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Autore: AyakoSoul    30/09/2014    5 recensioni
Favij sta per provare un nuovo gioco, consigliatogli da un utente anonimo, ma qualcosa va storto: perde misteriosamente la memoria e viene catapultato in uno strano mondo dove le mentalità delle persone si ricreano sotto forma di esseri viventi. L'unico modo per uscirne è andare in un altro mondo parallelo al primo, Nemes, ed affrontare le proprie Nemesi di tutti i giorni. Ma una minaccia per oscuri motivi sta decimando le Nemesi e, senza di loro, le persone che incarnavano nel mondo vero finiscono in coma e non riescono più a risvegliarsi. Riuscirà il ragazzo a non morire in un mondo che non gli appartiene?
Tratto dal capitolo 3:
“..Favij eh? Che bei ricordi hai trovato. Sembri quasi una persona..vera. Mi sa che ci divertiremo insieme.” una voce lontana gli rimbombò nelle orecchie, mentre il mal di testa continuava a fargli pulsare la tempia.
Dal capitolo 5:
I suoi dubbi si stavano insinuando nella sua testa, mentre il ragazzo con la mano fu talmente veloce che riuscì a provocargli un taglio laterale al fianco con la sola mano, facendogli perdere molto sangue e causargli un dolore indicibile.
...possibile che fosse Favij?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Favij, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Girava per i corridoi come un'anima in pena, o forse in pena era la sua testa, che sembrava potesse scoppiare da un momento all'altro.

Quindi era Steve a mentire? Oppure Silvestro stava cercando di ingannarli? Però aveva negli occhi una sensibilità remota, oltre l'iride d'oro...

Si premette entrambe le mani sul capo, come se stesse per esplodere da un momento all'altro per spargere tutto il contenuto del suo cranio sul pavimento.

Sempre se gliene restava: le sembrava che con tutti quei ragionamenti il cervello le fosse diventato più piccolo.

«Dannazione!! Se solo potessi ancora leggere nella mente...» disse, ma il resto delle parole le chiusero la gola, e non riuscì a pronunciarle.

Probabilmente se avesse avuto ancora i suoi poteri avrebbe assunto il controllo su tutto, e magari non avrebbe scoperto tutte le emozioni che aveva provato in quegli ultimi tempi.

Grazie a Favij.

Non le importava se aveva scoperto le radici della paura, del rimorso o della disperazione: erano emozioni uniche, qualcosa che emanava vita.

Quando, nel bosco, l'aveva abbracciata, un piacevole tepore le aveva riscaldato il cuore, come una cioccolata calda bevuta mentre fuori c'è una bufera.

Il tempo si era fermato, avrebbe voluto che quell'attimo si fosse prolungato all'infinito, come se la sua vita dipendesse da quel momento.

Poi, fu ferita dalla Nemesi. Aveva provato un dolore indicibile, che non lasciava respiro ai polmoni. Ma era stato...appagante. Come se avesse salvato la vita a qualcuno. Si provava questo nel dare la propria vita per salvarne un'altra?

Il bacio del ragazzo misterioso, invece, le aveva suscitato un senso di sicurezza e nostalgia al tempo stesso. Era incredibile come fosse forte la sensazione di aver visto Nemes già da qualche parte...

In più, teneva ancora con sé il fiore regalatole da Favij, come fosse un tesoro prezioso...

Sorrise: si sentiva così fragile. Ma era bello. Era come se fosse diventata...umana.

Improvvisamente, una fitta dolorosa le pugnalò il cuore: in tutta questa faccenda di liti tra fratelli, c'era una sola persona di cui potersi fidare: Favij.

Fu come se la sua testa avesse finalmente capito: era così presa sullo scoprire quale dei due avesse ragione da dimenticarsi chi l'aveva sostenuta sempre...

Aggrottò la fronte, per un attimo le formicolarono gli occhi. Una determinazione bruciante le riscaldò il petto, poi si decise: sarebbe tornata indietro, lo avrebbe aiutato a tornare nel suo Mondo. Non importava se non l'avrebbe più potuto vedere, se quella era la sua volontà, avrebbe fatto il possibile per aiutarlo.

