CAPITOLO OTTO – CACCIA AI DRAGHI
Era
ormai il tramonto quando Gerard finì di sellare il suo
destriero
mezzo-equino e mezzo-rettile e si apprestò a partire.
Salì
in groppa agilmente, sistemò meglio le sacche fissate alla
sella e
si aggiustò le redini, poi spostò lo sguardo
un'ultima volta sui
maghi di Fairy Tail.
“Allora io vado” sentenziò. “Troverò questo Lucifer e cercherò di capire se è in qualche modo coinvolto in questa insensata caccia ai Dragon Slayer. Se tutto va bene, ci rivediamo fra tre giorni a Era per liberare Cobra”
“Buona fortuna” lo salutò Natsu.
“Mi raccomando” aggiunse Laxus. “Se trovi Lucifer fa' molta attenzione. Non è un tipo che va preso alla leggera”
Gerard annuì e fece voltare la cavalcatura verso ovest. “State attenti anche voi. Gli Alfieri del Tiranno sono ancora sulle vostre tracce” e detto ciò spronò l'animale al galoppo verso il sole morente del tramonto.
I quattro maghi lo guardarono allontanarsi tra le dune di sabbia finché non fu diventato un puntino all'orizzonte, presto inghiottito dalla luce infuocata e dalla polvere.
Una
volta che fu scomparso, Wendy sospirò e raccolse da terra la
sua
sacca da viaggio.
“Gerard
è molto gentile. Ci ha lasciato cibo e acqua in abbondanza
per
arrivare alla fine del deserto”
“Che comunque non è lontana” asserì Gajeel, guardando verso nord.
A
detta di Gerard non mancava che un giorno e mezzo di viaggio per
raggiungere Era, ormai erano quasi arrivati a destinazione. Non erano
sicuri che andare nella città della grande prigione
nonché sede del
Consiglio della Magia fosse una buona idea, né sapevano se
Cobra
fosse effettivamente vivo, ma ormai c'erano dentro fino al midollo, e
non potevano che andare avanti.
Gerard
aveva detto che anche Sting e Rogue erano diretti a Era, secondo suo
stesso suggerimento. L'idea di radunarsi là e mettere a
punto un
piano d'azione era stata accettata all'unanimità.
“Forza, allora. In marcia” sospirò Laxus cominciando a incamminarsi.
Ora
che avevano recuperato le energie e che avevano fatto il pieno di
acqua e cibo, erano pronti ad affrontare qualsiasi cosa li
attendesse. Natsu in particolare non vedeva l'ora di dare inizio a
una bella scazzottata coi fiocchi: c'era così tanta gente da
prendere a calci! L'artefice di quel pandemonio, gli Alfieri del
Tiranno, la gente che avrebbe cercato di ammazzarli, e soprattutto
quegli idioti dei loro compagni che si erano lasciati possedere
così
facilmente!
Salamander
giurò che avrebbe riempito Gray ed Erza con tanti di quei
pugni da
renderli irriconoscibili. Quei maledetti gli avevano rotto ben due
denti!
Mentre
ognuno dei quattro draghi era immerso nei propri pensieri, Gajeel
rallentò il passo e si gettò un ultimo sguardo
alle spalle,
studiando con diffidenza l'infinita distesa desertica dietro di loro.
Ovunque Gerard avesse spedito quei wraith, non li aveva mandati abbastanza lontano: a molte leghe di distanza da loro, cinque ombre armate di spade nere si sollevarono dalla sabbia.
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“Te lo chiedo ancora una volta, Dragon Slayer” sibilò l'uomo biondo strattonando dolorosamente Cobra per i capelli e torcendogli la testa all'indietro. “Dove sono i tuoi simili?”
Il
Drago del Veleno si lasciò scappare un gemito.
In
quegli ultimi giorni aveva ricevuto così tante botte da non
poterle
più nemmeno contare, e quel tizio odioso ancora non sembrava
soddisfatto di averlo ridotto in quello stato.
Annaspò
cercando di riprendere fiato, con l'unico risultato di tossire un
grumo di sangue. Qualche costola era andata di sicuro, poco da farci,
e probabilmente aveva ancora qualche osso incrinato o lussato, senza
contare i segni di lividi e graffi che non gli risparmiavano nemmeno
un centimetro di pelle. Eppure, nel proprio ferreo orgoglio, non ne
voleva sapere di cedere.
Quando
il suo aguzzino strinse ulteriormente la presa sui suoi capelli per
indurlo a parlare, Cobra sogghignò e gli sputò in
faccia un misto
di saliva e sangue.
“Non avrai niente da me. Niente” ripeté tanto per assicurarsi che quel bastardo avesse afferrato il concetto.
L'uomo
indurì lo sguardo e per un attimo fu tentato di colpirlo
ancora, ma
poi parve cambiare idea e allentò la presa, lasciandolo
scivolare a
terra senza più forze.
Cobra
rimase seduto con la schiena contro il muro di pietra grezza,
ansimando e valutando quanto ancora avrebbe potuto resistere in
quelle condizioni.
“Evidentemente la tortura non funziona con te” esordì il biondo, passeggiando avanti e indietro per la cella. “Sei tenace, devo ammetterlo... ma questo non salverà né te né i tuoi simili dalla mia ira. A causa vostra, maledetti maghi dei draghi, ho perso tutto”
“Ti ho già detto che i tuoi problemi personali non m'interessano” ribatté il Drago del Veleno, pulendosi il labbro spaccato. “Saresti dovuto morire quel giorno insieme a quell'ammasso di ferraglia che hai tentato di resuscitare. Adesso stai solo sprecando la vita che ti è stata risparmiata per un ridicolo piano di vendetta”
L'altro
si voltò a guardarlo con rabbia.
