Babylon
(seguito di A Divine Love)
17 - Rose, spine e veleni
La
Terza Casa aveva uno stile architettonico austero, con una pianta
squadrata a
forma di ferro di cavallo. Due imponenti bassorilievi raffiguranti
Castore e
Polluce accoglievano i visitatori e chiudevano due imponenti colonnati.
Questi
delimitavano due lati dell’ampio cortile antecedente il
pronao d’ingresso del
tempio. Le colonne che sorreggevano l’intera struttura erano
in un semplice
stile dorico, mentre lungo tutta la trabeazione sottostante lo spoglio
timpano
i triglifi si alternavano a metope prive di bassorilievi decorativi.
“Non
hai neanche uno smile adesivo da appicicare… da qualche
parte?” domandò Ayame
continuando a far vagare lo sguardo intorno a sé.
“Casa
mia, arredamento mio. E adesso pensa alla tua rosa”
ribatté sbrigativo Kanon,
quindi tirò un pugno nel vuoto.
“È
tutto così spoglio, così… freddo.
Persino la Casa dell’Acquario è più
accogliente” rimarcò la ragazza, ma il Generale
non sembrò cogliere l’allusione
e proseguì col suo allenamento dicendo semplicemente
“La rosa, adesso”.
“Perché
ti alleni qui quando hai un’arena a tua
disposizione?” chiese ancora Ayame,
riuscendo alla fine a distogliere il guerriero dal suo esercizio.
“Perché
mi è capitata una divinità da strapazzo
addormentata tra capo e collo che
rischiava di passarsi le prossime notti sui gradini del Santuario, la
quale
divinità da strapazzo è talmente addormentata da
aver fatto perdere la pazienza
al suo mentore asceta che stava cercando di risvegliarla, quindi il
mentore
asceta ha deciso di darmi anche l’incombenza
dell’insegnante oltre che del baby
sitter, perciò non posso muovermi da qui fintanto che quel
dannatissimo fiore
non sboccia davanti ai miei occhi. Ci sono altre domande?”
Ayame
scivolò ancora di più lungo la colonna a cui era
appoggiata, incassando la
testa tra le spalle. “Nossignore”
bofonchiò, riportandosi la rosa davanti agli
occhi.
Kanon
sospirò e riprese il suo allenamento, seppur con un
po’ più di amaro in bocca
rispetto al solito. ‘Non ne verremo a capo’
pensò mestamente dopo il primo colpo
a vuoto. In cuor suo il Generale voleva sinceramente aiutare Ayame, non
solo
per ridare un minimo di lustro in più alla sua immagine, ma
anche perché era
semplicemente la cosa giusta da fare. Non era un caso, secondo Kanon,
che la
fuga della ragazza si fosse arrestata proprio sulla soglia della Terza:
qualcosa, che fosse il destino piuttosto che il semplice caso era
irrilevante,
aveva deciso di mettere Ayame sulla sua strada e di affidargli la
missione di
far rinascere Afrodite a nuova vita. Il problema principale era che non
aveva
la minima idea di come riuscirci.
Uno
scalpiccio rapido di piedi lungo la scalinata interruppe i pensieri del
Generale. Poco dopo la chioma scapigliata di Proteo fece capolino. Il
bambino
si fermò, imbarazzato, ad un gradino dalla meta.
“Salve,
signore…” balbettò ciondolando.
Ayame
si avvicinò a Kanon per salutare anche lei Proteo e di nuovo
quella strana
sensazione la permeò. Un caldo formicolio le salì
lungo la spina dorsale e le
avvolse il capo in un piacevole abbraccio, la morsa alla pancia
andò piano
piano a colmarle parte del vuoto che la sua parte divina aveva lasciato.
“Che
ci fai qui?” domandò gelido l’uomo,
arretrando istintivamente di un passo.
“La…
l’istitutrice mi ha detto di venire a… a
ringraziarvi per… per… avermi salvato…
oggi” spiegò incerto Proteo, con lo sguardo basso
e gli occhi che ogni tanto
salivano a sondare il volto di Kanon, che però rimase rigido
e impassibile.