Si voltò, curvò i corridoi bianchi uno dopo l'altro, decisa, senza esitare un attimo. In quel momento, voleva solo raccontargli tutto, del suo segreto, di Silvestro, di come avrebbero proceduto nel loro cammino verso la prossima Nemesi.

....

Ma quando trovò la stanza da cui era uscita, spalancò la porta e dentro non c'era nessuno.

Il cuore le balzò in gola, ma cercò lo stesso di controllarsi, secondo lei doveva esserci per forza una spiegazione a giustificare la loro assenza.

Li cercò lì vicino, ma ancora non si vedevano.

E fu in quel momento che sentì davvero di avere paura.

L'occhio le formicolò di nuovo, lo sentiva mentre si muoveva tra le stanze di quell'enorme edificio dimenticato da tutto e da tutti ed esplorava pure gli angoli più bui di quelle stanze.

Continuò a correre mentre il cuore le pulsava violentemente e la vista iniziava a sfocarsi per il troppo panico, finché in un corridoio che accidentalmente aveva evitato mentre ci passava, notò uno specchio fissato alla parete completamente rotto, con segni di sangue rappreso sui bordi e grandi strisce cremisi che finivano....alla fine del corridoio, verso l'uscita di sicurezza.

Scattò come una molla verso la fine del corridoio, sfrecciando verso il cartello smeraldino e spalancò la porta di scatto, uscendo fuori.

Il sole poco concentrato nell'edificio si riversò sul suo viso, riscaldandolo, e vide lo stesso posto da dove erano entrati circondati da persone con le armature accerchiarla, con al centro degli stessi un ragazzo biondo con gli occhi azzurri come il ghiaccio dal sorriso ambiguo dipinto sul volto.

Steve.

Nel suo cuore crebbe un'emozione che non riusciva a distinguere bene. Consapevolezza. Rabbia. Paura. Delusione. Odio.

Steve la indicò con la mano, il sorriso che disgustosamente si allargava in una smorfia di trionfo.

«Prendetela» disse, e subito i soldati le bloccarono le braccia, le misero delle manette e con un colpo secco alla testa le fecero perdere i sensi.

Annegò nel buio nella sua testa e in un attimo la sua mente si annebbiò, e si rilassò in un completo oblio.

 

*

 

Era distrutto, in una stanza completamente bianca con un enorme specchio fisso su un muro, l'unica porta disponibile era in ferro e chiusa adeguatamente a chiave, una luce innaturale filtrava dal soffitto come se fosse una lampada.

Avrebbe dovuto pensare a come fuggire, ma le possibilità erano due: o il colpo che aveva ricevuto alla testa, adeguatamente curato da chi di dovere e fasciato, gli aveva annebbiato il cervello, oppure era semplicemente distrutto.

Ancora non ci poteva credere.

Aveva creduto a lui, come appoggio, aveva creduto alla sua storia.

E lui lo aveva tradito.

Appena si era svegliato, si era ritrovato davanti lo stesso uomo che lo aveva interrogato il giorno in cui furono uccise le persone vicino alla Casa.

Lo aveva chiamato “figlio mio”. Gli aveva dato uno schiaffo, per non aver portato con sé anche “l'altra”, e Favij aveva dedotto, anche se ancora mezzo stordito, che parlavano di Omega.

Ma aveva capito.

Che cosa volevano da lei? Dov'era e come stava in quel momento?

Si sentiva impotente, e solo perché non riusciva a rispondersi alle proprie domande. Stilettate continuavano a trafiggergli il cuore, riempiendolo di emozioni e paure. Sperava di rivederla, ma non in un posto del genere; voleva sapere come stava, ma ancora non sapeva se Steve aveva solo mentito spudoratamente o se una parte delle sue parole fosse sincera.

Era stato stupido a fidarsi? Eppure lui e Omega erano gli unici appoggi che aveva...