“La
mia vita non ha nessun valore finché esistete voi Dragon
Slayer! Non c'è abbastanza spazio per me e voi in questo
mondo!”
Cobra
voltò la testa dall'altra parte.
Era
inutile tentar di far ragionare quell'idiota, perciò si
sarebbe
limitato a ignorarlo. Che lo torturasse pure se gli faceva piacere.
Non aveva nessuna intenzione di accontentarlo e cercare per lui gli
altri Dragon Slayer, solo per vederli trucidati uno dopo l'altro. Non
era leale a nessuno di loro, vero... ma non era neanche così
bastardo, egoista e insensibile da consegnarli nelle mani del boia.
D'un tratto un pensiero gli arrivò alle orecchie dal cuore dell'altro, costringendolo per forza di cose a spostare lo sguardo inferocito su di lui.
“No” lo anticipò, ringhiando sommessamente. “Non lo farai!”
“Oh, sì che lo farò” sogghignò in risposta il biondo. “Se non fai come ti dico, saranno i tuoi compagni a pagarne le conseguenze. Li farò giustiziare uno dopo l'altro, finché delle sei preghiere non ne rimarrà che una”
Cobra
inorridì.
Per
lui gli Oraciòn Seis erano tutto fuorché amici,
però erano
i suoi compagni, l'unica famiglia che avesse, l'unico luogo a cui
poteva fare ritorno. Il solo pensiero di perdere anche loro come
aveva perso i suoi genitori da bambino, avrebbe potuto farlo
impazzire. L'idea di restare solo per sempre era
troppo
terribile da sopportare.
Strinse
furiosamente i pugni e si alzò di scatto, strattonando le
catene nel
vano tentativo di lanciarsi addosso al nemico.
“Lasciali
fuori da questa storia! Loro non hanno nulla a che vedere con i
Dragon Slayer!”
“Hanno a che vedere con te” precisò il biondo, andandogli incontro e fermandosi a un centimetro fuori dalla sua portata, così che non potesse nemmeno sfiorarlo. “Sono pedine sacrificabili. La scelta è tua, Cobra: trova gli altri cacciatori di draghi, oppure guarda i tuoi compagni morire tra le mille torture che infliggerò loro”
Il
Drago del Veleno si sentì tremare di rabbia e paura insieme.
Non
voleva farlo. Non voleva condannare a morte né i Dragon
Slayer
insieme a cui aveva combattuto, né tanto meno i suoi
compagni di
sventura.
L'altro
sorrise di nuovo, perfido e viscido.
“Adesso
voglio una risposta” sibilò. “Dimmi...
quanti Dragon Slayer
riesci a sentire nelle vicinanze?”
Non voleva. Non poteva...
Strinse
i denti fino a farsi sanguinare le gengive, e nel vedere la sua
esitazione il biondo girò sui tacchi con uno sbuffo e
uscì dalla
cella, probabilmente per andare dritto ad occuparsi dei suoi compagni
imprigionati.
Prima
che l'uomo potesse allontanarsi troppo da lui e rischiare di non
sentirlo più, Cobra mormorò con un filo di voce
la risposta.
“Ce ne sono... due”
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Rogue si fermò in mezzo al sentiero, voltandosi indietro a scrutare le colline che si erano lasciati alle spalle.
Sting
avanzò ancora di qualche passo prima di fare lo stesso.
“C'è
qualche problema, Rogue?” domandò, sulla difensiva.
Il
Drago d'Ombra fiutò l'aria e scrutò in
lontananza, sondando tutto
l'ambiente circostante. Si trovava nella stessa direzione in cui
soffiava il vento, perciò non poteva sentire bene gli odori.
Sopra
di loro, cupe nuvole grigie e pesanti si muovevano lente come buoi al
pascolo, coprendo poco a poco tutto il cielo.
C'era
qualcosa che lo rendeva inquieto, come se qualcuno li stesse seguendo
a loro insaputa.
“Rogue” lo chiamò ancora Sting, distogliendolo dai suoi pensieri.
Il
Drago d'Ombra passò in rassegna un'ultima volta le colline
che
avevano superato da poco, quindi riprese a camminare.
“No,
niente. È solo che... ho un brutto presentimento”
“Non dirlo a me” ribatté il biondino, allungando il passo. “Più ci avviciniamo a Era, e più sento che stiamo andando dritti tra le fauci del nemico”
Rogue
fece per annuire, ma improvvisamente sentì un formicolio
dietro la
testa.
Si
voltò di nuovo, questa volta di scatto, e finalmente le
vide: tre
ombre nere come la notte, indistinte sagome di quelli che potevano
essere soldati in armatura coperti da lunghi mantelli sgualciti.
Anche
Sting li notò e impallidì.
“Quelli...
sono...”
“Gli esseri di cui parlava Gerard” concluse Rogue, mettendosi in guardia. “Gli Alfieri del Tiranno”
Le tre figure si avvicinarono scivolando sull'erba come spettri, e anche da un centinaio di metri di distanza entrambi i Dragon Slayer le videro estrarre le spade con un sibilo sinistro.
“Credo che scappare non servirà a niente” esordì Sting, prendendo a sua volta la postura da combattimento e cominciando ad espandere la propria magia.
Rogue lo imitò. “Dobbiamo affrontarli adesso, in campo aperto”
Entrambi stavano sudando freddo perché consci di dover affrontare un nemico in superiorità numerica e che per giunta nemmeno conoscevano. La situazione non era delle migliori, ma dopotutto sarebbe anche potuta andare peggio.
Gli Alfieri ormai erano a meno di trenta metri da loro.
“White Drive”
“Shadow Drive”
Pronunciarono
all'unisono l'incantesimo di potenziamento magico, espandendo la
propria magia e preparandosi all'attacco.
