava dormendo nel suo letto o perché stesse abbracciando le lenzuola beandosi del loro profumo quasi come un maniaco o perché fosse fisicamente eccitato.

No non lo era, ma Daehyun non emise una parola, i suoi occhi languidi lasciarono stranito Youngjae.

L’altro lo raggiunse carponi sul letto, infilò le sue calde e morbide mani sotto la maglietta di Jae e ne accarezzò i contorni dell’addome, per poi tirarla su e baciargli ogni centimetro di pelle che quelle carnose labbra potessero incontrare.

Le mani di Dae in seguito accorsero alle guance di Jae per asciugargli le lacrime che rigavano quell’angelico viso, gli leccò via il liquido salato dalle goti e poi lasciò che i suoi arti andassero a raggiungere il cavallo dei pantaloni di Youngjae, il quale sussultò, completamente indifeso ed immobile , spiazzato da come i suoi più arditi desideri si stessero realizzando nella maniera in cui aveva sempre immaginato  potesse avvenire.

L’eccitazione si era trasformata ormai in vero e proprio desiderio, tutto quel tempo e solo adesso, lui, aveva compreso i suoi sentimenti, la gioia che riempiva il cuore di Youngjae e il turbinio di emozioni che in quegli istanti stava assaporando, non potevano essere descritte da semplici parole utilizzate in diversi ambiti tutti i giorni, quei momenti necessitavano di nuove parole, perché accomunarle a tante altre a lui pareva la più ignobile delle eresie.

Due anni ad attendere quei momenti, due anni passati ad osservare da lontano il ragazzo che amava, trascorrendo la maggior parte delle notti ad osservarlo mentre beatamente dormiva a pochi metri da lui, due anni trascorsi a consolarlo e a stringerlo a sé mentre piangeva a causa degl’incubi, ma ad essere solo un mero aiutante dietro le quinte, e a lasciare a Daehyun il ruolo di attore protagonista della sua vita.

Invece adesso le sue fantasie più spinte stavano prendendo forma fra i palmi delle sue mani, che ansiosi di poter toccare la scottante pelle dell’altro accorsero alla sua schiena, il suo cuore traboccava d’amore e il suo corpo implorava di essere posseduto da quello dell’uomo che amava.

Poi un fulmine fece luce nella buia stanza, nella quale Youngjae realizzò essere completamente da solo.

La delusione e la vergogna per ciò che la sua immaginazione gli avesse concesso e poi portato via ponendolo innanzi alla cruda realtà, lo fecero cadere in un sonno tormentato da incubi in cui le risate di Taemin affondavano nei suoi timpani come miliardi di lame, una paura immane avviluppò i suoi sentimenti rendendolo triste, sconsolato e consapevole di essere da solo nel letto di Daehyun.

La mattina dopo, la stridula suoneria che aveva scelto per avvisarlo che qualcuno lo stesse cercando, gli procurò un risveglio ancor meno piacevole del poco sonno del quale era riuscito ad avvalersi.

-Youngjae!- dall’altro capo del telefono c’era Daehyun che pareva sprizzare gioia da tutti i pori.

-P… pron…. Pronto? Dae… Daehyun?!? Dimmi- nel sentire la voce del padrone del letto nel quale stava dormendo si sentì avvampare le guance, portandosi poi una mano fra i capelli disordinati, tirò indietro le ciocche che gli ricadevano sugli occhi e provò a darsi un contegno  anche se l’altro non poteva vederlo.

-Yongguk hyung si è svegliato! Dice che non vede l’ora di poterti salutare, sta bene, mi hadetto di tornare a casa, tu stai meglio sono lì fra mezz’ora-.

Così Daehyun salutò Youngjae che appena chiusa la conversazione corse in bagno per lavarsi.

Sentiva su di lui l’odore del ragazzo al quale aveva votato i suoi sentimenti, lo sentiva impregnargli la camicia, i pantaloni per sino la sua stessa carne smembrava avvolta da quel profumo al quale non aveva potuto rinunciare nemmeno per una notte.

Una volta innanzi allo specchio posto sopra il lavello, l’immagine che gli fu riproposta da quest’ultimo era quella di un adolescente dagli occhi gonfi e arrossati, completamente cerchiati e i capelli che senza un ordine definito andavano ad incorniciargli il viso talmente pallido da farlo apparire il fantasma di se stesso.

Dopo una doccia veloce, tornò nella loro camera da letto e si accorse che il letto di Daehyun era un completo disastro, velocemente cambiò le lenzuola senza perdere tempo nel sceglierne di particolari.