Si sentì un idiota.

Gli sarebbe dovuto bastare l'aiuto di Omega.

C'era stato silenzio in quella camera, finché delle urla non lo avevano riscosso dai fondali dei suoi pensieri.

Erano urla disperate, e il tono era femminile.

E sapeva bene di chi erano.

Accostò la testa alla porta, per accertarsi che la sua ipotesi fosse esatta, ma la ritrasse subito dopo perché un sonoro scatto si sentì dall'altra parte, e subito dopo la porta si aprì.

Aveva davanti a sé Steve, due guardie e una ragazza con le mani legate dietro la schiena, leggermente curvata, e lo sguardo spento.

Si catapultò verso di lei, sperando che stesse bene, ma una guardia lo fece staccare da Omega.

Appena vide che marciava verso di lei, la ragazza alzò lo sguardo, che subito si illuminò di sollievo, e un debole ma sincero sorriso le si dipinse sul volto.

E fu in quel momento che un piacevole sollievo a sua volta gli riscosse il cuore, e lo fece sorridere.

«Bene, andiamo?» chiese Steve, guardando divertito i due amici.

Nessuno dei due disse niente, ma entrambi guardarono il biondo con sguardo interrogativo.

Il ghigno sul suo volto si espanse.

«Deve vedervi, in qualche modo.»

Favij non aveva la più pallida idea di chi parlasse, ma il suo odio verso quel ragazzo così falso aumentava, e ben presto le sue nocche sbiancarono da quanto stringeva le sue mani in un pugno.

Sentì una presa salda afferrargli i polsi, e qualcosa di freddo sfiorarglieli, finché non riuscì più a muovere le braccia: avevano messo delle manette anche a lui.

Senza dire una parola, li fecero camminare attraverso un corridoio dai muri grigiastri.

Durante il cammino, incrociarono un ragazzo con lo sguardo basso, i capelli fulvi e gli occhi limpidi e dorati.

Era lo stesso che aveva cercato di arrestarli prima della conoscenza di Steve...il pensiero gli fece ribollire il sangue di rabbia.

Anche la loro storia probabilmente era falsa.

Li fecero fermare, e Steve avanzò con sguardo da sbruffone verso il rosso, dandogli una pacca sulla testa.

«Finalmente sei tornato da noi, fratellino caro...»

Con scatto fulmineo l'altro si levò con uno schiaffo la mano dal capo e guardò accigliato il biondo.

«Quand'è che quell'essere libererà nostra madre?»

Steve fu scosso da una sonora risata.

«Tutti questi anni...e tu pensi ancora alla mammina? Cresci un po': lei non uscirà mai di prigione, anche se innocente. Il mondo è crudele, lo so, ma è così. Devi smetterla di pensare a lei. Pensa alla tua famiglia vera, invece.»

La tempia di Silvestro pulsò pericolosamente, e cercò di sferrare un pugno al fratello che prontamente lo schivò ed esplose in una trionfale e sguaiata risata.

«Andiamo...non vorrai mica far del male al tuo fratellino, vero?!»

Silvestro per un attimo tese i muscoli dalla tensione e dalla rabbia.

Guardò suo fratello con spietata freddezza, un'ombra scura che contrastava coi suoi occhi chiari e limpidi.

Ma poi, in lui si rilassò qualcosa, e riprese il suo cammino a testa bassa, facendo riprendere a ridere in modo osceno Steve.

Quello era un mostro, un mostro creato dalla falsità degli altri.

In un attimo si ricompose.

«Bene...possiamo andare.»

Portò i due ragazzi fino all'uscita, e quando uscirono li accolse una folla vastissima, i volti illuminati dai riflessi dei palazzi di vetro, un piedistallo con una spada lunga e affilata posata sopra un palo di ferro in verso verticale.

La gente urlava, urla così forti da coprire ogni altro rumore.

Fecero camminare Favij e Omega verso i piedistalli, e rimasero in piedi davanti alla folla.