Quando
le tre figure nere furono loro addosso, i due partirono alla carica
come furie, sparando un doppio attacco combinato che generò
un'esplosione bianca e nera del raggio di diversi metri. La nube di
fumo, luce e polvere che si propagò coprì la loro
vista per qualche
secondo, impedendo loro di capire se avessero colpito i nemici o
meno.
Contro
tutte le loro previsioni, però, una mano bardata di metallo
uscì
improvvisamente dal muro di fumo e agguantò Sting per la
testa, per
poi spingerlo indietro e schiacciarlo a terra con una forza
mostruosa.
“Sting!”
si allarmò il Drago d'Ombra, accorrendo subito in suo aiuto.
Sferrò
un duro calcio al fianco dell'Alfiere, lì dove dovevano
esserci le
costole, ma non ebbe alcun effetto se non quello di farlo spostare di
appena pochi centimetri.
Rogue
sbiancò, Sting gemette quando la sua testa fu premuta sul
terreno
con più violenza, mentre gli oscuri buchi nella maschera
dell'Alfiere si voltarono a fissare il Drago d'Ombra come pozzi di
tenebra.
“R-Rogue...! Argh!... S-scappa...!” latrò Sting.
Rogue
non ci pensò due volte, attivò all'istante il
Dragon Force e colpì
l'Alfiere con tutta la magia che aveva in corpo.
“LASCIALO
STARE!!!!” urlò a pieno polmoni.
Stavolta l'Alfiere fu sbalzato indietro di diversi metri dalla durezza del colpo, e Sting fu finalmente libero di alzarsi.
“Sting, presto! Attiva il Dragon For-” Rogue non riuscì a finire la frase che il sibilo furioso di una lama d'acciaio riempì le sue orecchie, avvertendolo che il secondo Alfiere era proprio dietro di lui, pronto ad affondargli in corpo la lama.
“Rogue, giù!” ruggì Sting buttandoglisi addosso e tirandolo a terra con sé prima che la spada potesse trapassarlo. Rotolarono l'uno sull'altro, praticamente abbracciati, finché non riuscirono a riprendere la concentrazione e a rialzarsi, entrambi in modalità Dragon Force.
Loro
ansimavano e tremavano, mentre i tre Alfieri si ergevano dinanzi a
loro, immobili e letali.
Quanto
erano forti quei maledetti guerrieri senz'anima?
Pur
non utilizzando attivamente alcuna magia, i loro corpi sembravano
davvero immortali e invincibili.
“Dobbiamo combatterli a distanza, o rischiamo di farci ammazzare sul serio” esordì Sting, le chiazze bianche sul volto e sulle spalle che si illuminavano a intermittenza man mano che caricava la propria magia. “Usiamo tutto quello che abbiamo, Rogue! Facciamo vedere loro di cosa sono capaci i Draghi Gemelli!”
Rogue
espanse il proprio potere e si lasciò avvolgere da sottili
fili
d'ombra.
“Andiamo!”
“Hakuryū no...”
“Eiryū no...”
“... HŌKŌ!!!”
Il
ruggito feroce che proruppe da entrambi si unì in un unico
raggio
grigio formato da ombra e luce, e una volta raggiunto il bersaglio la
sua potenza fu tale da causare un'esplosione tripla rispetto a quella
di prima, tanto grande da aprire una voragine in mezzo al terreno,
non dissimile da quella che aveva aperto Sting durante i Grandi
Giochi Magici.
Mantennero
il ruggito più a lungo che poterono e alla massima potenza,
ma non
servì a nulla quando la lama di una spada tagliò
in due il raggio,
spezzandolo a metà e deviandone la traiettoria in lontananza
verso
le colline. Gli Alfieri furono loro addosso prima di potersene
rendere conto, e solo quando videro le loro spade arrugginite calare
verso le proprie teste, i Draghi Gemelli trovarono la forza d'animo
di allontanarsi con uno scatto ed evitare di venir decapitati.
“Non ci credo... il ruggito non è servito a niente?” mormorò Sting, sconvolto.
“Eiryū no Zangeki!” sibilò Rogue lanciandosi contro l'Alfiere più vicino e graffiandogli il petto con una sferzata d'ombra. Sentì i propri artigli stridere sulla dura corazza di metallo dell'Alfiere, e passare oltre senza danneggiarlo.
Un
altro wraith apparve da dietro e lo ferì di striscio sulla
coscia,
mentre Sting fu sferzato brutalmente su braccia e ventre. Tagli non
abbastanza gravi da ucciderli, ma sufficienti a far perdere loro
resistenza, energia e velocità.
Stanchi,
ansimanti e sull'orlo della disperazione, i due maghi arretrarono.
Nemmeno la loro magia unita poteva nulla contro quegli esseri... cosa
dovevano fare?
“Sting...” mormorò Rogue, tamponandosi la ferita alla coscia con una mano. “Ci rimane un solo asso nella manica”
“Unison Raid, eh?” sospirò il Drago Bianco, mentre un rivolo di sangue misto a sudore gli scorreva lungo la tempia, lì dove l'Alfiere l'aveva afferrato e inchiodato a terra.
Rogue
prese un respiro profondo e allungò la mano destra.
“Se
falliamo, sarà la fine”
“Lo so” annuì Sting facendo lo stesso con la sinistra.
Caricarono
velocemente tutta l'energia che restava loro, convogliandola prima
nei palmi e poi nello spazio tra le loro mani, così che le
loro due
magie si fondessero per crearne una nuova, il più perfetto
degli
Unison Raid conosciuti. Non si erano mai neanche allenati
granché
per raggiungere quel grado di sincronia: la loro amicizia, i loro
cuori, i loro respiri, la loro affinità... tutte queste cose
erano
perfette così com'erano, nate e cresciute spontaneamente.
Nessuno
avrebbe mai potuto compiere una magia d'unione più potente
della
loro.
