10. Solo per te
-Raccogliete tutte
le vostre armi e mettete a posto il resto dell’attrezzatura.- Disse, cercando
di mantenere la calma. –Fate in fretta, voglio andarmene da questo posto!-
-Sì Eric!- gli
risposero, quasi in coro, Edward e Lynn.
Quando i due ragazzi
che aveva scelto per la sua squadra se ne andarono, ad Eric non restò altro che
lasciare ricadere la testa all’indietro, contro il container a cui era
appoggiato. Non si era neanche preso il disturbo di mettersi in piedi, e
rimaneva lì seduto a terra come uno dei tanti sconfitti.
Poi un bruciore
acuto alla gamba gli fece sfuggire un ringhio di dolore, e si voltò verso la
figura inginocchiata al suo fianco.
-Questo volevi
tenerlo per ricordo?- Gli chiese Aria, mostrando il proiettile che aveva in
mano.
Glielo aveva appena
estratto dalla gamba, senza alcuna delicatezza, e lui non si riservò di
lanciarle un’ occhiataccia.
Quando Quattro gli
aveva sparato, per ben due volte, si era tolto subito il proiettile che aveva
al petto ma, quando aveva capito che presto sarebbero stati sconfitti, si era
seduto e non si era più mosso. Si era limitato ad impartire ordini, e a riservare
qualche offesa al suo rivale Quattro, senza nemmeno preoccuparsi di estrarsi
dalla gamba il secondo proiettile.
Guardò la ragazza
che gli stava vicino e le tolse bruscamente di mano quel dannato proiettile che
gli aveva estratto, ma lei nascose una piccola risata vedendo la sua rabbia.
Aveva raccolto i
capelli in una coda di cavallo e li teneva al loro posto con una fascia nera
che le avvolgeva la testa. Quella notte le sue labbra erano così gonfie che
resistere all’impulso di baciarle era quasi una tortura, peccato che la sua
allegria aumentasse solo il suo malumore.
-Dove diavolo eri
tu?- Le abbaiò contro, nonostante fossero vicinissimi. –Ti avevo messo là in
alto come mia tiratrice migliore e ti avevo detto…-
-Di tenere d’occhio
Quattro e di sparargli non appena lo vedevo!- Aria finì la sua frase, indicando
il punto d’osservazione in cui aveva piazzato i ragazzi con una mira più
decente.
Aria ovviamente era
la più brava a sparare, e Quattro il nemico più pericoloso. Aveva organizzato
tutto a dovere, avevano nascosto la bandiera e messo qualcuno di guardia,
diviso il campo d’ azione in modo da poter attaccare da più direzioni e
posizionato una squadra di tiratori su un container per il fuoco di copertura.
Ma avevano fallito
ugualmente.
-Senti, non è colpa
mia se tu e Quattro avete deciso di giocare a nascondino dietro questi cosi!-
si lamentò la ragazza, falsamente indignata mentre indicava i container che
avevano attorno. –Non vedevo niente da lassù, e poi hai visto in quanti sono
arrivati? Ho sparato a parecchi di loro!-
Eric notò il
sorrisino compiaciuto con cui terminò la frase, e scosse la testa. Non c’era
verso di prendersela con lei e farla sentire in colpa, ne sarebbe sempre uscita
da vincitrice.
-Dai spostati!- Le
ordinò, decisamente più sereno anche se faticava ad ammetterlo.
Si alzò in piedi e
dovette fare i conti con i suoi pensieri più nascosti, e con il fatto che era
bastata qualche parola da parte di quella ragazzina trasfazione per allontanare
il suo malessere. La rabbia per aver perso per l’ennesima volta contro Quattro
non lo avrebbe abbandonato di certo, ma almeno aveva un buon motivo per
scherzarci sopra e qualche aspetto positivo da tenere in conto. Avrebbe
risparmiato i ragazzini della sua squadra, ma a molti avrebbe tolto diversi
punti in classifica per la loro inefficienza. Magari si sarebbe anche divertito
a farlo, e con alcuni si sarebbe addirittura vendicato, ad esempio non capiva
come avesse fatto Molly a farsi soffiare via la bandiera da Tris e
Christina.
Serrò i pugni e
sentì di dover dare un freno alla sua ira e al risentimento, così guardò Aria
vicino a lui e decise che per quella sera il tempo di comportarsi per bene era
finito. Sollevò il braccio facendoglielo passare attorno alle spalle e
l’avvicinò bruscamente a sé, stringendola contro il suo fianco.
Abbassò lo sguardo
verso di lei e le concesse un breve sorriso d’intesa, giusto un arricciamento
di labbra.