“Sì,
beh vedi che non debba più intervenire, intesi?”
ribattè bruscamente il
Generale, prima di voltare le spalle a Proteo per tornare verso il
tempio. In
quel preciso istante, il calore che aveva permeato Ayame
svanì di colpo.
Il
bambino abbassò ancora di più il capo e scese uno
scalino, sussurrò un
impercettibile “Intesi” e ritornò verso
Rodorio sotto lo sguardo costernato di
Ayame, che subito si precipitò dietro Kanon.
“Avresti
potuto tirargli un pugno in faccia, già che c’eri,
sarebbe stato sicuramente
meno doloroso” gli urlò dietro.
“Non
sono affari tuoi” ribattè gelido il guerriero,
senza nemmeno voltarsi.
“Può
darsi, ma nessuno si merita un trattamento del genere, tantomeno
Proteo. Voleva
semplicemente ringraziarti, dannazione!”
“E
io ho risposto al ringraziamento” Kanon si voltò
ad affrontare Ayame, sul volto
la sua solita espressione marmorea ma negli occhi ardeva una luce
diversa che
alla ragazza non sfuggì. “Io sono così,
Ayame. Sono stato scolpito dalla vita
ad immagine e somiglianza del mio tempio: spoglio, freddo, con un cuore
di
marmo. E in quanto tale esso è freddo anche sotto il sole
più cocente”
L’uomo
gettò via il panno con cui si era asciugato il sudore e
rientrò nella Terza
Casa, lasciando Ayame a rimuginare sulle ultime parole da lui dette. La
ragazza, nel lasciar vagare distrattamente lo sguardo, posò
gli occhi sul
bocciolo di rosa tra le sue mani, che subito andò a studiare
con più
attenzione. Un petalo si era leggermente aperto, allontanandosi dal
resto della
corolla, ancora ermeticamente chiusa. Istintivamente il pensiero di
Ayame andò
all’arrivo di Proteo alla Casa dei Gemelli e alla strana
sensazione da cui era
stata pervasa in quel momento. Un’intuizione si fece largo
nella sua mente.
Volse lo sguardo al pronao, oltre il quale Kanon era sparito pochi
istanti
prima, e riferendosi alle forti parole pronunciate dal Generale,
sussurrò “No,
non è vero”.
Infilato
il bocciolo nella tasca posteriore dei pantaloncini, Ayame si
precipitò giù per
la scalinata, verso Rodorio e l’orfanotrofio, in cerca di
risposte.
“…
si è lasciato morire” singhiozzò
Psiche, rannicchiata sul divano di Aldebaran
mentre gli raccontava quanto aveva scoperto dopo il suo ritorno dalla
festa. Il
Cavaliere del Toro, seduto accanto a lei, aveva ascoltato in paziente
silenzio
fino ad allora.
La
ragazza continuò “Io me ne sono andata e lui si
è lasciato morire. E non ho
potuto fare niente per impedirlo perché quello che si
è sempre spacciato per il
mio maestro mi ha impedito di essergli accanto mentre se ne andava,
nascondendomi la lettera che la mamma di Georgia mi aveva scritto per
avvisarmi. Forse avrei anche potuto salvarlo ma Aphrodite ha ritenuto
mio padre
una vittima sufficientemente sacrificabile per tenersi la sua pupilla
che
nemmeno competeva per un’armatura! Si è portato
questo segreto nella tomba due
volte prima che scoprissi la lettera e ha anche avuto il coraggio di
farmi la
morale. Come può un uomo così essere degno di
un’armatura d’oro?”
Aldebaran
rimase in silenzio qualche istante prima di rispondere. Sapeva di dover
ponderare bene le parole, la situazione che si era creata era a dir
poco
pesante, ma per quanto comprendesse Psiche, poteva immaginare anche le
motivazioni che avevano portato il Cavaliere dei Pesci ad agire in quel
modo.
“Aphrodite
è sempre stato un uomo ambiguo nel suo comportamento. Era
uno dei pochi di noi
a sapere dei piani di Saga quando aveva preso il potere qui al
Santuario,
insieme a Death Mask, e la sua visione della vita e della guerra ha
sempre
avuto un qualcosa di sinistro e al contempo affascinante. Tu lo sai
meglio di
tutti, perché è stato il tuo maestro. Nonostante
tutto, però, l’armatura dei
Pesci non l’ha mai rinnegato, a dimostrazione del fatto che,
nel profondo del
suo cuore, egli è un vero Cavaliere di Atena.
