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Autore: Stardust Queen    30/09/2014    1 recensioni
E' arrivato il tempo in cui bisogna capire chi essere. E' arrivato il tempo in cui il bene deve affrontare il male. E' arrivato il tempo in cui verrà risvegliato l'animo di fuoco. Ma questo non è altro che una bambina. Un innocente fanciulla che possiede un enorme potere. Maiar di Aulë il Fabbro, nata nelle sue fucine, viene affidata ad Ulmo il quale infonde in questa bambina ciò che gli era stato ordinato. Fu trovata sulle sponde di un fiume e ciò venne recepito come un segno divino. I Nani la custodirono finché non fu arrivato il momento del risveglio del fuoco. La guerra contro Sauron era alle porte. Frodo stava per ricevere una cosa: l'Anello. Gandalf percepisce un potere uguale e maggiore a quello dell'Anello e addirittura a quella di Sauron. incarica Legolas di trovarlo, ma lei era sempre stata lì. Prigioniera di Thranduil, poi elfo silvano, poi Maiar. Questa è la storia di Calarwen Luineth e di Legolas. Spero di avervi incuriosito xx
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aragorn, Frodo, Legolas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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                                                                                                                 CAPITOLO III

Legolas fece per andarsene, ma Thranduil gli comandò di rendermi abbastanza degna del suo Regno.
Quindi l’elfo mi portò ad una sorgente sotterranea, il cui soffitto era costellato di lucciole che riflettevano la proprio luce nell’acqua, rendendola quasi argentata.
“Spogliati.” Disse l’elfo girandosi dall’altra parte. Guardai l’acqua come se fosse la mia salvezza e mi spogliai.
I panni si erano ormai attaccati alla carne e urlai dal dolore. “Cosa ti è successo alle spalle?” chiese Legolas che si era girato di scatto.
“Sembrano… frustate.” Disse passando un dito intorno alla carne uscita di fuori. “Aiutami…” fu l’unica cosa che riuscì a dire prima che i miei occhi fossero inondati dalle lacrime.
L’elfo si tolse qualche indumento, posando persino i pugnali, e mi prese in braccio. Avanzò lentamente dentro le acque rigeneranti e non potei smettere di piangere. Arrivati nel luogo in cui l’acqua gli arrivava al bacino, si calò lentamente nelle acque, sparendo nel luccichio della grotta.
Quando tornammo in superficie, la mia pelle era di nuovo bianca, senza tracce di sporco. Le ferite ancora bruciavano al solo tocco con l’acqua e strinsi più forte la presa che avevo sulle spalle dell’elfo.
Questo mi lavò lentamente le spalle, sciacquando ogni singolo angolo. Mi guardò in viso e sorrise. “Non avevo mai notato la tua bellezza.” Disse passandomi un dito su una gote. Mi pulì per bene il viso e lasciò che io gli togliessi via le macchie di sangue sul suo petto.
La maglia che portavo lentamente si staccò dalla schiena e si perse nel bagliore delle acque. Rimasi nuda davanti all’elfo, il quale non si scompose.
Mi abbassai per nascondere il petto e arrossì lievemente sulle gote. L’elfo si accovacciò, arrivando al mio stesso livello, e mi guardò.
“Perché hai quelle ferite Calarwen?” mi chiese con una strana dolcezza. Dentro di me si accese un fuoco ardente dalla vergogna.
Fino a qualche minuto fa quest’elfo mi aveva gettato nei pensieri di suo padre e adesso si offriva di curare le mie ferite.
“Sai…” dissi allontanandomi. “Non mi faccio comandare e per questo vengo punita.” Prima di uscire definitivamente dall’acqua, raccolsi la maglia che lanciai prima e mi coprì. Intanto anche Legolas era uscito fuori dall’acqua.
La luce prodotta da quelle lucciole si infrangeva nei suoi capelli, mettendo in risalto il suo sguardo fiero e vigile. Il colore intenso e allo stesso tempo agghiacciante mi diede una scossa all’intera spina dorsale. “Perché mi volete tenere in vita?” chiesi cercandomi innanzitutto di coprire la carne in bella vista.
“Mio padre ritiene che ci potrai essere utile in futuro… Tu sei Calarwen, la Fiamma dell’Est. Secondo mio padre tu hai ancora un ruolo da svolgere in questa era. Hai qualcosa che lo affascina.” Lo guardai con aria di sufficienza. Re Thranduil ha bisogno di me…  Ma ad una condizione.  
Mi prese per un braccio, sapendo che io avrei tentato di scappare e mi condusse in una stanza.
