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Autore: BloodyHalfMoon    30/09/2014    1 recensioni
Il risveglio di un marinaio dopo una notte brava all'insegna dell'alcool, un incontro fuori programma.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Epoca moderna (1492/1789)
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What shall we do with a drunken sailor,

What shall we do with a drunken sailor,

What shall we do with a drunken sailor,

Early in the morning?

 

Put him in bed with the captain's daughter,

Put him in bed with the captain's daughter,

Put him in bed with the captain's daughter,

Early in the morning!

 

La melodia frenetica e stridula di un violino male accordato risuona beffarda e irriverente nella sua testa, come per dargli il tormento, sottraendolo al sonno che tanto affannosamente cerca, e sballottandolo in un dormiveglia dal sapore fermentato e acido.

Arranca tra i tavoli con la vista annebbiata, si appoggia alle assi di legno, sente la gola terribilmente riarsa. Afferra un boccale e ne tracanna fino all’ultima goccia il contenuto. Gli si infiamma la gola, un fuoco alcolico avvampa nel petto e risale fino a fargli lacrimare gli occhi. Tossisce, ed è quasi sicuro di vedere fumo uscire dalla sua bocca. Scoppia in una grassa risata, accompagnato da quegli sguaiati dei suoi compagni. Sente pacche sulla schiena, braccia che lo sollevato da un pavimento che improvvisamente si è fatto troppo vicino. Ride. Ridono. E bevono. Il violino continua a suonare, senza preoccuparsi del fatto che tutto ciò che lui voglia sia un po’ di silenzio a dare pace al caos che martella  nella sua testa. Ma suona davvero o è solo nella sua testa? Apre gli occhi, alza la faccia dal legno del bancone e si guarda intorno. L’aria  puzza di vomito, piscio, birra e pesce sotto sale. E tabacco speziato. L’ambiente è fitto di una densa nebbia grigio ambrata, prodotto del fumo e dell’alba che si affaccia sul porto. A fatica si mette dritto sulla sedia, la stanza rolla come una nave in balia delle onde. Si alza, cammina trascinando i piedi verso la porta.

E continua a camminare, appoggiandosi ai muri delle abitazioni che supera, svoltando angoli, attraversando vicoli e stradine. Sete. Acqua. Una distesa di acqua. Cammina verso il mare, lo vede risplendere dorato alle prime luci dell’alba. Riconosce la nave ormeggiata al porto. Risale il ponte, attraversa il pontile ed entra sotto coperta. Scende le strette scale che portano alle camerate, ma il mare si ritrae e la marea porta con se la nave, che ondeggia obbediente, rimescolando le carte. Precario sui gradini e ancora annebbiato dall’alcool perde l’equilibrio, cade a piè pari dalle scale, sbatte la testa contro uno stipite. E i violini ricominciano a suonare, mentre appoggia la mano sulla maniglia, apre la porta e si precipita dentro. Muove qualche passo incerto, la testa ancora leggera. Inciampa in qualcosa, non ricordava una scrivania in quel punto. Riesce a fermare la caduta, raddrizza la schiena. Si stropiccia il viso e riapre gli occhi. Entra molta luce dalle finestre. Da quando ci sono finestre nella stiva?

Mobili in legno lavorato, scrivania, un letto con le lenzuola bianche e soffici cuscini.

Il colpo alla testa preso contro lo stipite risveglia la mente, mentre si rende conto che non ci sono finestre nella stiva. E quella non è la stiva. E gli abiti sulla sedia non sono quelli dei suoi camerati. Smarrito, cerca di ritornare alla porta, quando un rumore lo immobilizza. Al di là della libreria, compare una figura. Cammina a piedi scalzi avvolta in un telo, lo sguardo perso tra le assi del pavimento. Non sembra accorgersi di lui, pietrificato dietro i libri. Scioglie il nodo sul petto lasciandosi scivolare addosso l’asciugamano che si ripiega a terra, rivelando agli occhi di un giovane uomo sorpreso e quanto mai allietato dalla bizzarra piega presa dalla situazione, il corpo svestito di una giovane, giovane donna. Lei cammina verso la sedia, dandogli le spalle. Afferra qualcosa e si piega in avanti, mostrando, mentre si infila i pantaloni, uno spettacolo come pochi. Gambe snelle e tornite, affusolate, natiche tonde e piene. Si rialza, piegando lentamente la schiena liscia, imperlata di gocce d’acqua, mentre chiude con i lacci del pantalone una finestra su un fiorente giardino.

Fa il giro del tavolo, mostrando la pancia asciutta e il seno poco abbondante, ma tondo e sodo. Afferra la camicia, infilandosela dalla testa e chiudendola mollemente sul petto. Raccoglie i lunghi capelli ancora bagnati, li annoda in una treccia morbida e la lancia oltre le spalle, lasciandola ricadere lungo la schiena.

Alza lo sguardo, mentre stringe i legacci ai polsi. E in quel momento lo vede. Si immobilizza. I lineamenti del suo volto, fino ad allora sereni, si induriscono. Gli occhi grandi, tondi, diventano due fessure, feritoie su tizzoni ardenti. Alza il mento, raddrizza la schiena, assume un aspetto fiero, altero, mettendo distanza tra lei e quel guardone intrufolatosi nelle sue stanze.

 

Eh beh. La figlia del capitano. Bella e pericolosa.

In confronto ad uno spettacolo del genere, cosa potranno mai essere un occhio livido,un labbro spaccato e la tagliente e affilata minaccia alla propria virilità?


***

Questo è il primo "brano" che pubblico. Fa parte della mia biblioteca personale, la più recente, contenente i racconti e le storie che nell'ultimo anno ho avuto voglia, ispirazione e tempo di scrivere. 
Inizio col pubblicare qualcosa di già esistente per confrontarmi, e per trovare lo sprone a scrivere ancora; cosa che ho accantonato da troppo tempo, a mio parere.
Questa storia venne scritta di getto, ascoltando forse per la centesima volta una canzone che oltre che piacermi molto, significa anche qualcosa di caro. 
Spero la lettura vi sia piaciuta e di non aver commesso troppi errori (o dimenticanze) nel compilare i dati del racconto, non sono pratica ma spero di prenderci la mane presto! ^^'
Bye! 


BloodyHalfMoon

 
   
 
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