“La
storia del guardiano della Dodicesima dall’alba dei tempi in
due parole:
bellezza e solitudine. Aphrodite è una rosa con molte spine
letali e per tale
motivo non è mai riuscito, da che ricordo, a stringere un
legame sincero con
qualcuno qui al Santuario. Questo finché non ha trovato te,
così simile a lui e
così pura. Credo di non esagerare a dire che in te avesse
trovato una ragione
per andare avanti, una ragione per continuare ad essere un Cavaliere di
Atena. Suppongo
che l’arrivo di quella lettera abbia risvegliato in lui una
tale paura di
perderti da indurlo a nascondertela, cosicché tu non avessi
mai una ragione per
andartene da lui. Aphrodite aveva semplicemente paura di restare solo
di nuovo,
questo non giustifica il suo agire ma penso che sia una ragione
abbastanza
valida per alleggerire, anche se di poco la sua colpa”
“Lo
giustifica ai tuoi occhi, però” sibilò
Psiche dopo qualche attimo di silenzio.
“Sto
provando a capire il suo punto di vista, tutto qui. E vorrei che tu
provassi a
fare altrettanto” specificò Aldebaran in tono
conciliante, pur sapendo che
probabilmente sarebbe stato tutto inutile.
“Vuoi
che io capisca perché il mio maestro ha lasciato che mio
padre morisse senza
più vedermi?” domandò furiosa Psiche,
alzandosi dal divano. “Come puoi anche
solo pensare che possa accettare una cosa del genere? Sono venuta qui
perché credevo
di trovare un amico e un alleato, ma sei esattamente come tutti gli
altri”
“Psiche,
aspetta!” provò a chiamarla il Toro, ma la
Sacerdotessa aveva già preso la via
d’uscita dalla Seconda Casa e nessuna parola
l’avrebbe fermata.
Corse
senza pensare a dove stesse andando, asciugandosi con rabbia le ultime
lacrime
che cadevano dai suoi occhi. Non se le meritavano, Aphrodite,
Aldebaran, Milo,
nessuno di loro. Nemmeno il Santuario stesso, che le aveva succhiato
via la
vita e l’anima, meritava la sua tristezza e la sua rabbia.
Doveva trovare un
posto tranquillo in cui riuscire a riprendere il controllo di se
stessa, in
modo da poter riprenderlo poi anche della sua vita. Era tempo che
tornasse ad
essere la donna indipendente e fiera che era diventata dopo la nomina a
Sacerdotessa di Afrodite, era tempo che la sua dea diventasse
nuovamente il suo
sole, che la sua esistenza tornasse a girare attorno a lei senza
perdere la sua
identità, come le era successo al Santuario per colpa di
più di una persona.
Giunse
alla spiaggia senza ricordare la strada percorsa, ma le
sembrò il luogo adatto
a riacquistare la pace interiore di cui aveva bisogno. Tuttavia il
destino
sembrava aver deciso diversamente per lei.
Poco
distante, una donna emerse dalle onde del mare. Shaina era andata alla
spiaggia
a rinfrescarsi dopo una seduta di allenamento con le reclute. Anche
Psiche era
stata una recluta, tempo prima, ma aveva erroneamente pensato che
Shaina
potesse essere qualcosa di più di una semplice insegnante di
lotta e tattica. Questa
sua idealizzazione l’aveva portata a confidarsi con lei
riguardo l’infatuazione
per il Cavaliere dello Scorpione. La Sacerdotessa era stata categorica
a
riguardo: per quanto non dovesse vergognarsi dei suoi sentimenti, non
era
opportuno che una giovane Sacerdotessa come Psiche avesse a che fare
con un
Cavaliere del massimo grado come Milo. Qualche giorno dopo, vedendo
Shaina
avvinghiata al corpo scultoreo del Cavaliere mentre contravveniva a
quei
dettami che lei stessa aveva citato, Psiche capì che le
parole della
Sacerdotessa avevano avuto come unico scopo quello di tenerla lontana
dalla
preda dell’Ofiuco, perché lei stessa potesse
cibarsene.