Un volta sistemato anche il letto, scese in cucina per preparare la colazione, appena raggiunse i fornelli, la serratura della porta principale scattò e finalmente Daehyun era tornato a casa.

Il nuovo arrivato si lanciò su Youngjae avvolgendolo con tutta la sua felicità, al quale l’altro non poté rispondere che con un sorriso amaro, sapendo di non essere il vero motivo di tutta quella gioia.

Poi contraccambiò l’abbraccio e le inquietudini della notte precedente vennero dissolta dal calore di quel gesto.

-Vai a farti una doccia, ti porto la colazione in camera, sono sicuro che sarai esausto- annunciò Jae , l’altro annuì stropicciandosi gli occhi assonnati.

Daehyun si diresse in bagno, con calma si spoglio ed entrò nella cabina doccia, lascio che dolcemente l’acqua tiepida gli allentasse i nervi e gli ristorasse le stanche membra.

Si gettò sul capo un asciugamano e si face avvolgere da un morbido accappatoio e così si diresse nella loro camera da letto.

Era ancora eccitato per la buona notizia che lo hyung si fosse svegliato che iniziò a canticchiare a bassa voce.

Una volta varcata la soia della camera da letto,  andò verso il suo giaciglio e togliendosi l’asciugamano da sopra il capo si accorse che qualche cosa non andava e fu folgorato e paralizzato da tale constatazione.

Qualcuno aveva cambiato le sue lenzuola, e adesso erano solo lenzuola incolori completamente… bianche.

Da quando aveva iniziato a vivere a casa Yoo non aveva mai concesso a nessuno di cambiare le sue lenzuola e aveva sempre chiesto che gliene fossero comprate di colorate, quella era stata l’unica richiesta che aveva fatto alla famiglia che con amore lo aveva accolto fra i suoi membri.

Ma adesso era accaduto, proprio come in quei cinque anni di torture fisiche e psicologiche, le sue lenzuola  erano candidamente bianche, segno inconfondibile che il suo aguzzino avesse nuovamente cambiato le regole perverse alle quali Daehyun si doveva piegare.

Il bianco era il colore perfetto sul quale la sua scarlatta linfa vitale e il seme della perversione si potessero unire in un unico depravato amplesso, la perfetta tela sulla quale il pedofilo che si era appropriato di lui poteva constatare i risultati finali delle sue opere.

Ogni fibra del suo corpo iniziò a gemere al solo ricordo di quel dolore insopportabile, si prese la testa fra le mani e sgranò gli occhi fissandoli sul pavimento, pur di scappare a quella lugubre visione.

In quello stesso istante entrò nella camera Yougnjae, col vassoio in mano, sul quale erano disposte le prelibatezza che con cura aveva preparato.

Nel vederlo in quella posizione comprese che qualche cosa non andava –Daehyun va tutto bene?- ma l’unica risposta che ottenne su un borbottio che man mano diveniva sempre più forte e che con precisa cadenza, Dae non smetteva di salmodiare.

A qual punto preoccupato e a conoscenza del fatto che l’amico fosse in preda a una delle sue crisi gli toccò una spalla, ma l’altro si voltò di scatto ed urlò a pieni polmoni –non cambiarle!! Non cambiare le regole di nuovo!!!- in preda allo sgomento e ai fantasmi del suo passato Daehyun tentò la fuga da quella camera, ma Youngjae lasciò cadere il vassoio che teneva fra le mani e afferrò per un polso il compagno, traendolo a se.

L’altro iniziò a dimenarsi, ad implorare pietà e a chiedere aiuto, scalciò, tirò pugni a caso e in seguito affondò le unghie nella schiena di Youngjae che non gemette, al contrario con calma gli prese il volto e lo nascose nell’ancavo del suo collo.

I convulsi movimenti di Daehyun avevano fatto si che l’accappatoio si aprisse.

Youngjae con forza spinse Daehyun sul suo letto e lo circondò in un abbraccio carico di amore.

Appena Dae fu avvolto da quel profumo che conosceva tanto bene si calmò, constatando che era completamente nudo sotto Youngjae.

Entrambi respiravano affannosamente.

Non ebbe paura di trovarsi in quella condizione di nudità ne provò disagio, al contrario si abbandonò alle cure dell’altro.

Perché Youngjae lo aveva salvato da una morte miserevole.

Yougnjae era una parte di lui che tempo addietro aveva temuto di poter perdere.

Youngjae era la speranza e lui la disperazione, loro erano un connubio inscindibile.

  
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