Omega in quel momento si riscosse: ora capiva tutto. Sapeva chi avevano intenzione di richiamare, ma non era sicura che sarebbe funzionata una cosa del genere. Ma le sue erano solo supposizioni...e temeva per esse.

Appena Steve comparve sul piedistallo, la folla si acquietò.

Levò le braccia al cielo e iniziò a parlare: non ebbe nemmeno bisogno di alzare la voce, tanto il silenzio regnava sovrano.

«Mie cari cittadini, io sono il Giustiziere, qui che vi parla per tenervi al corrente dei due pericolosi criminali che hanno ucciso diverse persone in questa zona, e sono anche accusate di furto. Ebbene, ora lo voglio sentire dal popolo – trasse un profondo respiro, poi urlò – volete vedere questi due bastardi con la testa saltata per il bene di questo luogo di pace?!»

Una moltitudine di “sì!” si levo dalla folla, urla assordanti ma determinate da odio e paura.

Omega sapeva che i criminali a Nemes erano pochi, tranne le Nemesi stesse, proprio per il loro metodo di giustiziarli, ma non credeva che parlassero di metodi così estremi.

Aveva paura, paura di morire.

Era un pensiero alquanto egoista, ma avrebbe tanto desiderato che Nemes stesso comparisse dalla folla e li liberasse...anche se, probabilmente, questo avrebbe implicato la sua morte: anche uccidere le Nemesi altrui era un reato molto grave, proprio per l'equilibrio che era possibile spezzare.

Dopo che la folla si fu di nuovo zittita, si sentì afferrare per i capelli e la nuca tirarsi indietro, mentre la lama fredda si posava sopra la sua gola e le procurava un piccolo taglio lineare.

«Prima le signore» sibilò Steve.

Alzò la spada, e iniziò a caricare il colpo per tagliarle la testa di netto.

In quel momento, le preoccupazioni della ragazza si fecero concrete, per poi passare alla resa.

Era finita.

Non sarebbe mai tornata a UaY, il tempo da trascorrere con Favij era finito... non avrebbe più dato la caccia alle Nemesi insieme a lui...

Non avrebbe mai più rivisto il ragazzo da quegli stupendi occhi blu...

Il colpo non arrivò alla gola.

Sembrava che anche gli spettatori volessero veder soffrire i presunti criminali, facendoli annegare in agonie atroci.

La spada le trafisse la spalla di netto e lei incassò il colpo a testa bassa.

Il dolore le pervase tutto il corpo, facendola sussultare, mentre il piedistallo si macchiava del suo sangue scarlatto in una macchia sempre più grande.

Quindi...finiva così, senza nemmeno colmare la curiosità su chi fosse davvero e chi avesse trasportato lì Lorenzo.

Già, perché lei di nomi umani ne aveva sentiti tanti, e Favij non esisteva.

A quanto pare, pochi lo chiamavano Lorenzo, nel suo Mondo.

A chiamarlo così si era sempre sentita privilegiata.

Così, nella sua testa, aveva sempre ripetuto quel nome...

Lorenzo...

Steve affondò la lama ancora più a fondo, forse sperando di sentire qualche urlo straziato dalla sua bocca, ma Omega si morse le labbra in modo talmente ostinato che iniziarono a sanguinare anche esse.

Non voleva urlare, non voleva dargli quella soddisfazione.

Ma una lacrima, piccola e solitaria, le solcò la guancia sinistra.

In quel momento, un urlo straziante e disperato squarciò il cielo, appena Omega alzò il viso esso fu inondato di sangue non suo che per un attimo le rese impossibile vedere cosa stava succedendo.

Poi, un braccio mozzato, bianco latteo, rotolò accanto a lei.

Steve si premeva la parte tagliata, alla fine della spalla, dove non c'era più il braccio e fiotti di sangue viscoso cadevano a terra dilagando da tutte le parti, sul volto non c'era il suo solito sorriso beffardo ma una smorfia di dolore che esprimeva solo disperazione.