Se
al tempo Psiche si era fatta una ragione dell’accaduto,
l’insieme degli
avvenimenti delle ore precedenti fecero salire in lei una rabbia mai
provata
verso Shaina, e senza i vincoli del Santuario, si sentì
libera di sfogarla. Dopotutto
quella donna rappresentava tutto ciò che in quel momento
odiava: le bugie e i
tradimenti del Grande Tempio.
La
rosa che scagliò tolse dalle mani della Sacerdotessa la
maschera che era in
procinto di indossare e la costrinse a voltarsi nella sua direzione.
“Psiche,
che ti salta in mente?” le domandò, mettendosi
comunque in guardia.
“Io
mi fidavo…” la ragazza iniziò ad
avanzare, quindi scagliò un’altra rosa che
Shaina evitò.
“Sei
impazzita per caso? Smettila!” la ammonì
l’Ofiuco in un ultimo tentativo di
farla ragionare.
“Sei
una bugiarda come tutti gli altri… e una puttana”
lanciò un’altra rosa, andando
a segno. Un graffio profondo comparva sul volto di Shaina, la cui furia
era cominciata
a montare dopo l’epiteto che Psiche le aveva affibbiato.
Decise che il tempo
delle parole era finito, mentre era giunto quello di andare al
contrattacco.
Milo
e Camus raggiunsero finalmente la piazza principale di Rodorio. Avevano
passato
l’intero pomeriggio a fare una stima dei lavori di cui il
negozio di fiori
aveva bisogno e ne era risultata una mole enorme persino per due
Cavalieri d’Oro.
“Non
so quanto tu ne sappia di falegnameria e affini” stava
dicendo l’Acquario “Ma
se ne sai quanto me, allora siamo in un mare di guano”
“Vuoi
essere ottimista almeno una volta nella vita? Troveremo un modo, come
abbiamo
sempre fatto. Siamo una squadra o no?”
Camus
osservò scettico per qualche istante il pugno teso di Milo,
quindi ricambiò il
gesto nonostante fosse sempre poco convinto che ce la potessero fare.
“Questo
è lo spirito giusto! Sono sicuro che se diventi un
po’ più ottimista riuscirai
a strappare un altro appuntamento a Galatea”
continuò lo Scorpione.
“Perché
dobbiamo sempre tornare su questo argomento?”
domandò Camus esasperato.
“Perché
la pulzella sta correndo verso di noi” rispose Milo,
indicando la strada che
congiungeva Rodorio al Santuario. Galatea stava effettivamente correndo
verso
di loro e sembrava piuttosto agitata. A Camus si prosciugò
subito la bocca, ma
cercò di mantenere un’apparenza di
tranquillità. La Sacerdotessa tuttavia non
era interessata a lui, almeno in quel momento.
“Milo!”
chiamò a gran voce, mentre li raggiungeva.
“Dici
a me? Non Camus?” una gomitata nel costato da parte
dell’amico smorzò la risata
incipiente del Cavaliere, ma furono le parole di Galatea a spegnerla
del tutto.
“Psiche
e Shaina si stanno affrontando, giù alla spiaggia. Non so
cosa sia successo,
sono arrivata che era già tutto iniziato. Ti prego, devi
fermarle o si
ammazzeranno!”
Milo
quasi non aspettò che la ragazza finisse il racconto e
partì diretto alla
spiaggia. Poteva vagamente immaginare il motivo per cui le due donne
erano arrivate
a scontrarsi, ma non poté fare a meno di chiedersi per quale
motivo fosse
tornato tutto a galla in quel momento. Sperò, inoltre, in
cuor suo di essere in
grado di sedare la rissa senza peggiorare la situazione.
Giunse
sul campo di battaglia che le due guerriere erano allo stremo delle
forze, con
gli abiti laceri e macchiati di sangue in più punti. Una
numero imprecisato di
rose di vari colori era sparso per la spiaggia e tutt’attorno
di potevano
notare gli effetti dei colpi di Shaina, a dimostrazione del fatto che
nessuna
delle due si era risparmiata.