Gli
Alfieri del Tiranno avanzarono a lame sguainate, i volti diabolici
delle maschere che sogghignavano in maniera distorta, deridendoli.
“Rogue” chiamò Sting, lo sguardo fisso sul nemico.
Il Drago d'Ombra rimase ad ascoltarlo in silenzio, mentre l'Unison Raid assumeva la sua forma finale e si preparava a venir scagliato.
Sting
sorrise.
“Distruggiamoli”
“Sì”
Urlarono entrambi, lasciando che la loro maga unita scaturisse in tutta la sua devastante potenza e portando in avanti le mani per liberarla contro i tre nemici.
“SEIEIRYŪ... SENGAAA!!!”
Le Zanne Luminose del Sacro Drago d'Ombra esplosero come la deflagrazione del Big Bang, travolgendo nella loro luce multicolore tutto ciò che incontrarono sul loro cammino. Terra, cielo, alberi, rocce, carne, spirito... ogni cosa fu spazzata via da un'onda d'urto che si propagò per miglia e miglia, facendo tremare il regno intero.
Purtroppo, però, per la seconda volta il loro Unison Raid fallì.
Non
era servito contro Natsu Dragneel durante il quarto giorno dei
Giochi, e non servì ora dinanzi a tre spettrali nemici, i
quali
erano animati da una magia ben più antica e terribile
dell'Unison
Raid.
Quando
l'esplosione di luce e ombra si dissolse, gli Alfieri del Tiranno si
fecero avanti a passo solenne e indomito, i mantelli ormai quasi del
tutto laceri e le armature graffiate e piene di ammaccature, tuttavia
ancora intere.
Nel
vederli, i Draghi Gemelli tremarono e crollarono in ginocchio, senza
più forze. Avevano usato tutto il potere che era rimasto
loro
sperando di sopraffare il nemico, ma neanche stavolta avevano avuto
successo.
Due Alfieri si fermarono davanti a ognuno di loro, le spade sollevate e pronte ad infliggere il colpo di grazia.
Sconfitto
e rassegnato, Sting trovò la forza di cercare un'ultima
volta la
mano del partner, di stringerla nella sua e di rivolgergli un sorriso
malinconico.
“Sono
felice di averti conosciuto, Rogue”
Il Drago d'Ombra chiuse gli occhi, poi le lame calarono.
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Gerard
aveva dovuto lasciare la sua cavalcatura giù alle pendici
delle
montagne e proseguire a piedi, inerpicandosi sull'impervio sentiero
che serpeggiava tra le aspre rocce del monte Hakobe.
Faceva
molto freddo, lassù, tra la temperatura bassissima e le
sferzate di
vento gelido che sollevavano neve e cristalli di ghiaccio.
Non
si era attrezzato per affrontare un clima del genere, ma non aveva
neanche intenzione di restare a lungo. Doveva solo trovare l'uomo di
cui gli avevano parlato Natsu e gli altri, farci quattro chiacchiere
e poi tornare a valle.
Camminava
ormai da tre ore in salita, affondando i piedi nella neve fresca che
gli arrivava fino alle ginocchia.
Si
strinse meglio addosso il mantello quando una raffica particolarmente
violenta lo gelò fin nelle ossa, scompigliandogli i capelli
e
spingendolo pericolosamente verso l'orlo del dirupo sulla sinistra.
Dovette
tenersi saldamente alle sporgenze rocciose sull'altro lato per non
rischiare di cadere giù.
C'era
quasi da chiedersi se anche il famigerato Drago degli Inferi avesse
fatto tutta quella fatica per arrivare in cima. Cosa ci era venuto a
fare, poi, lassù?
Gerard
aveva seguito una pista per due giorni, basandosi sulle tracce di
cenere e i segni di colpi di spada sparsi qua e là lungo il
cammino.
Non era stato per niente facile, ma ormai era sicuro che Lucifer
Totenstern si fosse diretto su quella montagna nelle ultime ore.
Più
avanti il sentiero curvò verso l'interno della montagna, per
poi
allargarsi progressivamente fino a perdersi nella vasta distesa
bianca di un ghiacciaio. O meglio, doveva esser stata una
distesa bianca, ora punteggiata di corpi anneriti e chiazze di sangue
semi-congelato che si raffreddavano velocemente con l'imperversare
della tempesta di neve.
Gerard esitò un momento, sconcertato.
Il
ghiacciaio era pieno zeppo di cadaveri ancora freschi, i cui corpi
stavano venendo ricoperti dalla neve caduta dal cielo. C'erano corpi
piegati in posizioni innaturali, rocce annerite dal fuoco, ampie
macchie rosse che balzavano subito all'occhio sul biancore della
neve, oltre a spade, lance e archi conficcati qua e là nel
ghiaccio.
Sembrava un campo di battaglia dove il conflitto si era appena
concluso senza né vinti né vincitori.
L'ex
Mago Sacro avanzò lentamente tra i resti di quella
carneficina,
scavalcando i corpi o aggirandoli, puntando verso l'unico
sopravvissuto al massacro.
Seduto comodamente su una montagna di cadaveri accatastati, c'era Lucifer.
Molte
cose gli avevano detto a proposito di quel Dragon Slayer, ma
ironicamente non appena lo vide Gerard pensò all'unica che
non gli
era stata riferita: la sua bellezza.
Il
Drago degli Inferi aveva un portamento elegante e regale come pochi,
e anche stravaccato a gambe larghe su un cumulo di corpi morti
riusciva ad avere un aspetto a dir poco sublime.
La
pelle bianca quasi quanto il latte, facile da confondersi tra la
neve, i lunghissimi capelli color dell'argento vivo, gli occhi di un
azzurro tanto intenso da far male a guardarlo.
Con
tutte le probabilità quell'uomo era davvero un mostro, ma
non si
poteva che restare incantati dinanzi al suo aspetto divino.