Anche lei sorrise e
lo guardò intensamente, chiaramente rallegrata dal quel gesto, tanto che si
strinse di più vicino a lui. –Ma Eric,- disse piano, cercando di moderare il
suo sorriso. –Potrebbero vederci…-
Eric scosse la testa
e riprese a camminare senza togliere il braccio.
Quando, due giorni
prima, erano rientrati insieme dopo il loro giro di perlustrazione, aveva
dovuto mettere subito in chiaro la situazione. Erano scesi dal treno poco fuori
la residenza e, mentre tornavano all’interno, Eric l’aveva fatta fermare per
poterle parlare seriamente. –Non puoi dire a nessuno dove sei stata, né con
chi…- Le aveva detto, e lei aveva capito. Le aveva accarezzato il viso per poi
dirle di rientrare per prima e di raggiungere la mensa da sola, per dividersi e
non destare sospetti.
Nei giorni
successivi si erano concessi solo brevi incontri di sfuggita, in cui aveva
potuto spiegarle meglio l’intera faccenda, parlandole della regola che vieta
agli Intrepidi e, soprattutto, agli istruttori, di avere relazioni con gli
iniziati. Aria non aveva detto nulla, aveva compreso e accettato il fatto che
avrebbero dovuto agire di nascosto e con prudenza.
Ma, nonostante
tutto, Eric pensò che avrebbero potuto rilassarsi almeno per il momento. Non
solo non li avrebbe notati nessuno, considerato il trambusto e i container che
gli facevano da scudo, ma che in fine non c’era niente di male se il capo
squadra, alla fine di un’ esercitazione faticosa, si concedeva un brave gesto
d’incoraggiamento verso una delle poche persone che aveva fatto il suo dovere.
Certo, non era
assolutamente da lui comportarsi in maniera così confidenziale, ma per una
volta nessuno ci avrebbe fatto caso.
Tuttavia, giusto per
esserne sicuri, quando il corridoio di container che stavano attraversando
stava per finire, mostrando lo spiazzo davanti a loro in cui erano radunati gli
altri componenti della squadra che raccoglievano l’attrezzatura e si
preparavano al rientro, Eric ne approfittò per rapire per qualche secondo Aria.
Le fece fare un
passo indietro e si nascose contro la parete del container, stampandole a forza
un bacio sulle labbra, prima di lasciarla andare.
-Che ero sono?
Presto, ditemi che ora è!-
Nel viaggio di
ritorno in treno, Eric si era scelto un angolo per conto suo, decidendo di
tenersi alla larga da quegli incapaci della sua squadra e, soprattutto, da
Quattro.
In fondo al vagone,
invece, Aria si teneva ad uno dei maniglioni e se ne stava comodamente
appoggiata nell’angolo. Intorno a lei, la sua amichetta bionda saltellava e si
muoveva istericamente in cerca di un orologio, e le sue parole avevano
richiamato la sua attenzione.
Quando finalmente
trovò qualcuno che portava l’orologio gli afferrò malamente il polso e,
guardato l’orario, si mise a strillare tutta contenta.
-È passata la
mezzanotte!-
-Sasha, per favore!-
disse Aria, avvilita ma, quando si coprì il volto con una mano, nascondeva un
sorriso.
-Tanti auguri! Tanti
auguri!- canticchiò la bionda, battendo le mani.
Eric inarcò un
sopracciglio.
Aria rise. –Grazie
Sasha, ora puoi anche calmarti…-
Ma la biondina
continuava a saltellarle intorno.
-Cos’è questa
storia? Nessuno mi ha detto niente!- Disse il trasfazione di nome Will,
avvicinandosi ad Aria.
Lo guardò storto.
-Auguri allora!-
disse il ragazzo, passando energicamente una mano in testa ad Aria, come a
volerle scompigliare i capelli in maniera confidenziale. Peccato che i capelli
neri di Aria fossero accuratamente raccolti.
-Buon compleanno!-
disse Christina, raggiunto l’amico Will.
In breve tutti
quelli in fondo al vagone si radunarono in cerchio attorno ad Aria,
festeggiandola con pacche sulle spalle, con sorrisi e risate. La biondina
continuava a saltarle intorno e diceva a tutti quelli che si avvicinavano che
era il compleanno della sua amica, costringendoli quasi a festeggiarla con lei.
Aria era
imbarazzata, aveva le guance in fiamme e teneva bassa la testa. Will era ancora
vicino a lei, troppo vicino. Christina disse loro qualcosa, e risero tutti e
tre insieme.
Eric vide che,
nonostante l’imbarazzo e la mano con cui si teneva la guancia arrossata quasi
cercasse di nascondersi, Aria era felice.