Psiche
si era rimessa nuovamente in piedi ed era pronta a scagliarsi su Shaina
in un
ultimo disperato assalto, ma Milo si frappose fra le due e
bloccò la
Sacerdotessa di Afrodite per le braccia.
“Basta!
Smettetela tutte e due!” provò ad intimare, ma la
sua presenza sembrò far
infuriare ancora di più Psiche, che cercò di
passargli oltre e attaccare
Shaina.
Avendo
capito che le parole sarebbero servite a poco, il Cavaliere
intercettò
nuovamente l’assalto e, caricatosi Psiche in spalla, sordo
alle sue proteste,
la portò verso il mare e la gettò in acqua.
Ripresasi
dalla sorpresa iniziale, la ragazza si rimise in piedi e, in preda alla
collera, tentò di sfogarla questa volta su Milo, il quale
però la rispinse in
acqua con poca fatica.
“Basta,
Psiche! È finita, perciò vedi di
calmarti”
“Al
diavolo! Non sei nessuno per dirmi cosa devo o non devo fare! Sei solo
un
bugiardo, come tutti gli altri!” gli urlò contro
la Sacerdotessa, che ormai non
sapeva più come sfogare la rabbia che aveva dentro se non
con le parole. “Sei
un bugiardo come lei, che mi ha fatto credere che non fosse giusto
avere una
cotta per te quando era la prima ad infilarti la lingua in gola alla
prima
occasione… e come Aphrodite, che non mi ha mai detto che mio
padre era molto perché
io non ero con lui e mi ha tenuta in questo posto maledetto fino alla
fine dei
suoi giorni… e come Aldebaran, che non ha saputo fare altro
che trovare una
giustificazione a tutto questo… voi siete i bugiardi e
l’unica che ha perso
tutto sono io!”
Psiche
riprese a singhiozzare, in ginocchio nell’acqua di mare che
le arrivava alla
vita, sotto lo sguardo mesto di Milo, che di fronte
all’enormità della
tristezza della ragazza non poteva che sentirsi impotente. Si
inginocchiò di
fronte a lei e provò ad incrociare il suo sguardo, ma Psiche
lo rifuggì.
“Mi
dispiace” disse allora Milo, con la voce spezzata. Psiche
sollevò
impercettibilmente il capo, senza smettere di piangere.
“Mi
dispiace… per tutto” continuò il
Cavaliere. “Ti chiedo scusa, a nome del Grande
Tempio, per tutto quello che ti ha tolto, per le delusioni che ti ha
riservato,
per le persone che ti ha fatto incontrare, per ogni cosa. Questo posto
ha
tradito te più di tutti gli altri perché noi
abbiamo tradito te, io, Shaina,
Aphrodite, tutti. Solo una persona non lo ha mai fatto, Psiche, nemmeno
oggi,
anche se a te può sembrare così. Aldebaran
è l’unico, qua dentro, di cui puoi
fidarti ciecamente. È l’unico che con te
è stato, è e sarà sempre sincero. In
fondo
lo sai anche tu che è così, perciò
torna da lui, Psiche, ed evita tutti quanti
noi”
La
Sacerdotessa non ribatté, ma si fece coraggio per scrutare
negli occhi di Milo
e cercare quel barlume di sincerità che fino a quel momento
non aveva visto in
nessuno. Lo trovò nei solchi della sua fronte corrucciata,
nelle labbra
tremanti, nel respiro affannoso e in quegli occhi blu come il mare in
cui erano
immersi, che già anni prima l’avevano colpita.
Quella limpidezza non aveva mai
abbandonato le iridi di Milo da che lei aveva memoria e, per quanto
avesse
cercato di convincerla del contrario, lui era stato l’unico
sincero con lei
quel giorno.
Per
questo decise di dare ascolto alle sue parole e di tornare alla Casa
del Toro.
Buonasera a tutti!
Mi sono fatta attendere un po' ma alla fine l'aggiornamento è arrivato :) è stato scritto di getto sull'onda dell'ispirazione, quindi è probabile che sia pieno di errori di battitura e di grammatica per cui vi chiedo venia, mi riprometto di rileggerlo e correggerli.
Spero comunque che sia di vostro gradimento, attendo i vostri commenti se avrete voglia di darmi un vostro parere :)
A presto!
Martyx