Come
Gerard fu entrato nel suo raggio d'azione, a pochissimi metri da lui,
Lucifer sollevò lentamente il capo per rivolgergli uno
sguardo
vagamente incuriosito.
Lo
studiò per pochi ma interminabili secondi, scrutandolo da
capo a
piedi come un predatore che valuta se la vittima di turno valesse la
pena di essere braccata.
Alla
fine sorrise, e dalla vista dei suoi canini aguzzi Gerard ebbe la
conferma che era proprio un Dragon Slayer. In alternativa poteva
essere solo un demone.
“Dimmi, topolino” esordì con voce inaspettatamente ipnotica e melodiosa. “Sei venuto anche tu a reclamare la testa del drago?”
Dal modo in cui lo vide accarezzare l'impugnatura della sua katana, Gerard intuì che quel tipo non aspettava altro che bagnarsi di altro sangue. Del suo sangue.
Prese
un respiro profondo e calibrò bene le parole, attento a non
provocarlo.
“Tu
devi essere Lucifer Totenstern, il Drago degli Inferi, dico
bene?”
Lucifer
inarcò un sopracciglio, apparentemente sorpreso.
“Conosci
il mio nome e il mio titolo, ma io non conosco te”
“Non ci siamo mai incontrati, prima d'ora” continuò Gerard. “Il mio nome è Gerard Fernandez. Ero coinvolto alla costruzione della Torre del Paradiso, sia come schiavo che come suo edificatore. Ora ho creato una gilda indipendente alleata a Fairy Tail”
Lucifer
continuò a giocherellare con l'elsa della spada, per niente
impressionato dalle sue parole.
Se
Gerard sperava di ingraziarselo definendosi alleato di Fairy Tail,
aveva fatto male i conti.
“Non sono qui per combatterti” aggiunse, sperando che l'altro togliesse la mano da quella maledettissima spada. “Voglio solo farti qualche domanda. Ho parlato con gli altri Dragon Slayer di Fairy Tail, e insieme siamo giunti alla conclusione che tutto ciò che sta accadendo sia opera di qualcuno che ce l'ha con voi per un motivo particolare. È stato Laxus a... suggerirmi di parlarne con te”
Lucifer
ridacchiò e tornò a guardarlo negli occhi.
Ora
che lo guardava con più attenzione e più da
vicino, Gerard si rese
conto che il Drago degli Inferi aveva trovato un modo per tatuarsi il
marchio di Fairy Tail dritto nell'occhio, al posto della pupilla.
“Ah, davvero? È questo che ti ha detto? Non mi sorprende” rispose con tranquillità. “Il vostro ragionamento è corretto, in effetti. Qualcuno che odia profondamente i Dragon Slayer sta cercando di catturarci e ucciderci tramite un incantesimo che controlla milioni di persone in tutto il regno. La domanda che vi siete posti è: per quale motivo un essere umano dovrebbe nutrire un tale odio verso i Dragon Slayer da cercare di sterminarli come insetti? E soprattutto... chi ha generato un tale odio?”
Gerard
intuì dove voleva andare a parare, perciò si
affrettò e spiegarsi
meglio.
“Non
ti sto accusando di essere la causa di tutto questo”
Lucifer
smise di sorridere e lo guardò con una serietà
più gelida del
ghiaccio che lo circondava.
“Dovresti,
invece. Perché sì, ho ucciso tante di quelle
persone, sterminato
tante di quelle famiglie e tribù da poter scatenare l'odio
dell'intera nazione. Più o meno tutti quelli che conosco e
sono
sopravvissuti nutrono un profondo rancore nei miei confronti.
Perciò
è più che legittimo che tutto questo stia
accadendo per causa mia”
Gerard
non seppe come replicare.
Adesso
gli era chiaro perché i maghi di Fairy Tail provassero un
tale
timore nei confronti di quel folle Drago degli Inferi, che con tanta
leggerezza parlava dei massacri compiuti. C'era da chiedersi come il
Master Makarov avesse potuto accettarlo nella gilda.
Probabilmente
era proprio lui la causa scatenante di tutto quel pandemonio.
Chiunque stesse cercando vendetta contro i Dragon Slayer, la stava
cercando perché motivato dalla crudeltà inaudita
di Lucifer, le cui
azioni avevano fatto pensare alle sue vittime che tutti i
Dragon Slayer fossero come lui.
Ora
restava solo da capire chi era divenuto l'araldo di tale furia.
“Hai qualche idea di chi possa essere così desideroso di vendetta da fare tutto questo? Da quello che ho capito hai rubato molte vite e lasciato molti orfani... c'è qualcuno che potrebbe voler reclamare seriamente la testa dei Dragon Slayer?”
Lucifer
sorrise di nuovo e scosse la testa come un genitore davanti a un
bambino particolarmente ottuso.
“Hai
posto la domanda sbagliata, topolino. In molti
vorrebbero
vendetta contro di me, ma ben pochi oserebbero sfidare l'ira di un
Dragon Slayer”
“E allora... ?”
“Prova ad allargare i tuoi orizzonti” lo interruppe Lucifer. “Prova a pensare come farebbe un pazzo megalomane ossessionato dalla sete di potere. Una comune vittima cercherebbe vendetta da sola, non arriverebbe mai a sconvolgere l'intero ordine delle cose. Chi sta cercando di uccidere i Dragon Slayer è un uomo mosso da una sete di vendetta così profonda da essersi addirittura destato dalla tomba. Un uomo che a causa dei Dragon Slayer ha perso tutto ciò che ha costruito nell'arco di un'intera vita. Un uomo che si è visto portare via i propri sogni da un branco di ragazzini armati di una magia ormai dimenticata”
“N-non capisco...” fece Gerard. Non riusciva a seguire cosa il Drago degli Inferi gli stesse dicendo, non riusciva a collegare i suoi pensieri e a capire su cosa stesse portando la sua attenzione.