Lasciò che un
piccolo sorriso increspasse anche le sue labbra, perché, per quanto singolare
fosse, Aria sorrideva solo raramente. Non ne capiva il motivo conoscendola,
eppure, quando era con gli altri iniziati, erano più le volte che teneva la
testa basta che quelle in cui rideva spensieratamente.
Ma lui l’aveva vista
spesso sorridere quando erano da soli e, i piccoli sguardi felici che gli
riservava, erano capaci di scaldare persino la notte più fredda.
Riscaldavano perfino
lui.
Nascose il sorriso e
pensò che fosse un bene che Aria avesse degli amici che la facessero ridere,
almeno la sua iniziazione sarebbe stata serena e avrebbe avuto qualcuno su cui
contare, così la guardò ancora per un po’ e poi si preparò per saltare giù dal
treno. Per un attimo pensò alla sua di iniziazione, ma scacciò via
immediatamente il pensiero, e prese ad insultare qualche ragazzino distratto.
Una volta giù dal
treno, all’interno della residenza, tutti gli iniziati si divisero. Alcuni
iniziarono a correre ai dormitori in una specie di gara a chi arrivava prima
per fare la doccia, altri si attardarono per chiacchierare in compagnia, e
qualcuno degli iniziati interni scappò in cucina a vedere se riuscivano a
rubare qualcosa da mangiare.
Ma lui puntò dritto
alla sua preda e la raggiunse.
Quando l’affiancò,
Aria sollevò lo sguardo verso di lui, con ancora il ricordo di un sorriso fra
le labbra.
Eric scosse il capo.
–Bè, è il tuo compleanno allora!-
Lei lo guardò
timidamente e gli regalò un sorriso, diverso da quelli che aveva riversato agli
altri. Quello era un sorriso tutto per lui. –Sì!- disse leggermente in
imbarazzo. –Ma te lo aveva già detto, ricordi?-
Fece un cenno con la
testa, pensandoci meglio in una delle loro discussioni gli aveva accennato che
mancavano tre giorni al suo compleanno.
-Sai che ti dico?-
le disse, mentre si massaggiava i muscoli delle braccia. –Non vedo l’ora di
andare nella mia camera a farmi un bagno caldo. Credo che mi ci addormenterò
dentro, dopo una sera passata con una mandria di idioti iniziati, penso proprio
che sia il minimo…-
Aria sollevò le
spalle e fece una strana smorfia. –Sai, credo che sia crudele, da parte tua,
dirlo proprio a me.-
-Perché?-
-Il massimo a cui
posso aspirare è una doccia fredda, in comune!-
Eric rimase per un
attimo spiazzato, e batté più volte le palpebre. –In comune? Mi stai dicendo che ti spogli
davanti agli altri?- Aveva dimenticato gli alloggi poco confortevoli riservati
agli iniziati.
Aria nascose una
risata di pura soddisfazione, decidendo di non dirgli che alle ragazze era
stato assegnato un piccolo bagno privato in corridoio, che usavano a turno. –Sì
centro. Bè, ci dividiamo in maschi e femmine, ma avrai visto come è diviso il
dormitorio, a volte capita di vedere qualcosa in più…-
-Qualcosa in più?-
Ripeté Eric, -Quindi tu hai visto i ragazzi nudi e loro hanno visto te?-
-I ragazzi sono
sfrontati e senza il minimo segno di imbarazzo, camminano senza niente addosso
senza alcun problema.- E questo era vero. –E se, mentre noi ragazze ci laviamo,
qualcuno viene a sbirciare, non possiamo farci nulla!- bugia.
Non solo avevano il
bagno in privato, ma lei e Sasha andavano in coppia e, mentre una era dentro,
l’altra stava fuori di guardia.
La ragazza ebbe
l’impressione di vedere chiaramente le scintele fuoriuscire dalle orecchie di
Eric e sentì quasi il rumore degli ingranaggi che si muovevano nel suo
cervello.
Un sorriso crudele
le fece arricciare le labbra. –Sei geloso?-
-Certo che lo sono!-
Ringhiò, quasi si fosse bruscamente risvegliato dai suoi pensieri, e non si
fosse accorto di ciò che aveva detto.
Aria spalancò gli
occhi e rimase senza fiato, smise addirittura di camminare. Superato lo shock
iniziale non riuscì a fare a mano di sorridere e, così, riprese a camminare
dietro Eric che, nel frattempo, aveva continuato ad avanzare.
Sembrava imbronciato
e immerso nei suoi dubbi, non si era neppure preoccupato di ciò che aveva
detto. Camminava a testa bassa, in lotta con qualche pensiero molesto che gli
girava per la mente.