Accanto, anche con la vista annebbiata riconobbe un ragazzo alto, dai muscoli visibili anche attraverso la tuta nera, i capelli lunghi del colore della luna e una spada insolita dalla lama macchiata di cremisi, una maschera bianca sul volto che gli copriva gli occhi e la parte superiore del viso.

Sorrise, un sorriso di straziata gioia.

Doveva ammetterlo: aveva sperato di vederlo comparire, e non poco.

Nemes si mise in ginocchio accanto a lei e le tolse le manette, guardando con occhio critico lo squarcio sulla sua spalla.

«Fa molto male?» le chiese.

“Capitan Ovvio, certo che fa male, fa malissimo” pensò per un attimo la ragazza, ma poi con uno sforzo immane si alzò in piedi e scosse la testa.

«Affatto.»

Sapeva che stava per scatenarsi l'inferno e non poteva permettersi di pensare a una ferita del genere.

Nemes liberò anche Favij, mentre ancora la folla era raggelata, senza parole a causa di quello che stava succedendo.

Poi, un urlo agghiacciante squarciò il silenzio.

«Tu! Tu!! Bastardo!!» Steve ancora si premeva la mano sul braccio mozzato, gli occhi colmi d'odio.

Guardò furibondo le guardie che erano rimaste immobili a guardare, e quelle si riscossero con un brivido.

«Che aspettate?! Uccideteli!!» le sue grida, straziate dal dolore e dall'odio, non aveva nulla di vagamente razionale.

Dalle mani delle guardie scaturirono scintille e fiamme, che vennero scagliate contro Nemes, Omega e Favij che prontamente li scansarono.

Favij finalmente sorrise.

«È ora di fare piazza pulita.»

Chiuse gli occhi, e appena li riaprì erano di uno sfavillante color cremisi.

Omega gli si affiancò subito dopo aver raccolto da terra la spada che l'aveva quasi uccisa.

«Non ti credevo capace di dire una cosa del genere» gli disse in tono ironico «ma dovresti smettere di usare i poteri del Virus.»

L'altro rise.

«Almeno non morirò. Non oggi, almeno.»

«Avete finito, voi due?!» si accodò Nemes, che aveva tagliato di netto due guardie, le metà dei corpi erano ammassati gli uni sugli altri in una rosa di sangue.

Omega schivò un proiettile da parte di una guardia, ruotò la spada e uccise l'uomo trapassandolo dal busto fino al collo, ed a ogni colpo le sembrava di sentire una nuova energia crescerle nel petto. Mentre continuava a decimare i suoi nemici, i suoi muscoli si gonfiavano e riusciva a invigorirsi, diventando sempre più forte.

Continuò, ancora e ancora, finché la spada che teneva in mano non fu completamente color rosso scarlatto...

Poi, sentì una forte scossa alla spalla ferita. Di nuovo finì per terra, in ginocchio, la spalla completamente avvolta da una macchia enorme di sangue.

In quel momento, Favij e Nemes, che stavano ancora lottando, se ne accorsero, volandosi dall'altra parte a guardare l'origine della scossa.

L'unica mano di Steve era avvolta da fulmini rossi che saettavano tra le due dita dando loro una forma vagamente spettrale.

Il moncherino aveva smesso di sanguinare, sul suo viso era dipinto un sorriso diabolico, e gli occhi erano sgranati e lucidi di pazzia.

Si girò verso Nemes, guardandolo con odio.

«Tu...tu...!»

Alzò rapidamente il braccio e uno dei fulmini rossi si diresse verso Nemes, che anche cercando di schivarlo venne colpito al fianco.

Soffocò un urlo digrignando i denti, e di scatto Omega reagì scattando in avanti con la spada.

Nel momento in cui la spada cercò di avvicinarsi a Steve con la lama essa venne respinta con la sola forza della prima mano, che le bloccò il polso.

Quest'ultima si caricò di nuovo di fulmini cremisi, più potenti, che espansero la loro luce finché non si riflesse nei palazzi circostanti.

«Ora mi hai veramente stufato...» sibilò, ma all'improvviso le luci si spensero, e ancora un'atroce smorfia di dolore si espanse sul suo viso.