Lucifer
si alzò e scese con un balzo leggiadro dalla montagna di
cadaveri,
atterrando proprio di fronte a lui.
“Al
momento mi viene in mente solo una persona che rispetta tutte queste
condizioni”
Gerard cominciò a sudare freddo, ora che si stava avvicinando alla soluzione del problema.
Gli
occhi di Lucifer brillarono di fiamme cerulee, accese e vive.
“L'unico
che ha sfidato l'ira di cinque Dragon Slayer, ed
è morto, per
questo”
“Dimmi il suo nome” mormorò Gerard.
Lucifer
lo guardò come se lo vedesse per la prima volta, e a quel
punto
sorrise, scoprendo i canini affilati come rasoi.
“Ti
ho già detto anche troppo, topolino. Se
vuoi sapere il resto,
sopravvivi”
E in un attimo, la sua spada fu sfoderata.
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Cobra
si destò dal torpore del sonno quando le sue orecchie
sensibili
captarono il suono cigolante della porta della prigione che veniva
aperta. Il suono di passi affrettati che seguì, fu
più che
sufficiente a fargli capire che quel bastardo biondo stava venendo di
nuovo a tormentarlo.
Da
disteso che era si tirò a sedere con uno sforzo immenso,
cercando i
trattenere i gemiti quando i muscoli doloranti gli mandarono una
nuova scarica di fitte e le ferite si riaprirono.
Appoggiò
la schiena segnata dalle frustate contro il muro e rimase in attesa
dell'arrivo dei suoi aguzzini.
Impiegarono
un paio di minuti per arrivare alla sua cella, e Cobra ebbe tutto il
tempo di ascoltare i loro pensieri in lontananza. Sentiva il suono di
passi di tre persone, di cui due non avevano alcun pensiero, alcuna
emozione: Alfieri. Il terzo, prevedibilmente, era l'uomo che lo aveva
tormentato a volontà negli ultimi giorni, costringendolo a
fare cose
di cui si era pentito subito.
L'uomo
biondo arrivò alla sua cella e la aprì con un
calcio dopo aver
girato il chiavistello, facendosi da parte per permettere ai due
silenziosi wraith di entrare.
“Mettetegli le manette anti-magia ai polsi e caricatelo sul carro. Lo portiamo con noi a Crocus”
A
Cobra non piacque niente di tutto ciò, ciononostante non
poté far
altro che alzarsi quando lo strattonarono, per poi seguire in
silenzio il suo carceriere. Gli Alfieri gli misero le manette ai
polsi e lo condussero attraverso i corridoi della prigione, senza
parlare né respirare, né dare alcun segno di vita
oltre al
movimento.
La
luce del giorno fuori dall'edificio ferì per un momento gli
occhi
del Dragon Slayer, divenuti particolarmente delicati a causa del
lungo periodo passato nella semi-oscurità. Tuttavia, avrebbe
mille
volte preferito quel buio pesto piuttosto di vedere alla luce del
giorno l'atroce spettacolo che avevano appena messo in atto gli
Alfieri del Tiranno, ai diretti ordini del loro evocatore.
L'esecuzione di due Dragon Slayer.
Quando li vide, e quando loro ricambiarono il suo sguardo con occhi rassegnati e privi di speranza, il suo cuore si strinse in una morsa dolorosa e soffocante.
Lui
li aveva consegnati nelle mani del nemico.
Lui
li aveva portati alla morte.
Non riuscì a guardare mentre gli Alfieri li passavano a fil di spada con il suono nauseante di carne staccata dalle ossa. L'odore di sangue fresco che seguì, fu così forte da rivoltargli lo stomaco mentre veniva caricato su un carro corazzato.
“Mi dispiace” sussurrò con un filo di voce rotta dal senso di colpa. “Mi dispiace”
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Natsu sollevò di scatto la testa quando una forte corrente d'aria gli portò alle narici il profumo dell'erba e dell'acqua, un vero toccasana che risanava i polmoni dopo la bruciante polvere del deserto. Un paio di miglia davanti a loro il deserto finiva, scontrandosi contro i solidi piedi di una catena montuosa di dura roccia.
“Ci siamo!” esclamò allegramente. “Quella è la fine del deserto!”
Wendy sospirò di sollievo, Gajeel sogghignò.
“Oltre quelle montagne c'è Era” constatò Laxus.
Alla fine, in un modo o nell'altro erano arrivati a destinazione. Era stata un'avventura che aveva messo a dura prova la loro forza di volontà, eppure erano consci che il peggio doveva ancora venire.
“Forza, andiamo!” li spronò Natsu, mettendosi a correre. “Un ultimo scatto e ci siamo!”
Gajeel
lo guardò come si potrebbe guardare un perfetto idiota.
“Ma
che fai, ti metti a correre come un bambino?”
“Geloso, testa di ferro? Evidentemente sei troppo lento per starmi dietro” gridò di rimando Salamander.
“Che hai detto?!”
“Ho detto che sei lento come una vecchietta di novant'anni!”
“Salamander, brutto...!”
Gajeel partì di corsa dietro all'eterno rivale, seminando di un bel pezzo Wendy e Laxus, i quali rimasero a guardare i due contendenti in una gara di corsa testa-a-testa.
Laxus
sorrise e li osservò allontanarsi sempre più, in
direzione delle
montagne.
Si
rivolse a Wendy, sogghignando.
“Ehi,
piccoletta. Che ne dici di far vedere a quelle due teste calde chi
è
veramente veloce?”
Magia dell'Aria e magia del Fulmine... Natsu e Gajeel non avevano speranza.
Wendy
soppesò la proposta, poi sorrise di rimando e
annuì.
“Certo!”