Aria rimase
indietro, dato che il ragazzo aveva smesso di considerarla, e decise di
tornarsene al dormitorio. Eric, sempre arrabbiato e concentrato sui suoi
pensieri, continuò per la sua strada e sparì dalla sua vista. Tuttavia ebbe
l’illuminazione che avrebbe risolto tutti i suoi problemi e gli avrebbe perfino
dato qualche piacere in più.
Tornò indietro quasi
di corsa, prese la strada che portava ai dormitori dei trasfazione e,
fortunatamente, lei era l’ultima della fila.
La prese da un
braccio e si nascose nella penombra per non farsi vedere. –Prendi quello che ti
serve e poi torna qui.- Le disse, nascondendosi poi in un punto del corridoio
al buio.
Aria capì quello che
voleva dire e sapeva perfettamente cosa sarebbe successo.
Sapeva che non
portava a nulla di buono quello che stava per fare, ma non cambiò idea,
mettendo a tacere la parte delle sua coscienza.
Dopo essersi
intrufolata di nascosto nel dormitorio, senza farsi vedere da Sasha per evitare
domande, prese un paio di mutandine nere e una canottiera pulita, li arrotolò e
mise tutto nella tasca interna della sua giacca chiudendola per non far vedere
nulla. Si avviò verso il corridoio accertandosi che nessuno che la seguisse e,
quando raggiunse il punto in cui Eric l’attendeva, lui le sorrise.
Lo vide scostarsi
dalla parete a cui si era appoggiato a farle segno di seguirlo.
Superarono corridoi
scarsamente illuminati, deserti data l’ora tarda, e si spostarono in una zona
della residenza che Aria non aveva mai visto fino a quel momento. Da quello che
le parve di capire, era la zona in cui alloggiavano i capi e i membri più importanti
della fazione, lo capì dal cambio di illuminazione e di ambiante. La roccia
sembrava scavata con più attenzione e barre di metallo nero sostenevano il
soffitto.
Quando sentirono dei
rumori, Eric le mise un braccio davanti e la fece segno di fermarsi, poi guardò
oltre un angolo e, quando un uomo passò in silenzio senza vederli, ripresero a
camminare.
Si ritrovarono così
in un lungo corridoio con una serie di porte su di un lato solo, ne superarono
circa otto, poi svoltarono l’angolo ed arrivarono alla fine, dove c’era
un'unica porta in quella parte finale del percorso.
Eric estrasse da una
tasca una chiava appesa ad un cordoncino e fece scattare la serratura, aprendo
la porta e facendole segno di entrare. Aria lo precedette all’interno e avanzò
di un passo, aspettando che anche lui entrasse e, quando lo fece, accese la
luce e si chiuse la porta alle spalle.
Ciò che si trovò
davanti la lasciò senza fiato, proprio davanti a lei, contro la parete alla sua
destra, c’era un imponete letto matrimoniale. Era più altro e largo di quelli a
cui era abituata, con la testata nera in legno e la trapunta color panna.
Nella parete difronte
alla porta, invece, c’erano una serie di vetrate dal soffitto al pavimento e
due portefinestre alle estremità, una a destra ed una a sinistra.
Il letto era
praticamente al centro della stanza, ma avanzando di un passo e spostandosi un
po’ a sinistra, vide il resto della stanza dato che aveva una forma a elle.
Sull’ estremità a sinistra della camera c’era un lungo bancone nero con
cassetti e sportellini, su un angolo un lavello e un piccolo fornello. Sopra
era appeso un grande specchio.
Tra la fine del
bancone e la finestra c’era una piccola porta, e pensò si trattasse del
guardaroba.
Eric sparì oltre il
muro alla sua sinistra, la superò e aprì una porta posizionata dietro l’angolo
a elle, sulla parete disposta a novanta gradi rispetto a quella dove era
addossato il lungo bancone.
Capì che quello
doveva essere il bagno, e decise di attenderlo davanti al letto.
Avrebbe dovuto
essere in imbarazzo, e in parte era così, ma quella situazione era talmente
nuova per lei che la mente era concentrata sull’acquisizione di informazioni e
non si preoccupava del resto.
Senti girare un
rubinetto e riconobbe l’inconfondibile rumore di acqua che scorreva e, solo in
quel momento, arrossì.
-Ma ciao!- disse poi
la ragazza, quando vide una macchia nera avanzare.
Eric uscì dal bagno,
indaffarato, e si accorse del gatto entrato dalla finestra aperta e alzò gli
occhi al cielo.