Le luci scarlatte si spensero, rivelando una mano pallida e liscia.

Quella in un lampo si riempì di piccoli e poco visibili tagli, che si allargarono, fino a diventare squarci grondanti sangue.

A fatica, Steve si voltò.

A pochi metri da lì, Silvestro aveva ancora il braccio teso verso suo fratello, una fiamma d'oro scaturiva dalle sue dita.

Steve si raggomitolò a terra, mentre i tagli si aprivano anche sulla sua faccia.

«Tradisci così tuo fratello...» cercò di dire con voce spezzata il biondo.

Silvestro non cambiò espressione. Si limitò, nel silenzio che regnava ormai in quel posto pieno di cadaveri e gente ammutolita dallo stupore della paura, a guardare Omega, Nemes e poi Favij, che aveva un'aria piuttosto emaciata, ed era pallido.

Poi, si rivolse di nuovo verso Steve.

«Tu non sei mio fratello. Hai spezzato l'unico legame che mi impediva di farti fuori.» Si voltò, procedendo a grandi passi verso il luogo da dove erano usciti i prigionieri.

«Quell'affetto non esiste più» mormorò, poi scomparì dietro la porta, che richiuse con cura.

E, in quel momento, il petto di Steve smise di alzarsi e abbassarsi.

La gente guardava da oltre i vetri delle costruzioni intorno al piedistallo, con aria attonita, senza muovere un dito.

Tutti e tre si afflosciarono a sedere per terra, ansimando.

«Ce l'abbiamo...fatta...» mormorò Omega con vaga aria di trionfo.

Nemes si alzò in piedi, dirigendosi a grandi passi verso la ragazza.

«Come va la ferita?» chiese lei in tono cordiale, cercando di nascondere il leggero rossore disperso sulle sue guance.

«È solo un graffio» rispose lui, in tono un poco freddo, ma ugualmente gentile. «Piuttosto, te invece...?»

La ferita, a lei, faceva ancora malissimo, anche se non lo dava a vedere.

Nemes appoggiò la mano sulla spalla ferita di Omega, e una calda luce azzurrina ne sprigionò. Un senso di tranquillità si espanse nella sua testa e un piacevole tepore le fece chiudere gli occhi. Quando la ritrasse, la spalla di Omega era totalmente guarita. Riaprì gli occhi, senza parole.

Ne rimase molto stupita per qualche attimo...lui aveva i suoi stessi poteri.

«Come..» mormorò, ma non riuscì a completare la frase.

In quel momento, si ricordò di Favi.

Si alzò a fatica in piedi e corse verso di lui.

«Favi! Stai bene?» gli chiese, e subito lui alzò la testa, sorridendo.

In quel momento, però, si ricordò di Silvestro, e di una cosa che pochissimo tempo fa le aveva detto.

Fece per entrare dentro l'edificio, quando il rosso ne uscì, sottobraccio una signora con un logoro vestito e il viso che emanava una vecchia bellezza ormai sfigurata, le guance infossate in sottili pieghe di pelle, gli occhi semichiusi e le gambe appena scoperte così sottili da fare impressione.

Aveva dei lunghi capelli così biondi da non sembrare naturali e gli occhi dorati come quelli del ragazzo, che si illuminavano riflettendo la sua calma e appena percettibile felicità.

Silvestro sembrava particolarmente preoccupato per quella donna.

«Vuoi riposarti qui?» le chiese con fare gentile, indicandole una panchina non tanto distante.

La donna rise, una risata un po' gracchiante ma comunque cristallina di chi aveva ricevuto dalla vita più felicità che giocattoli.

Una lacrima piccola e sottile le solcò la guancia, cadendo sul marciapiede.

«Ti ringrazio, Silvy. Sei...sei la mia unica forza, in questo momento.»

Omega giurò a sé stessa di aver visto gli occhi del rosso diventare lucidi, ma l'impressione svanì perché il ragazzo si piegò per dare alla signora un bacio sulla guancia.