La
Dragon Slayer del Cielo richiamò l'incantesimo Vernier
per
sollevarsi in volo e aumentare drasticamente la propria
velocità,
mentre Laxus si ricoprì di scariche elettriche e divenne un
tutt'uno
con il fulmine.
Quando
scattarono in avanti, raggiunsero e superarono gli altri due Dragon
Slayer con una velocità tale da travolgerli in un vortice di
vento e
farli rovinare a terra entrambi, l'uno sull'altro.
“Siete lenti, ragazzi” li rimbeccò Laxus, ridacchiando mentre raggiungeva di gran carriera le montagne e balzava di roccia in roccia, sempre più in alto.
“Scusate, Natsu-san, Gajeel-san!” gli fece eco Wendy, subito dietro di lui.
Natsu
e Gajeel si ritrovarono a terra a mangiare la polvere.
Come
nella famosa maratona delle ventiquattro ore, Wendy li aveva battuti
di nuovo, sorridendo tutta contenta mentre loro ancora lottavano per
rialzarsi. Laxus, neanche a parlarne, era già arrivato sulla
cima
della catena montuosa, e li osservava ridendo da almeno mezzo miglio
di distanza.
Salamander
e Acciaio Nero si rivolsero un'occhiata truce, quindi si sferrarono
vicendevolmente una testata per ringhiarsi addosso.
“È tutta colpa tua, ferraglia arrugginita!”
“Mia? Di chi è stata l'idea di fare una gara di corsa contro Laxus?!”
“Ho sfidato te, non Laxus! E neppure Wendy!”
“Sei proprio un idiota!”
“Ripetilo!”
“I-d-i-o-t-a!”
“Bastardo!”
Cominciarono ad azzuffarsi come cani in lotta per un osso, e dalla cima del monte di roccia, Laxus e Wendy li guardarono scuotendo la testa e sorridendo. Quei due non cambiavano mai!
Laxus
sospirò e lanciò un'ultima occhiata al deserto
che si stavano
lasciando le spalle. Visto da lassù, alla luce del tramonto,
appariva ancora più immenso e sconfinato, con le dune di
sabbia che
si perdevano fino all'orizzonte. Era una vista mozzafiato che in
altre circostanze si sarebbe goduto meglio, ma al momento pensieri
più oscuri lo preoccupavano.
Si
voltò nell'altra direzione per vedere la valle sull'altro
versante
delle montagne. Anche da lì riusciva a vedere l'enorme
edificio che
ospitava la sede del Consiglio della Magia, poco distante dalla
città
di Era.
Si
girò di nuovo per urlare a Nastu e Gajeel di darsi una
mossa, ma
all'improvviso vide qualcosa che lo pietrificò.
In lontananza, sulla cima di una duna di sabbia, cinque figure nere avvolte in mantelli logori li stavano osservando.
Gli Alfieri.
Wendy sussultò. “Laxus-san! Quelli sono...!”
“Merda!” imprecò il Dio del Tuono prima di guardare in basso, verso i due idioti ancora impegnarsi a darsele di santa ragione e del tutto ignari del pericolo.
Gli Alfieri del Tiranno si mossero, venendo verso di loro a una velocità maggiore rispetto a quella di un comune mortale.
Laxus
digrignò i denti e urlò con quanto fiato aveva
nei polmoni.
“Natsu!
Gajeel! CORRETE!!!”
I
due Dragon Slayer ebbero solo una frazione di secondo di tempo per
accorgersi del nemico in rapido avvicinamento, poi, quando compresero
cosa stava succedendo, smisero di azzuffarsi e si lanciarono di corsa
verso i piedi delle montagne alla massima velocità
consentita dalle
loro gambe.
Corsero
come assatanati mentre dietro di loro i cinque Alfieri avanzavano
rapidi e inesorabili, ombre di morte venute a reclamare le loro vite.
Mancavano
solo poche decine di metri alle pareti scoscese della montagna, poche
decine di metri alla salvezza. Wendy e Laxus li incitavano a correre
più veloci, mentre alle loro spalle udivano distintamente il
cigolio
delle spade sfoderate.
“Cazzo!” imprecò Gajeel. “Dobbiamo rallentarli o di questo passo ci raggiungeranno!”
Natsu
balzò in aria e ruotò su sé stesso,
gonfiando i polmoni al
massimo.
“Karyū
no... HŌKŌ!!!”
Il
ruggito che seguì s'infranse addosso ai loro inseguitori,
intrappolandoli dietro un muro di fuoco le cui fiamme divampavano
verso il cielo e crepitavano con un gorgoglio sinistro.
I
due Dragon Slayer approfittarono di quell'occasione per allungare
ancora un po' il passo e correre di gran carriera verso la parete di
roccia.
Quando
la raggiunsero, saltarono e si aggrapparono agli speroni di pietra
più sporgenti, usandoli come appigli per darsi la spinta e
salire.
Prima
che potesse mettersi in salvo, però, Natsu si
sentì stringere
improvvisamente la caviglia da una presa ferrea, scoprendo con orrore
che un Alfiere con il mantello in fiamme lo stava tirando
giù, verso
il punto cui gli altri quattro si apprestavano a colpirlo con le
spade avvolte da lingue di fuoco.
Natsu
strinse i denti e cercò di divincolarsi per fargli mollare
la presa,
ma l'Alfiere era dotato di una forza mostruosa, tanto che i suoi
guanti d'acciaio gli lasciarono lividi violacei attorno alla
caviglia.
“Ugh... dannazione!” ringhiò mentre veniva trascinato giù.
Gajeel si accorse di cosa stava succedendo e fece per scendere ad aiutarlo, ma improvvisamente un fulmine caduto dal cielo si abbatté duramente sul wraith, costringendolo finalmente a lasciare la presa e ad arretrare.