Aria non guardò più
lui, ma il nuovo arrivato. –E lui chi è?- chiese incrociando le braccia al
petto, mentre seguiva l’animale camminare per la stanza.
Eric sbuffò, o forse
fece un ringhio, difficile dirlo. –È un randagio, credo fosse del vecchio
proprietario di questa stanza o di quelle che affacciano sul cortile
interno. Da quando vivo qui, non fa che
entrare dalla finestra e non riesco a liberarmene!-
Aria tuttavia non
parlò, poiché il gatto si avvicinò con una certa confidenza ad Eric e si
strofinò abilmente sulle sue gambe, senza tenere conto del suo malumore. O era
un gatto folle e incurante del pericolo, oppure, sapeva per certo che non si
sarebbe ritrovato scacciato via da un calcio.
-Sembra
affezionato…-
Eric la guardò
storto. -È una femmina!-
Sorrise e tornò a
guardare la gatta, ancora intenta a strofinarsi contro le gambe di Eric,
probabilmente in cerca di attenzioni che non arrivavano.
Al contrario, Eric
si scostò bruscamente facendo quasi ribaltare l’animale che gli si strusciava
contro. –Che vuoi farci, nessuna donna sa resistermi!-
Aria scosse il capo,
ma poi Eric le fece segno di seguirlo e lei lo raggiunse. La face entrare in
bagno e lei avanzò incantata.
Nascosto nell’angolo
difronte a lei c’era un wc, alla sua destra un lavello bianco grande e pieno di
luci. Oltre al lavello, ad angolo, c’era una doccia enorme. Era tutta di vetro
bordata di nero, con diversi pomelli.
Ma, la cosa che la
colpì di più, fu la grande vasca sulla parete sinistra. Era bianca come il
lavello, anche lei con diversi pomelli e un rubinetto aperto che lasciava
fuoriuscire l’acqua che già iniziava a riempire la vasca.
Se pensava che a
loro iniziati spettava un minuscolo bagno in comune, e Eric aveva un bagno
gigante con una doccia ed una vasca da sogno, iniziava a capire i vantaggi di
avere una posizione favorevole all’interno della fazione.
-Fai pure con
comodo- le disse Eric, dietro di lei. –Io vado a farmi un giro da qualche
parte…-
Aria realizzò solo a
quel punto dove si trovava realmente, era con Eric, nella sua camera, nel suo
bagno insieme a lui. Doveva fare un bagno lì, spogliarsi, e lui le avrebbe
lasciato il suo spazio.
Arrossì.
-Ti ho messo un’
asciugamano pulito.- Le disse, indicando il telo panna piagato sul lavello.
La ragazza non ebbe
il coraggio di dire nulla, rimase lì paralizzata.
Eric stava quasi per
uscire dalla stanza ma, prima di farlo, tornò sui suoi passi e le si posizionò
davanti. Aria sentì una scarica elettrica percorrerla, rabbrividì quando
sollevò gli occhi su di lui. Era forte, alto, e le trasmetteva qualcosa che non
riusciva a spiegarsi.
-Vorrei che restassi
qui, sta notte.- le sussurrò, guardandola dritto negli occhi.
Aria arrossì ancora,
si strinse nelle spalle e, guardandolo, cercò di esprimere ciò che provava. –Ma
Eric, io…-
-Non sono un animale
come sembra, Aria!- L’ammonì, avvicinandosi alla porta. –Sono grande abbastanza
da saper controllare i miei istinti, non ti salterò addosso!-
Alla ragazza non
restò altro che abbassare la testa e sorridere.
-E, perché tu lo
sappia,- Continuò Eric, appoggiandosi con una spalla alla porta. –Quando sarà
il momento, sarai tu a saltarmi addosso!-
Rise. –Lo vedremo!-
decise di concedergli.
Anche Eric sorrise,
ma il suo sembrò quasi un ghigno minaccioso. Il predatore dentro di lui
faticava a rimanere nascosto.
-Consideralo il mio regalo
di compleanno.- Le disse, lanciando uno sguardo alla vasca che continuava a
riempirsi.
Prese la maniglia
della porta e fece per chiuderla ma, prima, si scambiarono uno sguardo intenso
e pieno di significati. Cominciava a perdere il fiato tutte le volte che Eric
faceva quel sorriso enigmatico, bello ed insieme terribilmente pericoloso.
-Non ho mai concesso
tanto a nessuno, l’ho fatto solo per te…- ammise lui, poi la porta si chiuse e
Aria si impose di tornare a rispirare.
Ma, con il cuore in
gola e le mani tremanti, riuscì solo a sorridere.
Continua…