«Anche tu, mamma.»

Si voltò verso di loro, guardandoli con sguardo impassibile.

«Mi spiace per tutto quello che Steve vi ha fatto, ma io non ho nulla da ringraziarvi – squadrò di nascosto Omega, che si sentì subito in colpa – e vi posso dire solo questo: andatevene. Sarete ricercati per molto tempo qui, ma se vi spostate più a est forse smetteranno di ricercarvi. Lo faremo anche noi, però andando di nascosto verso nord, dove potremo vivere in pace. Quindi, qui le nostre strade si dividono.»

Accennò appena un sorriso, che subito svanì.

La ragazza annuì, e subito il cuore le finì in gola: e se Nemes avesse deciso di venire con loro?!

Si voltò subito, esaltata al pensiero, ma le sue speranze si affievolirono appena lo vide andarsene via, le spalle voltate, come se loro non fossero niente.

«Aspetta!» esclamò di impulso, come se quelle parole non dipendessero da lei, protendendo una mano in avanti verso la sua figura mistica.

Nemes si voltò, gli occhi impossibili da scrutare sotto la maschera bianca.

«Per me è tempo di andare» disse solamente, lasciandola a bocca aperta. Omega, con la coda dell'occhio, vide la faccia confusa e aggrottata di Favij, ma non riusciva a farci caso in quel momento.

C'erano solo lei e Nemes, nel suo piccolo mondo.

«Potresti...viaggiare con noi...» propose con voce flebile, e subito sembrò che Favij si risvegliasse.

«Cosa?! Ma ti si è fuso il cervello?! È un nemico, Omega!»

Anche Omega si accigliò.

«Ci ha salvati molte volte.»

«Certo, tralasciando i suoi tentativi di uccidermi.»

Prima che la conversazione potesse scoppiare in una lite, nell'aria si espanse la risata un po' roca e triste di Nemes, che si rivolse direttamente ai due compagni.

«Io viaggio da solo, mi spiace. E non ho nessuna intenzione di viaggiare insieme a questo fantomatico Favij.»

Le ultime parole le disse con un vago senso di scherno, poi prese la spada e la alzò al cielo, le due sfere si illuminarono.

Davanti a lui scaturì un piccolo fulmine venuto dal nulla, e un varco del tutto bianco apparì, inghiottendolo dopo che ebbe detto un “addio” detto a bassa voce.

Davanti a quella scena, Omega sentì un vago senso di nostalgia, come se una cosa del genere le fosse già capitata, come se parte di lei si fosse appena oscurata.

Non riusciva a spiegarsi cosa fosse, ma una grande ansia le cresceva nel petto.

Sospirò, il cranio colpito da un improvviso mal di testa.

Non doveva pensarci, a questa misteriosa tristezza.

 

Favij, invece, aveva riflettuto molto sulla sua amica. Appena aveva visto il ragazzo mascherato andarsene, sul volto della ragazza si era dipinta un'espressione a metà tra la delusione e la disperazione. Per lui, viaggiare con quell'individuo era una follia pura. Ma, in qualche modo, si sentiva...trascurato. Trascurato da Omega stessa. Il solo pensiero faceva male, un male che si espandeva insieme a un leggero dolore che sentiva sparso nel suo torace, come se qualcuno gli stesse stringendo le costole con delle catene.

 

 

 

…...................Messaggio dell'Autrice......................

Eccomi! Non so nemmeno da quant'è che non aggiorno.

Più o meno mezzo secolo. T^T Scusate, me la sono presa molto comoda.

Ci ho messo un casino a scrivere questo capitolo, che spero non vi abbia deluso, come più o meno Steve ha deluso tutti. XD

Che ne pensate di Nemes? E Silvestro, secondo voi, ha fatto bene a salvarli? (Certo che sì! Che domande faccio?!)

Ringrazio tutti quelli che vorranno recensire la storia, e chi la vorrà aggiungere tra le seguite, preferite o ricordate!

A presto ~

 

AyakoSoul

  
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