Oltre Legolas nella stanza si trovavano altri due Elfi che avevano tutta l’aria di essere dei medici. La stanza era leggermente illuminata dall’ultima luce del giorno, il resto era rischiarato dalle candele, le quali emanavano un dolce profumo alle rose.
Prima di avvicinarci troppo agli elfi, sussurrai parole a Legolas, il quale, appena udite, si rivolse ai due elfi. Un maschio ed una femmina erano, entrambi bellissimi e allo stesso tempo saggi come non mai. La medicina elfica era la migliore in tutta la Terra di Mezzo.
Conoscevo qualche erba che mi era stata insegnata dai nani di Erebor, ma non potevo per niente confrontarla con quella di questi elfi. Quest’ultimi porsero al giovane elfo delle erbe e dei panni puliti, congedandolo con dolci parole nella loro lingua.
Legolas mi sospinse fuori e mi condusse in una stanza diversa. La luce della luna filtrava da un grande buco sul soffitto ricoperto dalle foglie degli alberi. Le stelle risplendevano come gemme incastonate su un tessuto blu notte, che si estendeva su tutta la Terra di Mezzo e oltre.
Vi era un letto con l’intelaiatura in legno ben lavorato e rivestito di una coperta di foglie e fiori secchi intrecciati fra di loro. Una fioca luce rossiccia proveniva da una candela posta su di un comodino insieme ad una brocca d’acqua ed un panno. Un armadio anche esso in legno e intagliato si ergeva possente in fondo alla stanza. Non era grandissima, ma si vedeva che non apparteneva ad un semplice elfo.
Doveva essere la stanza del principe, di Legolas. “Questa è la mia stanza, se te lo stai domandando.” Disse l’elfo mettendo in una ciotola l’acqua della brocca e immergendoci un panno. Lo strizzò con forza, facendogli scivolare via tutta l’acqua che tratteneva e poi lo ripiegò per formare una specie di rettangolo. “Spogliati. Oh… Mi giro.” Mi levai la camicia e mi lasciai depurare dall’elfo.
Mi fece stendere sul suo letto in modo che l’applicazione dell’unguento elfico fosse più efficace. Ad ogni tocco non riuscivo a trattenere le lacrime. L’unguento bruciava come fuoco sulla pelle, come un tizzone bollente, come un incendio.
Ero realmente tutto un fuoco. Ad un tratto non ce la feci; espirai e gettai un gemito incontrollato fuori dalle mie labbra.
Legolas si trattenne dal continuare, ma non poteva fermarsi. Passarono almeno due ore di intenso dolore prima che mi potei definire libera e pulita. “Mio padre mi ha raccomandato di essere più dolce con te, Calarwen. Dice che dovrò insegnarti a… vivere. Purtroppo dovrai tornare nella tua cella per ordini del Re, ma domani sarà un nuovo giorno e potrai godere della luce del nostro Reame. Domani dovrai interloquire con il Re… “
Legolas si interruppe bruscamente, troncando la frase con forza. Mi diede dei vestiti nuovi e mi riaccompagnò in cella. Dopo un paio di ore, un elfo venne a portarmi la cena. “Re Thranduil ci ha detto di tenerti in vita in modo adeguato.”
E detto questo mi infilò dalle sbarre una ciotola con del brodo fragrante e della frutta. Un po’ d’acqua era stata messa in un’altra ciotola con un tovagliolo. L’elfo se ne andò, sparendo da dietro le rocce ed una fame improvvisa piombò sul mio stomaco. Mi avvicinai per prenderla quando un nano mi guardò con occhi sognanti, anzi… guardava il mio cibo.
Probabilmente non vengono rifocillati da parecchio tempo questi prigionieri, date le condizioni dei loro corpi e dei loro visi. Di fronte a me vi era l’uomo di Esgaroth e ai miei lati i due nani dei Monti Azzurri.
Presi un po’ di frutta e la feci rotolare verso l’uomo di Esgaroth. Quello alzò gli occhi al cielo e mi guardò con fare misericordioso. “Che tu sia benedetta!” disse afferrando una mela da dietro le sbarre. “Manwe ci ha mandato questo dono!” urlò l’uomo portandosi la mela alla bocca.
Il resto del cibo lo diedi ai nani, cercando di aiutarmi il più possibile con le braccia. Essi ringraziarono Manwe nella loro lingua e cominciarono ad abbuffarsi con quel poco che avevano. Guardai nel vassoio con cui mi erano state servite le cose ed era vuoto.
Lo stomaco brontolava e si contorceva su se stesso per la fame.
Mi coricai cercando di dimenticare i morsi di questa mania di cibo e mi appisolai tra i miei dubbi.

 
SPAZIO AUTRICE
Spero di avervi affascinato con questo nuovo capitolo. Sto cercando di migliorare con l'HTML, quindi per qualsiasi cosa chiedo venia. 
Lot of Love c:
  
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