Laxus
arrivò da loro balzando di roccia in roccia, completamente
avvolto
dai suoi terribili fulmini.
“Salite,
presto!” ordinò, scaricando un'altra pioggia di
elettricità
addosso agli Alfieri. Non li avrebbe fermati, ma come minimo poteva
rallentarli.
Gajeel
afferrò la mano di Salamander e lo tirò su, fuori
dalla portata del
nemico, quindi ricominciarono a salire velocemente mentre sotto di
loro Laxus affrontava da solo i wraith.
Wendy
li aiutò con il suo incantesimo dell'aria, così
da sollevarli e
farli arrivare direttamente in cima, finalmente al sicuro.
A
quel punto, la giovane Dragon Slayer del Cielo si sporse oltre la
cima della montagna e richiamò l'attenzione di Laxus.
“Laxus-san!
Ci siamo!”
“Bene! Arrivo!” urlò di rimando quello, sferrando un ultimo calcio ad un Alfiere prima di schizzare via come una saetta, fuori dalla sua portata.
Gli Alfieri non dissero niente, non si lamentarono né ruggirono di rabbia: cominciarono semplicemente a scalare la montagna.
“Eh no, bastardi!” ringhiò il Drago del Fulmine, sollevando un pugno verso il cielo e richiamando il Raging Bolt, per poterlo abbattere direttamente sul fianco della montagna e generare così una valanga di massi e polvere che investì gli Alfieri e li trascinò giù.
“Cazzo, quelli non si arrendono!” ringhiò Gajeel dopo aver assistito la scena.
Laxus
atterrò accanto a lui e guardò giù,
verso il cumulo di pietre e
detriti da cui già spuntavano le mani metalliche dei wraith.
“Già,
ma se non altro non hanno nessun potere magico. Sono immortali,
veloci e maledettamente forti, ma per il resto le loro
capacità non
vanno oltre quelle dei comuni mortali”
Anche
Natsu si sporse per vedere il modo in cui gli Alfieri si aggrappavano
alla parete di roccia, cercando inutilmente di scalarla al pari un
branco di cani che tentano di prendere un gatto in cima all'albero.
“Troveranno
un modo per raggiungerci” sentenziò.
“Dobbiamo allontanarci da
qui”
“Era non è lontana” aggiunse Wendy, indicando la sede del Consiglio della Magia nella valle sottostante.
“Tsk. Avremo mai cinque minuti di pace?” borbottò Gajeel mentre cominciavano a scendere sull'altro versante.
La strada in discesa fu molto più rapida che in salita: facilitati dalla gravità, i quattro maghi arrivarono nella valle sottostante in pochi minuti, trovandosi ad atterrare sull'erba fresca di un vasto prato. Poco distante da loro, l'edificio che era allo stesso tempo il quartier generale del Consiglio della Magia e la sede delle prigioni, sorgeva imponente e maestoso in una vasta radura.
“Avviciniamoci lentamente” esordì Laxus, scrutando l'edificio silenzioso a distanza di sicurezza. “Potrebbero esserci guardie nascoste ovunque”
“Io non ne vedo nessuna... anzi, per la verità quel posto sembra proprio disabitato” fece notare Natsu. Non c'era nessuna forma di vita in vista, né umana né animale. Nulla si muoveva, tutto era silenzioso e immobile come se quel luogo fosse abbandonato.
“Solo perché non vedi nessuno non vuol dire che non dobbiamo fare attenzione!” ringhiò Gajeel, scrutando nervosamente l'edificio. “E poi... c'è davvero un pessimo odore nell'aria. Sento puzza di guai”
“Devono esserci altri Alfieri, qui vicino” constatò Wendy.
Natsu storse il naso. “Non è solo questo” disse con tono lugubre. “Qui c'è anche odore di sangue”
Decisero
di avvicinarsi lentamente e con molta cautela. Gerard aveva detto
loro di aspettare il suo ritorno, ma non ce la facevano a trattenersi
davanti al loro bersaglio così meravigliosamente sguarnito
di
soldati. Se Cobra era ancora vivo, probabilmente era tenuto
prigioniero lì sotto.
Quando
arrivarono a meno di un centinaio di metri dalla sede del Consiglio,
senza che nessuno tentasse di fermarli o catturarli, Natsu si accorse
di un particolare che prima non aveva notato: l'ingresso
dell'edificio era costituito da una lunga strada cementata su cui
montavano la guardia decine di statue di cavalieri in groppa a
rampanti destrieri, ma proprio davanti a tutte queste svettavano una
fila di pali di legno che nulla avevano a che vedere con lo stile
della struttura.
Fu in quel momento che l'odore di sangue divenne più forte che mai, pizzicandogli il cervello.
Senza pensarci due volte abbandonò ogni cautela e schizzò di corsa verso il corridoio di statue, il cuore in gola al pensiero di ciò che avrebbe trovato.
“Natsu, aspetta!” lo chiamò Laxus, tentando invano di fermarlo.
“Natsu-san!”
“Tsk. Quel cretino” sibilò Gajeel prima di corrergli dietro con tutta l'intenzione di acciuffarlo per la collottola e riportarlo indietro, in un punto meno scoperto. Quando tuttavia lo vide rallentare e fermarsi davanti a una fila di pali di legno, rallentò a sua volta, sgranando gli occhi man mano che si avvicinava fino a fermarsi accanto al compagno con la bocca completamente asciutta e l'espressione impietrita dall'orrore.
Quando Laxus e Wendy li raggiunsero, quest'ultima sobbalzò e si portò le mani alla bocca, mettendo a tacere un urlo muto, mentre il Dio del Tuono tirava giù un paio di maledizioni.
Quei
pali di legno dalla punta aguzza servivano come spiedini per
infilzare teste umane.
Teste
di Dragon Slayer.
E due di essi erano già stati riempiti.